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11/11/2016
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La sentenza n. 22558/2016 della Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro del 07.11.2016 è una sentenza storica per il mondo della SCUOLA PUBBLICA.
A partire da oggi qualunque precario per i dieci anni precedenti può chiedere con un ricorso al Giudice del Lavoro il riconoscimento giuridico della m... 10/04/2016
CHI ISCRIVE IPOTECA PER UN VALORE SPROPOSITATO PAGA I DANNI
E’ di questi ultimi giorni la decisione della Suprema Corte di Cassazione che ha stabilito una responsabilità aggravata in capo a chi ipoteca il bene (es. casa di abitazione) del debitore ma il credito per il quale sta agendo è di importo di gran lunga inferiore rispetto al bene ipotecato....
19/05/2015
Eccessiva durata dei processi: indennizzi più veloci ai cittadini lesi
La Banca d´Italia ed il Ministero della Giustizia hanno firmato un accordo di collaborazione per accelerare i tempi di pagamento, da parte dello Stato, degli indennizzi ai cittadini lesi dall´eccessiva durata dei processi (legge n. 89 del 2001, c.d. “legge Pinto”).
... 26/11/2014
Sentenza Corte giustizia europea precariato: vittoria! Giornata storica.
La Corte Europea ha letto la sentenza sull´abuso dei contratti a termine. L´Italia ha sbagliato nel ricorrere alla reiterazione dei contratti a tempo determinato senza una previsione certa per l´assunzione in ruolo.
Si apre così la strada alle assunzioni di miglialia di precari con 36 mesi di preca... 02/04/2014
Previdenza - prescrizione ratei arretrati - 10 anni anche per i giudizi in corso
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27/11/2013
Gestione Separata Inps: obbligo d´iscrizione per i professionisti dipendenti?
Come è noto, la Gestione Separata dell’INPS è stata istituita dalla legge 335/1995 al fine di garantire copertura previdenziale ai lavoratori autonomi che ne fossero sprovvisti....
25/11/201
Pubblico dipendente, libero professionista, obbligo d´iscrizione alla Gestione Separata Inps
Come è noto, la Gestione Separata dell’INPS è stata istituita dalla legge 335/1995 al fine di garantire copertura previdenziale ai lavoratori autonomi che ne fossero sprovvisti.
... 05/05/2013
L´interesse ad agire nelle cause previdenziali. Analsi di alcune pronunce
Nell´area del diritto previdenziale vige il principio consolidato a livello giurisprudenziale, secondo il quale l’istante può avanzare all’Autorità Giudiziaria domanda generica di ricalcolo di un trattamento pensionistico che si ritiene essere stato calcolato dall’Istituto in modo errato, senza dete...
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venerdì 13 aprile 2007
IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME - PRIMA PARTE SPECIALE FLESSIBILITA : APPROFONDIMENTO del Prof. Valerio Speziale - Facoltà di Economia – Università di Chieti-Pescara PRIMA PARTE Valerio Speziale Il lavoro subordinato tra rapporti speciali, contratti “atipici” e possibili riforme Facoltà di Economia – Università di Chieti-Pescara ISSN – 1594-817X Centro Studi di Diritto del Lavoro Europeo “Massimo D’Antona” Via Crociferi, 81 – 95124 Catania (Italy) Tel: + + 39 095 230464 – Fax: + +39 095 313145 centrostudidantona@lex.unict.it www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/presentazione Il lavoro subordinato tra rapporti speciali, contratti “atipici” e possibili riforme* Valerio Speziale Università degli studi di Chieti-Pescara 1. Introduzione ..................................................................... 3 2. L’articolazione della fattispecie contrattuale nel diritto civile: contratto tipico, contratto atipico, sottotipo contrattuale ............. 4 3. Il problema dei contratti di lavoro c.d. speciali nell’impostazione tradizionale .......................................................................... 8 3.1. Le critiche alla teoria tradizionale: l’impostazione che distingue tra tipo e sottotipi................................................. 9 3.2. Le critiche alla teoria tradizionale: il dibattito sull’individuazione di un “prototipo normativo” ......................10 3.3. Il dibattito sulla possibilità di individuare una fattispecie minima unitaria di lavoro subordinato ..................................13 4. Contratti di lavoro c.d. atipici e flessibili...............................16 5. L’evoluzione più recente della disciplina legislativa ................17 6. Il “superamento” del dibattito teorico e le tecniche di coordinamento tra discipline diverse del lavoro subordinato .......21 7. I contratti atipici come modelli negoziali flessibili alternativi al rapporto di lavoro standard ...................................................34 * Questo saggio, con qualche variazione, sarà pubblicato nel volume Il rapporto di lavoro subordinato. Costituzione e svolgimento (a cura di Adalberto Perulli) nel Trattato di Diritto Privato diretto da Mario Bessone. Ringrazio il dott. Antonio Aurilio per la collaborazione prestata nella ricerca bibliografica e per lo scambio di opinioni e riflessioni di cui ho tenuto conto nella stesura del testo. La responsabilità di quanto scritto è, ovviamente, ascrivibile solo all’autore. 2 VALERIO SPEZIALE WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 8. L’incremento delle tipologie contrattuali, gli effetti sul sistema del diritto del lavoro e la necessità di una diversa regolazione in materia ..............................................................................44 9. Il “lavoro” ed i “lavori” subordinati e l’art. 2094 cod. civ.........56 10. Dal lavoro ai lavori: il dibattito sulla riforma della fattispecie e lo statuto dei lavori ..............................................................62 11. Riferimenti bibliografici ....................................................68 IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 3 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 1. Introduzione Negli ultimi anni il rapporto di lavoro subordinato si è arricchito di tipologie contrattuali che si sono aggiunte alle numerose già esistenti. Il quadro complessivo è piuttosto articolato anche in considerazione delle forti differenze nelle discipline ed a volte nelle strutture dei diversi "modelli" di subordinazione. La nuova proliferazione di contratti di lavoro pone problemi interpretativi assai delicati. Questo saggio si propone in primo luogo di descrivere il dibattito sulla qualificazione di questi contratti nell ambito di categorie in parte mutuate dal diritto civile ("tipo", "sottotipo", ecc.) e di analizzare se e in che misura queste varie interpretazioni hanno un influenza sul piano pratico. L analisi é poi diretta a verificare le caratteristiche delle tecniche di coordinamento tra la disciplina generale del rapporto di lavoro, prevista dal codice civile e dalle leggi speciali, e le varie normative che regolano i contratti diversi da quello nell impresa. L articolazione tipologica, inoltre, viene valutata nell ambito del problema dei contratti "flessibili" e delle esigenze derivanti dai profondi mutamenti economici ed organizzativi che hanno interessato il mercato del lavoro, senza dimenticare, peraltro, l influenza che sul tema ha esercitato il dibattito sulla "rigidità" del fattore lavoro e sulla sua correlazione con l incremento dei livelli occupazionali. L idea di garantire alle imprese una varietà assai ampia di contratti - alcuni dei quali, tra l altro, poco (o per nulla) utilizzati – per "flessibilizzare" un