lavoroprevidenza

venerdì 13 aprile 2007

IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME - PRIMA PARTE

SPECIALE FLESSIBILITA : APPROFONDIMENTO del Prof. Valerio Speziale - Facoltà di Economia – Università di Chieti-Pescara

PRIMA PARTE


Valerio Speziale


Il lavoro subordinato tra rapporti speciali,


contratti “atipici” e possibili riforme


Facoltà di Economia – Università di Chieti-Pescara


ISSN – 1594-817X


Centro Studi di Diritto del Lavoro Europeo “Massimo D’Antona”


Via Crociferi, 81 – 95124 Catania (Italy)


Tel: + + 39 095 230464 – Fax: + +39 095 313145


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Il lavoro subordinato tra rapporti speciali,


contratti “atipici” e possibili riforme*


Valerio Speziale


Università degli studi di Chieti-Pescara


1. Introduzione ..................................................................... 3


2. L’articolazione della fattispecie contrattuale nel diritto civile:


contratto tipico, contratto atipico, sottotipo contrattuale ............. 4


3. Il problema dei contratti di lavoro c.d. speciali nell’impostazione


tradizionale .......................................................................... 8


3.1. Le critiche alla teoria tradizionale: l’impostazione che


distingue tra tipo e sottotipi................................................. 9


3.2. Le critiche alla teoria tradizionale: il dibattito


sull’individuazione di un “prototipo normativo” ......................10


3.3. Il dibattito sulla possibilità di individuare una fattispecie


minima unitaria di lavoro subordinato ..................................13


4. Contratti di lavoro c.d. atipici e flessibili...............................16


5. L’evoluzione più recente della disciplina legislativa ................17


6. Il “superamento” del dibattito teorico e le tecniche di


coordinamento tra discipline diverse del lavoro subordinato .......21


7. I contratti atipici come modelli negoziali flessibili alternativi al


rapporto di lavoro standard ...................................................34


* Questo saggio, con qualche variazione, sarà pubblicato nel volume Il rapporto di lavoro


subordinato. Costituzione e svolgimento (a cura di Adalberto Perulli) nel Trattato di Diritto


Privato diretto da Mario Bessone.


Ringrazio il dott. Antonio Aurilio per la collaborazione prestata nella ricerca bibliografica e


per lo scambio di opinioni e riflessioni di cui ho tenuto conto nella stesura del testo. La


responsabilità di quanto scritto è, ovviamente, ascrivibile solo all’autore.


2 VALERIO SPEZIALE


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8. L’incremento delle tipologie contrattuali, gli effetti sul sistema


del diritto del lavoro e la necessità di una diversa regolazione in


materia ..............................................................................44


9. Il “lavoro” ed i “lavori” subordinati e l’art. 2094 cod. civ.........56


10. Dal lavoro ai lavori: il dibattito sulla riforma della fattispecie e


lo statuto dei lavori ..............................................................62


11. Riferimenti bibliografici ....................................................68


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1. Introduzione


Negli ultimi anni il rapporto di lavoro subordinato si è arricchito di


tipologie contrattuali che si sono aggiunte alle numerose già esistenti. Il


quadro complessivo è piuttosto articolato anche in considerazione delle


forti differenze nelle discipline ed a volte nelle strutture dei diversi


"modelli" di subordinazione. La nuova proliferazione di contratti di lavoro


pone problemi interpretativi assai delicati.


Questo saggio si propone in primo luogo di descrivere il dibattito


sulla qualificazione di questi contratti nell ambito di categorie in parte


mutuate dal diritto civile ("tipo", "sottotipo", ecc.) e di analizzare se e in


che misura queste varie interpretazioni hanno un influenza sul piano


pratico. L analisi é poi diretta a verificare le caratteristiche delle tecniche


di coordinamento tra la disciplina generale del rapporto di lavoro, prevista


dal codice civile e dalle leggi speciali, e le varie normative che regolano i


contratti diversi da quello nell impresa. L articolazione tipologica, inoltre,


viene valutata nell ambito del problema dei contratti "flessibili" e delle


esigenze derivanti dai profondi mutamenti economici ed organizzativi che


hanno interessato il mercato del lavoro, senza dimenticare, peraltro,


l influenza che sul tema ha esercitato il dibattito sulla "rigidità" del fattore


lavoro e sulla sua correlazione con l incremento dei livelli occupazionali.


L idea di garantire alle imprese una varietà assai ampia di contratti -


alcuni dei quali, tra l altro, poco (o per nulla) utilizzati – per


"flessibilizzare" un sistema ritenuto eccessivamente rigido ha determinato


una situazione di vera e propria alterazione funzionale dei modelli


contrattuali che, oltre ad essere in numero eccessivo, vengono usati per


ragioni molto diverse da quelle che sono le loro finalità originarie. In tale


contesto, vengono quindi avanzate delle proposte che, oltre a


semplificare il sistema, sono dirette a restituire le varie tipologie ad una


funzione che sia coerente con la loro struttura e con le stesse esigenze


del sistema economico, in base anche ai dati ricavabili dalle numerose


indagini empiriche sul mercato del lavoro italiano. Inoltre si analizza il


problema di come garantire tutele generalizzate e di base per tutti i


contratti, allo scopo di non negare la funzione di specializzazione


normativa propria di ciascuno di essi, ma per evitare una possibile


competizione “interna” basata sulla "debolezza" degli statuti protettivi.


Infine si esamina l influenza che questi nuovi rapporti esercitano


sulla nozione di subordinazione prevista dall articolo 2094 del codice


civile. In questo caso si tratta di comprendere se le nuove tipologie, che


introducono caratteri spesso dissonanti con il modello di rapporto di


lavoro delineato dalla norma del codice civile, siano tali da imporre


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diverse nozioni di subordinazione o se l articolo 2094 sia ancora in grado


di svolgere una funzione di identificazione del "tipo" lavoro subordinato.


L ultimo paragrafo è diretto ad analizzare il dibattito sulle proposte


di riforma che in vario modo tendono a superare l attuale situazione, per


introdurre nuove definizioni del contratto di lavoro subordinato (capaci,


nelle intenzioni dei loro autori, di cogliere le nuove forme in cui si esprime


l attività lavorativa) o per prevedere una vera e propria "graduazione


delle tutele", che si muovono dal lavoro autonomo, a quello coordinato


(od in "dipendenza economica"), sino alla subordinazione vera e propria.


In tale ambito esprimo la mia preferenza per un ipotesi di riforma meno


ambiziosa e che, pur partendo dall’abrogazione del lavoro a progetto,


introduca una specifica disciplina delle forme di lavoro che si collocano


nella "zona grigia" tra subordinazione ed autonomia, senza necessità di


modifiche più radicali dell’intero sistema del diritto del lavoro.


La complessità delle questioni affrontate che, oltre ai profili giuridici,


coinvolge anche temi economici, non mi ha forse consentito di


approfondire tutte le problematiche coinvolte. L obiettivo, peraltro, è


quello di fornire spunti di discussione, cercando di spostare l attenzione


su alcuni aspetti che non sempre sono stati sufficientemente analizzati.


