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11/11/2016
I DOCENTI E GLI ATA PRECARI O GIA´ DI RUOLO POSSONO OTTENERE PER INTERO IL RICONOSCIMENTO DEL PERIODO PRERUOLO
La sentenza n. 22558/2016 della Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro del 07.11.2016 è una sentenza storica per il mondo della SCUOLA PUBBLICA.
A partire da oggi qualunque precario per i dieci anni precedenti può chiedere con un ricorso al Giudice del Lavoro il riconoscimento giuridico della m... 10/04/2016
CHI ISCRIVE IPOTECA PER UN VALORE SPROPOSITATO PAGA I DANNI
E’ di questi ultimi giorni la decisione della Suprema Corte di Cassazione che ha stabilito una responsabilità aggravata in capo a chi ipoteca il bene (es. casa di abitazione) del debitore ma il credito per il quale sta agendo è di importo di gran lunga inferiore rispetto al bene ipotecato....
19/05/2015
Eccessiva durata dei processi: indennizzi più veloci ai cittadini lesi
La Banca d´Italia ed il Ministero della Giustizia hanno firmato un accordo di collaborazione per accelerare i tempi di pagamento, da parte dello Stato, degli indennizzi ai cittadini lesi dall´eccessiva durata dei processi (legge n. 89 del 2001, c.d. “legge Pinto”).
... 26/11/2014
Sentenza Corte giustizia europea precariato: vittoria! Giornata storica.
La Corte Europea ha letto la sentenza sull´abuso dei contratti a termine. L´Italia ha sbagliato nel ricorrere alla reiterazione dei contratti a tempo determinato senza una previsione certa per l´assunzione in ruolo.
Si apre così la strada alle assunzioni di miglialia di precari con 36 mesi di preca... 02/04/2014
Previdenza - prescrizione ratei arretrati - 10 anni anche per i giudizi in corso
La Consulta boccia la norma d´interpretazione autentica di cui all’art. 38, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui prevede c...
27/11/2013
Gestione Separata Inps: obbligo d´iscrizione per i professionisti dipendenti?
Come è noto, la Gestione Separata dell’INPS è stata istituita dalla legge 335/1995 al fine di garantire copertura previdenziale ai lavoratori autonomi che ne fossero sprovvisti....
25/11/201
Pubblico dipendente, libero professionista, obbligo d´iscrizione alla Gestione Separata Inps
Come è noto, la Gestione Separata dell’INPS è stata istituita dalla legge 335/1995 al fine di garantire copertura previdenziale ai lavoratori autonomi che ne fossero sprovvisti.
... 05/05/2013
L´interesse ad agire nelle cause previdenziali. Analsi di alcune pronunce
Nell´area del diritto previdenziale vige il principio consolidato a livello giurisprudenziale, secondo il quale l’istante può avanzare all’Autorità Giudiziaria domanda generica di ricalcolo di un trattamento pensionistico che si ritiene essere stato calcolato dall’Istituto in modo errato, senza dete...
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martedì 3 aprile 2007
IL LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. di Sivana Sciarra - Facoltà di Giurisprudenza – Università di Firenze Università degli Studi di Catania Facoltà di Giurisprudenza 2007 Silvana Sciarra Il lavoro a tempo determinato nella giurisprudenza della Corte di giustizia europea. Un tassello nella ‘modernizzazione’ del diritto del lavoro WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona” .INT – 52/2007 © Silvana Sciarra 2007 Facoltà di Giurisprudenza – Università di Firenze silvana.sciarra@unifi.it ISSN – 1594-817X Centro Studi di Diritto del Lavoro Europeo “Massimo D’Antona” Via Crociferi, 81 – 95124 Catania (Italy) Tel: + + 39 095 230464 – Fax: + +39 095 313145 centrostudidantona@lex.unict.it www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/presentazione 1 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 Il lavoro a tempo determinato nella giurisprudenza della Corte di giustizia europea. Un tassello nella ‘modernizzazione’ del diritto del lavoro Silvana Sciarra Università di Firenze 1. Teoria e prassi della ‘modernizzazione’. Uno sguardo alla dottrina ed al Libro verde della Commissione ............................ 2 2. La Direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato. Una ricognizione delle principali questioni interpretative...................10 3. La Corte di giustizia ed il lavoro a termine in alcune recenti decisioni .............................................................................14 4. Conclusioni: elementi di ‘modernizzazione’ nella disciplina del lavoro a tempo determinato...................................................23 2 SILVANA SCIARRA WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 1. Teoria e prassi della ‘modernizzazione’. Uno sguardo alla dottrina ed al Libro verde della Commissione Questo saggio si propone di esaminare le ragioni per cui i contratti a tempo determinato hanno acquistato un’inattesa visibilità nella giurisprudenza recente della Corte di Giustizia europea (CGE). L’analisi di alcune decisioni consente di riflettere sulle riforme che la trasposizione della Direttiva 1999/701 ha indotto negli ordinamenti nazionali e sulle lacune delle norme di trasposizione. Tali considerazioni conducono l’interprete al cuore delle motivazioni che ispirano un moderno diritto del lavoro, in modo da rileggerne la storia in termini di continuità, piuttosto che di fratture e di drastiche contrapposizioni. La Commissione propone nel suo recente Libro Verde2 un quadro frastagliato e forse intenzionalmente generico di riforme necessarie per la ‘modernizzazione’ del diritto del lavoro. Il lavoro a termine non riceve in questo documento l’attenzione che merita, sia per gli aspetti problematici che la giurisprudenza della CGE ha fatto emergere, sia per le difficoltà verificate dalla stessa Commissione in sede di trasposizione della Direttiva 1999/70.3 Si intende dunque verificare se il lavoro a termine rappresenti nel dibattito corrente un banco di prova dei difficili equilibri da stabilire fra le politiche di flessibilizzazione dei mercati del lavoro e l’adeguamento delle tutele individuali e collettive. Prima di guardare alla giurisprudenza della CGE è utile allungare lo sguardo verso l’orizzonte del dibattito teorico promosso dalla Commissione Europea negli anni Novanta dello scorso secolo, sfociato in analisi sofisticate e talvolta provocatorie.4 Non è superfluo ricordare che il rapporto Supiot si sofferma sul concetto di diritti sociali (diritti sociali di prelievo nella traduzione italiana) * Questo scritto è destinato alla raccolta di Studi in memoria del Prof. Matteo Dell’Olio 1 Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato 2Commissione CE, Libro Verde, Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo, Bruxelles 22.11.2006, COM (2006) 708 definitivo 3 Commission Staff Working Document, Report by the Commission services on the Implementation of Council Directive 1999/70EC of 28 June 1999 concerning the Framework Agreement on Fixed-term Work Concluded by ETUC, UNICE and CEEP (EU-15), 11.8.2006, SEC (2006) 1074 4 