sistema ritenuto eccessivamente rigido ha determinato una situazione di vera e propria alterazione funzionale dei modelli contrattuali che, oltre ad essere in numero eccessivo, vengono usati per ragioni molto diverse da quelle che sono le loro finalità originarie. In tale contesto, vengono quindi avanzate delle proposte che, oltre a semplificare il sistema, sono dirette a restituire le varie tipologie ad una funzione che sia coerente con la loro struttura e con le stesse esigenze del sistema economico, in base anche ai dati ricavabili dalle numerose indagini empiriche sul mercato del lavoro italiano. Inoltre si analizza il problema di come garantire tutele generalizzate e di base per tutti i contratti, allo scopo di non negare la funzione di specializzazione normativa propria di ciascuno di essi, ma per evitare una possibile competizione “interna” basata sulla "debolezza" degli statuti protettivi. Infine si esamina l influenza che questi nuovi rapporti esercitano sulla nozione di subordinazione prevista dall articolo 2094 del codice civile. In questo caso si tratta di comprendere se le nuove tipologie, che introducono caratteri spesso dissonanti con il modello di rapporto di lavoro delineato dalla norma del codice civile, siano tali da imporre 4 VALERIO SPEZIALE WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 diverse nozioni di subordinazione o se l articolo 2094 sia ancora in grado di svolgere una funzione di identificazione del "tipo" lavoro subordinato. L ultimo paragrafo è diretto ad analizzare il dibattito sulle proposte di riforma che in vario modo tendono a superare l attuale situazione, per introdurre nuove definizioni del contratto di lavoro subordinato (capaci, nelle intenzioni dei loro autori, di cogliere le nuove forme in cui si esprime l attività lavorativa) o per prevedere una vera e propria "graduazione delle tutele", che si muovono dal lavoro autonomo, a quello coordinato (od in "dipendenza economica"), sino alla subordinazione vera e propria. In tale ambito esprimo la mia preferenza per un ipotesi di riforma meno ambiziosa e che, pur partendo dall’abrogazione del lavoro a progetto, introduca una specifica disciplina delle forme di lavoro che si collocano nella "zona grigia" tra subordinazione ed autonomia, senza necessità di modifiche più radicali dell’intero sistema del diritto del lavoro. La complessità delle questioni affrontate che, oltre ai profili giuridici, coinvolge anche temi economici, non mi ha forse consentito di approfondire tutte le problematiche coinvolte. L obiettivo, peraltro, è quello di fornire spunti di discussione, cercando di spostare l attenzione su alcuni aspetti che non sempre sono stati sufficientemente analizzati. 2. L’articolazione della fattispecie contrattuale nel diritto civile: contratto tipico, contratto atipico, sottotipo contrattuale Il titolo del paragrafo allude alla presenza nel nostro ordinamento di una gamma di contratti di lavoro subordinato molto ampia, forse - come si dirà nel prosieguo - addirittura sovrabbondante rispetto alle effettive esigenze del mercato del lavoro. Locuzioni quali contratti (o rapporti) di lavoro “speciali”, “atipici” o “flessibili” sono ormai di utilizzo comune sia nel linguaggio tecnico giuridico, sia, in qualche misura, nel linguaggio extragiuridico. Per esaminare più approfonditamente queste categorie di contratti e rapporti di lavoro e tentare di condurre una loro analisi in termini unitari, occorre anzitutto, nel rispetto dell’ispirazione complessiva del presente lavoro, effettuare una sintetica ricognizione dell’elaborazione in tema di articolazione della fattispecie contrattuale nel diritto civile. Il codice civile del 1942 distingue infatti una disciplina dei contratti in generale (titolo II del libro IV) dalla disciplina dei singoli contratti (titolo III del libro IV). Nel classificare “i contratti in funzione di definizione della disciplina applicabile”, il legislatore del codice, come conferma anche la relativa Relazione del Re al Guardasigilli, si serve della IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 5 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 nozione di tipo contrattuale1. Si tratta di una definizione problematica, che presenta molteplici profili ancora oggetto di discussione: ai nostri fini è sufficiente ricordare brevemente che è patrimonio ormai condiviso l’affermazione secondo cui, in via ordinaria, le fattispecie contrattuali originano “dalla prassi del diritto degli affari e dei commerci e, dopo una successiva elaborazione ed affinamento, anche ad opera della giurisprudenza (c.d. tipicità giurisprudenziale), il tipo, ormai radicato nel tessuto economico (c.d. tipicità sociale), viene individuato sul piano del tessuto normativo” contratto tipico o nominato, che “altro non è se non un astratto schema regolamentare che racchiude in sé la rappresentazione di una operazione economica ricorrente nella pratica commerciale”3. Viene in rilievo, a questo punto, la libertà che il codice civile, precisamente l’art. 1322, riconosce alle parti di “determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge” e di “concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”. Questa disposizione del codice civile radica la possibilità di concludere contratti “atipici” e quella tra contratti tipici e atipici costituisce in effetti la partizione fondamentale dei contratti4. Qui il problema attiene ai limiti entro cui le parti possono porre in essere contratti atipici e, quindi, al relativo controllo operato dal giudice. Al riguardo, per alcune categorie di contratti, il legislatore proibisce ai privati di porre in essere contratti atipici, per ragioni varie. In questo senso il “tipo (inteso come schema legale) […] assume un ruolo ben preciso, in quanto è collegato con il controllo giudiziale degli interessi meritevoli di tutela: controllo che sarà più penetrante di fronte ad un contratto atipico, e meno rilevante di fronte ad un contratto rientrante nel tipo legale, come tale già approvato dall’ordinamento nel momento in cui esso ha fatto ingresso nel codice civile o nella legislazione speciale”5. Ma la giurisprudenza non si limita a controllare la meritevolezza dell’interesse che il contratto atipico sia rivolto a soddisfare. Essa infatti 1 Gabrielli 1999, 1, evidenzia come si tratti di una nozione che, unitamente a quella di tipicità, è menzionata nella Relazione del Guardasigilli al Re sul codice civile ed è utilizzata “con frequenza nel tessuto normativo del codice […] sia quando ne opera un impiego diretto, mediante l’esplicazione del termine; sia quando si riferisce a nozioni (quali quella di «natura del contratto», art. 1369 c.c.) che ne rappresentano sinonimi; sia quando si serve della classificazione dei contratti in funzione di definizione della disciplina applicabile”. 2 Ibidem. 3 Gazzoni 1998, 763. 4 Cfr. Gazzoni 1998, 786 e Gabrielli 1997, 705. 5 Alpa 1999, 519. 