2. L’articolazione della fattispecie contrattuale nel


diritto civile: contratto tipico, contratto atipico,


sottotipo contrattuale


Il titolo del paragrafo allude alla presenza nel nostro ordinamento di


una gamma di contratti di lavoro subordinato molto ampia, forse - come


si dirà nel prosieguo - addirittura sovrabbondante rispetto alle effettive


esigenze del mercato del lavoro. Locuzioni quali contratti (o rapporti) di


lavoro “speciali”, “atipici” o “flessibili” sono ormai di utilizzo comune sia


nel linguaggio tecnico giuridico, sia, in qualche misura, nel linguaggio


extragiuridico. Per esaminare più approfonditamente queste categorie di


contratti e rapporti di lavoro e tentare di condurre una loro analisi in


termini unitari, occorre anzitutto, nel rispetto dell’ispirazione complessiva


del presente lavoro, effettuare una sintetica ricognizione dell’elaborazione


in tema di articolazione della fattispecie contrattuale nel diritto civile.


Il codice civile del 1942 distingue infatti una disciplina dei contratti


in generale (titolo II del libro IV) dalla disciplina dei singoli contratti


(titolo III del libro IV). Nel classificare “i contratti in funzione di


definizione della disciplina applicabile”, il legislatore del codice, come


conferma anche la relativa Relazione del Re al Guardasigilli, si serve della


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nozione di tipo contrattuale1. Si tratta di una definizione problematica,


che presenta molteplici profili ancora oggetto di discussione: ai nostri fini


è sufficiente ricordare brevemente che è patrimonio ormai condiviso


l’affermazione secondo cui, in via ordinaria, le fattispecie contrattuali


originano “dalla prassi del diritto degli affari e dei commerci e, dopo una


successiva elaborazione ed affinamento, anche ad opera della


giurisprudenza (c.d. tipicità giurisprudenziale), il tipo, ormai radicato nel


tessuto economico (c.d. tipicità sociale), viene individuato sul piano del


tessuto normativo”2. A questo punto si può parlare di tipo legale, o di


contratto tipico o nominato, che “altro non è se non un astratto schema


regolamentare che racchiude in sé la rappresentazione di una operazione


economica ricorrente nella pratica commerciale”3.


Viene in rilievo, a questo punto, la libertà che il codice civile,


precisamente l’art. 1322, riconosce alle parti di “determinare il contenuto


del contratto nei limiti imposti dalla legge” e di “concludere contratti che


non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano


diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento


giuridico”.


Questa disposizione del codice civile radica la possibilità di


concludere contratti “atipici” e quella tra contratti tipici e atipici


costituisce in effetti la partizione fondamentale dei contratti4. Qui il


problema attiene ai limiti entro cui le parti possono porre in essere


contratti atipici e, quindi, al relativo controllo operato dal giudice. Al


riguardo, per alcune categorie di contratti, il legislatore proibisce ai privati


di porre in essere contratti atipici, per ragioni varie. In questo senso il


“tipo (inteso come schema legale) […] assume un ruolo ben preciso, in


quanto è collegato con il controllo giudiziale degli interessi meritevoli di


tutela: controllo che sarà più penetrante di fronte ad un contratto atipico,


e meno rilevante di fronte ad un contratto rientrante nel tipo legale, come


tale già approvato dall’ordinamento nel momento in cui esso ha fatto


ingresso nel codice civile o nella legislazione speciale”5.


Ma la giurisprudenza non si limita a controllare la meritevolezza


dell’interesse che il contratto atipico sia rivolto a soddisfare. Essa infatti


1 Gabrielli 1999, 1, evidenzia come si tratti di una nozione che, unitamente a quella di


tipicità, è menzionata nella Relazione del Guardasigilli al Re sul codice civile ed è utilizzata


“con frequenza nel tessuto normativo del codice […] sia quando ne opera un impiego


diretto, mediante l’esplicazione del termine; sia quando si riferisce a nozioni (quali quella di


«natura del contratto», art. 1369 c.c.) che ne rappresentano sinonimi; sia quando si serve


della classificazione dei contratti in funzione di definizione della disciplina applicabile”.


2 Ibidem.


3 Gazzoni 1998, 763.


4 Cfr. Gazzoni 1998, 786 e Gabrielli 1997, 705.


5 Alpa 1999, 519.


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finisce con il ricondurre sempre e comunque i contratti che sorgono nella


prassi degli affari a tipi legali, e ciò ad un duplice fine: controllare


l’operazione economica, ossia la meritevolezza dell’interesse che le parti


vogliono perseguire, e completare la disciplina del contratto che le parti


abbiano lasciato lacunoso6.


Ai fini del discorso è sufficiente rilevare che per contratti atipici nel


diritto civile si intendono quelli che non hanno una disciplina legislativa


specifica (o, secondo una concezione più ampia, non sono neppure


oggetto di tipicità sociale)7.


Interessante, in una certa misura, è anche rilevare che, in estrema


sintesi, nell’impostazione tradizionale la distinzione dei contratti per “tipi”


viene fondata sull’elemento della causa, intesa, secondo l’insegnamento


di Betti, come funzione economico-sociale8. A questa prospettiva, che


fonda su un unico parametro l’individuazione dei differenti tipi


contrattuali, si è contrapposto in tempi più recenti il richiamo da parte di


una certa dottrina al metodo c.d. tipologico, che fonda la distinzione tra i


tipi sulla base di una molteplicità di criteri, quali, esemplificativamente, il


modo di perfezionarsi del contratto, la natura del bene che ne è oggetto,


il fattore tempo, il suo contenuto, la qualità delle parti9.


Una ulteriore variante del metodo tipologico classico è quella


cosiddetta funzionale, in base alla quale il tipo non viene identificato


soltanto in correlazione alla presenza o assenza di alcuni elementi


qualificanti o al grado più o meno accentuato di identità tra essi esistente,


ma in rapporto al fatto che essi, anche se diversi, risultino non coordinati


tra loro in modo da svolgere la medesima funzione e si pongano, dunque,


in relazione di "equivalenza"10.


Molto interessante è anche l’elaborazione della dottrina


sull’articolazione all’interno del tipo contrattuale e, quindi, sulla


definizione di sottotipo. Sennonché la nozione di sottotipo “pur rivestendo


6 Alpa 1999, 520. Come messo in luce nella nota elaborazione di Sacco 1966, la


giurisprudenza italiana tende, attraverso una molteplicità di tecniche, a ricondurre qualsiasi


contratto nell’ambito delle discipline previste per i contratti tipici.


7 Ferri 1966, 241.


8 È la tradizionale teoria di Betti: su di essa, e sul dibattito ricco di posizioni diverse intorno


alla nozione di causa, cfr. Alpa 1999, 491-492. Peraltro, da tempo si oppone a quella


posizione tradizionale una diversa opinione che rileva come proprio l’art. 1322 non instauri


una necessaria simmetria tra interesse realizzabile mediante il contratto e contratti tipici,


giacché la norma consente alle parti di introdurre nello schema tipico la realizzazione di


interessi nuovi e diversi, così attribuendogli una funzione innovativa, oppure di creare tipi


radicalmente nuovi. Secondo questa impostazione, la causa sarebbe quindi la funzione


economico-individuale del contratto “in quanto riguarda una operazione che esprime


esigenze ed interessi di uno o più individui” (Ferri 1966, 256).