Promosso dalla Commissione (European Commission, Transformation of Labour and Future of Labour Law, Luxembourg 1998) il rapporto Supiot è stato poi pubblicato come libro in molte lingue. Cfr. la versione in lingua inglese, A. Supiot, Beyond Employment, Changes in Work and the Future of Labour Law in Europe, italiana a cura di P. Barbieri ed E. Mingione Il futuro del lavoro : trasformazioni dell’occupazione e prospettive della regolazione del lavoro in Europa, Roma, Carocci, 2003 IL LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. UN TASSELLO NELLA ‘MODERNIZZAZIONE’ DEL DIRITTO DEL LAVORO 3 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 legati ad una dimensione di libertà dell’individuo, in quanto tali potenzialmente sganciati da situazioni di rischio derivanti dalla condizione di subordinazione. La strategia adottata nel rapporto è quella di superare i dualismi favoriti dai nuovi regimi di flessibilità nella gestione dei rapporti di lavoro e tendere a re-instituzionalizzare tali rapporti, dotandoli di regole nuove e di nuove sicurezze.5 Il linguaggio del Rapporto Supiot si snoda, come si vede, lungo il binomio libertà-sicurezza e persegue una più ampia definizione dell’appartenenza degli individui al lavoro in quanto tale. Non a caso sono frequenti in quelle pagine i richiami alla coesione sociale ed alla contrattazione collettiva come fonte regolativa da adattare alle nuove esigenze di tutela. Le posizioni assunte allora dalla dottrina svelano ora un panorama caratterizzato da un forte divario fra ipotesi ricostruttive molto meditate e prospettive di riforma possibili. Alla luce di quanto detto, si insinua fortemente il dubbio che i due vasi – quello della ricerca comparata ed interdisciplinare, riempito dalla dottrina, e quello della elaborazione delle politiche, riempito dalle elite burocratiche di volta in volta interessate – non comunichino. Se la dottrina lascia per strada i suoi sassolini per segnare un percorso, questo non necessariamente guida i policy-makers verso una destinazione nota. Lungo il cammino si frappongono veti incrociati e difficoltà operative, come si evince dal resoconto delle molte vicissitudini legate all’emanazione del Libro Verde.6 E’ utile evidenziare che parallelamente al dibattito europeo, di cui si dirà fra breve, si va svolgendo un’analoga riflessione all’interno dell’OIL, sulla scorta di un’approfondita analisi comparata fra numerosi ordinamenti nazionali. Il linguaggio adoperato nei documenti dell’OIL è indicativo di una sensibilità diffusa circa i cambiamenti intervenuti nei rapporti di lavoro. La ricerca promossa da questa organizzazione internazionale si fonda sulla constatazione che proprio tali cambiamenti, se attentamente valutati alla luce delle diverse tradizioni instaurate dai legislatori nazionali, rivelano un’ampia carenza di ‘protezione’ per i lavoratori subordinati.7 I documenti citati adottano l’espressione ‘lavoratori bisognosi di protezione’, prendendo le mosse dai ‘fattori’ o ‘indicatori’ che 5 Il futuro…, cit., p.63 e p.65 6 L’intero dibattito, completo di riferimenti alle posizioni assunte da gruppi di opinione, come pure dalle parti sociali e da altri stakeholders è efficacemente ricostruito da C. Massimiani (a cura di), Dossier Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo, http://www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/dossier/dossier9.pdf 7 Oltre al Report V, The Scope of the Employment Relationship, International Labour Conference 91st Session, Ginevra 2003, p. 10-17 in particolare, si veda ora Report V (1) The Employment Relationship, International Labour Conference 95th Session, Ginevra 2006, p. 5 ss. 4 SILVANA SCIARRA WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 nei diversi ordinamenti consentono di risalire a rapporti di lavoro subordinato. Il contratto di lavoro emerge dalle analisi dell’OIL nella sua specifica e se si vuole tradizionale funzione, ma anche nelle sfaccettature delle sue nuove tipologie. Il lavoro tramite agenzia ha già trovato una sua regolamentazione nella Convenzione n. 181 del 1997;8 altre fonti OIL introducono standard normativi per i lavoratori autonomi o indipendenti. Una recente Raccomandazione9 raccoglie il frutto della ricerca comparata e si sofferma su misure di ‘protezione effettiva’, che consentano di distinguere il lavoro subordinato da quello autonomo, di identificare il datore di lavoro in modo chiaro e di attribuire a quest’ultimo poteri e responsabilità inerenti agli obblighi contrattuali. La raccomandazione dedica attenzione ai lavoratori svantaggiati ed anche ai lavoratori migranti; si preoccupa di indicare che i soggetti collettivi più rappresentativi si facciano carico di individuare le caratteristiche del lavoro subordinato in taluni settori di attività e che contribuiscano a monitorare il mercato del lavoro ed a raccogliere informazioni e dati statistici adeguati per comprendere le trasformazioni in atto. La lezione che ci viene dall’OIL è illuminante in molti sensi. L’analisi comparata è fondata in un contesto definito da indicatori giuridici. La nozione di ‘protezione’, svuotata di un contenuto ideologico e di giudizi di valore, appare funzionale ai cambiamenti che intervengono nella realtà produttiva e nel diritto. Essa si pone come chiave di lettura dei cambiamenti medesimi ed anche come elemento semantico che meglio accomuna tradizioni giuridiche diverse. Non è casuale che il principio di ‘equità’ sia posto nei Rapporti dell’OIL in connessione con le esigenze di ‘adattabilità’ delle misure protettive. Si fa notare, ad esempio, che in alcuni paesi europei si è passati da ‘una situazione in cui la flessibilità crea insicurezza ad una in cui la sicurezza promuove la flessibilità.’ 10 8 C 181 Private Employment Agencies Convention, adottata il 19 giungo 1997. L’art. 11 della Convenzione parla di ‘protezione adeguata’ per i lavoratori assunti da agenzie di lavoro temporaneo ed indica un elenco di diritti da garantire agli stessi attraverso misure legislative da adottare a livello nazionale. Oltre a diritti ad esercizio collettivo, come la contrattazione collettiva, l’art. 11 menziona il salario minimo, l’orario di lavoro l’ accesso a misure di sicurezza sociale, alla formazione, la salute e sicurezza e la tutela contro gli infortuni e le malattie professionali, la tutela in caso di insolvenza, tutele per la maternità. L’art. 12 riproduce la stessa lista di misure protettive dei lavoratori e rinvia agli stati l’allocazione delle responsabilità fra agenzie e utilizzatori dei servizi 9 R 198 Employment Relationship Recommendation, adottata il 15.6. 