6 VALERIO SPEZIALE WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 finisce con il ricondurre sempre e comunque i contratti che sorgono nella prassi degli affari a tipi legali, e ciò ad un duplice fine: controllare l’operazione economica, ossia la meritevolezza dell’interesse che le parti vogliono perseguire, e completare la disciplina del contratto che le parti abbiano lasciato lacunoso6. Ai fini del discorso è sufficiente rilevare che per contratti atipici nel diritto civile si intendono quelli che non hanno una disciplina legislativa specifica (o, secondo una concezione più ampia, non sono neppure oggetto di tipicità sociale)7. Interessante, in una certa misura, è anche rilevare che, in estrema sintesi, nell’impostazione tradizionale la distinzione dei contratti per “tipi” viene fondata sull’elemento della causa, intesa, secondo l’insegnamento di Betti, come funzione economico-sociale8. A questa prospettiva, che fonda su un unico parametro l’individuazione dei differenti tipi contrattuali, si è contrapposto in tempi più recenti il richiamo da parte di una certa dottrina al metodo c.d. tipologico, che fonda la distinzione tra i tipi sulla base di una molteplicità di criteri, quali, esemplificativamente, il modo di perfezionarsi del contratto, la natura del bene che ne è oggetto, il fattore tempo, il suo contenuto, la qualità delle parti9. Una ulteriore variante del metodo tipologico classico è quella cosiddetta funzionale, in base alla quale il tipo non viene identificato soltanto in correlazione alla presenza o assenza di alcuni elementi qualificanti o al grado più o meno accentuato di identità tra essi esistente, ma in rapporto al fatto che essi, anche se diversi, risultino non coordinati tra loro in modo da svolgere la medesima funzione e si pongano, dunque, in relazione di "equivalenza"10. Molto interessante è anche l’elaborazione della dottrina sull’articolazione all’interno del tipo contrattuale e, quindi, sulla definizione di sottotipo. Sennonché la nozione di sottotipo “pur rivestendo 6 Alpa 1999, 520. Come messo in luce nella nota elaborazione di Sacco 1966, la giurisprudenza italiana tende, attraverso una molteplicità di tecniche, a ricondurre qualsiasi contratto nell’ambito delle discipline previste per i contratti tipici. 7 Ferri 1966, 241. 8 È la tradizionale teoria di Betti: su di essa, e sul dibattito ricco di posizioni diverse intorno alla nozione di causa, cfr. Alpa 1999, 491-492. Peraltro, da tempo si oppone a quella posizione tradizionale una diversa opinione che rileva come proprio l’art. 1322 non instauri una necessaria simmetria tra interesse realizzabile mediante il contratto e contratti tipici, giacché la norma consente alle parti di introdurre nello schema tipico la realizzazione di interessi nuovi e diversi, così attribuendogli una funzione innovativa, oppure di creare tipi radicalmente nuovi. Secondo questa impostazione, la causa sarebbe quindi la funzione economico-individuale del contratto “in quanto riguarda una operazione che esprime esigenze ed interessi di uno o più individui” (Ferri 1966, 256). 9 De Nova 1974, 111. 10 Beduschi 1986, 358 ss. (in particolare 359). IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 7 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 un ruolo di primario rilievo nella teoria generale del contratto, risulta tuttavia scarsamente elaborata in dottrina”11. Anzi, a ben vedere, i (pochi) studi più approfonditi su questo tema sono stati compiuti proprio in relazione al contratto di lavoro subordinato. Il tentativo di individuare il sottotipo è stato effettuato prendendo spunto da un’autorevole interpretazione, secondo la quale i singoli tipi giuridici corrispondono “a fattispecie e situazioni generiche, secondo una classificazione degli atti quale risulta dall’esperienza; i singoli tipi si prestano poi ad una progressiva specificazione mediante l’aggiunta ai requisiti ed agli effetti tipici di requisiti ed effetti extratipici [e] aggiungendo ai requisiti e agli effetti tipici requisiti ed effetti extratipici si formano sottotipi di situazioni o di fatti”12. Il riferimento ai “requisiti extratipici” è stato ritenuto idoneo in considerazione della necessità di ricomprendere tutte le ipotesi prospettabili. Esso, quindi, “vale a rendere adeguatamente il concetto che si ha sottotipo solo quando vi sia una caratterizzazione determinata dall’introduzione di un elemento non contemplato come essenziale nello schema del contratto”13. Così impostato il discorso, si richiede ovviamente che il tipo contrattuale abbia “un grado di elasticità maggiore di quello del sottotipo”14, di modo che il primo debba essere in grado di contenere il secondo15. In altri termini, nel sottotipo “permangono aspetti essenziali del tipo, integrati da altri elementi che la legge considera e disciplina nella configurazione di un siffatto negozio. Che corrisponde allora, ad essere più precisi, pur sempre ad un tipo, ma come dire di rango subordinato (e dunque, per la parte non contemplata, sottoposto alla stessa disciplina del tipo principale)”16. Lo schema del sottotipo, quindi, deve presentare tutti gli elementi indispensabili per configurare il tipo con l’aggiunta di qualche elemento caratterizzante ulteriore. Quando si tratti di qualificare una fattispecie concreta, occorre distinguere le mere variazioni dello schema legale dalle vere e proprie alterazioni: quando le modificazioni dello schema tipico, infatti, “non assumano un’entità tale da produrre una vera e propria alterazione causale dell’atto di autonomia, esse saranno compatibili con l’originario schema tipico e non determineranno, di conseguenza, una deroga alla 11 Gabrielli 1999, 10. 12 Carnelutti 1951, 232. 13 Cataudella 1998, 80. 14 Gabrielli 1999, 10. 15 Cataudella 1998, 80, secondo il quale “l’ambito del primo non può non abbracciare il secondo”. 16 Scognamiglio 1977, 40. 8 VALERIO SPEZIALE WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 sua disciplina”17. D’altro canto, vi è anche un limite superiore, oltre il quale l’alterazione dello schema tipico conduce ad un suo superamento: questo limite si evince “con riferimento al significato dell’operazione economica espressa dal contratto tipico”18. Le alterazioni saranno compatibili col tipo fintanto che gli interessi ulteriori perseguiti dalle parti abbiano carattere di complementarietà rispetto all’interesse principale. 3. Il problema dei contratti di lavoro c.d. speciali nell’impostazione tradizionale Da quanto detto emerge chiaramente come le locuzioni di contratti speciali, flessibili e atipici assumono significati peculiari nel diritto del lavoro. Il libro V del codice civile del 1942 disciplina nel titolo II il lavoro nell’impresa, nel titolo III il lavoro autonomo e nel titolo IV il “lavoro subordinato in particolari rapporti”. Il titolo IV si compone di due capi: il capo II contiene la disciplina del lavoro domestico; il capo I è composto da una sola disposizione, l’art. 2239, secondo la quale i rapporti di lavoro subordinato “che non sono inerenti all’esercizio di un’impresa” sono regolati dalle disposizioni del titolo I relativo al lavoro subordinato nell’impresa, “in quanto compatibili con la specialità del rapporto”. Con tecnica analoga altre norme sanciscono l’applicabilità della disciplina del lavoro subordinato nell’impresa rispettivamente al tirocinio (art. 2134) e al lavoro a domicilio (art. 2128), facendo sempre salvo il limite della compatibilità con la specialità del rapporto. Il codice civile, quindi, stigmatizza l’esistenza di un modello “generale”, il rapporto di lavoro subordinato nell’impresa: per espressa disposizione del codice civile, a tale modello occorre fare riferimento per la disciplina dei rapporti di lavoro speciali, nel rispetto del limite della compatibilità. Una parte della dottrina ha tentato di elaborare, sulla scorta dell’art. 2239, la categoria dei contratti di lavoro speciali, includendovi “tutti quei rapporti che, per vari motivi, si caratterizzino per avere degli elementi strutturali ritenuti idonei per differenziarli dal «normale» rapporto di lavoro”, e si è aggiunto che essi avrebbero caratteristiche “sufficienti a considerarli speciali” ma tuttavia “non tali da alterare radicalmente gli elementi essenziali riconoscibili di ogni rapporto di lavoro subordinato”19. In base a questa impostazione, quella dottrina individuava tre gruppi di contratti speciali: nel primo gruppo di contratti, ritenuti speciali in 17 Gabrielli 1999, 11. 