PRIMA PARTE
Valerio Speziale
Il lavoro subordinato tra rapporti speciali,
contratti “atipici” e possibili riforme
Facoltà di Economia – Università di Chieti-Pescara
ISSN – 1594-817X
Centro Studi di Diritto del Lavoro Europeo “Massimo D’Antona”
Via Crociferi, 81 – 95124 Catania (Italy)
Tel: + + 39 095 230464 – Fax: + +39 095 313145
centrostudidantona@lex.unict.it
www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/presentazione
Il lavoro subordinato tra rapporti speciali,
contratti “atipici” e possibili riforme*
Valerio Speziale
Università degli studi di Chieti-Pescara
1. Introduzione ..................................................................... 3
2. L’articolazione della fattispecie contrattuale nel diritto civile:
contratto tipico, contratto atipico, sottotipo contrattuale ............. 4
3. Il problema dei contratti di lavoro c.d. speciali nell’impostazione
tradizionale .......................................................................... 8
3.1. Le critiche alla teoria tradizionale: l’impostazione che
distingue tra tipo e sottotipi................................................. 9
3.2. Le critiche alla teoria tradizionale: il dibattito
sull’individuazione di un “prototipo normativo” ......................10
3.3. Il dibattito sulla possibilità di individuare una fattispecie
minima unitaria di lavoro subordinato ..................................13
4. Contratti di lavoro c.d. atipici e flessibili...............................16
5. L’evoluzione più recente della disciplina legislativa ................17
6. Il “superamento” del dibattito teorico e le tecniche di
coordinamento tra discipline diverse del lavoro subordinato .......21
7. I contratti atipici come modelli negoziali flessibili alternativi al
rapporto di lavoro standard ...................................................34
* Questo saggio, con qualche variazione, sarà pubblicato nel volume Il rapporto di lavoro
subordinato. Costituzione e svolgimento (a cura di Adalberto Perulli) nel Trattato di Diritto
Privato diretto da Mario Bessone.
Ringrazio il dott. Antonio Aurilio per la collaborazione prestata nella ricerca bibliografica e
per lo scambio di opinioni e riflessioni di cui ho tenuto conto nella stesura del testo. La
responsabilità di quanto scritto è, ovviamente, ascrivibile solo all’autore.
2 VALERIO SPEZIALE
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
8. L’incremento delle tipologie contrattuali, gli effetti sul sistema
del diritto del lavoro e la necessità di una diversa regolazione in
materia ..............................................................................44
9. Il “lavoro” ed i “lavori” subordinati e l’art. 2094 cod. civ.........56
10. Dal lavoro ai lavori: il dibattito sulla riforma della fattispecie e
lo statuto dei lavori ..............................................................62
11. Riferimenti bibliografici ....................................................68
IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 3
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
1. Introduzione
Negli ultimi anni il rapporto di lavoro subordinato si è arricchito di
tipologie contrattuali che si sono aggiunte alle numerose già esistenti. Il
quadro complessivo è piuttosto articolato anche in considerazione delle
forti differenze nelle discipline ed a volte nelle strutture dei diversi
"modelli" di subordinazione. La nuova proliferazione di contratti di lavoro
pone problemi interpretativi assai delicati.
Questo saggio si propone in primo luogo di descrivere il dibattito
sulla qualificazione di questi contratti nell ambito di categorie in parte
mutuate dal diritto civile ("tipo", "sottotipo", ecc.) e di analizzare se e in
che misura queste varie interpretazioni hanno un influenza sul piano
pratico. L analisi é poi diretta a verificare le caratteristiche delle tecniche
di coordinamento tra la disciplina generale del rapporto di lavoro, prevista
dal codice civile e dalle leggi speciali, e le varie normative che regolano i
contratti diversi da quello nell impresa. L articolazione tipologica, inoltre,
viene valutata nell ambito del problema dei contratti "flessibili" e delle
esigenze derivanti dai profondi mutamenti economici ed organizzativi che
hanno interessato il mercato del lavoro, senza dimenticare, peraltro,
l influenza che sul tema ha esercitato il dibattito sulla "rigidità" del fattore
lavoro e sulla sua correlazione con l incremento dei livelli occupazionali.
L idea di garantire alle imprese una varietà assai ampia di contratti -
alcuni dei quali, tra l altro, poco (o per nulla) utilizzati – per
"flessibilizzare" un sistema ritenuto eccessivamente rigido ha determinato
una situazione di vera e propria alterazione funzionale dei modelli
contrattuali che, oltre ad essere in numero eccessivo, vengono usati per
ragioni molto diverse da quelle che sono le loro finalità originarie. In tale
contesto, vengono quindi avanzate delle proposte che, oltre a
semplificare il sistema, sono dirette a restituire le varie tipologie ad una
funzione che sia coerente con la loro struttura e con le stesse esigenze
del sistema economico, in base anche ai dati ricavabili dalle numerose
indagini empiriche sul mercato del lavoro italiano. Inoltre si analizza il
problema di come garantire tutele generalizzate e di base per tutti i
contratti, allo scopo di non negare la funzione di specializzazione
normativa propria di ciascuno di essi, ma per evitare una possibile
competizione “interna” basata sulla "debolezza" degli statuti protettivi.
Infine si esamina l influenza che questi nuovi rapporti esercitano
sulla nozione di subordinazione prevista dall articolo 2094 del codice
civile. In questo caso si tratta di comprendere se le nuove tipologie, che
introducono caratteri spesso dissonanti con il modello di rapporto di
lavoro delineato dalla norma del codice civile, siano tali da imporre
4 VALERIO SPEZIALE
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
diverse nozioni di subordinazione o se l articolo 2094 sia ancora in grado
di svolgere una funzione di identificazione del "tipo" lavoro subordinato.
L ultimo paragrafo è diretto ad analizzare il dibattito sulle proposte
di riforma che in vario modo tendono a superare l attuale situazione, per
introdurre nuove definizioni del contratto di lavoro subordinato (capaci,
nelle intenzioni dei loro autori, di cogliere le nuove forme in cui si esprime
l attività lavorativa) o per prevedere una vera e propria "graduazione
delle tutele", che si muovono dal lavoro autonomo, a quello coordinato
(od in "dipendenza economica"), sino alla subordinazione vera e propria.
In tale ambito esprimo la mia preferenza per un ipotesi di riforma meno
ambiziosa e che, pur partendo dall’abrogazione del lavoro a progetto,
introduca una specifica disciplina delle forme di lavoro che si collocano
nella "zona grigia" tra subordinazione ed autonomia, senza necessità di
modifiche più radicali dell’intero sistema del diritto del lavoro.
La complessità delle questioni affrontate che, oltre ai profili giuridici,
coinvolge anche temi economici, non mi ha forse consentito di
approfondire tutte le problematiche coinvolte. L obiettivo, peraltro, è
quello di fornire spunti di discussione, cercando di spostare l attenzione
su alcuni aspetti che non sempre sono stati sufficientemente analizzati.