2006. Un riferimento adesivo a questa fonte si trova alla nota 32 del Libro Verde, cit. a n.2 10 Report V (1) The Employment Relationship, cit. a n. 7, p. 16 dove il riferimento è ai risultati della ricerca di P. Auer Employment revival in Europe: Labour market success in Austria, Denmark, Ireland and the Netherlands, Ginevra, ILO 2000 IL LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. UN TASSELLO NELLA ‘MODERNIZZAZIONE’ DEL DIRITTO DEL LAVORO 5 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 In un filone di ricerca coerente con le fonti appena citate si pone l’indagine dell’OIL sul ‘Lavoro Decente’, avviata nel 1999 in un Rapporto del Direttore Generale, all’indomani della approvazione nel 1998 della Dichiarazione sui principi fondamentali,11 e poi proseguita in numerosi studi comparati, l’ultimo dei quali estremamente innovativo.12 Può essere rassicurante ricordare che la Commissione non è ignara di questi sviluppi ed anzi manifesta la sua adesione ai programmi internazionali sul ‘Lavoro Decente’, sia per dare vigore ad accordi bilaterali e regionali dell’UE, sia per meglio focalizzare l’impegno dei paesi dell’allargamento nel rispetto dell’acquis comunitario, di cui l’agenda sul ‘Lavoro Decente’ è parte.13 Vi è una dimensione globale della modernizzazione da cui non si può prescindere nel dibattito europeo; essa richiede una più forte coerenza nelle posizioni della Commissione. Al di fuori dell’UE si sta svolgendo un dibattito molto variegato, teso ad identificare prospettive teoriche e politiche del diritto in sintonia con i grandi cambiamenti intervenuti nel diritto del lavoro. In Australia, a completamento di un corposo progetto di ricerca,14 un gruppo composito di studiosi valuta criticamente le riforme adottate dal legislatore nel 2005, orientate verso una forte ‘individualizzazione’ delle misure che regolano i rapporti di lavoro.15 Ne risulta un ampio quadro di riferimento, che dà conto di una ‘nuova piattaforma’ o di un 11 ILO, Decent Work, Report of the Director General, International Labour Conference, 87th Session, Ginevra, Giugno 1999. Alcune osservazioni in S.Sciarra, Globale e locale: prove di razionalità per il diritto del lavoro, Soc. Dir 2004, p. 23 ss. e in B. Hepple, Labour Laws and Global Trade, Oxford 2005, p.56 ss e p. 63, dove si discute il programma sul Decent Work nell’ambito della ‘nuova messa a fuoco’ delle iniziative dell’OIL. L’interesse della dottrina per la Dichiarazione del 1998 emerge dalle osservazioni di G. Bronzini, La Dichiarazione del 1998 sui ‘Core Labour Rights’ e la rinascita dell’OIL, DD 2006 12 Cfr il numero speciale Social Protection and Decent Work: New Prospects for International Labour Standards, CLLPJ 2006, n. 2 . Cfr anche la traduzione in italiano del rapporto di sintesi curato da A. Supiot, Azione normativa e lavoro decente. Prospettive nel campo della sicurezza sociale, DLRI 2006, p. 625 ss. 13 Communication from the Commission, Promoting Decent Work for All. The EU Contribution to the Implementation of the Decent Work Agenda in the World, Brussels 24 May 2006, COM (2006) 249 14 C. Arup et al. (a cura di), Labour Law and Labour Market Regulation, Sydney, The Federation Press 2006. Si veda in particolare l’Introduzione di R. Mitchell e C. Arup, p. 3 ss che fa riferimento frequentemente a R. Mitchell (a cura di), Redefining Labour Law, University of Melbourne 1995. Gli autori e soprattutto i curatori di questo volume intrecciano frequentemente le loro analisi con quelle svolte dalla dottrina europea, a conferma di una comune esigenza di ridisegnare il profilo della materia 15 Si rinvia a tale riguardo a R. Mitchell e J. Fletter, La gestione delle risorse umane e l’individualizzazione nel diritto del lavoro australiano, DLRI 2004, p. 285- 322 6 SILVANA SCIARRA WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 ‘paradigma’ del diritto del lavoro16, consistente nella continua espansione della materia verso la regolamentazione del mercato del lavoro. Si potrebbe sostenere che queste caratteristiche sono sempre state proprie del diritto del lavoro, sia nella sua dimensione individuale, sia in quella collettiva, poiché ogni misura attinente alla tutela dei lavoratori ha riflessi immediati sul mercato e per certi versi lo conforma e lo rende compatibile con i vincoli del sistema normativo. Ma le conferme in questa direzione non sono mai troppe e l’analisi comparata non può che beneficiarne. La parte più innovativa della ricerca australiana consiste nel dimostrare la conversione delle tradizionali misure protettive in strumenti orientati al mercato e nel disegnare i nessi che storicamente si sono stabiliti fra i ‘lavoratori’ – intesi come nozione onnicomprensiva, che prescinde dalle caratteristiche specifiche di ciascun contratto o rapporto di lavoro – ed il mercato. Tale ricerca si interseca con un altro sforzo collettivo di analisi comparata incentrato sulla ricognizione dei ‘confini’ e delle ‘frontiere’ del diritto del lavoro.17 E’ utile constatare, anche in questo caso, la varietà di suggestioni che provengono dal dibattito globale. Ad esempio la nozione di economia informale e di lavoro sommerso si presta ad interpretazioni diverse nei paesi in via di sviluppo – si pensi all’India ed alla significativa espansione che interessa quel sistema economico – ma anche le misure di sicurezza sociale si configurano in modo diverso, a seconda dei livelli di disoccupazione.18 In Canada un recente Rapporto, redatto al fine di suggerire modifiche al Codice del Lavoro19 si segnala, oltre che per la completezza e la profondità dell’analisi, anche per un interessante impianto teorico delle proposte che ne scaturiscono. Nel suggerire una rilettura degli standard applicabili al lavoro, l’autore distingue, per la loro diversa natura, tre categorie. 16 Introduzione di Labour Law and Labour…, cit. a nota 14, p. 4 17 G. Davidov e B. Langille (a cura di), Boundaries and Frontiers of Labour Law, Oxford, Hart Publishing 2006 18 Per l’India si rinvia a K. Sankaran, Protecting the Worker in the Informal Economy: the Role of Labour Law; per una prospettiva piu ampia cfr. A. Trebilcock, Using Development Approaches to Address the Challenge of the Informal Economy for Labour Law, entrambi in G. Davidov e B. Langille (a cura di), cit. a n. 17, rispettivamente a p.205 ss e p. 63 ss. 19 Fairness at Work. Federal Labour Standards for the 21st Century, Publications Services 2006, un Rapporto redatto da H. Arthurs in vista della riforma della Parte III del Codice del lavoro canadese, risalente al 1965. La Commissione presieduta da H. Arthurs ha consultato esperti indipendenti e rappresentanti delle parti sociali ed ha commissionato a studiosi anche stranieri studi specifici su singoli temi. La Commissione ha anche svolto numerose audizioni ed ha ricevuto contributo da singoli e da gruppi sparsi in tutto il paese IL LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. UN TASSELLO NELLA ‘MODERNIZZAZIONE’ DEL DIRITTO DEL LAVORO 7 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 Il principio fondamentale della ‘decenza’ – evocativo del linguaggio adottato dall’OIL – è inteso come criterio generale cui ricondurre condizioni minime di tutela, quali il salario sufficiente, il