18 Bianca 1984, 445. 19 Per una esposizione di sintesi cfr. Tosi 1991, 1. Si veda anche Balzarini 1958. IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 9 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 relazione all’oggetto della prestazione, venivano compresi il rapporto di apprendistato, il rapporto di formazione e lavoro e il rapporto di lavoro in prova. Al secondo gruppo di contratti, nei quali la specialità veniva individuata nella particolare posizione del lavoratore, erano ricondotti il lavoro domestico, il rapporto di portierato, il rapporto di lavoro artistico e il rapporto di lavoro sportivo. Infine, al terzo gruppo di rapporti di lavoro speciali, a causa della disciplina almeno in parte di fonte pubblicistica, appartenevano il rapporto di arruolamento marittimo ed aeronautico, il rapporto di lavoro portuale, il rapporto di lavoro degli autoferrotranviari e internavigatori e quello degli esattoriali. Secondo una ulteriore impostazione20, occorrerebbe distinguere i rapporti di lavoro in base alla natura del soggetto che utilizza la prestazione lavorativa. In questo senso si individuano tre tipologie di contratti di lavoro: quelli propri dell’impresa, ossia a ben vedere la maggior parte dei rapporti di lavoro qualificati come speciali dalla dottrina più risalente. Quelli che prescindono dalla ricorrenza di un’impresa, quali il rapporto di lavoro nautico e aeronautico, il rapporto degli esattoriali e quello degli sportivi, poiché in tutte queste ipotesi il datore di lavoro non deve necessariamente essere titolare di un’impresa. Infine i rapporti di lavoro domestico e il portierato andrebbero a costituire la categoria dei rapporti di lavoro che non sono inerenti all’esercizio di un’impresa. 3.1. Le critiche alla teoria tradizionale: l’impostazione che distingue tra tipo e sottotipi Il primo tentativo di analisi che ha fortemente messo in dubbio la classificazione tradizionale, ritenuta fonte di incertezze21, è stato quello operato da Cataudella. Secondo questo autore, individuare i contratti speciali in base all esistenza di una disciplina particolare rende incerti i confini della categoria22. Partendo dalla intuizione di Carnelutti (si veda il § 2), si tenta di dare alla materia una sistemazione più adeguata, in termini di rapporti tra tipo e sottotipo contrattuale. In questo senso, si avrà sottotipo ogni qual volta ci si troverà di fronte ad una qualificazione o specificazione di qualcuno dei requisiti propri del tipo, ovvero anche all’introduzione di requisiti diversi. 20 Scognamiglio 1988. 21 Per esempio, non vi era unanimità sulla inclusione o meno nel novero dei contratti speciali del lavoro giornalistico: cfr. Cataudella 1998, 140 nota 3. 22 Infatti, tenere conto della specialità della disciplina, in un campo come il diritto del lavoro, particolarmente vasto e articolato a causa della necessità di considerare differenti situazioni, costringe “a far capo a criteri quantitativi la cui attendibilità è inficiata dall’elevato grado di arbitrarietà che ne caratterizza la adozione” (Cataudella 1998, 141). 10 VALERIO SPEZIALE WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 Cataudella si muove nell ottica tradizionale, secondo la quale è la causa - intesa come funzione economico sociale - che identifica il tipo Nel contratto previsto dall art. 2094 c.c. è la subordinazione l elemento tipizzante, anche se questo concetto non va inteso in maniera univoca, ma va considerato con "graduazioni intermedie". Ad ogni modo, per poter configurare un sottotipo, si dovrà accertare “l’esistenza dell’elemento della subordinazione nonché di note ulteriori che valgano a caratterizzarlo rispetto allo schema generale”, con una avvertenza importante poiché nel caso del contratto di lavoro subordinato non vi è “corrispondenza tra fattispecie contemplata ai fini dell’applicazione della c.d. disciplina generale e schema del tipo”23. La sistematica del codice, ed in particolare l esame degli articoli 2128 e 2239, dimostra che il tipo lavoro subordinato ha una portata più ampia di quello realizzato nell impresa24. In altri termini, il lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c. costituirebbe un sottotipo caratterizzato dall’inserimento del lavoratore nell’organizzazione interna dell’imprenditore. Esso, però, rappresenta il tipo sociologicamente più importante cui si è ispirato il legislatore nel “disciplinare il rapporto di lavoro e perciò si colloca, come tipo sociale normativo, in posizione di maggior rilievo che non gli altri sottotipi rispetto al tipo formale o legale”25. In definitiva, alla stregua di questa prospettazione, soltanto l’apprendistato ed il contratto di formazione e lavoro potrebbero essere qualificati come sottotipi del contratto di lavoro subordinato, e dunque speciali, in quanto connotati da un ulteriore elemento caratterizzante (l’addestramento)26. Gli altri contratti definiti speciali dalla dottrina tradizionale, invece, non presenterebbero modificazioni della causa tipica. 3.2. Le critiche alla teoria tradizionale: il dibattito sull’individuazione di un “prototipo normativo” 23 Cataudella 1998, 145. 24 “Il tipo contratto di lavoro subordinato abbraccia tutte le ipotesi di prestazione subordinata di attività lavorativa contro corrispettivo ed è, pertanto, più ampio di quello che sarebbe dato dedurre dalla formulazione dell’art. 2094 […]. La dichiarata applicabilità delle norme dettate per il lavoro all’interno dell’impresa anche al lavoro non prestato all’interno dell’impresa (art. 2128) ed a quello non inerente all’impresa (art. 2239) conferma che la prestazione dell’attività lavorativa per l’impresa e nell’impresa non caratterizza il tipo” (Cataudella 1998, 146). Aderiscono sostanzialmente a questa impostazione anche Loy 1989 (sul quale vedi infra nel testo) e Grandi 1989, 80. 25 Cataudella 1998, 147. 26 “(…) dalla prevalenza dell’elemento della retribuzione discende l’inquadramento della fattispecie nello schema del contratto di lavoro subordinato. La presenza dell’obbligo di addestramento adduce, peraltro, un elemento caratterizzante rispetto allo schema generale e rende il tirocinio normativamente qualificato come rapporto speciale, come sottotipo” (Cataudella 1998, 148). IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 11 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 La seconda critica alla impostazione tradizionale rileva che essa, elevando a rapporti speciali di lavoro tutti quelli “la cui disciplina si discosta o diverge da quella del prototipo in ragione di qualche peculiarità del rispettivo referente empirico”, finisce con il fornire una nozione di specialità che “soffre di un’eccedenza di significati” ed è destinata “a restare più descrittiva che definitoria” e non “utilizzabile né come categoria concettuale né come strumento operativo”27. Peraltro, se non è sufficiente una peculiarità di disciplina, neppure sembra soddisfacente il riferimento a quelle sole particolarità di regolazione che alterino lo schema causale, come sostenuto da Cataudella. Piuttosto, “può dirsi che un rapporto di lavoro è speciale allorché la sua disciplina risulti difforme dal prototipo rispetto a quelli che, in base all’esperienza giuridica, sono gli elementi essenziali del medesimo”28. Ne deriverebbe che “il predicato della specialità inerisce ai soli rapporti di lavoro che presentano un tasso di disapplicazione delle norme corrispondenti agli elementi essenziali del prototipo tanto elevato da dare vita ad una distinta e relativamente autonoma disciplina, rispetto alla quale la disciplina del prototipo ha carattere residuale in quanto si applica purché compatibile e/o non derogata” comunque, si avrebbe una categoria dei rapporti speciali vastissima, che comprenderebbe anche il lavoro dirigenziale e quello a termine30. A quest’ultima impostazione è stato rimproverato di “allargare la categoria dei rapporti di lavoro speciali fino a farle perdere unità concettuale”31. Tra l’altro, vi sarebbero errori anche in relazione al rapporto tra disciplina generale e speciale in determinati contratti32. 