2. L’articolazione della fattispecie contrattuale nel
diritto civile: contratto tipico, contratto atipico,
sottotipo contrattuale
Il titolo del paragrafo allude alla presenza nel nostro ordinamento di
una gamma di contratti di lavoro subordinato molto ampia, forse - come
si dirà nel prosieguo - addirittura sovrabbondante rispetto alle effettive
esigenze del mercato del lavoro. Locuzioni quali contratti (o rapporti) di
lavoro “speciali”, “atipici” o “flessibili” sono ormai di utilizzo comune sia
nel linguaggio tecnico giuridico, sia, in qualche misura, nel linguaggio
extragiuridico. Per esaminare più approfonditamente queste categorie di
contratti e rapporti di lavoro e tentare di condurre una loro analisi in
termini unitari, occorre anzitutto, nel rispetto dell’ispirazione complessiva
del presente lavoro, effettuare una sintetica ricognizione dell’elaborazione
in tema di articolazione della fattispecie contrattuale nel diritto civile.
Il codice civile del 1942 distingue infatti una disciplina dei contratti
in generale (titolo II del libro IV) dalla disciplina dei singoli contratti
(titolo III del libro IV). Nel classificare “i contratti in funzione di
definizione della disciplina applicabile”, il legislatore del codice, come
conferma anche la relativa Relazione del Re al Guardasigilli, si serve della
IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 5
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
nozione di tipo contrattuale1. Si tratta di una definizione problematica,
che presenta molteplici profili ancora oggetto di discussione: ai nostri fini
è sufficiente ricordare brevemente che è patrimonio ormai condiviso
l’affermazione secondo cui, in via ordinaria, le fattispecie contrattuali
originano “dalla prassi del diritto degli affari e dei commerci e, dopo una
successiva elaborazione ed affinamento, anche ad opera della
giurisprudenza (c.d. tipicità giurisprudenziale), il tipo, ormai radicato nel
tessuto economico (c.d. tipicità sociale), viene individuato sul piano del
tessuto normativo”
contratto tipico o nominato, che “altro non è se non un astratto schema
regolamentare che racchiude in sé la rappresentazione di una operazione
economica ricorrente nella pratica commerciale”3.
Viene in rilievo, a questo punto, la libertà che il codice civile,
precisamente l’art. 1322, riconosce alle parti di “determinare il contenuto
del contratto nei limiti imposti dalla legge” e di “concludere contratti che
non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano
diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento
giuridico”.
Questa disposizione del codice civile radica la possibilità di
concludere contratti “atipici” e quella tra contratti tipici e atipici
costituisce in effetti la partizione fondamentale dei contratti4. Qui il
problema attiene ai limiti entro cui le parti possono porre in essere
contratti atipici e, quindi, al relativo controllo operato dal giudice. Al
riguardo, per alcune categorie di contratti, il legislatore proibisce ai privati
di porre in essere contratti atipici, per ragioni varie. In questo senso il
“tipo (inteso come schema legale) […] assume un ruolo ben preciso, in
quanto è collegato con il controllo giudiziale degli interessi meritevoli di
tutela: controllo che sarà più penetrante di fronte ad un contratto atipico,
e meno rilevante di fronte ad un contratto rientrante nel tipo legale, come
tale già approvato dall’ordinamento nel momento in cui esso ha fatto
ingresso nel codice civile o nella legislazione speciale”5.
Ma la giurisprudenza non si limita a controllare la meritevolezza
dell’interesse che il contratto atipico sia rivolto a soddisfare. Essa infatti
1 Gabrielli 1999, 1, evidenzia come si tratti di una nozione che, unitamente a quella di
tipicità, è menzionata nella Relazione del Guardasigilli al Re sul codice civile ed è utilizzata
“con frequenza nel tessuto normativo del codice […] sia quando ne opera un impiego
diretto, mediante l’esplicazione del termine; sia quando si riferisce a nozioni (quali quella di
«natura del contratto», art. 1369 c.c.) che ne rappresentano sinonimi; sia quando si serve
della classificazione dei contratti in funzione di definizione della disciplina applicabile”.
2 Ibidem.
3 Gazzoni 1998, 763.
4 Cfr. Gazzoni 1998, 786 e Gabrielli 1997, 705.
5 Alpa 1999, 519.
6 VALERIO SPEZIALE
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
finisce con il ricondurre sempre e comunque i contratti che sorgono nella
prassi degli affari a tipi legali, e ciò ad un duplice fine: controllare
l’operazione economica, ossia la meritevolezza dell’interesse che le parti
vogliono perseguire, e completare la disciplina del contratto che le parti
abbiano lasciato lacunoso6.
Ai fini del discorso è sufficiente rilevare che per contratti atipici nel
diritto civile si intendono quelli che non hanno una disciplina legislativa
specifica (o, secondo una concezione più ampia, non sono neppure
oggetto di tipicità sociale)7.
Interessante, in una certa misura, è anche rilevare che, in estrema
sintesi, nell’impostazione tradizionale la distinzione dei contratti per “tipi”
viene fondata sull’elemento della causa, intesa, secondo l’insegnamento
di Betti, come funzione economico-sociale8. A questa prospettiva, che
fonda su un unico parametro l’individuazione dei differenti tipi
contrattuali, si è contrapposto in tempi più recenti il richiamo da parte di
una certa dottrina al metodo c.d. tipologico, che fonda la distinzione tra i
tipi sulla base di una molteplicità di criteri, quali, esemplificativamente, il
modo di perfezionarsi del contratto, la natura del bene che ne è oggetto,
il fattore tempo, il suo contenuto, la qualità delle parti9.
Una ulteriore variante del metodo tipologico classico è quella
cosiddetta funzionale, in base alla quale il tipo non viene identificato
soltanto in correlazione alla presenza o assenza di alcuni elementi
qualificanti o al grado più o meno accentuato di identità tra essi esistente,
ma in rapporto al fatto che essi, anche se diversi, risultino non coordinati
tra loro in modo da svolgere la medesima funzione e si pongano, dunque,
in relazione di "equivalenza"10.
Molto interessante è anche l’elaborazione della dottrina
sull’articolazione all’interno del tipo contrattuale e, quindi, sulla
definizione di sottotipo. Sennonché la nozione di sottotipo “pur rivestendo
6 Alpa 1999, 520. Come messo in luce nella nota elaborazione di Sacco 1966, la
giurisprudenza italiana tende, attraverso una molteplicità di tecniche, a ricondurre qualsiasi
contratto nell’ambito delle discipline previste per i contratti tipici.
7 Ferri 1966, 241.
8 È la tradizionale teoria di Betti: su di essa, e sul dibattito ricco di posizioni diverse intorno
alla nozione di causa, cfr. Alpa 1999, 491-492. Peraltro, da tempo si oppone a quella
posizione tradizionale una diversa opinione che rileva come proprio l’art. 1322 non instauri
una necessaria simmetria tra interesse realizzabile mediante il contratto e contratti tipici,
giacché la norma consente alle parti di introdurre nello schema tipico la realizzazione di
interessi nuovi e diversi, così attribuendogli una funzione innovativa, oppure di creare tipi
radicalmente nuovi. Secondo questa impostazione, la causa sarebbe quindi la funzione
economico-individuale del contratto “in quanto riguarda una operazione che esprime
esigenze ed interessi di uno o più individui” (Ferri 1966, 256).