rispetto di un orario di lavoro che consente al lavoratore di esprimersi nei rapporti sociali e civili, il divieto di ogni discriminazione. Principi ‘strategici’ sono considerati quelli che attengono al funzionamento dell’economia di mercato, alla combinazione di flessibilità e sicurezza, alla parità di trattamento per quanti si trovano a lavorare in condizioni analoghe, alla contrattazione sul luogo di lavoro, all’inclusione ed all’integrazione, nonché al rispetto degli obblighi nascenti da fonti internazionali. Principi ‘operativi’ sono quelli che attengono all’uso efficiente di risorse pubbliche, ad un alto grado di osservanza degli standard applicabili, alla ‘flessibilità regolata’, alla chiarezza. Anche se immaginata per un sistema federale, la classificazione proposta è tale da indurre ad un ripensamento gli osservatori europei, intrappolati in una sorta di auto-punizione collettiva che li induce, come vedremo fra breve, ad immiserire un ricco linguaggio normativo sedimentato nelle costituzioni nazionali e nei migliori esempi di legislazione che a loro si ispirano. Questa digressione consente di valutare con maggiore obiettività il diverso dibattito, promosso dalla Commissione Europea ed indirizzato verso le istituzioni, i governi degli Stati membri, le parti sociali, gli altri stakeholders ed i singoli cittadini.20 Il recente Libro Verde della Commissione propone fin dalle prime battute un inscindibile nesso di causalità fra ‘modernizzazione’ del diritto del lavoro e creazione di nuova occupazione. Si tratta di un’affermazione non univocamente acclarata dalla ricerca empirica e comparata, nonché, come si è detto, dall’attività dell’OIL. Essa provoca, a voler tacere d’altro, un’eccessiva ‘colpevolizzazione’ del diritto del lavoro, a fronte delle carenze mostrate dalle politiche macroeconomiche.21 Il rischio è pertanto di rendere sterile il confronto sulle riforme del mercato del lavoro. Sia nel dibattito teorico – di cui resta poca traccia nel Libro Verde - sia in quello che riguarda più da vicino i legislatori nazionali, il termine ‘modernizzazione’ è usato in modo volutamente ambiguo e sfuggente. Questa scelta linguistica si riflette nella formulazione dei quesiti posti ai soggetti verso cui la consultazione è rivolta. Si fronteggiano in tal modo falsi dilemmi o domande retoriche. 20 Commissione CE, Libro Verde, Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo, Bruxelles 22.11.2006, COM (2006) 708 definitivo 21 Così efficacemente A. Baylos e J. Pérez Rey, Presentacion al libro verde, Cuadernos de la Fundacion Sindacal de Estudios, n. 5/2006, in C. Massimiani (a cura di), Dossier.., cit. a n. 6 8 SILVANA SCIARRA WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 Ad esempio, è più che nota alla dottrina europea – ma anche ai giudici ed alle parti sociali – la capacità di adattamento mostrata dal diritto del lavoro e dalla contrattazione collettiva nell’introdurre elementi di flessibilità negli ordinamenti nazionali, in linea con quanto dettato dai cicli economici o più semplicemente dal mutato orientamento dei legislatori.22 Gli ordinamenti nazionali hanno risposto ad esigenze dettate, fra l’altro, dall’integrazione del mercato europeo e dalla strategia di Lisbona, coerentemente con gli obblighi nascenti dalla comune appartenenza ad un sistema normativo sopranazionale. E’ dunque un falso dilemma proporre l’adattamento delle discipline esistenti a fronte di una maggiore esigenza di flessibilità, perché questa è una realtà già accertata, per lo meno nell’Europa a 15, particolarmente per i contratti di lavoro part-time e per quelli a tempo determinato.23 Ed è un’occasione mancata non includere nella ricognizione del Libro Verde l’apporto fornito dalla CGE nella sua giurisprudenza in materia di contratti a termine. Quest’ultima conferma l’acquisizione di alcuni punti fermi nell’applicazione della Direttiva che recepisce l’Accordo quadro stipulato dalle parti sociali ed attribuisce rilievo a tale fonte di diritto secondario, come si avrà modo di vedere in seguito. Appare inoltre fondata la critica rivolta al passaggio del Libro Verde in cui si citano i dati relativi all’incremento dei lavoratori a tempo determinato, senza illustrarne a fondo i motivi e la segmentazione sociale.24 A volere tacer d’altro, lo stesso Rapporto della Commissione sulla trasposizione della Direttiva fa notare che, se un terzo dei lavoratori temporanei trova lavoro stabile dopo un anno, dopo sei anni - il periodo più lungo misurato nelle statistiche – il 16% dei lavoratori si trova sempre nella stessa situazione ed il 20% non è più occupato. Il Rapporto sottolinea anche che una eccessiva instabilità nella carriera delle persone giovani spinge a ridurre la propensione al consumo e ad abbassare il tasso di fertilità.25 22 Si vedano i quesiti 1-4 del Libro Verde, cit. a n. 2, p.10. G. Bronzini, 12 Noterelle sul Green Paper, Newslatter CRS, Febbraio 2007 fa notare che mentre flexicurity si presenta come un termine evocativo di importanti tendenze legislative in atto in Europa, modernizzazione appare, al contrario, un termine adatto a favorire letture poco analitiche della legislazione e della sua evoluzione 23 S. Sciarra, The evolution of labour law (1992-2003), Vol 1, General Report, Luxembourg OOPEC 2005, p.37 ss. 24 Cfr.CGIL Osservazioni al Libro Verde “Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo”, Roma 2006, in Dossier.., cit a n.6, o. 737 25 Commission Staff Working Document, cit. a n. 3, p. 2 che fa a sua volta riferimento all’Employment in Europe Report 2004, peraltro contraddittoriamente citato anche nel Libro Verde, p. 9. La terminologia utilizzata fa riflettere sui molti significati attribuiti al IL LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. UN TASSELLO NELLA ‘MODERNIZZAZIONE’ DEL DIRITTO DEL LAVORO 9 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 E’ una domanda retorica quella posta in termini di chiarimento degli statuti giuridici dei lavoratori autonomi e dei lavoratori dipendenti.26 Può darsi che questa tecnica di comunicazione quasi maieutica miri a fare emergere dalla consultazione risposte aperte ed innovative. Forse per questo motivo non si citano i risultati di una articolata analisi comparata in materia di lavoro economicamente dipendente27 e si fa calare un imbarazzante silenzio sull’inventività e sul rigore del Rapporto Supiot.28 E’ infine una forma quasi inconscia di autoanalisi quella proposta nel quesito che attiene alla revisione della legislazione in materia di orario di lavoro.29 Essa rivela un’incertezza terminologica che, ancora una volta, non valorizza, né tanto meno analizza l’importante giurisprudenza della CGE sul tema.30 Se si accetta come punto di partenza l’ormai inscindibile connessione fra dibattiti nazionali e sviluppi globali del diritto del lavoro, ben rappresentati nella già citata produzione dell’OIL, si deve subito affermare che il termine ‘modernizzazione’, così come proposto nel dibattito europeo contemporaneo, sempre più appare staccato da un preciso contesto storico e normativo e privo di valenze operative precise. Se preso ad emblema di questa fase dell’integrazione europea, esso rivela la profonda sofferenza del sistema regolativo sopranazionale nel campo delle politiche sociali e l’incapacità dello stesso di stabilire nuovi equilibri normativi. Al contrario, nello studio dell’evoluzione del diritto del lavoro – se al termine evoluzione si attribuisce un significato euristico e non valutativo – è dato cogliere la tendenza della materia a adattare i suoi strumenti regolativi come pure le sue finalità. E’ probabile che l’evoluzione più recente di questa disciplina abbia beneficiato della prima attuazione del Metodo aperto di coordinamento.31 Di questo non si trova traccia nel Libro verde, se non nei riferimenti alle lavoro temporaneo. Il Report analizza nel capitolo IV ‘il fattore tempo’ nel ‘temporary employment’ indipendentemente dal tipo di contratto. La vesrione inglese del Libro verde usa in questo caso l’espressione ‘non-standard’ . 26 Quesito n. 7 del Libro Verde, cit. a n. 2, p. 13 27 A. Perulli, Lavoro autonomo e dipendenza economica oggi, RGL 2003, p. 221 ss. ed anche Lavori atipici e parasubordinazione tra diritto europeo e situazione italiana, RGL 2006, I, p. 731 ss. 28 Cit. a n. 4 29 Quesito n. 11 del Libro Verde, cit. a n. 2, p. 15 30 Ho analizzato alcune decisioni della Corte di Giustizia in materia di tutela del diritto fondamentale alla salute e sicurezza in S. Sciarra, Norme imperative nazionali ed europee: le finalità del diritto del lavoro, DLRI, 2006, p. 39 ss. 31 Cfr. S. Sciarra, The evolution…, cit. a n. 23 , p. 15 ss. 10 SILVANA SCIARRA WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 linee guida del Consiglio.32 La Decisione del Consiglio adottata nel 2005 e proiettata fino al 2008 rappresenta l’emblema delle politiche occupazionali europee rivisitate, se non ridimensionate nella loro nuova versione.33 La Commissione presieduta da Barroso ha, infatti, ampliato i tempi del monitoraggio da parte del Consiglio ed ha assegnato agli Stati membri un ruolo più visibile – e sembrerebbe di capire più autonomo – nell’elaborazione dei Programmi Nazionali di Riforme (PNR), in modo da tenere conto dei cicli economici e dei cambiamenti intervenuti nella situazione generale del paese. Il quesito cui è difficile trovare una risposta è come rileggere in termini propositivi la sterminata produzione teorica sulla governance, che tanto lasciava sperare per l’avvio di benefiche sinergie fra hard e soft law. Si rafforza in questo nuovo contesto di riferimento delle politiche occupazionali l’esigenza di approfondire lo studio delle riforme avviate dai legislatori nazionali. Sul piano della comparazione e del raffronto con altri ordinamenti ci sono ormai esempi significativi ed esaustivi che possono essere richiamati, a conferma della praticabilità di indagini teoriche e di politica del diritto che consentono di coniugare le tradizioni del diritto del lavoro con le trasformazioni dei sistemi produttivi e con le nuove domande del mercato. Sembra che, non senza un fremito di frustrazione, la dottrina debba farsi da parte e constatare la sterilità delle sue esternazioni. Se non che, paradossalmente, proprio da quanti vogliono ricondurre a livello nazionale i necessari interventi modernizzatori34, proviene un invito ad analisi sistematiche circa la più recente produzione normativa. Se modernizzare vuol dire guardare criticamente a sé stessi ed ai propri vicini, non tutto è perduto per il diritto del lavoro. 2. La Direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato. Una ricognizione delle principali questioni interpretative 32 Council Decision 12.7.2005, OJ 6.8.2005, L 205/22. Per una prima risposta del governo italiano cfr Programma Nazionale di Riforma 2006-2008. Primo Rapporto sullo stato di attuzione, Roma 18 ottobre 2006, in http://ec.europa.eu/growthandjobs/key/nrp2006_en.htm. Si veda ora il Draft Joint Employment Report 2006/2007, licenziato dal comitato per l’occupazione e discusso nel Consiglio UE del 7.2.2007 33 Per un commento si rinvia a C. Kilpatrick, New EU Employment Governance and Constitutionalism, in G. de Búrca and J. Scott (a cura di), Law and New Governance in the EU and the US, Oxford, Hart Publishing 2006 34 In tal senso sembrano orientati i commenti della organizzazione europea dei datori di lavoro. V. Dossier.., cit. a n.6 IL LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. UN TASSELLO NELLA ‘MODERNIZZAZIONE’ DEL DIRITTO DEL LAVORO 11 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 Molto è stato già scritto su questa fonte comunitaria, anche con riferimento alla sua complessa gestazione.35 Basterà dunque valorizzare gli aspetti della Direttiva che si prestano da un lato a verificare un suo ruolo paradigmatico nel dibattito sulla modernizzazione del diritto del lavoro, dall’altro a mettere a fuoco una sua funzione regolativa per così dire interna alla gestione del rapporto di lavoro. Queste due anime convivono a ben vedere nella fonte di cui qui si discute. Esse confermano una tradizione di rinnovamento già in atto nel diritto del lavoro, che, nella grande maggioranza dei casi, si sviluppa in continuità con il passato, in una rivisitazione degli istituti tipici della materia. Sulla scorta di quanto già fatto per la Direttiva 97/81/CE in materia di lavoro a tempo parziale, le parti sociali stipularono un Accordo quadro per contribuire, come si dice in apertura del Preambolo, alla strategia di Lussemburgo ‘in direzione di un migliore equilibrio fra la flessibilità dell’orario di lavoro e la sicurezza dei lavoratori.’ La Direttiva richiama inoltre le conclusioni del Consiglio europeo di Essen36 da cui emergeva la necessità di ‘incrementare l’intensità occupazionale della crescita, in particolare mediante un’organizzazione più flessibile del lavoro, che risponda sia ai desideri dei lavoratori che alle esigenze della competitività.’ Questi riferimenti servono a porre la legislazione secondaria di cui qui ci occupiamo nel contesto di politiche sociali ancora influenzate dallo stile di Jacques Delors. La prima ispirazione per dotare l’Europa di politiche occupazionali va ricercata nel laboratorio di idee e di programmi che fu impiantato a Bruxelles nei primi anni Novanta dello scorso secolo. L’inserimento del Titolo VIII nel TCE, avvenuto nel Consiglio di Amsterdam, ha alle spalle una stagione breve, ma intensa di buone pratiche intessute con sperimentazioni concrete delle politiche occupazionali, che fertilizzarono il terreno dell’Europa sociale.37 35 K. Ahlberg et al.. Fixed-term work in Europe, National Institute for Working Life, Stockholm 1999 36 Considerando 5 della Direttiva 1999/70/CE, cit. a n.1. Il Consiglio di Essen, svoltosi il 9- 10 Dicembre 1994, fu l’ultimo a cui Jacques Delors partecipò come Presidente della Commissione Europea 37 Ho ricostruito alcuni passaggi di quelle vicende in S. Sciarra, Integration through coordination: The Employment Title in the Amsterdam Treaty, Columbia Journal of European Law 2000, p. 209. Si veda ora M.Barbera (a cura di), Nuove forme di regolazione: il Metodo Aperto di Coordinamento delle politiche sociali, Milano, Giuffré, 2006; F. Ravelli, Il coordinamento delle politiche comunitarie per l’occupazione e i suoi strumenti, http://www.lex.unict.it/eurolabor/ricerca/wp/int/ravelli_n43-2005int.pdf,; E.Ales, Dalla politica sociale europea alla politica europea di coesione economica e sociale. Considerazioni critiche sugli sviluppi del modello sociale europeo nella stagione del metodo aperto di coordinamento, ibid 12 SILVANA SCIARRA WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 Il Preambolo dell’Accordo si sofferma in modo non rituale sul principio dell’eccezionalità del lavoro a termine rispetto al lavoro a tempo indeterminato, considerato ancora la ‘forma comune dei rapporti di lavoro.’ Questo richiamo non fa altro che prendere atto di una tradizione negli ordinamenti nazionali, per lo meno in quelli continentali, risalente nel tempo. Il lavoro a termine – recita ancora il Preambolo dell’Accordo quadro – risponde ‘in alcune circostanze, sia alle esigenze dei datori di lavoro sia a quelle dei lavoratori.’ Nei ‘considerando’ dell’Accordo si richiamano le questioni che fanno da sfondo alla disciplina concordata, in particolare l’oggettività delle ragioni per accedere a questa tipologia contrattuale, in modo da prevenire abusi, la maggiore rilevanza della stessa in alcuni settori occupazionali, l’alta percentuale di donne assunte con contratto a termine e l’atteso impatto della disciplina nel miglioramento delle pari opportunità fra uomini e donne.38 Il rispetto del principio di non discriminazione è ‘obiettivo’ dell’accordo (clausola 1) e criterio ordinatore dell’intera disciplina (clausola 4), poiché il confronto con i lavoratori comparabili a tempo indeterminato riguarda in modo ampio ‘le condizioni di impiego.’ Perfino il principio del pro rata temporis è presentato come eventuale (‘se del caso’). La terminologia adottata nella clausola 5 è più forte di quella analoga nell’Accordo sul lavoro a tempo parziale. Mentre quest’ultimo si esprime in forma condizionale, la prima è categorica: gli Stati membri dovranno introdurre misure di prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti a termine. Questa differenza non sorprende se, ancora una volta, si guarda alle tradizioni del diritto del lavoro europeo. L’eccezionalità del contratto a termine giustifica l’imposizione di limiti nell’esercizio delle prerogative imprenditoriali, consistenti nell’obbligo di fondare i rinnovi su ragioni obiettive e nel fissare una durata massima nella successione dei contratti. Quanto alla clausola di non regresso, inserita fra le disposizioni di attuazione (clausola 8.3), essa riprende l’espressione già utilizzata per il lavoro part-time, secondo cui l’applicazione dell’Accordo quadro non costituisce giustificazione valida per ridurre il livello generale di tutela dei lavoratori nell’ambito dell’Accordo stesso. Può essere significativo sottolineare, tuttavia, che anche in questa disposizione la formulazione è più circostanziata di quella contenuta nell’analoga clausola riferita al lavoro a tempo parziale. Quasi a volere rimarcare una differenza strutturale fra le due tipologie di contratti di lavoro, si ammette che il 38 Considerando 6-9 IL LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. UN TASSELLO NELLA ‘MODERNIZZAZIONE’ DEL DIRITTO DEL LAVORO 13 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 legislatore nazionale possa essere più condizionato ‘dall’evoluzione della situazione’ nell’adottare misure legislative sul lavoro a tempo parziale e dunque più libero nel ridimensionare i livelli di tutela.39 La giustificazione di questa scelta deriva da una fin troppo ovvia constatazione. La riduzione dell’orario che si opera nei regimi di lavoro a tempo parziale rispecchia esigenze di flessibilità più difficili da tipizzare e si ispira a scelte organizzative non sempre coincidenti con ragioni obiettive. Nell’Accordo sul lavoro a tempo parziale l’enfasi è posta sulla creazione di occupazione, più di quanto non lo sia nell’Accordo sul lavoro a termine, dove non è sorprendente rileggere l’auspicio, già formulato dal Consiglio di Lussemburgo, che si proceda a ‘modernizzare l’organizzazione del lavoro.’ In un recente Rapporto sullo stato di applicazione della Direttiva 99/70,40 la Commissione fa emergere i punti controversi ed in certi casi ancora rimasti irrisolti nell’interpretazione e nei successivi interventi dei legislatori nazionali. Un primo risultato ci dice che gli Stati membri sono stati prevalentemente in ritardo nella trasposizione della Direttiva. Ciò ha dato luogo all’avvio delle procedure di infrazione per la mancata comunicazione circa l’adozione delle misure necessarie. Anche se tali procedure sono state evitate – si pensi al caso della Grecia – esiste la consapevolezza di problemi interpretativi ancora non risolti, da affidare alla discrezionalità dei giudici nazionali attraverso il rinvio pregiudiziale. Si discute inoltre di valutare – ed il tema è di grande interesse in termini comparati – i diversi regimi delle eccezioni. Si pensi, ad esempio, al particolare caso delle forze armate in Irlanda e nel Regno Unito ed al suggerimento della Commissione di ridurre l’eccezione alle sole forze combattenti. Altro esempio controverso è quello degli insegnanti di religione in Spagna, esposto ad una possibile procedura di infrazione nei confronti di quel paese. Anche il principio di non discriminazione dà adito a interpretazioni controverse. Si segnala in molti paesi la difficoltà di individuare nello stesso luogo di lavoro (clausola 3.2) i ‘lavoratori a tempo indeterminato comparabili’, così come indicato nella clausola 4.1. Si discute su cosa 39 Cfr. clausola 6.2 della Direttiva 1997/81/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997 relativa all’ accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall UNICE, dal CEEP e dalla CES ‘tenuto conto dell’evoluzione della situazione’, espressione che non si rinviene nella Direttiva 1999/70 40 Commission Staff Working Document, Report by the Commission services on the Implementation of Council Directive 1999/70EC of 28 June 1999 concerning the Framework Agreement on Fixed-term Work Concluded by ETUC, UNICE and CEEP (EU-15), 11.8.2006, SEC (2006) 1074 14 SILVANA SCIARRA WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 debba intendersi per trattamento meno favorevole nell’applicare il principio di non discriminazione, ovvero se le condizioni di lavoro vadano intese nella loro interezza. Sembra inevitabile l’intervento dei giudici nazionali in questi casi particolari, meritevoli di una valutazione ad hoc. Di notevole rilievo, come si evince dalla giurisprudenza della CGE, è la prevenzione degli abusi nel settore pubblico ed ancor più la scelta della sanzione opportuna, se la conversione in contratti a tempo indeterminato non è proponibile. Il Rapporto della Commissione si sofferma brevemente su alcuni dei casi giurisprudenziali che saranno esaminati nel prossimo paragrafo, a conferma di un intreccio interessante fra due diverse, eppure complementari, attività di monitoraggio circa lo stato di attuazione del diritto comunitario. La trasposizione di una direttiva apparentemente così lineare non è indolore. Cerchiamo di capire perché. 