9 De Nova 1974, 111.


10 Beduschi 1986, 358 ss. (in particolare 359).


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un ruolo di primario rilievo nella teoria generale del contratto, risulta


tuttavia scarsamente elaborata in dottrina”11. Anzi, a ben vedere, i


(pochi) studi più approfonditi su questo tema sono stati compiuti proprio


in relazione al contratto di lavoro subordinato.


Il tentativo di individuare il sottotipo è stato effettuato prendendo


spunto da un’autorevole interpretazione, secondo la quale i singoli tipi


giuridici corrispondono “a fattispecie e situazioni generiche, secondo una


classificazione degli atti quale risulta dall’esperienza; i singoli tipi si


prestano poi ad una progressiva specificazione mediante l’aggiunta ai


requisiti ed agli effetti tipici di requisiti ed effetti extratipici [e]


aggiungendo ai requisiti e agli effetti tipici requisiti ed effetti extratipici si


formano sottotipi di situazioni o di fatti”12. Il riferimento ai “requisiti


extratipici” è stato ritenuto idoneo in considerazione della necessità di


ricomprendere tutte le ipotesi prospettabili. Esso, quindi, “vale a rendere


adeguatamente il concetto che si ha sottotipo solo quando vi sia una


caratterizzazione determinata dall’introduzione di un elemento non


contemplato come essenziale nello schema del contratto”13.


Così impostato il discorso, si richiede ovviamente che il tipo


contrattuale abbia “un grado di elasticità maggiore di quello del


sottotipo”14, di modo che il primo debba essere in grado di contenere il


secondo15. In altri termini, nel sottotipo “permangono aspetti essenziali


del tipo, integrati da altri elementi che la legge considera e disciplina


nella configurazione di un siffatto negozio. Che corrisponde allora, ad


essere più precisi, pur sempre ad un tipo, ma come dire di rango


subordinato (e dunque, per la parte non contemplata, sottoposto alla


stessa disciplina del tipo principale)”16. Lo schema del sottotipo, quindi,


deve presentare tutti gli elementi indispensabili per configurare il tipo con


l’aggiunta di qualche elemento caratterizzante ulteriore.


Quando si tratti di qualificare una fattispecie concreta, occorre


distinguere le mere variazioni dello schema legale dalle vere e proprie


alterazioni: quando le modificazioni dello schema tipico, infatti, “non


assumano un’entità tale da produrre una vera e propria alterazione


causale dell’atto di autonomia, esse saranno compatibili con l’originario


schema tipico e non determineranno, di conseguenza, una deroga alla


11 Gabrielli 1999, 10.


12 Carnelutti 1951, 232.


13 Cataudella 1998, 80.


14 Gabrielli 1999, 10.


15 Cataudella 1998, 80, secondo il quale “l’ambito del primo non può non abbracciare il


secondo”.


16 Scognamiglio 1977, 40.


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sua disciplina”17. D’altro canto, vi è anche un limite superiore, oltre il


quale l’alterazione dello schema tipico conduce ad un suo superamento:


questo limite si evince “con riferimento al significato dell’operazione


economica espressa dal contratto tipico”18. Le alterazioni saranno


compatibili col tipo fintanto che gli interessi ulteriori perseguiti dalle parti


abbiano carattere di complementarietà rispetto all’interesse principale.


3. Il problema dei contratti di lavoro c.d. speciali


nell’impostazione tradizionale


Da quanto detto emerge chiaramente come le locuzioni di contratti


speciali, flessibili e atipici assumono significati peculiari nel diritto del


lavoro.


Il libro V del codice civile del 1942 disciplina nel titolo II il lavoro


nell’impresa, nel titolo III il lavoro autonomo e nel titolo IV il “lavoro


subordinato in particolari rapporti”. Il titolo IV si compone di due capi: il


capo II contiene la disciplina del lavoro domestico; il capo I è composto


da una sola disposizione, l’art. 2239, secondo la quale i rapporti di lavoro


subordinato “che non sono inerenti all’esercizio di un’impresa” sono


regolati dalle disposizioni del titolo I relativo al lavoro subordinato


nell’impresa, “in quanto compatibili con la specialità del rapporto”. Con


tecnica analoga altre norme sanciscono l’applicabilità della disciplina del


lavoro subordinato nell’impresa rispettivamente al tirocinio (art. 2134) e


al lavoro a domicilio (art. 2128), facendo sempre salvo il limite della


compatibilità con la specialità del rapporto.


Il codice civile, quindi, stigmatizza l’esistenza di un modello


“generale”, il rapporto di lavoro subordinato nell’impresa: per espressa


disposizione del codice civile, a tale modello occorre fare riferimento per


la disciplina dei rapporti di lavoro speciali, nel rispetto del limite della


compatibilità.


Una parte della dottrina ha tentato di elaborare, sulla scorta dell’art.


2239, la categoria dei contratti di lavoro speciali, includendovi “tutti quei


rapporti che, per vari motivi, si caratterizzino per avere degli elementi


strutturali ritenuti idonei per differenziarli dal «normale» rapporto di


lavoro”, e si è aggiunto che essi avrebbero caratteristiche “sufficienti a


considerarli speciali” ma tuttavia “non tali da alterare radicalmente gli


elementi essenziali riconoscibili di ogni rapporto di lavoro subordinato”19.


In base a questa impostazione, quella dottrina individuava tre gruppi di


contratti speciali: nel primo gruppo di contratti, ritenuti speciali in


17 Gabrielli 1999, 11.


18 Bianca 1984, 445.


19 Per una esposizione di sintesi cfr. Tosi 1991, 1. Si veda anche Balzarini 1958.


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relazione all’oggetto della prestazione, venivano compresi il rapporto di


apprendistato, il rapporto di formazione e lavoro e il rapporto di lavoro in


prova. Al secondo gruppo di contratti, nei quali la specialità veniva


individuata nella particolare posizione del lavoratore, erano ricondotti il


lavoro domestico, il rapporto di portierato, il rapporto di lavoro artistico e


il rapporto di lavoro sportivo. Infine, al terzo gruppo di rapporti di lavoro


speciali, a causa della disciplina almeno in parte di fonte pubblicistica,


appartenevano il rapporto di arruolamento marittimo ed aeronautico, il


rapporto di lavoro portuale, il rapporto di lavoro degli autoferrotranviari e


internavigatori e quello degli esattoriali.


Secondo una ulteriore impostazione20, occorrerebbe distinguere i


rapporti di lavoro in base alla natura del soggetto che utilizza la


prestazione lavorativa. In questo senso si individuano tre tipologie di


contratti di lavoro: quelli propri dell’impresa, ossia a ben vedere la


maggior parte dei rapporti di lavoro qualificati come speciali dalla dottrina


più risalente. Quelli che prescindono dalla ricorrenza di un’impresa, quali


il rapporto di lavoro nautico e aeronautico, il rapporto degli esattoriali e


quello degli sportivi, poiché in tutte queste ipotesi il datore di lavoro non


deve necessariamente essere titolare di un’impresa. Infine i rapporti di


lavoro domestico e il portierato andrebbero a costituire la categoria dei


rapporti di lavoro che non sono inerenti all’esercizio di un’impresa.