9 De Nova 1974, 111.
10 Beduschi 1986, 358 ss. (in particolare 359).
IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 7
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
un ruolo di primario rilievo nella teoria generale del contratto, risulta
tuttavia scarsamente elaborata in dottrina”11. Anzi, a ben vedere, i
(pochi) studi più approfonditi su questo tema sono stati compiuti proprio
in relazione al contratto di lavoro subordinato.
Il tentativo di individuare il sottotipo è stato effettuato prendendo
spunto da un’autorevole interpretazione, secondo la quale i singoli tipi
giuridici corrispondono “a fattispecie e situazioni generiche, secondo una
classificazione degli atti quale risulta dall’esperienza; i singoli tipi si
prestano poi ad una progressiva specificazione mediante l’aggiunta ai
requisiti ed agli effetti tipici di requisiti ed effetti extratipici [e]
aggiungendo ai requisiti e agli effetti tipici requisiti ed effetti extratipici si
formano sottotipi di situazioni o di fatti”12. Il riferimento ai “requisiti
extratipici” è stato ritenuto idoneo in considerazione della necessità di
ricomprendere tutte le ipotesi prospettabili. Esso, quindi, “vale a rendere
adeguatamente il concetto che si ha sottotipo solo quando vi sia una
caratterizzazione determinata dall’introduzione di un elemento non
contemplato come essenziale nello schema del contratto”13.
Così impostato il discorso, si richiede ovviamente che il tipo
contrattuale abbia “un grado di elasticità maggiore di quello del
sottotipo”14, di modo che il primo debba essere in grado di contenere il
secondo15. In altri termini, nel sottotipo “permangono aspetti essenziali
del tipo, integrati da altri elementi che la legge considera e disciplina
nella configurazione di un siffatto negozio. Che corrisponde allora, ad
essere più precisi, pur sempre ad un tipo, ma come dire di rango
subordinato (e dunque, per la parte non contemplata, sottoposto alla
stessa disciplina del tipo principale)”16. Lo schema del sottotipo, quindi,
deve presentare tutti gli elementi indispensabili per configurare il tipo con
l’aggiunta di qualche elemento caratterizzante ulteriore.
Quando si tratti di qualificare una fattispecie concreta, occorre
distinguere le mere variazioni dello schema legale dalle vere e proprie
alterazioni: quando le modificazioni dello schema tipico, infatti, “non
assumano un’entità tale da produrre una vera e propria alterazione
causale dell’atto di autonomia, esse saranno compatibili con l’originario
schema tipico e non determineranno, di conseguenza, una deroga alla
11 Gabrielli 1999, 10.
12 Carnelutti 1951, 232.
13 Cataudella 1998, 80.
14 Gabrielli 1999, 10.
15 Cataudella 1998, 80, secondo il quale “l’ambito del primo non può non abbracciare il
secondo”.
16 Scognamiglio 1977, 40.
8 VALERIO SPEZIALE
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
sua disciplina”17. D’altro canto, vi è anche un limite superiore, oltre il
quale l’alterazione dello schema tipico conduce ad un suo superamento:
questo limite si evince “con riferimento al significato dell’operazione
economica espressa dal contratto tipico”18. Le alterazioni saranno
compatibili col tipo fintanto che gli interessi ulteriori perseguiti dalle parti
abbiano carattere di complementarietà rispetto all’interesse principale.
3. Il problema dei contratti di lavoro c.d. speciali
nell’impostazione tradizionale
Da quanto detto emerge chiaramente come le locuzioni di contratti
speciali, flessibili e atipici assumono significati peculiari nel diritto del
lavoro.
Il libro V del codice civile del 1942 disciplina nel titolo II il lavoro
nell’impresa, nel titolo III il lavoro autonomo e nel titolo IV il “lavoro
subordinato in particolari rapporti”. Il titolo IV si compone di due capi: il
capo II contiene la disciplina del lavoro domestico; il capo I è composto
da una sola disposizione, l’art. 2239, secondo la quale i rapporti di lavoro
subordinato “che non sono inerenti all’esercizio di un’impresa” sono
regolati dalle disposizioni del titolo I relativo al lavoro subordinato
nell’impresa, “in quanto compatibili con la specialità del rapporto”. Con
tecnica analoga altre norme sanciscono l’applicabilità della disciplina del
lavoro subordinato nell’impresa rispettivamente al tirocinio (art. 2134) e
al lavoro a domicilio (art. 2128), facendo sempre salvo il limite della
compatibilità con la specialità del rapporto.
Il codice civile, quindi, stigmatizza l’esistenza di un modello
“generale”, il rapporto di lavoro subordinato nell’impresa: per espressa
disposizione del codice civile, a tale modello occorre fare riferimento per
la disciplina dei rapporti di lavoro speciali, nel rispetto del limite della
compatibilità.
Una parte della dottrina ha tentato di elaborare, sulla scorta dell’art.
2239, la categoria dei contratti di lavoro speciali, includendovi “tutti quei
rapporti che, per vari motivi, si caratterizzino per avere degli elementi
strutturali ritenuti idonei per differenziarli dal «normale» rapporto di
lavoro”, e si è aggiunto che essi avrebbero caratteristiche “sufficienti a
considerarli speciali” ma tuttavia “non tali da alterare radicalmente gli
elementi essenziali riconoscibili di ogni rapporto di lavoro subordinato”19.
In base a questa impostazione, quella dottrina individuava tre gruppi di
contratti speciali: nel primo gruppo di contratti, ritenuti speciali in
17 Gabrielli 1999, 11.
18 Bianca 1984, 445.
19 Per una esposizione di sintesi cfr. Tosi 1991, 1. Si veda anche Balzarini 1958.
IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 9
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
relazione all’oggetto della prestazione, venivano compresi il rapporto di
apprendistato, il rapporto di formazione e lavoro e il rapporto di lavoro in
prova. Al secondo gruppo di contratti, nei quali la specialità veniva
individuata nella particolare posizione del lavoratore, erano ricondotti il
lavoro domestico, il rapporto di portierato, il rapporto di lavoro artistico e
il rapporto di lavoro sportivo. Infine, al terzo gruppo di rapporti di lavoro
speciali, a causa della disciplina almeno in parte di fonte pubblicistica,
appartenevano il rapporto di arruolamento marittimo ed aeronautico, il
rapporto di lavoro portuale, il rapporto di lavoro degli autoferrotranviari e
internavigatori e quello degli esattoriali.
Secondo una ulteriore impostazione20, occorrerebbe distinguere i
rapporti di lavoro in base alla natura del soggetto che utilizza la
prestazione lavorativa. In questo senso si individuano tre tipologie di
contratti di lavoro: quelli propri dell’impresa, ossia a ben vedere la
maggior parte dei rapporti di lavoro qualificati come speciali dalla dottrina
più risalente. Quelli che prescindono dalla ricorrenza di un’impresa, quali
il rapporto di lavoro nautico e aeronautico, il rapporto degli esattoriali e
quello degli sportivi, poiché in tutte queste ipotesi il datore di lavoro non
deve necessariamente essere titolare di un’impresa. Infine i rapporti di
lavoro domestico e il portierato andrebbero a costituire la categoria dei
rapporti di lavoro che non sono inerenti all’esercizio di un’impresa.