3. La Corte di giustizia ed il lavoro a termine in alcune recenti decisioni Nel trattare della giurisprudenza della CGE in materia di contratti a termine non si può non prendere le mosse da Mangold41, un caso che ha riscosso molta attenzione – ed anche taluni giudizi critici – per motivazioni che in parte esulano dall’economia di questo scritto. Più che sulla Direttiva 1999/70, i commentatori del caso in questione si sono soffermati sulla violazione della Direttiva 2000/78 ed in particolare sul divieto di discriminazione in ragione dell’età. La Corte invoca il ‘principio generale del diritto comunitario’ a non essere discriminati al fine di aggirare un problema non secondario, relativo alla mancata trasposizione della Direttiva 2000/78 nell’ordinamento tedesco. In forza di tale principio preesistente alla Direttiva, la Corte richiama il compito del giudice nazionale di disapplicare la normativa in contrasto con lo stesso ed applicare la norma sopranazionale, anche quando il termine per la trasposizione della direttiva non è ancora scaduto.42 Questa dirompente interpretazione ha indotto i commentatori a riflettere circa un’eccessiva espansione del principio di non discriminazione, inclusivo di comportamenti discriminatori non ancora del tutto assimilati dagli ordinamenti nazionali. Anche la 41 Causa C-144/04 Werner Mangold v Rüdiger Helm, 22.11.2005, Racc. 2005 I-9981. Oltre a S. Sciarra, Norme imperative…, cit. a nota 30, rinvio, per un commento a questa sentenza, a V. Piccone e S. Sciarra, Principi fondamentali dell’ordinamento comunitario, obbligo di interpretazione conforme, politiche occupazionali, FI 2006, IV 42 Mangold, cit., punti 74 - 77 IL LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. UN TASSELLO NELLA ‘MODERNIZZAZIONE’ DEL DIRITTO DEL LAVORO 15 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 successiva giurisprudenza della Corte ha preso le distanze da una tale impostazione.43 Pur nella consapevolezza della ben più ampia rilevanza di Mangold nel diritto comunitario, è utile ai nostri fini riflettere sulle modalità adottate dal legislatore tedesco per piegare lo strumento del contratto a termine a politiche occupazionali più flessibili ed in quanto tali rispondenti alle finalità richieste da una riforma del mercato del lavoro. Nel caso tedesco l’obbligo per i datori di lavoro di giustificare l’apposizione del termine si attenua fino a scomparire in ragione di una diversa tutela accordata ai lavoratori ultracinquantenni. La tutela – si potrebbe dire con ricorso ad un concetto tipico del gergo comunitario – della loro occupabilità, a fronte di una potenziale esclusione dal mercato del lavoro, diviene prevalente rispetto ad un più tradizionale antidoto utilizzato nel diritto del lavoro, quello dei limiti legali posti alla discrezionalità organizzativa del datore di lavoro. Nelle sue Conclusioni44 l’Avvocato Generale sottolinea che le leggi in materia di contratti a termine, succedutesi nell’ordinamento tedesco fin dalla metà degli anni Ottanta e culminate in una disciplina che trae origine dalle proposte della Commissione Hartz45, si caratterizzano infatti per avere assunto come obiettivo principale la promozione dell’occupazione e per ‘voler perseguire una propria scelta di politica economica e sociale indipendente dai vincoli comunitari’46. Questo passaggio viene ripreso dalla Corte nel rilevare che ‘i successivi abbassamenti dell’età oltre la quale è consentita la stipula di contratti a tempo determinato senza restrizioni sono giustificati non già dalla necessità di applicare l’accordo quadro, ma da quella di incentivare 43 Causa C-13/05 Sonia Chacón Navas v Eurest Colectividades SA, 11.7.2006, Racc. 2006 I-6467. In questo caso, relativo ad una presunta violazione del principio di non discriminazione nei confronti di soggetti disabili, la Corte non accoglie l’assimilazione suggerita dal giudice del rinvio fra lavoratore malato e lavoratore disabile. Non si può, pertanto, estrapolare dall’art 13 TCE un principio generale di non discriminazione, specialmente in presenza di concetti, come quello di handicap, non ben definiti dall’ordinamento. Cfr. a riguardo i punti 56-58 nelle Conclusioni dell’Avvocato generale nella causa in oggetto, rese il 16.3.2006. Si vedano inoltre le Conclusioni dell’Avvocato generale in Causa C-411/05 Felix Palacios de la Villa v Cortefiel Servicios SA, presentate il 15 .2.2007, fortemente critiche nei confronti di Mangold, in un caso di presunta discriminazione in un regime di pensionamento obbligatorio 44 Causa C- 144/04 Mangold, Conclusioni dell’Avvocato Generale presentate il 30 giugno 2005 45 Per cui si rinvia a M. Fuchs, I contratti di lavoro flessibile in Germania, DLRI 2005, p. 135 ss. Riferimenti anche in D. Schiek, The ECJ Decision in Mangold: A Further Twist on Effects of Directives and Constitutional Relevance of Community Equality Legislation, ILJ 2006, p. 329 ss. 46 Mangold, Conclusioni, cit., 76 16 SILVANA SCIARRA WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 l’occupazione delle persone anziane in Germania’47. Pertanto non vi sarebbe violazione della clausola 8.3 dell’Accordo quadro, la così detta clausola di non regresso, invocata dal ricorrente, poiché politiche occupazionali come quella su cui si innesta la controversia esulano dalle finalità della Direttiva. Si dimentica in questo passaggio della decisione il preambolo della Direttiva ed i richiami in essa presenti alle politiche occupazionali varate dal Consiglio di Lussemburgo. Anche se la Direttiva sul lavoro a termine non figura al centro delle argomentazioni della Corte, ad essa viene comunque fatto riferimento per affermare che la normativa nazionale controversa è ‘misura di attuazione’ di tale legislazione comunitaria secondaria e dunque vincolo ineliminabile per l’ancoraggio al ‘diritto comunitario’ ed ai principi generali su cui lo stesso si fonda48. Alla legge che regolamenta il lavoro a termine, fonte di trasposizione della Direttiva 1999/70/CE nell’ordinamento tedesco, si deve dunque guardare per poter invocare i principi di diritto comunitario preesistenti alla Direttiva medesima, fra cui il principio di non discriminazione, riconosciuto, come la Corte ricorda in apertura del suo ragionamento, in numerose fonti