3.1. Le critiche alla teoria tradizionale: l’impostazione che


distingue tra tipo e sottotipi


Il primo tentativo di analisi che ha fortemente messo in dubbio la


classificazione tradizionale, ritenuta fonte di incertezze21, è stato quello


operato da Cataudella. Secondo questo autore, individuare i contratti


speciali in base all esistenza di una disciplina particolare rende incerti i


confini della categoria22. Partendo dalla intuizione di Carnelutti (si veda il


§ 2), si tenta di dare alla materia una sistemazione più adeguata, in


termini di rapporti tra tipo e sottotipo contrattuale. In questo senso, si


avrà sottotipo ogni qual volta ci si troverà di fronte ad una qualificazione


o specificazione di qualcuno dei requisiti propri del tipo, ovvero anche


all’introduzione di requisiti diversi.


20 Scognamiglio 1988.


21 Per esempio, non vi era unanimità sulla inclusione o meno nel novero dei contratti speciali


del lavoro giornalistico: cfr. Cataudella 1998, 140 nota 3.


22 Infatti, tenere conto della specialità della disciplina, in un campo come il diritto del lavoro,


particolarmente vasto e articolato a causa della necessità di considerare differenti situazioni,


costringe “a far capo a criteri quantitativi la cui attendibilità è inficiata dall’elevato grado di


arbitrarietà che ne caratterizza la adozione” (Cataudella 1998, 141).


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Cataudella si muove nell ottica tradizionale, secondo la quale è la


causa - intesa come funzione economico sociale - che identifica il tipo Nel


contratto previsto dall art. 2094 c.c. è la subordinazione l elemento


tipizzante, anche se questo concetto non va inteso in maniera univoca,


ma va considerato con "graduazioni intermedie". Ad ogni modo, per poter


configurare un sottotipo, si dovrà accertare “l’esistenza dell’elemento


della subordinazione nonché di note ulteriori che valgano a caratterizzarlo


rispetto allo schema generale”, con una avvertenza importante poiché nel


caso del contratto di lavoro subordinato non vi è “corrispondenza tra


fattispecie contemplata ai fini dell’applicazione della c.d. disciplina


generale e schema del tipo”23. La sistematica del codice, ed in particolare


l esame degli articoli 2128 e 2239, dimostra che il tipo lavoro subordinato


ha una portata più ampia di quello realizzato nell impresa24. In altri


termini, il lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c. costituirebbe un


sottotipo caratterizzato dall’inserimento del lavoratore nell’organizzazione


interna dell’imprenditore. Esso, però, rappresenta il tipo sociologicamente


più importante cui si è ispirato il legislatore nel “disciplinare il rapporto di


lavoro e perciò si colloca, come tipo sociale normativo, in posizione di


maggior rilievo che non gli altri sottotipi rispetto al tipo formale o


legale”25.


In definitiva, alla stregua di questa prospettazione, soltanto


l’apprendistato ed il contratto di formazione e lavoro potrebbero essere


qualificati come sottotipi del contratto di lavoro subordinato, e dunque


speciali, in quanto connotati da un ulteriore elemento caratterizzante


(l’addestramento)26. Gli altri contratti definiti speciali dalla dottrina


tradizionale, invece, non presenterebbero modificazioni della causa tipica.


3.2. Le critiche alla teoria tradizionale: il dibattito


sull’individuazione di un “prototipo normativo”


23 Cataudella 1998, 145.


24 “Il tipo contratto di lavoro subordinato abbraccia tutte le ipotesi di prestazione


subordinata di attività lavorativa contro corrispettivo ed è, pertanto, più ampio di quello che


sarebbe dato dedurre dalla formulazione dell’art. 2094 […]. La dichiarata applicabilità delle


norme dettate per il lavoro all’interno dell’impresa anche al lavoro non prestato all’interno


dell’impresa (art. 2128) ed a quello non inerente all’impresa (art. 2239) conferma che la


prestazione dell’attività lavorativa per l’impresa e nell’impresa non caratterizza il tipo”


(Cataudella 1998, 146). Aderiscono sostanzialmente a questa impostazione anche Loy 1989


(sul quale vedi infra nel testo) e Grandi 1989, 80.


25 Cataudella 1998, 147.


26 “(…) dalla prevalenza dell’elemento della retribuzione discende l’inquadramento della


fattispecie nello schema del contratto di lavoro subordinato. La presenza dell’obbligo di


addestramento adduce, peraltro, un elemento caratterizzante rispetto allo schema generale


e rende il tirocinio normativamente qualificato come rapporto speciale, come sottotipo”


(Cataudella 1998, 148).


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La seconda critica alla impostazione tradizionale rileva che essa,


elevando a rapporti speciali di lavoro tutti quelli “la cui disciplina si


discosta o diverge da quella del prototipo in ragione di qualche peculiarità


del rispettivo referente empirico”, finisce con il fornire una nozione di


specialità che “soffre di un’eccedenza di significati” ed è destinata “a


restare più descrittiva che definitoria” e non “utilizzabile né come


categoria concettuale né come strumento operativo”27.


Peraltro, se non è sufficiente una peculiarità di disciplina, neppure


sembra soddisfacente il riferimento a quelle sole particolarità di


regolazione che alterino lo schema causale, come sostenuto da


Cataudella. Piuttosto, “può dirsi che un rapporto di lavoro è speciale


allorché la sua disciplina risulti difforme dal prototipo rispetto a quelli che,


in base all’esperienza giuridica, sono gli elementi essenziali del


medesimo”28. Ne deriverebbe che “il predicato della specialità inerisce ai


soli rapporti di lavoro che presentano un tasso di disapplicazione delle


norme corrispondenti agli elementi essenziali del prototipo tanto elevato


da dare vita ad una distinta e relativamente autonoma disciplina, rispetto


alla quale la disciplina del prototipo ha carattere residuale in quanto si


applica purché compatibile e/o non derogata”29. In questo modo,


comunque, si avrebbe una categoria dei rapporti speciali vastissima, che


comprenderebbe anche il lavoro dirigenziale e quello a termine30.


A quest’ultima impostazione è stato rimproverato di “allargare la


categoria dei rapporti di lavoro speciali fino a farle perdere unità


concettuale”31. Tra l’altro, vi sarebbero errori anche in relazione al


rapporto tra disciplina generale e speciale in determinati contratti32.


27 Tutte le citazioni da Ghezzi, Romagnoli 1987, 36.


28 Ghezzi, Romagnoli 1987, 38. Tali elementi sono i seguenti: lavoratore adulto, retribuito


per eseguire la prestazione a cui è contrattualmente obbligato, in condizioni che lo rendono


un produttore deresponsabilizzato, alle dipendenze del medesimo datore di lavoro, almeno


potenzialmente, per tutta la vita, all’interno di una impresa terrestre di dimensioni mediograndi,


legittimata ad operare economicamente solo in base all’art. 41, c. 1, Cost., “senza


ulteriori additivi legali”.


29 Ibidem.


30 In base a questa teoria i rapporti speciali sarebbero tali da includere almeno una dozzina


di figure esponenziali di maggior spicco, tra cui, oltre ai rapporti già individuati dalla teoria


tradizionale e quelli indicati nel testo, anche il lavoro nelle organizzazioni di tendenza e


quello nell’impresa minore.