3.1. Le critiche alla teoria tradizionale: l’impostazione che
distingue tra tipo e sottotipi
Il primo tentativo di analisi che ha fortemente messo in dubbio la
classificazione tradizionale, ritenuta fonte di incertezze21, è stato quello
operato da Cataudella. Secondo questo autore, individuare i contratti
speciali in base all esistenza di una disciplina particolare rende incerti i
confini della categoria22. Partendo dalla intuizione di Carnelutti (si veda il
§ 2), si tenta di dare alla materia una sistemazione più adeguata, in
termini di rapporti tra tipo e sottotipo contrattuale. In questo senso, si
avrà sottotipo ogni qual volta ci si troverà di fronte ad una qualificazione
o specificazione di qualcuno dei requisiti propri del tipo, ovvero anche
all’introduzione di requisiti diversi.
20 Scognamiglio 1988.
21 Per esempio, non vi era unanimità sulla inclusione o meno nel novero dei contratti speciali
del lavoro giornalistico: cfr. Cataudella 1998, 140 nota 3.
22 Infatti, tenere conto della specialità della disciplina, in un campo come il diritto del lavoro,
particolarmente vasto e articolato a causa della necessità di considerare differenti situazioni,
costringe “a far capo a criteri quantitativi la cui attendibilità è inficiata dall’elevato grado di
arbitrarietà che ne caratterizza la adozione” (Cataudella 1998, 141).
10 VALERIO SPEZIALE
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
Cataudella si muove nell ottica tradizionale, secondo la quale è la
causa - intesa come funzione economico sociale - che identifica il tipo Nel
contratto previsto dall art. 2094 c.c. è la subordinazione l elemento
tipizzante, anche se questo concetto non va inteso in maniera univoca,
ma va considerato con "graduazioni intermedie". Ad ogni modo, per poter
configurare un sottotipo, si dovrà accertare “l’esistenza dell’elemento
della subordinazione nonché di note ulteriori che valgano a caratterizzarlo
rispetto allo schema generale”, con una avvertenza importante poiché nel
caso del contratto di lavoro subordinato non vi è “corrispondenza tra
fattispecie contemplata ai fini dell’applicazione della c.d. disciplina
generale e schema del tipo”23. La sistematica del codice, ed in particolare
l esame degli articoli 2128 e 2239, dimostra che il tipo lavoro subordinato
ha una portata più ampia di quello realizzato nell impresa24. In altri
termini, il lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c. costituirebbe un
sottotipo caratterizzato dall’inserimento del lavoratore nell’organizzazione
interna dell’imprenditore. Esso, però, rappresenta il tipo sociologicamente
più importante cui si è ispirato il legislatore nel “disciplinare il rapporto di
lavoro e perciò si colloca, come tipo sociale normativo, in posizione di
maggior rilievo che non gli altri sottotipi rispetto al tipo formale o
legale”25.
In definitiva, alla stregua di questa prospettazione, soltanto
l’apprendistato ed il contratto di formazione e lavoro potrebbero essere
qualificati come sottotipi del contratto di lavoro subordinato, e dunque
speciali, in quanto connotati da un ulteriore elemento caratterizzante
(l’addestramento)26. Gli altri contratti definiti speciali dalla dottrina
tradizionale, invece, non presenterebbero modificazioni della causa tipica.
3.2. Le critiche alla teoria tradizionale: il dibattito
sull’individuazione di un “prototipo normativo”
23 Cataudella 1998, 145.
24 “Il tipo contratto di lavoro subordinato abbraccia tutte le ipotesi di prestazione
subordinata di attività lavorativa contro corrispettivo ed è, pertanto, più ampio di quello che
sarebbe dato dedurre dalla formulazione dell’art. 2094 […]. La dichiarata applicabilità delle
norme dettate per il lavoro all’interno dell’impresa anche al lavoro non prestato all’interno
dell’impresa (art. 2128) ed a quello non inerente all’impresa (art. 2239) conferma che la
prestazione dell’attività lavorativa per l’impresa e nell’impresa non caratterizza il tipo”
(Cataudella 1998, 146). Aderiscono sostanzialmente a questa impostazione anche Loy 1989
(sul quale vedi infra nel testo) e Grandi 1989, 80.
25 Cataudella 1998, 147.
26 “(…) dalla prevalenza dell’elemento della retribuzione discende l’inquadramento della
fattispecie nello schema del contratto di lavoro subordinato. La presenza dell’obbligo di
addestramento adduce, peraltro, un elemento caratterizzante rispetto allo schema generale
e rende il tirocinio normativamente qualificato come rapporto speciale, come sottotipo”
(Cataudella 1998, 148).
IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 11
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
La seconda critica alla impostazione tradizionale rileva che essa,
elevando a rapporti speciali di lavoro tutti quelli “la cui disciplina si
discosta o diverge da quella del prototipo in ragione di qualche peculiarità
del rispettivo referente empirico”, finisce con il fornire una nozione di
specialità che “soffre di un’eccedenza di significati” ed è destinata “a
restare più descrittiva che definitoria” e non “utilizzabile né come
categoria concettuale né come strumento operativo”27.
Peraltro, se non è sufficiente una peculiarità di disciplina, neppure
sembra soddisfacente il riferimento a quelle sole particolarità di
regolazione che alterino lo schema causale, come sostenuto da
Cataudella. Piuttosto, “può dirsi che un rapporto di lavoro è speciale
allorché la sua disciplina risulti difforme dal prototipo rispetto a quelli che,
in base all’esperienza giuridica, sono gli elementi essenziali del
medesimo”28. Ne deriverebbe che “il predicato della specialità inerisce ai
soli rapporti di lavoro che presentano un tasso di disapplicazione delle
norme corrispondenti agli elementi essenziali del prototipo tanto elevato
da dare vita ad una distinta e relativamente autonoma disciplina, rispetto
alla quale la disciplina del prototipo ha carattere residuale in quanto si
applica purché compatibile e/o non derogata”
comunque, si avrebbe una categoria dei rapporti speciali vastissima, che
comprenderebbe anche il lavoro dirigenziale e quello a termine30.
A quest’ultima impostazione è stato rimproverato di “allargare la
categoria dei rapporti di lavoro speciali fino a farle perdere unità
concettuale”31. Tra l’altro, vi sarebbero errori anche in relazione al
rapporto tra disciplina generale e speciale in determinati contratti32.
27 Tutte le citazioni da Ghezzi, Romagnoli 1987, 36.
28 Ghezzi, Romagnoli 1987, 38. Tali elementi sono i seguenti: lavoratore adulto, retribuito
per eseguire la prestazione a cui è contrattualmente obbligato, in condizioni che lo rendono
un produttore deresponsabilizzato, alle dipendenze del medesimo datore di lavoro, almeno
potenzialmente, per tutta la vita, all’interno di una impresa terrestre di dimensioni mediograndi,
legittimata ad operare economicamente solo in base all’art. 41, c. 1, Cost., “senza
ulteriori additivi legali”.
29 Ibidem.
di figure esponenziali di maggior spicco, tra cui, oltre ai rapporti già individuati dalla teoria
tradizionale e quelli indicati nel testo, anche il lavoro nelle organizzazioni di tendenza e
quello nell’impresa minore.