27 Tutte le citazioni da Ghezzi, Romagnoli 1987, 36. 28 Ghezzi, Romagnoli 1987, 38. Tali elementi sono i seguenti: lavoratore adulto, retribuito per eseguire la prestazione a cui è contrattualmente obbligato, in condizioni che lo rendono un produttore deresponsabilizzato, alle dipendenze del medesimo datore di lavoro, almeno potenzialmente, per tutta la vita, all’interno di una impresa terrestre di dimensioni mediograndi, legittimata ad operare economicamente solo in base all’art. 41, c. 1, Cost., “senza ulteriori additivi legali”. 29 Ibidem. di figure esponenziali di maggior spicco, tra cui, oltre ai rapporti già individuati dalla teoria tradizionale e quelli indicati nel testo, anche il lavoro nelle organizzazioni di tendenza e quello nell’impresa minore. 31 Essa, infatti, diventerebbe “una semplice formula riassuntiva dei rapporti oggetto di una tutela in varia misura inferiore allo standard” (Mengoni 1986, 12). 32 Al lavoro dirigenziale e al lavoro nell’impresa minore, “la disciplina-standard è applicabile non nei limiti della compatibilità (valutata del giudice) con la specialità del rapporto, bensì nei limiti tassativamente indicati dalla legge mediante disposizione formale di inapplicabilità di certe norme […]. La fattispecie del rapporto a tempo determinato è speciale non per difetto di un elemento del prototipo normativo, caratterizzato dalla legge n. 230 come 12 VALERIO SPEZIALE WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 L’errore di fondo, peraltro, consisterebbe nel tentativo, destinato al fallimento, di “ridefinire lo standard di trattamento della subordinazione in corrispondenza ai più elevati livelli di tutela introdotti dalla legislazione speciale, operando una sorta di ‘sostituzione del contenuto’ nell’intenzione del legislatore del 1942”33. Infatti, sarebbe solo la normativa collegata all’art. 2094 c.c., come integrata o modificata da leggi successive aventi il medesimo campo di applicazione, a rappresentare lo standard di trattamento della subordinazione, che, dopo la legislazione prodotta successivamente al codice, non rappresenta più il livello massimo di intervento protettivo ma solo un livello intermedio. Poi vi sono i rapporti speciali (dove la disciplina generale è applicabile solo nei limiti della compatibilità), mentre vi sono altri contratti, dotati di tutela più intensa, che non possono dirsi speciali nel senso del codice civile, ma sono riconducibili all’art. 2094 “e il plus di protezione di cui godono dipende da variabili (natura delle mansioni o dimensione dell’organizzazione di lavoro in cui il prestatore è inserito) sfornite di rilevanza tipizzante”34. Da un altro punto di vista si è osservato che il riferimento alle discipline applicabili non può assurgere “a schema classificatorio con solide basi […] soprattutto perché non è facilmente definibile la rilevanza o la quantità della deviazione del tipo” individuare un prototipo normativo pecca laddove va riconosciuto che il suo identikit è opinabile. Offrirebbe invece maggiori garanzie la teoria dei sottotipi. L’adesione a questa impostazione comporta che sia individuato un tipo capace di contenere la disciplina generale che si applica a tutti i sottotipi, senza eccezione, e che costituirebbe una fattispecie minima unitaria del lavoro subordinato36. Inoltre, “l’esistenza di corpi di disciplina ‘speciale’ non comporta necessariamente l’esistenza di rapporti speciali o sottotipi, ma si colloca su un piano diverso. Non di rapporti speciali deve parlarsi bensì di discipline speciali”37. La differenza sarebbe notevole: le discipline dei rapporti speciali, in quanto determinano una deviazione funzionale, non possono essere applicate al di fuori del sottotipo; le discipline speciali, invece, “in quanto non sono determinate da rapporto a tempo indeterminato, ma per aggiunzione dell’elemento del termine. In breve, il contratto a termine è speciale nel senso che è un sottotipo” (Mengoni 1986, 13). 33 Ibidem. 34 Mengoni 1986, 14. 35 Loy 1989, 53. 36 Questa fattispecie unitaria, in quanto tipo generale, da un lato “determina il minimo di disciplina comune applicabile a tutti i sottotipi, per altro verso è anche il «contenitore» massimo possibile di tutta l’ampia gamma di disciplina prevista per i diversi sottotipi” (Loy 1989, 61). 37 Loy 1989, 61. Questa tesi è accolta anche da Sciotti 2005, 287. IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 13 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 un’alterazione funzionale, ma solo dalla sussistenza di una mera particolarità della fattispecie (l’età, la durata, il luogo, ecc.), sono tendenzialmente destinate ad operare dovunque e quando si verifica la particolarità, anche travalicando le barriere dei sottotipi”38. 3.3. Il dibattito sulla possibilità di individuare una fattispecie minima unitaria di lavoro subordinato Una ulteriore critica accomuna la teoria tradizionale, che distingue tra rapporto di lavoro normale e rapporti di lavoro speciali, a quella che utilizza le categorie generali del tipo e del sottotipo, ritenendo che entrambe si basino su “presupposti fortemente discutibili e pertanto con forti dosi di arbitrarietà”39. Piuttosto, per evitare di introdurre dati aprioristici, occorrerebbe riconoscere che si è in presenza di un’articolazione tipologica soltanto quando esiste nell’ordinamento “un nucleo di disciplina specifica richiamabile in via esclusiva per un determinato rapporto di lavoro”40. In questo senso si sostiene che la tipologia può essere determinata sul piano degli effetti, ossia della regolamentazione giuridica applicabile, e su questa base si possono individuare due grandi raggruppamenti. Il primo è basato sulla natura del datore di lavoro talvolta in combinazione con la natura della prestazione lavorativa. Caratteristica fondamentale di questo gruppo sarebbe l’esclusività della regolamentazione, giustificata dalla peculiarità dell’elemento preso in considerazione dall’ordinamento per dettare quella specifica disciplina. Il secondo gruppo si basa su modelli non esclusivi ma alternativi di regolazione del rapporto, differenziati tra loro non per la peculiarità del datore di lavoro ma per soddisfare “bisogni di flessibilità nell’uso del fattore lavoro o venire incontro a specifiche esigenze di questo”41. L’esame del primo gruppo di contratti condurrebbe alla conclusione per cui nell’ordinamento sussiste una pluralità di modelli di regolazione del rapporto di lavoro, che non possono essere considerati "speciali" in base alla categoria concettuale del codice civile, in quanto non sono soggetti ad un giudizio di compatibilità. In queste ipotesi la disciplina particolare non è preclusiva della normativa dettata a prescindere dalla 38 Loy 1989, 61. 