31 Essa, infatti, diventerebbe “una semplice formula riassuntiva dei rapporti oggetto di una


tutela in varia misura inferiore allo standard” (Mengoni 1986, 12).


32 Al lavoro dirigenziale e al lavoro nell’impresa minore, “la disciplina-standard è applicabile


non nei limiti della compatibilità (valutata del giudice) con la specialità del rapporto, bensì


nei limiti tassativamente indicati dalla legge mediante disposizione formale di inapplicabilità


di certe norme […]. La fattispecie del rapporto a tempo determinato è speciale non per


difetto di un elemento del prototipo normativo, caratterizzato dalla legge n. 230 come


12 VALERIO SPEZIALE


WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007


L’errore di fondo, peraltro, consisterebbe nel tentativo, destinato al


fallimento, di “ridefinire lo standard di trattamento della subordinazione in


corrispondenza ai più elevati livelli di tutela introdotti dalla legislazione


speciale, operando una sorta di ‘sostituzione del contenuto’


nell’intenzione del legislatore del 1942”33. Infatti, sarebbe solo la


normativa collegata all’art. 2094 c.c., come integrata o modificata da


leggi successive aventi il medesimo campo di applicazione, a


rappresentare lo standard di trattamento della subordinazione, che, dopo


la legislazione prodotta successivamente al codice, non rappresenta più il


livello massimo di intervento protettivo ma solo un livello intermedio. Poi


vi sono i rapporti speciali (dove la disciplina generale è applicabile solo


nei limiti della compatibilità), mentre vi sono altri contratti, dotati di


tutela più intensa, che non possono dirsi speciali nel senso del codice


civile, ma sono riconducibili all’art. 2094 “e il plus di protezione di cui


godono dipende da variabili (natura delle mansioni o dimensione


dell’organizzazione di lavoro in cui il prestatore è inserito) sfornite di


rilevanza tipizzante”34.


Da un altro punto di vista si è osservato che il riferimento alle


discipline applicabili non può assurgere “a schema classificatorio con


solide basi […] soprattutto perché non è facilmente definibile la rilevanza


o la quantità della deviazione del tipo”35. In questo senso, la proposta di


individuare un prototipo normativo pecca laddove va riconosciuto che il


suo identikit è opinabile. Offrirebbe invece maggiori garanzie la teoria dei


sottotipi. L’adesione a questa impostazione comporta che sia individuato


un tipo capace di contenere la disciplina generale che si applica a tutti i


sottotipi, senza eccezione, e che costituirebbe una fattispecie minima


unitaria del lavoro subordinato36. Inoltre, “l’esistenza di corpi di disciplina


‘speciale’ non comporta necessariamente l’esistenza di rapporti speciali o


sottotipi, ma si colloca su un piano diverso. Non di rapporti speciali deve


parlarsi bensì di discipline speciali”37. La differenza sarebbe notevole: le


discipline dei rapporti speciali, in quanto determinano una deviazione


funzionale, non possono essere applicate al di fuori del sottotipo; le


discipline speciali, invece, “in quanto non sono determinate da


rapporto a tempo indeterminato, ma per aggiunzione dell’elemento del termine. In breve, il


contratto a termine è speciale nel senso che è un sottotipo” (Mengoni 1986, 13).


33 Ibidem.


34 Mengoni 1986, 14.


35 Loy 1989, 53.


36 Questa fattispecie unitaria, in quanto tipo generale, da un lato “determina il minimo di


disciplina comune applicabile a tutti i sottotipi, per altro verso è anche il «contenitore»


massimo possibile di tutta l’ampia gamma di disciplina prevista per i diversi sottotipi” (Loy


1989, 61).


37 Loy 1989, 61. Questa tesi è accolta anche da Sciotti 2005, 287.


IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 13


WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007


un’alterazione funzionale, ma solo dalla sussistenza di una mera


particolarità della fattispecie (l’età, la durata, il luogo, ecc.), sono


tendenzialmente destinate ad operare dovunque e quando si verifica la


particolarità, anche travalicando le barriere dei sottotipi”38.


3.3. Il dibattito sulla possibilità di individuare una fattispecie


minima unitaria di lavoro subordinato


Una ulteriore critica accomuna la teoria tradizionale, che distingue


tra rapporto di lavoro normale e rapporti di lavoro speciali, a quella che


utilizza le categorie generali del tipo e del sottotipo, ritenendo che


entrambe si basino su “presupposti fortemente discutibili e pertanto con


forti dosi di arbitrarietà”39. Piuttosto, per evitare di introdurre dati


aprioristici, occorrerebbe riconoscere che si è in presenza di


un’articolazione tipologica soltanto quando esiste nell’ordinamento “un


nucleo di disciplina specifica richiamabile in via esclusiva per un


determinato rapporto di lavoro”40.


In questo senso si sostiene che la tipologia può essere determinata


sul piano degli effetti, ossia della regolamentazione giuridica applicabile, e


su questa base si possono individuare due grandi raggruppamenti. Il


primo è basato sulla natura del datore di lavoro talvolta in combinazione


con la natura della prestazione lavorativa. Caratteristica fondamentale di


questo gruppo sarebbe l’esclusività della regolamentazione, giustificata


dalla peculiarità dell’elemento preso in considerazione dall’ordinamento


per dettare quella specifica disciplina. Il secondo gruppo si basa su


modelli non esclusivi ma alternativi di regolazione del rapporto,


differenziati tra loro non per la peculiarità del datore di lavoro ma per


soddisfare “bisogni di flessibilità nell’uso del fattore lavoro o venire


incontro a specifiche esigenze di questo”41.


L’esame del primo gruppo di contratti condurrebbe alla conclusione


per cui nell’ordinamento sussiste una pluralità di modelli di regolazione


del rapporto di lavoro, che non possono essere considerati "speciali" in


base alla categoria concettuale del codice civile, in quanto non sono


soggetti ad un giudizio di compatibilità. In queste ipotesi la disciplina


particolare non è preclusiva della normativa dettata a prescindere dalla


38 Loy 1989, 61.


39 Napoli 1996, 4.


40 In questi casi “l’interprete…. è autorizzato dall’ordinamento stesso a prendere atto


dell’esistenza di una pluralità di rapporti di lavoro tutte le volte in cui l’ordinamento


differenzia in misura più o meno accentuata un determinato rapporto di lavoro rispetto agli


altri” (Napoli 1996, 5).


41 Ibidem.


14 VALERIO SPEZIALE


WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007


configurazione del datore di lavoro42. Quindi, l’interprete dovrebbe


convincersi che il rapporto di lavoro ha una caratteristica che non è


possibile rinvenire in altri contratti, poiché esso può “generare rapporti


retti da discipline differenziate che non mettono in discussione l’unitarietà


del tipo, mentre negli altri rapporti di scambio contratto nominato e


disciplina tipica (cioè legalmente posta) sono due profili di uno stesso


fenomeno”43.


A conclusioni analoghe condurrebbe l’analisi del secondo gruppo di


contratti: “tutti i rapporti di lavoro regolati su determinati punti di


disciplina esclusiva rinviano necessariamente, proprio perché non tutti gli


aspetti sono regolati, ad una regolamentazione dettata a prescindere


dalle singole specificazioni”44. La frammentazione regolativa, in ultima


istanza, più che mettere capo alla configurazione di più tipi legali,


sarebbe “una condizione strutturale del diritto del lavoro, non rinvenibile


in altri contratti” e non in grado di scalfire l’unitarietà della fattispecie


costitutiva dei singoli rapporti, ossia il contratto di lavoro subordinato.