31 Essa, infatti, diventerebbe “una semplice formula riassuntiva dei rapporti oggetto di una
tutela in varia misura inferiore allo standard” (Mengoni 1986, 12).
32 Al lavoro dirigenziale e al lavoro nell’impresa minore, “la disciplina-standard è applicabile
non nei limiti della compatibilità (valutata del giudice) con la specialità del rapporto, bensì
nei limiti tassativamente indicati dalla legge mediante disposizione formale di inapplicabilità
di certe norme […]. La fattispecie del rapporto a tempo determinato è speciale non per
difetto di un elemento del prototipo normativo, caratterizzato dalla legge n. 230 come
12 VALERIO SPEZIALE
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
L’errore di fondo, peraltro, consisterebbe nel tentativo, destinato al
fallimento, di “ridefinire lo standard di trattamento della subordinazione in
corrispondenza ai più elevati livelli di tutela introdotti dalla legislazione
speciale, operando una sorta di ‘sostituzione del contenuto’
nell’intenzione del legislatore del 1942”33. Infatti, sarebbe solo la
normativa collegata all’art. 2094 c.c., come integrata o modificata da
leggi successive aventi il medesimo campo di applicazione, a
rappresentare lo standard di trattamento della subordinazione, che, dopo
la legislazione prodotta successivamente al codice, non rappresenta più il
livello massimo di intervento protettivo ma solo un livello intermedio. Poi
vi sono i rapporti speciali (dove la disciplina generale è applicabile solo
nei limiti della compatibilità), mentre vi sono altri contratti, dotati di
tutela più intensa, che non possono dirsi speciali nel senso del codice
civile, ma sono riconducibili all’art. 2094 “e il plus di protezione di cui
godono dipende da variabili (natura delle mansioni o dimensione
dell’organizzazione di lavoro in cui il prestatore è inserito) sfornite di
rilevanza tipizzante”34.
Da un altro punto di vista si è osservato che il riferimento alle
discipline applicabili non può assurgere “a schema classificatorio con
solide basi […] soprattutto perché non è facilmente definibile la rilevanza
o la quantità della deviazione del tipo”
individuare un prototipo normativo pecca laddove va riconosciuto che il
suo identikit è opinabile. Offrirebbe invece maggiori garanzie la teoria dei
sottotipi. L’adesione a questa impostazione comporta che sia individuato
un tipo capace di contenere la disciplina generale che si applica a tutti i
sottotipi, senza eccezione, e che costituirebbe una fattispecie minima
unitaria del lavoro subordinato36. Inoltre, “l’esistenza di corpi di disciplina
‘speciale’ non comporta necessariamente l’esistenza di rapporti speciali o
sottotipi, ma si colloca su un piano diverso. Non di rapporti speciali deve
parlarsi bensì di discipline speciali”37. La differenza sarebbe notevole: le
discipline dei rapporti speciali, in quanto determinano una deviazione
funzionale, non possono essere applicate al di fuori del sottotipo; le
discipline speciali, invece, “in quanto non sono determinate da
rapporto a tempo indeterminato, ma per aggiunzione dell’elemento del termine. In breve, il
contratto a termine è speciale nel senso che è un sottotipo” (Mengoni 1986, 13).
33 Ibidem.
34 Mengoni 1986, 14.
35 Loy 1989, 53.
36 Questa fattispecie unitaria, in quanto tipo generale, da un lato “determina il minimo di
disciplina comune applicabile a tutti i sottotipi, per altro verso è anche il «contenitore»
massimo possibile di tutta l’ampia gamma di disciplina prevista per i diversi sottotipi” (Loy
1989, 61).
37 Loy 1989, 61. Questa tesi è accolta anche da Sciotti 2005, 287.
IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 13
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
un’alterazione funzionale, ma solo dalla sussistenza di una mera
particolarità della fattispecie (l’età, la durata, il luogo, ecc.), sono
tendenzialmente destinate ad operare dovunque e quando si verifica la
particolarità, anche travalicando le barriere dei sottotipi”38.
3.3. Il dibattito sulla possibilità di individuare una fattispecie
minima unitaria di lavoro subordinato
Una ulteriore critica accomuna la teoria tradizionale, che distingue
tra rapporto di lavoro normale e rapporti di lavoro speciali, a quella che
utilizza le categorie generali del tipo e del sottotipo, ritenendo che
entrambe si basino su “presupposti fortemente discutibili e pertanto con
forti dosi di arbitrarietà”39. Piuttosto, per evitare di introdurre dati
aprioristici, occorrerebbe riconoscere che si è in presenza di
un’articolazione tipologica soltanto quando esiste nell’ordinamento “un
nucleo di disciplina specifica richiamabile in via esclusiva per un
determinato rapporto di lavoro”40.
In questo senso si sostiene che la tipologia può essere determinata
sul piano degli effetti, ossia della regolamentazione giuridica applicabile, e
su questa base si possono individuare due grandi raggruppamenti. Il
primo è basato sulla natura del datore di lavoro talvolta in combinazione
con la natura della prestazione lavorativa. Caratteristica fondamentale di
questo gruppo sarebbe l’esclusività della regolamentazione, giustificata
dalla peculiarità dell’elemento preso in considerazione dall’ordinamento
per dettare quella specifica disciplina. Il secondo gruppo si basa su
modelli non esclusivi ma alternativi di regolazione del rapporto,
differenziati tra loro non per la peculiarità del datore di lavoro ma per
soddisfare “bisogni di flessibilità nell’uso del fattore lavoro o venire
incontro a specifiche esigenze di questo”41.
L’esame del primo gruppo di contratti condurrebbe alla conclusione
per cui nell’ordinamento sussiste una pluralità di modelli di regolazione
del rapporto di lavoro, che non possono essere considerati "speciali" in
base alla categoria concettuale del codice civile, in quanto non sono
soggetti ad un giudizio di compatibilità. In queste ipotesi la disciplina
particolare non è preclusiva della normativa dettata a prescindere dalla
38 Loy 1989, 61.
39 Napoli 1996, 4.
dell’esistenza di una pluralità di rapporti di lavoro tutte le volte in cui l’ordinamento
differenzia in misura più o meno accentuata un determinato rapporto di lavoro rispetto agli
altri” (Napoli 1996, 5).
41 Ibidem.
14 VALERIO SPEZIALE
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
configurazione del datore di lavoro42. Quindi, l’interprete dovrebbe
convincersi che il rapporto di lavoro ha una caratteristica che non è
possibile rinvenire in altri contratti, poiché esso può “generare rapporti
retti da discipline differenziate che non mettono in discussione l’unitarietà
del tipo, mentre negli altri rapporti di scambio contratto nominato e
disciplina tipica (cioè legalmente posta) sono due profili di uno stesso
fenomeno”43.