39 Napoli 1996, 4. dell’esistenza di una pluralità di rapporti di lavoro tutte le volte in cui l’ordinamento differenzia in misura più o meno accentuata un determinato rapporto di lavoro rispetto agli altri” (Napoli 1996, 5). 41 Ibidem. 14 VALERIO SPEZIALE WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 configurazione del datore di lavoro42. Quindi, l’interprete dovrebbe convincersi che il rapporto di lavoro ha una caratteristica che non è possibile rinvenire in altri contratti, poiché esso può “generare rapporti retti da discipline differenziate che non mettono in discussione l’unitarietà del tipo, mentre negli altri rapporti di scambio contratto nominato e disciplina tipica (cioè legalmente posta) sono due profili di uno stesso fenomeno”43. A conclusioni analoghe condurrebbe l’analisi del secondo gruppo di contratti: “tutti i rapporti di lavoro regolati su determinati punti di disciplina esclusiva rinviano necessariamente, proprio perché non tutti gli aspetti sono regolati, ad una regolamentazione dettata a prescindere dalle singole specificazioni”44. La frammentazione regolativa, in ultima istanza, più che mettere capo alla configurazione di più tipi legali, sarebbe “una condizione strutturale del diritto del lavoro, non rinvenibile in altri contratti” e non in grado di scalfire l’unitarietà della fattispecie costitutiva dei singoli rapporti, ossia il contratto di lavoro subordinato. In definitiva, la proposta di Mario Napoli è di leggere l’art. 2094 c.c. in chiave unitaria. Dalla disciplina vigente è desumibile uno schema elementare di contratto di lavoro subordinato45. Questo schema “prescinde da un contenuto di regolazione unitaria (salvi gli effetti necessari sul piano previdenziale, fiscale, processuale, e del riconoscimento dei diritti collettivi elementari, libertà sindacale e diritto di sciopero), poiché esso si incarna necessariamente in modelli di regolazione variabili in funzione di elementi ulteriori che di volta in volta vengono in considerazione”46. La teoria di Napoli non esaurisce il novero dei tentativi di individuare una nozione unitaria del lavoro subordinato. Questi tentativi incontrano la critica di chi ritiene che pur non essendo possibile “elaborare una nozione del lavoro subordinato unitaria, suscettibile di assurgere al ruolo di tipo legale onnicomprensivo, è però possibile configurare quella nozione come un insieme articolato di tipi legali distinti e individuare i diversi criteri di qualificazione di volta in volta applicabili” 42 “In nessun caso esaminato, nemmeno nel contratto di arruolamento o nel lavoro sportivo, è applicabile soltanto la disciplina esclusiva” (Napoli 1996, 16). 43 Ibidem. 44 Napoli 1996, 26. 45 “E’ lavoratore subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a eseguire personalmente e continuativamente (durevolmente) un’attività professionale (a esplicare la propria attività professionale in relazione alle mansioni convenute) nell’organizzazione predisposta e diretta dal datore di lavoro” (Napoli 1996, 62). 46 Ibidem. 47 Ichino 2000, 320. IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 15 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 contrattuali – come il lavoro a domicilio, il lavoro sportivo e il lavoro domestico – in grado di assurgere a tipi contrattuali, e ciò in quanto essi non potrebbero essere ricondotti né alla grande area del lavoro autonomo né a quella del lavoro subordinato48. Le prospettive unitarie sconterebbero un prezzo inaccettabile, quello di obliterare l’assoggettamento pieno al potere direttivo del creditore. Pertanto, venuto meno l’elemento essenziale della eterodirezione, la figura generale del lavoro subordinato dovrebbe reggersi su due soli elementi, la dipendenza e l’inserimento, che però sono compatibili anche con il carattere autonomo della prestazione lavorativa. Non sfuggirebbe a questo esito inaccettabile neppure la tesi di Mario Napoli: la lettura data da questo autore, infatti, richiederebbe per la configurazione del lavoro subordinato non l’assoggettamento al potere direttivo della prestazione lavorativa, ma l’assoggettamento al potere dell’organizzazione aziendale e si espone, pertanto, alle considerazioni critiche già espresse49. Se dunque non è possibile individuare una nozione unitaria e generale rispetto alla quale il lavoro subordinato nell’impresa di cui all’art. 2094 c.c. si atteggerebbe come sottotipo, “sorge il dubbio se sia ancora opportuno ricomprendere in una categoria generale intitolata al «lavoro subordinato» i rapporti di lavoro nei quali viene meno l’elemento essenziale dell’assoggettamento della prestazione al potere direttivo del creditore” oppure se non sia più logico “disattendere il nomen attribuito a questi rapporti dal legislatore […] per ricomprenderli nella “vasta e accogliente categoria del lavoro parasubordinato – o meglio nella ancor più vasta categoria del lavoro a carattere personale e continuativo – salvo applicare a ciascuno di essi la disciplina speciale che la legge per esso detta”50. Una interpretazione particolare è quella che, al fine di qualificare la subordinazione ed evitare l applicazione indiscriminata di tutti trattamenti economici normativi a qualsiasi modello di lavoro subordinato, individua una "fattispecie generale", distinta da quelle "discrete" costituite dalle singole ipotesi previste dal codice e dalle leggi speciali (lavoro nell impresa, tirocinio, lavoro a domicilio ecc.) e che, basate su diverse 48 “(…) in nessuno dei tratti distintivi dell’una o dell’altra fattispecie astratta può individuarsi un elemento o insieme di elementi universalmente necessari e sufficienti per la qualificazione della prestazione come autonoma o subordinata” (Ichino 2000, 320). 49 Così facendo, infatti, si torna “sostanzialmente alla nozione di «dipendenza» o a quella di «inserimento», che sappiamo essere in realtà compatibili con il carattere autonomo della prestazione” (Ichino 2000, 321, nota 120). 50 Ichino 2000, 322-323. 16 VALERIO SPEZIALE WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 nozioni di subordinazione, devono essere prese in considerazione per l applicazione selettiva delle tutele51. 4. Contratti di lavoro c.d. atipici e flessibili La nozione di “atipicità” diffusa nel diritto del lavoro non coincide con quella propria del diritto civile. È unanimemente riconosciuta la valenza del tutto descrittiva del termine “atipico” quando riferito a contratti di lavoro52: questi, infatti, sono previsti e disciplinati puntualmente dalla legge, quindi sono tipici nel senso che al termine si attribuisce nel diritto civile generale. Anzi, non è mancato chi ha fatto rilevare che “l’uso di concetti come tipo e sottotipo (e metodo tipologico), o anche rapporto speciale o contratto a causa mista” rischia di apparire “così poco controllato, da risultare molto spesso fuorviante”, poiché “il fenomeno della tipizzazione del contratto di lavoro subordinato segue andamenti esattamente inversi rispetto a quelli che si registrano nel diritto dei contratti, dove il tipo contrattuale non è altro che un modello di disciplina […] che guida le parti al conseguimento dell’effetto giuridico voluto e consente all’interprete di integrare il programma negoziale laddove è carente, richiamando gli effetti naturali dello schema regolato al quale il contratto venga ricondotto. Nel rapporto di lavoro subordinato, invece, la tipizzazione va di pari passo con lo sviluppo storico del diritto del lavoro come ordinamento protettivo e non riflette la stabilizzazione di regolarità e prassi degli affari, ma i modelli dell’intervento eteronomo sul contratto, ordinato alla tutela del lavoratore”53. Si propone, quindi, di adottare la formula linguistica di “tipo imposto” per designare “l’intervento dirigistico sul contratto attuato attraverso l’imputazione di effetti inderogabili e la sostituzione legale delle clausole difformi” utilizzata dal codice civile. Nel diritto del lavoro, il legislatore avrebbe adottato la variante “forte” dell’intervento imperativo che “comporta più radicalmente la preclusione di schemi negoziali alternativi per realizzare il medesimo risultato a condizioni diverse da quelle stabilite legalmente (tipo esclusivo)” disciplina riferibili ai vari rapporti sono per definizione necessari” e inoltre “normalmente esclusivi”56. 