In definitiva, la proposta di Mario Napoli è di leggere l’art. 2094 c.c.


in chiave unitaria. Dalla disciplina vigente è desumibile uno schema


elementare di contratto di lavoro subordinato45. Questo schema


“prescinde da un contenuto di regolazione unitaria (salvi gli effetti


necessari sul piano previdenziale, fiscale, processuale, e del


riconoscimento dei diritti collettivi elementari, libertà sindacale e diritto di


sciopero), poiché esso si incarna necessariamente in modelli di


regolazione variabili in funzione di elementi ulteriori che di volta in volta


vengono in considerazione”46.


La teoria di Napoli non esaurisce il novero dei tentativi di individuare


una nozione unitaria del lavoro subordinato.


Questi tentativi incontrano la critica di chi ritiene che pur non


essendo possibile “elaborare una nozione del lavoro subordinato unitaria,


suscettibile di assurgere al ruolo di tipo legale onnicomprensivo, è però


possibile configurare quella nozione come un insieme articolato di tipi


legali distinti e individuare i diversi criteri di qualificazione di volta in volta


applicabili”47. In questa prospettiva, sarebbero rinvenibili alcune figure


42 “In nessun caso esaminato, nemmeno nel contratto di arruolamento o nel lavoro sportivo,


è applicabile soltanto la disciplina esclusiva” (Napoli 1996, 16).


43 Ibidem.


44 Napoli 1996, 26.


45 “E’ lavoratore subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a eseguire personalmente


e continuativamente (durevolmente) un’attività professionale (a esplicare la propria attività


professionale in relazione alle mansioni convenute) nell’organizzazione predisposta e diretta


dal datore di lavoro” (Napoli 1996, 62).


46 Ibidem.


47 Ichino 2000, 320.


IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 15


WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007


contrattuali – come il lavoro a domicilio, il lavoro sportivo e il lavoro


domestico – in grado di assurgere a tipi contrattuali, e ciò in quanto essi


non potrebbero essere ricondotti né alla grande area del lavoro autonomo


né a quella del lavoro subordinato48. Le prospettive unitarie


sconterebbero un prezzo inaccettabile, quello di obliterare


l’assoggettamento pieno al potere direttivo del creditore. Pertanto,


venuto meno l’elemento essenziale della eterodirezione, la figura


generale del lavoro subordinato dovrebbe reggersi su due soli elementi,


la dipendenza e l’inserimento, che però sono compatibili anche con il


carattere autonomo della prestazione lavorativa. Non sfuggirebbe a


questo esito inaccettabile neppure la tesi di Mario Napoli: la lettura data


da questo autore, infatti, richiederebbe per la configurazione del lavoro


subordinato non l’assoggettamento al potere direttivo della prestazione


lavorativa, ma l’assoggettamento al potere dell’organizzazione aziendale


e si espone, pertanto, alle considerazioni critiche già espresse49.


Se dunque non è possibile individuare una nozione unitaria e


generale rispetto alla quale il lavoro subordinato nell’impresa di cui all’art.


2094 c.c. si atteggerebbe come sottotipo, “sorge il dubbio se sia ancora


opportuno ricomprendere in una categoria generale intitolata al «lavoro


subordinato» i rapporti di lavoro nei quali viene meno l’elemento


essenziale dell’assoggettamento della prestazione al potere direttivo del


creditore” oppure se non sia più logico “disattendere il nomen attribuito a


questi rapporti dal legislatore […] per ricomprenderli nella “vasta e


accogliente categoria del lavoro parasubordinato – o meglio nella ancor


più vasta categoria del lavoro a carattere personale e continuativo – salvo


applicare a ciascuno di essi la disciplina speciale che la legge per esso


detta”50.


Una interpretazione particolare è quella che, al fine di qualificare la


subordinazione ed evitare l applicazione indiscriminata di tutti trattamenti


economici normativi a qualsiasi modello di lavoro subordinato, individua


una "fattispecie generale", distinta da quelle "discrete" costituite dalle


singole ipotesi previste dal codice e dalle leggi speciali (lavoro


nell impresa, tirocinio, lavoro a domicilio ecc.) e che, basate su diverse


48 “(…) in nessuno dei tratti distintivi dell’una o dell’altra fattispecie astratta può individuarsi


un elemento o insieme di elementi universalmente necessari e sufficienti per la


qualificazione della prestazione come autonoma o subordinata” (Ichino 2000, 320).


49 Così facendo, infatti, si torna “sostanzialmente alla nozione di «dipendenza» o a quella di


«inserimento», che sappiamo essere in realtà compatibili con il carattere autonomo della


prestazione” (Ichino 2000, 321, nota 120).


50 Ichino 2000, 322-323.


16 VALERIO SPEZIALE


WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007


nozioni di subordinazione, devono essere prese in considerazione per


l applicazione selettiva delle tutele51.


4. Contratti di lavoro c.d. atipici e flessibili


La nozione di “atipicità” diffusa nel diritto del lavoro non coincide


con quella propria del diritto civile. È unanimemente riconosciuta la


valenza del tutto descrittiva del termine “atipico” quando riferito a


contratti di lavoro52: questi, infatti, sono previsti e disciplinati


puntualmente dalla legge, quindi sono tipici nel senso che al termine si


attribuisce nel diritto civile generale.


Anzi, non è mancato chi ha fatto rilevare che “l’uso di concetti come


tipo e sottotipo (e metodo tipologico), o anche rapporto speciale o


contratto a causa mista” rischia di apparire “così poco controllato, da


risultare molto spesso fuorviante”, poiché “il fenomeno della tipizzazione


del contratto di lavoro subordinato segue andamenti esattamente inversi


rispetto a quelli che si registrano nel diritto dei contratti, dove il tipo


contrattuale non è altro che un modello di disciplina […] che guida le parti


al conseguimento dell’effetto giuridico voluto e consente all’interprete di


integrare il programma negoziale laddove è carente, richiamando gli


effetti naturali dello schema regolato al quale il contratto venga


ricondotto.


Nel rapporto di lavoro subordinato, invece, la tipizzazione va di pari


passo con lo sviluppo storico del diritto del lavoro come ordinamento


protettivo e non riflette la stabilizzazione di regolarità e prassi degli affari,


ma i modelli dell’intervento eteronomo sul contratto, ordinato alla tutela


del lavoratore”53. Si propone, quindi, di adottare la formula linguistica di


“tipo imposto” per designare “l’intervento dirigistico sul contratto attuato


attraverso l’imputazione di effetti inderogabili e la sostituzione legale


delle clausole difformi”54, in contrapposizione alla tecnica del tipo naturale


utilizzata dal codice civile. Nel diritto del lavoro, il legislatore avrebbe


adottato la variante “forte” dell’intervento imperativo che “comporta più


radicalmente la preclusione di schemi negoziali alternativi per realizzare il


medesimo risultato a condizioni diverse da quelle stabilite legalmente


(tipo esclusivo)”55. In questo settore del diritto, in definitiva, “i modelli di


disciplina riferibili ai vari rapporti sono per definizione necessari” e inoltre


“normalmente esclusivi”56.