A conclusioni analoghe condurrebbe l’analisi del secondo gruppo di
contratti: “tutti i rapporti di lavoro regolati su determinati punti di
disciplina esclusiva rinviano necessariamente, proprio perché non tutti gli
aspetti sono regolati, ad una regolamentazione dettata a prescindere
dalle singole specificazioni”44. La frammentazione regolativa, in ultima
istanza, più che mettere capo alla configurazione di più tipi legali,
sarebbe “una condizione strutturale del diritto del lavoro, non rinvenibile
in altri contratti” e non in grado di scalfire l’unitarietà della fattispecie
costitutiva dei singoli rapporti, ossia il contratto di lavoro subordinato.
In definitiva, la proposta di Mario Napoli è di leggere l’art. 2094 c.c.
in chiave unitaria. Dalla disciplina vigente è desumibile uno schema
elementare di contratto di lavoro subordinato45. Questo schema
“prescinde da un contenuto di regolazione unitaria (salvi gli effetti
necessari sul piano previdenziale, fiscale, processuale, e del
riconoscimento dei diritti collettivi elementari, libertà sindacale e diritto di
sciopero), poiché esso si incarna necessariamente in modelli di
regolazione variabili in funzione di elementi ulteriori che di volta in volta
vengono in considerazione”46.
La teoria di Napoli non esaurisce il novero dei tentativi di individuare
una nozione unitaria del lavoro subordinato.
Questi tentativi incontrano la critica di chi ritiene che pur non
essendo possibile “elaborare una nozione del lavoro subordinato unitaria,
suscettibile di assurgere al ruolo di tipo legale onnicomprensivo, è però
possibile configurare quella nozione come un insieme articolato di tipi
legali distinti e individuare i diversi criteri di qualificazione di volta in volta
applicabili”
42 “In nessun caso esaminato, nemmeno nel contratto di arruolamento o nel lavoro sportivo,
è applicabile soltanto la disciplina esclusiva” (Napoli 1996, 16).
43 Ibidem.
44 Napoli 1996, 26.
45 “E’ lavoratore subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a eseguire personalmente
e continuativamente (durevolmente) un’attività professionale (a esplicare la propria attività
professionale in relazione alle mansioni convenute) nell’organizzazione predisposta e diretta
dal datore di lavoro” (Napoli 1996, 62).
46 Ibidem.
47 Ichino 2000, 320.
IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 15
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
contrattuali – come il lavoro a domicilio, il lavoro sportivo e il lavoro
domestico – in grado di assurgere a tipi contrattuali, e ciò in quanto essi
non potrebbero essere ricondotti né alla grande area del lavoro autonomo
né a quella del lavoro subordinato48. Le prospettive unitarie
sconterebbero un prezzo inaccettabile, quello di obliterare
l’assoggettamento pieno al potere direttivo del creditore. Pertanto,
venuto meno l’elemento essenziale della eterodirezione, la figura
generale del lavoro subordinato dovrebbe reggersi su due soli elementi,
la dipendenza e l’inserimento, che però sono compatibili anche con il
carattere autonomo della prestazione lavorativa. Non sfuggirebbe a
questo esito inaccettabile neppure la tesi di Mario Napoli: la lettura data
da questo autore, infatti, richiederebbe per la configurazione del lavoro
subordinato non l’assoggettamento al potere direttivo della prestazione
lavorativa, ma l’assoggettamento al potere dell’organizzazione aziendale
e si espone, pertanto, alle considerazioni critiche già espresse49.
Se dunque non è possibile individuare una nozione unitaria e
generale rispetto alla quale il lavoro subordinato nell’impresa di cui all’art.
2094 c.c. si atteggerebbe come sottotipo, “sorge il dubbio se sia ancora
opportuno ricomprendere in una categoria generale intitolata al «lavoro
subordinato» i rapporti di lavoro nei quali viene meno l’elemento
essenziale dell’assoggettamento della prestazione al potere direttivo del
creditore” oppure se non sia più logico “disattendere il nomen attribuito a
questi rapporti dal legislatore […] per ricomprenderli nella “vasta e
accogliente categoria del lavoro parasubordinato – o meglio nella ancor
più vasta categoria del lavoro a carattere personale e continuativo – salvo
applicare a ciascuno di essi la disciplina speciale che la legge per esso
detta”50.
Una interpretazione particolare è quella che, al fine di qualificare la
subordinazione ed evitare l applicazione indiscriminata di tutti trattamenti
economici normativi a qualsiasi modello di lavoro subordinato, individua
una "fattispecie generale", distinta da quelle "discrete" costituite dalle
singole ipotesi previste dal codice e dalle leggi speciali (lavoro
nell impresa, tirocinio, lavoro a domicilio ecc.) e che, basate su diverse
48 “(…) in nessuno dei tratti distintivi dell’una o dell’altra fattispecie astratta può individuarsi
un elemento o insieme di elementi universalmente necessari e sufficienti per la
qualificazione della prestazione come autonoma o subordinata” (Ichino 2000, 320).
49 Così facendo, infatti, si torna “sostanzialmente alla nozione di «dipendenza» o a quella di
«inserimento», che sappiamo essere in realtà compatibili con il carattere autonomo della
prestazione” (Ichino 2000, 321, nota 120).
50 Ichino 2000, 322-323.
16 VALERIO SPEZIALE
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
nozioni di subordinazione, devono essere prese in considerazione per
l applicazione selettiva delle tutele51.
4. Contratti di lavoro c.d. atipici e flessibili
La nozione di “atipicità” diffusa nel diritto del lavoro non coincide
con quella propria del diritto civile. È unanimemente riconosciuta la
valenza del tutto descrittiva del termine “atipico” quando riferito a
contratti di lavoro52: questi, infatti, sono previsti e disciplinati
puntualmente dalla legge, quindi sono tipici nel senso che al termine si
attribuisce nel diritto civile generale.
Anzi, non è mancato chi ha fatto rilevare che “l’uso di concetti come
tipo e sottotipo (e metodo tipologico), o anche rapporto speciale o
contratto a causa mista” rischia di apparire “così poco controllato, da
risultare molto spesso fuorviante”, poiché “il fenomeno della tipizzazione
del contratto di lavoro subordinato segue andamenti esattamente inversi
rispetto a quelli che si registrano nel diritto dei contratti, dove il tipo
contrattuale non è altro che un modello di disciplina […] che guida le parti
al conseguimento dell’effetto giuridico voluto e consente all’interprete di
integrare il programma negoziale laddove è carente, richiamando gli
effetti naturali dello schema regolato al quale il contratto venga
ricondotto.
Nel rapporto di lavoro subordinato, invece, la tipizzazione va di pari
passo con lo sviluppo storico del diritto del lavoro come ordinamento
protettivo e non riflette la stabilizzazione di regolarità e prassi degli affari,
ma i modelli dell’intervento eteronomo sul contratto, ordinato alla tutela
del lavoratore”53. Si propone, quindi, di adottare la formula linguistica di
“tipo imposto” per designare “l’intervento dirigistico sul contratto attuato
attraverso l’imputazione di effetti inderogabili e la sostituzione legale
delle clausole difformi”
utilizzata dal codice civile. Nel diritto del lavoro, il legislatore avrebbe
adottato la variante “forte” dell’intervento imperativo che “comporta più
radicalmente la preclusione di schemi negoziali alternativi per realizzare il
medesimo risultato a condizioni diverse da quelle stabilite legalmente
(tipo esclusivo)”
disciplina riferibili ai vari rapporti sono per definizione necessari” e inoltre
“normalmente esclusivi”56.