51 Pedrazzoli 1985, 307 ss. (particolarmente 318 ss.). 52 Cfr. Ghera 2006a, 320. 53 D’Antona 1990, 533-534 (corsivo dell’autore). 54 D’Antona 1990, 534. 55 Ibidem. 56 D’Antona 1990, 536 (corsivo dell’autore). IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 17 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 Altri hanno meglio precisato che, “a ragionare nei termini astratti di una ipotetica disponibilità del tipo contrattuale si dimentica la necessaria interferenza fra libertà di determinazione del tipo e libertà di determinazione del contenuto del contratto57. A questo punto il problema diventa però quello classico del rapporto fra autonomia privata ed effetti del contratto. In generale, si deve ricordare che gli effetti del contratto “sono riconnessi alla fattispecie dall’ordinamento e che dunque lo sono a più convinta ragione nel contesto di un rapporto scandito dalla sostituzione automatica delle clausole al di sotto degli standards con la disciplina inderogabile” tipo contrattuale nel senso che le parti incontrano limiti penetranti nella determinazione del contenuto del contratto, mentre la “determinazione del tipo si colloca viceversa in un momento logico successivo ed è il risultato della combinazione o composizione non tanto fra ciò che le parti hanno voluto, quanto fra ciò che le parti hanno ‘potuto volere’ ”59. In definitiva, la locuzione contratti atipici di lavoro non può essere intesa alla luce dell’elaborazione degli studiosi del diritto civile. In effetti, del resto, nel diritto del lavoro la locuzione in discorso è proveniente dal linguaggio internazionale, dove il suo utilizzo è legato al fenomeno del superamento del modello tipico del lavoro a favore della diffusione di forme di attività diverse da quella standard (per disciplina o variazioni del tipo)60. Quindi, con il termine si individuano non soltanto le variazioni interne all’area del lavoro subordinato, ma anche quelle che si collocano all’esterno di essa, lungo il confine che la separa dall’area del lavoro autonomo, e addirittura anche le forme di lavoro irregolari e clandestine. Un significato diverso andrebbe riconosciuto alla locuzione rapporti flessibili, con la quale, in generale, si fa riferimento “al fenomeno dell’attenuazione delle rigidità (o supposte tali) del «codice protettivo» messo a garanzia del lavoro subordinato nella sua formula tipica (art. 2094 c.c.)”61. E si tratta di un’area molto ampia e suscettibile di variare i suoi confini in relazione alla sensibilità ed all’orientamento dell’interprete. 5. L’evoluzione più recente della disciplina legislativa 57 “L’abilitazione alla scelta del tipo presuppone una tendenziale libertà di determinazione del contenuto ovvero, ancor meglio, una sostanziale disponibilità degli effetti scaturenti da un dato assetto di interessi contenuti in un regolamento contrattuale” (Mazzotta 1991, 495- 496). 58 Mazzotta 1991, 496. 59 Ibidem. 60 Grandi 1989, 79. 61 Ibidem. 18 VALERIO SPEZIALE WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 È sufficiente scorrere la manualistica del diritto del lavoro per rendersi conto della mancanza, ancora oggi, di un’uniformità di opinione sul tema dell’articolazione della fattispecie lavoro subordinato e, in particolare, sulla configurabilità e sulla determinazione di confini certi di alcune categorie di rapporti di lavoro, quali i rapporti c.d. speciali e i rapporti c.d. atipici o flessibili. Secondo un’impostazione - forse più vicina a quella tradizionale - “accanto al modello normativo o tipo contrattuale fondamentale del rapporto di lavoro subordinato” il legislatore ha previsto rapporti speciali, alcuni dei quali configurati come “veri e propri sottotipi del contratto di lavoro”62. La ragione ultima di questa articolazione sarebbe da rinvenire nel fatto che l’obiettivo della protezione del lavoratore, quale contraente debole e quale appartenente ad una categoria sociale sottoprotetta, richiede modelli di tutela differenziati in coerenza con gli interessi soddisfatti nel contratto ed in considerazione di altri elementi63. L’adattamento del modello di tutela spinge il legislatore ad introdurre discipline speciali. La specialità, peraltro, oltre che da ragioni di protezione del lavoratore, può essere motivata da finalità diverse, come quella di favorire la formazione professionale del lavoratore, contemperare l’esigenza di tutela con altri interessi pubblici o collettivi ritenuti di particolare rilievo o perseguire l’obiettivo di “promuovere nuova occupazione attraverso rapporti di lavoro c.d flessibili (o anche c.d. atipici), spesso caratterizzati da un’attenuazione delle tutele”64. In sostanza, in questa prospettiva l’analisi dell’articolazione della disciplina viene condotta distinguendo due grandi aggregati, quello dei rapporti speciali e quello dei rapporti di lavoro c.d. atipici o flessibili. Il primo grande aggregato è composto dai rapporti di lavoro speciali caratterizzati dalla tipicità degli interessi pubblici coinvolti65, dai rapporti la cui specialità dipende dalla tipicità della posizione del prestatore e del datore di lavoro66 e dai contratti con finalità formativa67. Il discorso relativo al secondo aggregato è significativamente condotto facendo attenzione a fattispecie che sono ai confini ed oltre il lavoro subordinato. 62 Ghera 2006a, 255 (corsivo dell’autore). 63 La tutela non può essere realizzata “secondo criteri di trattamento uniformi, ma richiede un adattamento […] in ragione degli interessi soddisfatti dal contratto e delle modalità concrete di scambio e di uso della prestazione di lavoro: la realtà del lavoro subordinato non si presenta, infatti, come un tutto omogeneo ma, piuttosto, come un universo differenziato per gruppi professionali e aggregati sociali (Ghera 2006a, 255). 64 Ghera 2006a, 256. 65 Come nel caso del rapporto di lavoro dei marittimi, della gente dell’aria e del pubblico impiego. 66 Il lavoro a domicilio, il lavoro domestico e il lavoro sportivo. 