51 Pedrazzoli 1985, 307 ss. (particolarmente 318 ss.).


52 Cfr. Ghera 2006a, 320.


53 D’Antona 1990, 533-534 (corsivo dell’autore).


54 D’Antona 1990, 534.


55 Ibidem.


56 D’Antona 1990, 536 (corsivo dell’autore).


IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 17


WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007


Altri hanno meglio precisato che, “a ragionare nei termini astratti di


una ipotetica disponibilità del tipo contrattuale si dimentica la necessaria


interferenza fra libertà di determinazione del tipo e libertà di


determinazione del contenuto del contratto57. A questo punto il problema


diventa però quello classico del rapporto fra autonomia privata ed effetti


del contratto. In generale, si deve ricordare che gli effetti del contratto


“sono riconnessi alla fattispecie dall’ordinamento e che dunque lo sono a


più convinta ragione nel contesto di un rapporto scandito dalla


sostituzione automatica delle clausole al di sotto degli standards con la


disciplina inderogabile”58. In altri termini si può discorrere di rigidità del


tipo contrattuale nel senso che le parti incontrano limiti penetranti nella


determinazione del contenuto del contratto, mentre la “determinazione


del tipo si colloca viceversa in un momento logico successivo ed è il


risultato della combinazione o composizione non tanto fra ciò che le parti


hanno voluto, quanto fra ciò che le parti hanno ‘potuto volere’ ”59.


In definitiva, la locuzione contratti atipici di lavoro non può essere


intesa alla luce dell’elaborazione degli studiosi del diritto civile. In effetti,


del resto, nel diritto del lavoro la locuzione in discorso è proveniente dal


linguaggio internazionale, dove il suo utilizzo è legato al fenomeno del


superamento del modello tipico del lavoro a favore della diffusione di


forme di attività diverse da quella standard (per disciplina o variazioni del


tipo)60. Quindi, con il termine si individuano non soltanto le variazioni


interne all’area del lavoro subordinato, ma anche quelle che si collocano


all’esterno di essa, lungo il confine che la separa dall’area del lavoro


autonomo, e addirittura anche le forme di lavoro irregolari e clandestine.


Un significato diverso andrebbe riconosciuto alla locuzione rapporti


flessibili, con la quale, in generale, si fa riferimento “al fenomeno


dell’attenuazione delle rigidità (o supposte tali) del «codice protettivo»


messo a garanzia del lavoro subordinato nella sua formula tipica (art.


2094 c.c.)”61. E si tratta di un’area molto ampia e suscettibile di variare i


suoi confini in relazione alla sensibilità ed all’orientamento dell’interprete.


5. L’evoluzione più recente della disciplina legislativa


57 “L’abilitazione alla scelta del tipo presuppone una tendenziale libertà di determinazione


del contenuto ovvero, ancor meglio, una sostanziale disponibilità degli effetti scaturenti da


un dato assetto di interessi contenuti in un regolamento contrattuale” (Mazzotta 1991, 495-


496).


58 Mazzotta 1991, 496.


59 Ibidem.


60 Grandi 1989, 79.


61 Ibidem.


18 VALERIO SPEZIALE


WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007


È sufficiente scorrere la manualistica del diritto del lavoro per


rendersi conto della mancanza, ancora oggi, di un’uniformità di opinione


sul tema dell’articolazione della fattispecie lavoro subordinato e, in


particolare, sulla configurabilità e sulla determinazione di confini certi di


alcune categorie di rapporti di lavoro, quali i rapporti c.d. speciali e i


rapporti c.d. atipici o flessibili.


Secondo un’impostazione - forse più vicina a quella tradizionale -


“accanto al modello normativo o tipo contrattuale fondamentale del


rapporto di lavoro subordinato” il legislatore ha previsto rapporti speciali,


alcuni dei quali configurati come “veri e propri sottotipi del contratto di


lavoro”62. La ragione ultima di questa articolazione sarebbe da rinvenire


nel fatto che l’obiettivo della protezione del lavoratore, quale contraente


debole e quale appartenente ad una categoria sociale sottoprotetta,


richiede modelli di tutela differenziati in coerenza con gli interessi


soddisfatti nel contratto ed in considerazione di altri elementi63.


L’adattamento del modello di tutela spinge il legislatore ad introdurre


discipline speciali. La specialità, peraltro, oltre che da ragioni di


protezione del lavoratore, può essere motivata da finalità diverse, come


quella di favorire la formazione professionale del lavoratore,


contemperare l’esigenza di tutela con altri interessi pubblici o collettivi


ritenuti di particolare rilievo o perseguire l’obiettivo di “promuovere nuova


occupazione attraverso rapporti di lavoro c.d flessibili (o anche c.d.


atipici), spesso caratterizzati da un’attenuazione delle tutele”64.


In sostanza, in questa prospettiva l’analisi dell’articolazione della


disciplina viene condotta distinguendo due grandi aggregati, quello dei


rapporti speciali e quello dei rapporti di lavoro c.d. atipici o flessibili. Il


primo grande aggregato è composto dai rapporti di lavoro speciali


caratterizzati dalla tipicità degli interessi pubblici coinvolti65, dai rapporti


la cui specialità dipende dalla tipicità della posizione del prestatore e del


datore di lavoro66 e dai contratti con finalità formativa67. Il discorso


relativo al secondo aggregato è significativamente condotto facendo


attenzione a fattispecie che sono ai confini ed oltre il lavoro subordinato.


62 Ghera 2006a, 255 (corsivo dell’autore).


63 La tutela non può essere realizzata “secondo criteri di trattamento uniformi, ma richiede


un adattamento […] in ragione degli interessi soddisfatti dal contratto e delle modalità


concrete di scambio e di uso della prestazione di lavoro: la realtà del lavoro subordinato non


si presenta, infatti, come un tutto omogeneo ma, piuttosto, come un universo differenziato


per gruppi professionali e aggregati sociali (Ghera 2006a, 255).


64 Ghera 2006a, 256.


65 Come nel caso del rapporto di lavoro dei marittimi, della gente dell’aria e del pubblico


impiego.


66 Il lavoro a domicilio, il lavoro domestico e il lavoro sportivo.


67 Come l’apprendistato, il contratto di inserimento e il contratto di formazione e lavoro.


IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 19


WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007


Esso verte infatti intorno al fenomeno della domanda di lavoro c.d.


flessibile e la trattazione all’interno di questo ambito viene quindi


condotta con ulteriori distinzioni68.


L’analisi di questa prima impostazione evidenzia la complessità del


tema e le conseguenti difficoltà di una sua trattazione in termini unitari e,


soprattutto, aderenti alle categorie giuridiche utilizzate nel diritto civile69.


Per lo più, si tende a riconoscere ormai che dietro la categoria della


“specialità”, pure ispirata dalle norme del codice civile, vi sono motivi


“eminentemente classificatori”70.