51 Pedrazzoli 1985, 307 ss. (particolarmente 318 ss.).
52 Cfr. Ghera 2006a, 320.
53 D’Antona 1990, 533-534 (corsivo dell’autore).
54 D’Antona 1990, 534.
55 Ibidem.
56 D’Antona 1990, 536 (corsivo dell’autore).
IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 17
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
Altri hanno meglio precisato che, “a ragionare nei termini astratti di
una ipotetica disponibilità del tipo contrattuale si dimentica la necessaria
interferenza fra libertà di determinazione del tipo e libertà di
determinazione del contenuto del contratto57. A questo punto il problema
diventa però quello classico del rapporto fra autonomia privata ed effetti
del contratto. In generale, si deve ricordare che gli effetti del contratto
“sono riconnessi alla fattispecie dall’ordinamento e che dunque lo sono a
più convinta ragione nel contesto di un rapporto scandito dalla
sostituzione automatica delle clausole al di sotto degli standards con la
disciplina inderogabile”
tipo contrattuale nel senso che le parti incontrano limiti penetranti nella
determinazione del contenuto del contratto, mentre la “determinazione
del tipo si colloca viceversa in un momento logico successivo ed è il
risultato della combinazione o composizione non tanto fra ciò che le parti
hanno voluto, quanto fra ciò che le parti hanno ‘potuto volere’ ”59.
In definitiva, la locuzione contratti atipici di lavoro non può essere
intesa alla luce dell’elaborazione degli studiosi del diritto civile. In effetti,
del resto, nel diritto del lavoro la locuzione in discorso è proveniente dal
linguaggio internazionale, dove il suo utilizzo è legato al fenomeno del
superamento del modello tipico del lavoro a favore della diffusione di
forme di attività diverse da quella standard (per disciplina o variazioni del
tipo)60. Quindi, con il termine si individuano non soltanto le variazioni
interne all’area del lavoro subordinato, ma anche quelle che si collocano
all’esterno di essa, lungo il confine che la separa dall’area del lavoro
autonomo, e addirittura anche le forme di lavoro irregolari e clandestine.
Un significato diverso andrebbe riconosciuto alla locuzione rapporti
flessibili, con la quale, in generale, si fa riferimento “al fenomeno
dell’attenuazione delle rigidità (o supposte tali) del «codice protettivo»
messo a garanzia del lavoro subordinato nella sua formula tipica (art.
2094 c.c.)”61. E si tratta di un’area molto ampia e suscettibile di variare i
suoi confini in relazione alla sensibilità ed all’orientamento dell’interprete.
5. L’evoluzione più recente della disciplina legislativa
57 “L’abilitazione alla scelta del tipo presuppone una tendenziale libertà di determinazione
del contenuto ovvero, ancor meglio, una sostanziale disponibilità degli effetti scaturenti da
un dato assetto di interessi contenuti in un regolamento contrattuale” (Mazzotta 1991, 495-
496).
58 Mazzotta 1991, 496.
59 Ibidem.
60 Grandi 1989, 79.
61 Ibidem.
18 VALERIO SPEZIALE
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
È sufficiente scorrere la manualistica del diritto del lavoro per
rendersi conto della mancanza, ancora oggi, di un’uniformità di opinione
sul tema dell’articolazione della fattispecie lavoro subordinato e, in
particolare, sulla configurabilità e sulla determinazione di confini certi di
alcune categorie di rapporti di lavoro, quali i rapporti c.d. speciali e i
rapporti c.d. atipici o flessibili.
Secondo un’impostazione - forse più vicina a quella tradizionale -
“accanto al modello normativo o tipo contrattuale fondamentale del
rapporto di lavoro subordinato” il legislatore ha previsto rapporti speciali,
alcuni dei quali configurati come “veri e propri sottotipi del contratto di
lavoro”62. La ragione ultima di questa articolazione sarebbe da rinvenire
nel fatto che l’obiettivo della protezione del lavoratore, quale contraente
debole e quale appartenente ad una categoria sociale sottoprotetta,
richiede modelli di tutela differenziati in coerenza con gli interessi
soddisfatti nel contratto ed in considerazione di altri elementi63.
L’adattamento del modello di tutela spinge il legislatore ad introdurre
discipline speciali. La specialità, peraltro, oltre che da ragioni di
protezione del lavoratore, può essere motivata da finalità diverse, come
quella di favorire la formazione professionale del lavoratore,
contemperare l’esigenza di tutela con altri interessi pubblici o collettivi
ritenuti di particolare rilievo o perseguire l’obiettivo di “promuovere nuova
occupazione attraverso rapporti di lavoro c.d flessibili (o anche c.d.
atipici), spesso caratterizzati da un’attenuazione delle tutele”64.
In sostanza, in questa prospettiva l’analisi dell’articolazione della
disciplina viene condotta distinguendo due grandi aggregati, quello dei
rapporti speciali e quello dei rapporti di lavoro c.d. atipici o flessibili. Il
primo grande aggregato è composto dai rapporti di lavoro speciali
caratterizzati dalla tipicità degli interessi pubblici coinvolti65, dai rapporti
la cui specialità dipende dalla tipicità della posizione del prestatore e del
datore di lavoro66 e dai contratti con finalità formativa67. Il discorso
relativo al secondo aggregato è significativamente condotto facendo
attenzione a fattispecie che sono ai confini ed oltre il lavoro subordinato.
62 Ghera 2006a, 255 (corsivo dell’autore).
63 La tutela non può essere realizzata “secondo criteri di trattamento uniformi, ma richiede
un adattamento […] in ragione degli interessi soddisfatti dal contratto e delle modalità
concrete di scambio e di uso della prestazione di lavoro: la realtà del lavoro subordinato non
si presenta, infatti, come un tutto omogeneo ma, piuttosto, come un universo differenziato
per gruppi professionali e aggregati sociali (Ghera 2006a, 255).
64 Ghera 2006a, 256.
65 Come nel caso del rapporto di lavoro dei marittimi, della gente dell’aria e del pubblico
impiego.
66 Il lavoro a domicilio, il lavoro domestico e il lavoro sportivo.
67 Come l’apprendistato, il contratto di inserimento e il contratto di formazione e lavoro.
IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 19
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
Esso verte infatti intorno al fenomeno della domanda di lavoro c.d.
flessibile e la trattazione all’interno di questo ambito viene quindi
condotta con ulteriori distinzioni68.
L’analisi di questa prima impostazione evidenzia la complessità del
tema e le conseguenti difficoltà di una sua trattazione in termini unitari e,
soprattutto, aderenti alle categorie giuridiche utilizzate nel diritto civile69.
Per lo più, si tende a riconoscere ormai che dietro la categoria della
“specialità”, pure ispirata dalle norme del codice civile, vi sono motivi
“eminentemente classificatori”70.