67 Come l’apprendistato, il contratto di inserimento e il contratto di formazione e lavoro. IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 19 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 Esso verte infatti intorno al fenomeno della domanda di lavoro c.d. flessibile e la trattazione all’interno di questo ambito viene quindi condotta con ulteriori distinzioni68. L’analisi di questa prima impostazione evidenzia la complessità del tema e le conseguenti difficoltà di una sua trattazione in termini unitari e, soprattutto, aderenti alle categorie giuridiche utilizzate nel diritto civile69. Per lo più, si tende a riconoscere ormai che dietro la categoria della “specialità”, pure ispirata dalle norme del codice civile, vi sono motivi “eminentemente classificatori”70. Come si può osservare, il richiamo alla specialità di questi rapporti di lavoro è funzionale all’estensione ad essi della disciplina generale del lavoro subordinato. Le indicazioni legislative, infatti, non sono univoche poiché si riferiscono a rapporti tra loro eterogenei, e quindi non sembrano utili al fine di delineare una categoria unitaria di contratti speciali71. In effetti, la qualificazione dei rapporti di lavoro speciali appare solcata da incertezze per quanto attiene ai suoi confini ed alla sua stessa identificazione e rischia di apparire come una questione di ordine meramente classificatorio o nominalistico. “Ben più pregnante è invece la diversa alternativa concernente l’esaustività o meno della disciplina dettata per il rapporto speciale, cioè a dire il quesito circa l’applicabilità o meno […] della disciplina ordinaria e generale del lavoro subordinato. Per quanto il dibattito sia ancora una volta oscillante, prevale l’opinione che la disciplina generale risulta applicabile per gli istituti non oggetto di specifica attenzione della legge speciale e che quindi non opera alcun meccanismo di implicita incompatibilità. E ciò per effetto di un’applicazione analogica dell’art. 2239 c.c.”72. Occorre chiedersi se e come sia intervenuta sul punto la più recente evoluzione legislativa, in particolare il d.lgs. n. 276/2003. In effetti, il legislatore sembra aver attuato “una sorta di moltiplicazione dei modelli negoziali o, ancor più, un’estensione dell’ambito di fruibilità dei modelli già esistenti: un fenomeno più intenso di quello verificatosi negli anni ’90, specie relativamente alla flessibilità temporale del rapporto o della prestazione” dell’autonomia collettiva a scapito di quella individuale, l’introduzione di unitamente alla disciplina degli appalti e del comando o distacco, le tipologie contrattuali ad orario flessibile ed i contratti di lavoro parasubordinati. 69 Non a caso in trattazioni recenti specificamente dedicate alle “tipologie di lavoro flessibile” si privilegia l’esame dei singoli istituti. 70 Mazzotta 2002, 112. 71 Roccella 2004, 67. 72 Carinci, De Luca Tamajo, Tosi, Treu 2005, 46. 73 Zoli 2004, 370. 20 VALERIO SPEZIALE WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 nuovi rapporti avrebbe determinato la “emersione di ulteriori contratti speciali, oltre che di altri sottotipi” e ciò indurrebbe addirittura a “mettere in discussione il contenuto del nucleo duro della subordinazione, a partire dall’intensità della stessa: o, meglio, impone di valorizzare l’intuizione di chi ha prospettato la configurabilità di una nozione di lavoro diversa da quelle espressamente disciplinate dall’ordinamento (ivi compresa la fattispecie di cui all’art. 2094 c.c.), che di esse costituisce la sintesi”74. In effetti, si pone il problema di verificare se il modello del lavoro subordinato abbia veramente perso quella centralità da sempre riconosciutagli, anche nel corso dei tormentati anni ’80, da parte della dottrina più attenta. Già alcuni anni fa75, si ammoniva sulla lunga vita del modello del lavoro subordinato nell’impresa quale modello di riferimento. Quel modello, infatti, era già stato oggetto di una tendenza espansiva da parte del codice civile del 1942, sia “interna” che “esterna” all’impresa. All’interno, essa è espressa dall’art. 2095 c.c. che unifica sotto la nozione di lavoro subordinato tutte le specie di lavoro professionale considerate. All’esterno questa tendenza si realizza con la tecnica dell’estensione del modello tipico ad altri rapporti di lavoro, caratterizzati da variazioni rispetto al tipo normativamente privilegiato, mediante le norme più volte evocate contenute negli artt. 2128, 2134 e 2239. Così facendo, “il codice civile realizza il duplice obiettivo della generalizzazione e dell’articolazione tipologica del modello assunto come struttura privilegiata del rapporto”76, ovviamente nei limiti della ristretta esperienza sociologica e normativa dei rapporti di lavoro degli anni ’30 e ’40. Negli anni ’50 e ’60 quella linea di politica del diritto, di espansione del modello tipico, prosegue, assumendo evidenti motivazioni protettive: si pensi alle leggi sull’apprendistato, sul lavoro a domicilio o sul contratto a termine (cfr. in particolare l’art. 5 della l. 230/1962 che espandeva le tutele del contratto a tempo indeterminato nel limite della non incompatibilità), ma anche, oltre l’area della subordinazione, all’art. 409, n. 3, c.p.c. Solo negli anni ’80 quella tendenza all’espansione è “rovesciata”77 nell’ottica della prevalenza della tutela dell’interesse all’occupazione78. A ben vedere però, una pluralità di indici normativi consentivano, alla fine degli anni ’80, di affermare che il contratto di lavoro subordinato stabile a tempo pieno avesse una posizione dominante. 74 Zoli 2004, 393 che richiama in nota Pedrazzoli 1985. 75 Cfr. Grandi 1989. 76 Cfr. Grandi 1989, 84 e, in senso analogo, anche Ferraro 2002, 24. 77 Grandi 1989, 86. 78 La “articolazione dei rapporti di lavoro [diviene] uno strumento di attivazione dei processi occupazionali in un contesto di garantismo attenuato e tendenzialmente selettivo” (Grandi 1989, 86). IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 21 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007 In verità sembra da condividere una lettura cauta delle novità legislative, secondo cui se è giunto il momento di smetterla di considerare il lavoro part-time, il lavoro a temine, e il lavoro interinale (ora somministrazione di lavoro) come forme atipiche, è anche vero che “appare scontata la collocazione all’interno del contratto di lavoro subordinato di queste forme. Non si tratta di un vezzo classificatorio. Ora il legislatore con una disciplina positiva pone per tutte le forme il principio della parità di trattamento con il lavoratore comparabile e perciò afferma l’unitarietà e la tipicità del lavoro subordinato, anche se esso si presenta con una forte articolazione […]. L’unitarietà del contratto di lavoro subordinato coesiste con una articolazione dei modelli di regolazione, poiché questi non sono mai tali da mettere in discussione l’unitarietà del tipo. La previsione dell’art. 43 (ndr: del d.lgs. 276/2003) è espressione di un principio generale sempre utilizzabile, anche se non espressamente richiamato, in base al quale è applicabile ‘la normativa generale del lavoro subordinato in quanto compatibile con la particolare natura del rapporto di lavoro…’ […]. Ciò dovrà favorire il ritorno a letture trasversali, che tengano conto della pluralità dei modelli normativi, senza dimenticare l’unitarietà del tipo, contrariamente alle tendenze dottrinali a costruire in modo isolato per ciascun modello l’intera disciplina applicabile”. Senza enfatizzare le formulazioni contenute nei testi normativi, occorre far prevalere “la logica dell’unitarietà” e, “contrastando alcune mode culturali”, riconoscere che la subordinazione non è espressione di rigidità, ma al contrario è un “paradigma capace di rispondere esaustivamente ai bisogni di flessibilità dell’impresa” e senza che questo impedisca la tutela del lavoratore79. |
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