Come si può osservare, il richiamo alla specialità di questi rapporti


di lavoro è funzionale all’estensione ad essi della disciplina generale del


lavoro subordinato. Le indicazioni legislative, infatti, non sono univoche


poiché si riferiscono a rapporti tra loro eterogenei, e quindi non sembrano


utili al fine di delineare una categoria unitaria di contratti speciali71. In


effetti, la qualificazione dei rapporti di lavoro speciali appare solcata da


incertezze per quanto attiene ai suoi confini ed alla sua stessa


identificazione e rischia di apparire come una questione di ordine


meramente classificatorio o nominalistico. “Ben più pregnante è invece la


diversa alternativa concernente l’esaustività o meno della disciplina


dettata per il rapporto speciale, cioè a dire il quesito circa l’applicabilità o


meno […] della disciplina ordinaria e generale del lavoro subordinato. Per


quanto il dibattito sia ancora una volta oscillante, prevale l’opinione che la


disciplina generale risulta applicabile per gli istituti non oggetto di


specifica attenzione della legge speciale e che quindi non opera alcun


meccanismo di implicita incompatibilità. E ciò per effetto di


un’applicazione analogica dell’art. 2239 c.c.”72.


Occorre chiedersi se e come sia intervenuta sul punto la più recente


evoluzione legislativa, in particolare il d.lgs. n. 276/2003. In effetti, il


legislatore sembra aver attuato “una sorta di moltiplicazione dei modelli


negoziali o, ancor più, un’estensione dell’ambito di fruibilità dei modelli


già esistenti: un fenomeno più intenso di quello verificatosi negli anni ’90,


specie relativamente alla flessibilità temporale del rapporto o della


prestazione”73. A parte la novità eclatante della valorizzazione


dell’autonomia collettiva a scapito di quella individuale, l’introduzione di


68 In tale contesto sono ricompresi il contratto a termine, il contratto di somministrazione


unitamente alla disciplina degli appalti e del comando o distacco, le tipologie contrattuali ad


orario flessibile ed i contratti di lavoro parasubordinati.


69 Non a caso in trattazioni recenti specificamente dedicate alle “tipologie di lavoro flessibile”


si privilegia l’esame dei singoli istituti.


70 Mazzotta 2002, 112.


71 Roccella 2004, 67.


72 Carinci, De Luca Tamajo, Tosi, Treu 2005, 46.


73 Zoli 2004, 370.


20 VALERIO SPEZIALE


WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007


nuovi rapporti avrebbe determinato la “emersione di ulteriori contratti


speciali, oltre che di altri sottotipi” e ciò indurrebbe addirittura a “mettere


in discussione il contenuto del nucleo duro della subordinazione, a partire


dall’intensità della stessa: o, meglio, impone di valorizzare l’intuizione di


chi ha prospettato la configurabilità di una nozione di lavoro diversa da


quelle espressamente disciplinate dall’ordinamento (ivi compresa la


fattispecie di cui all’art. 2094 c.c.), che di esse costituisce la sintesi”74.


In effetti, si pone il problema di verificare se il modello del lavoro


subordinato abbia veramente perso quella centralità da sempre


riconosciutagli, anche nel corso dei tormentati anni ’80, da parte della


dottrina più attenta. Già alcuni anni fa75, si ammoniva sulla lunga vita del


modello del lavoro subordinato nell’impresa quale modello di riferimento.


Quel modello, infatti, era già stato oggetto di una tendenza espansiva da


parte del codice civile del 1942, sia “interna” che “esterna” all’impresa.


All’interno, essa è espressa dall’art. 2095 c.c. che unifica sotto la nozione


di lavoro subordinato tutte le specie di lavoro professionale considerate.


All’esterno questa tendenza si realizza con la tecnica dell’estensione del


modello tipico ad altri rapporti di lavoro, caratterizzati da variazioni


rispetto al tipo normativamente privilegiato, mediante le norme più volte


evocate contenute negli artt. 2128, 2134 e 2239. Così facendo, “il codice


civile realizza il duplice obiettivo della generalizzazione e dell’articolazione


tipologica del modello assunto come struttura privilegiata del rapporto”76,


ovviamente nei limiti della ristretta esperienza sociologica e normativa dei


rapporti di lavoro degli anni ’30 e ’40. Negli anni ’50 e ’60 quella linea di


politica del diritto, di espansione del modello tipico, prosegue, assumendo


evidenti motivazioni protettive: si pensi alle leggi sull’apprendistato, sul


lavoro a domicilio o sul contratto a termine (cfr. in particolare l’art. 5


della l. 230/1962 che espandeva le tutele del contratto a tempo


indeterminato nel limite della non incompatibilità), ma anche, oltre l’area


della subordinazione, all’art. 409, n. 3, c.p.c. Solo negli anni ’80 quella


tendenza all’espansione è “rovesciata”77 nell’ottica della prevalenza della


tutela dell’interesse all’occupazione78. A ben vedere però, una pluralità di


indici normativi consentivano, alla fine degli anni ’80, di affermare che il


contratto di lavoro subordinato stabile a tempo pieno avesse una


posizione dominante.


74 Zoli 2004, 393 che richiama in nota Pedrazzoli 1985.


75 Cfr. Grandi 1989.


76 Cfr. Grandi 1989, 84 e, in senso analogo, anche Ferraro 2002, 24.


77 Grandi 1989, 86.


78 La “articolazione dei rapporti di lavoro [diviene] uno strumento di attivazione dei processi


occupazionali in un contesto di garantismo attenuato e tendenzialmente selettivo” (Grandi


1989, 86).


IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 21


WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007


In verità sembra da condividere una lettura cauta delle novità


legislative, secondo cui se è giunto il momento di smetterla di considerare


il lavoro part-time, il lavoro a temine, e il lavoro interinale (ora


somministrazione di lavoro) come forme atipiche, è anche vero che


“appare scontata la collocazione all’interno del contratto di lavoro


subordinato di queste forme. Non si tratta di un vezzo classificatorio. Ora


il legislatore con una disciplina positiva pone per tutte le forme il principio


della parità di trattamento con il lavoratore comparabile e perciò afferma


l’unitarietà e la tipicità del lavoro subordinato, anche se esso si presenta


con una forte articolazione […]. L’unitarietà del contratto di lavoro


subordinato coesiste con una articolazione dei modelli di regolazione,


poiché questi non sono mai tali da mettere in discussione l’unitarietà del


tipo. La previsione dell’art. 43 (ndr: del d.lgs. 276/2003) è espressione di


un principio generale sempre utilizzabile, anche se non espressamente


richiamato, in base al quale è applicabile ‘la normativa generale del


lavoro subordinato in quanto compatibile con la particolare natura del


rapporto di lavoro…’ […]. Ciò dovrà favorire il ritorno a letture trasversali,


che tengano conto della pluralità dei modelli normativi, senza dimenticare


l’unitarietà del tipo, contrariamente alle tendenze dottrinali a costruire in


modo isolato per ciascun modello l’intera disciplina applicabile”. Senza


enfatizzare le formulazioni contenute nei testi normativi, occorre far


prevalere “la logica dell’unitarietà” e, “contrastando alcune mode


culturali”, riconoscere che la subordinazione non è espressione di rigidità,


ma al contrario è un “paradigma capace di rispondere esaustivamente ai


bisogni di flessibilità dell’impresa” e senza che questo impedisca la tutela


del lavoratore79.


CONTINUA



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