Come si può osservare, il richiamo alla specialità di questi rapporti
di lavoro è funzionale all’estensione ad essi della disciplina generale del
lavoro subordinato. Le indicazioni legislative, infatti, non sono univoche
poiché si riferiscono a rapporti tra loro eterogenei, e quindi non sembrano
utili al fine di delineare una categoria unitaria di contratti speciali71. In
effetti, la qualificazione dei rapporti di lavoro speciali appare solcata da
incertezze per quanto attiene ai suoi confini ed alla sua stessa
identificazione e rischia di apparire come una questione di ordine
meramente classificatorio o nominalistico. “Ben più pregnante è invece la
diversa alternativa concernente l’esaustività o meno della disciplina
dettata per il rapporto speciale, cioè a dire il quesito circa l’applicabilità o
meno […] della disciplina ordinaria e generale del lavoro subordinato. Per
quanto il dibattito sia ancora una volta oscillante, prevale l’opinione che la
disciplina generale risulta applicabile per gli istituti non oggetto di
specifica attenzione della legge speciale e che quindi non opera alcun
meccanismo di implicita incompatibilità. E ciò per effetto di
un’applicazione analogica dell’art. 2239 c.c.”72.
Occorre chiedersi se e come sia intervenuta sul punto la più recente
evoluzione legislativa, in particolare il d.lgs. n. 276/2003. In effetti, il
legislatore sembra aver attuato “una sorta di moltiplicazione dei modelli
negoziali o, ancor più, un’estensione dell’ambito di fruibilità dei modelli
già esistenti: un fenomeno più intenso di quello verificatosi negli anni ’90,
specie relativamente alla flessibilità temporale del rapporto o della
prestazione”
dell’autonomia collettiva a scapito di quella individuale, l’introduzione di
unitamente alla disciplina degli appalti e del comando o distacco, le tipologie contrattuali ad
orario flessibile ed i contratti di lavoro parasubordinati.
69 Non a caso in trattazioni recenti specificamente dedicate alle “tipologie di lavoro flessibile”
si privilegia l’esame dei singoli istituti.
70 Mazzotta 2002, 112.
71 Roccella 2004, 67.
72 Carinci, De Luca Tamajo, Tosi, Treu 2005, 46.
73 Zoli 2004, 370.
20 VALERIO SPEZIALE
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
nuovi rapporti avrebbe determinato la “emersione di ulteriori contratti
speciali, oltre che di altri sottotipi” e ciò indurrebbe addirittura a “mettere
in discussione il contenuto del nucleo duro della subordinazione, a partire
dall’intensità della stessa: o, meglio, impone di valorizzare l’intuizione di
chi ha prospettato la configurabilità di una nozione di lavoro diversa da
quelle espressamente disciplinate dall’ordinamento (ivi compresa la
fattispecie di cui all’art. 2094 c.c.), che di esse costituisce la sintesi”74.
In effetti, si pone il problema di verificare se il modello del lavoro
subordinato abbia veramente perso quella centralità da sempre
riconosciutagli, anche nel corso dei tormentati anni ’80, da parte della
dottrina più attenta. Già alcuni anni fa75, si ammoniva sulla lunga vita del
modello del lavoro subordinato nell’impresa quale modello di riferimento.
Quel modello, infatti, era già stato oggetto di una tendenza espansiva da
parte del codice civile del 1942, sia “interna” che “esterna” all’impresa.
All’interno, essa è espressa dall’art. 2095 c.c. che unifica sotto la nozione
di lavoro subordinato tutte le specie di lavoro professionale considerate.
All’esterno questa tendenza si realizza con la tecnica dell’estensione del
modello tipico ad altri rapporti di lavoro, caratterizzati da variazioni
rispetto al tipo normativamente privilegiato, mediante le norme più volte
evocate contenute negli artt. 2128, 2134 e 2239. Così facendo, “il codice
civile realizza il duplice obiettivo della generalizzazione e dell’articolazione
tipologica del modello assunto come struttura privilegiata del rapporto”76,
ovviamente nei limiti della ristretta esperienza sociologica e normativa dei
rapporti di lavoro degli anni ’30 e ’40. Negli anni ’50 e ’60 quella linea di
politica del diritto, di espansione del modello tipico, prosegue, assumendo
evidenti motivazioni protettive: si pensi alle leggi sull’apprendistato, sul
lavoro a domicilio o sul contratto a termine (cfr. in particolare l’art. 5
della l. 230/1962 che espandeva le tutele del contratto a tempo
indeterminato nel limite della non incompatibilità), ma anche, oltre l’area
della subordinazione, all’art. 409, n. 3, c.p.c. Solo negli anni ’80 quella
tendenza all’espansione è “rovesciata”77 nell’ottica della prevalenza della
tutela dell’interesse all’occupazione78. A ben vedere però, una pluralità di
indici normativi consentivano, alla fine degli anni ’80, di affermare che il
contratto di lavoro subordinato stabile a tempo pieno avesse una
posizione dominante.
74 Zoli 2004, 393 che richiama in nota Pedrazzoli 1985.
75 Cfr. Grandi 1989.
76 Cfr. Grandi 1989, 84 e, in senso analogo, anche Ferraro 2002, 24.
77 Grandi 1989, 86.
78 La “articolazione dei rapporti di lavoro [diviene] uno strumento di attivazione dei processi
occupazionali in un contesto di garantismo attenuato e tendenzialmente selettivo” (Grandi
1989, 86).
IL LAVORO SUBORDINATO TRA RAPPORTI SPECIALI, CONTRATTI “ATIPICI” E POSSIBILI RIFORME 21
WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona" .IT - 51/2007
In verità sembra da condividere una lettura cauta delle novità
legislative, secondo cui se è giunto il momento di smetterla di considerare
il lavoro part-time, il lavoro a temine, e il lavoro interinale (ora
somministrazione di lavoro) come forme atipiche, è anche vero che
“appare scontata la collocazione all’interno del contratto di lavoro
subordinato di queste forme. Non si tratta di un vezzo classificatorio. Ora
il legislatore con una disciplina positiva pone per tutte le forme il principio
della parità di trattamento con il lavoratore comparabile e perciò afferma
l’unitarietà e la tipicità del lavoro subordinato, anche se esso si presenta
con una forte articolazione […]. L’unitarietà del contratto di lavoro
subordinato coesiste con una articolazione dei modelli di regolazione,
poiché questi non sono mai tali da mettere in discussione l’unitarietà del
tipo. La previsione dell’art. 43 (ndr: del d.lgs. 276/2003) è espressione di
un principio generale sempre utilizzabile, anche se non espressamente
richiamato, in base al quale è applicabile ‘la normativa generale del
lavoro subordinato in quanto compatibile con la particolare natura del
rapporto di lavoro…’ […]. Ciò dovrà favorire il ritorno a letture trasversali,
che tengano conto della pluralità dei modelli normativi, senza dimenticare
l’unitarietà del tipo, contrariamente alle tendenze dottrinali a costruire in
modo isolato per ciascun modello l’intera disciplina applicabile”. Senza
enfatizzare le formulazioni contenute nei testi normativi, occorre far
prevalere “la logica dell’unitarietà” e, “contrastando alcune mode
culturali”, riconoscere che la subordinazione non è espressione di rigidità,
ma al contrario è un “paradigma capace di rispondere esaustivamente ai
bisogni di flessibilità dell’impresa” e senza che questo impedisca la tutela
del lavoratore79.