internazionali.49 Nonostante questo richiamo, l’argomentazione della Corte non ruota intorno alla Direttiva sul lavoro a termine, né si addentra a fondo nella stessa. La clausola di non regresso, secondo cui la normativa di trasposizione della Direttiva non ‘costituisce motivo valido per ridurre il livello generale di tutela’ dei lavoratori, mostra in questa operazione tutta la sua intrinseca debolezza. Se fosse intesa come obbligo di standstill, essa costringerebbe il legislatore nazionale in uno stato innaturale di inattività, privandolo delle sue essenziali prerogative sia nell’iniziativa, sia nella scelta delle soluzioni ritenute più adatte alla promozione dell’occupazione. Se fosse interpretata come clausola di trasparenza 50, essa funzionerebbe solo come premessa per motivare e razionalizzare le scelte storicamente succedutesi nella trasposizione delle norme comunitarie. Una conferma della natura ambigua di questa clausola si ricava dal modo in cui la Corte Costituzionale ha recentemente affrontato un’intricata questione interpretativa del Decreto legislativo n. 368/2001 che traspone la Direttiva 1999/70/CE in materia di contratti a tempo 47 Mangold, cit. a n. 41, punto 53 48 Mangold, punto 74 49 Mangold, punto 7, dove si richiamano i considerando 1 e 4 della Direttiva 2000/78/CE 50 U. Carabelli e V. Leccese Libertà di concorrenza e protezione sociale a confronto. Le clausole di favor e di non regresso nelle direttive sociali, Contratto e impresa. Europa 2005, p. 539 ss. IL LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. UN TASSELLO NELLA ‘MODERNIZZAZIONE’ DEL DIRITTO DEL LAVORO 17 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 determinato.51 Le norme di trasposizione sono ritenute dal giudice che solleva la questione di legittimità costituzionale doppiamente peggiorative, e pertanto in violazione della clausola di non regresso, poiché sottopongono a condizioni prima inesistenti il diritto di precedenza nelle assunzioni a termine di lavoratori agricoli stagionali. Nel citare la sentenza Mangold, richiamata come ius superveniens a distanza di circa un anno dall’ordinanza di rimessione, la Corte Costituzionale fa sue le parole della CGE ed afferma che ‘una reformatio in peius della protezione offerta dalla legislazione nazionale ai lavoratori nel settore dei contratti a tempo determinato non è, in quanto tale, vietata dall’Accordo quadro, quando non sia in alcun modo collegata con l’applicazione di questo punto’. Il riferimento è al passaggio della sentenza Mangold in cui la CGE, avendo considerato che l’abbassamento dell’età è controbilanciata da maggiori tutele legate alla disciplina dei contratti a tempo determinato, fa notare che altra cosa è valutare il regime delle tutele non connesse all’applicazione del medesimo Accordo quadro.52 Pur dovendo riconoscere che l’ordinanza di rimessione poneva in termini troppo schematici – e forse non condivisibili – la questione della comparazione fra regimi di tutela dei lavoratori, è pur vero che nella sua decisione la Corte Costituzionale decontestualizza il passaggio della sentenza Mangold, per estrapolare in modo repentino un precedente ed attribuire allo stesso una portata generale. Mangold viene in questo modo elevata dalla Corte al rango di fonte vincolante, senza peraltro valutare la funzione della clausola di non regresso posta in primo piano dal giudice che solleva la questione di costituzionalità. Quel che più colpisce è che la Corte Costituzionale non si soffermi a considerare la controversa interpretazione del principio di uguaglianza fornita dalla CGE. Il panorama delle tutele previste per i lavoratori a termine è, per lo meno in Mangold, discontinuo. Nell’esame che la CGE fa della Direttiva 1999/70 colpisce la divaricazione fra le misure promozionali dell’occupazione, cui si fa riferimento nel Preambolo dell’Accordo quadro con il richiamo al vertice straordinario di Lussemburgo del 1997, e le 51 Corte Cost. Ordinanza n.252/2006 28 giugno 2006, GU 05.07.2006 n. 27, prima serie speciale, p.79 ss. La questione di legittimità costituzionale (sollevata da Trib di Rossano 17 maggio 2004, RGL 2005 II, p.85, con nota di A. Andreoni) degli artt. 10 c.9 e 10 e dell’art. 11 c. 1 e 2 del d.lgs n. 368/2001, attuativo della Direttiva 1999/70 verte sulla violazione del’art. 76 Cost., nella parte in cui tali norme abrogano la normativa previgente che conferiva il diritto di precedenza nell’assunzione presso la stessa azienda, con la stessa qualifica, a favore di lavoratori stagionali assunti con contratto a termine 52 Mangold, punto 52 18 SILVANA SCIARRA WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 misure intrinsecamente collegate allo svolgimento del rapporto di lavoro. Queste ultime non dovrebbero essere dissociate dalle prime nell’ambito di un’interpretazione sistematica della fonte comunitaria. Invece lo diventano, quando l’occhio dell’interprete si sposta verso un altro obiettivo, quello onnicomprensivo della promozione dell’occupazione, parte qualificante delle prerogative dei governi nazionali, nei limiti imposti agli stessi dalle condizioni economiche generali. Sulla scorta di queste considerazioni, che mettono concretamente alla prova il binomio flessibilità-sicurezza richiamato nel Preambolo dell’Accordo quadro, sembra utile analizzare altre recenti decisioni della CGE. L’improvvisa - e per certi aspetti un po’ sorprendente - centralità del contratto di lavoro a tempo determinato nel dialogo fra le corti nazionali e la Corte di Lussemburgo si aggancia in modo interessante a nuovi percorsi interpretativi, volti a garantire il rispetto dei diritti fondamentali. A questo riguardo è utile prendere in esame due decisioni della CGE, a seguito di ordinanze per rinvii pregiudiziali del Tribunale di Genova.53 Tali decisioni, affiancate in rapida successione ad una lunga sentenza di poco precedente,54 conferiscono visibilità ed autorevolezza alla legislazione comunitaria secondaria, da cui scaturiscono i diritti fondamentali dei lavoratori. Questo dato è rilevante anche perché si tratta – è bene ricordarlo – di una Direttiva che recepisce un accordo quadro siglato dalle parti sociali. In Marrosu e Sardino55 ed in modo simile in Vassallo56, la mancata conversione in contratti a tempo indeterminato di contratti a termine più volte prorogati da parte di un’azienda ospedaliera, induce i ricorrenti a ritenere che sia stata violata la normativa nazionale ed in particolare il decreto legislativo 368/2001, che traspone la Direttiva 1999/70/CE. Il datore di lavoro fa invece valere le disposizioni relative al lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione (d.lgvo 30 marzo 2001, n.165) che, in ragione della particolare forma di reclutamento vigente nel settore pubblico, non consentono tale automatica conversione. L’azienda ospedaliera invoca inoltre la giurisprudenza della Corte Costituzionale che 53 Una delle due ordinanze, Tribunale di Genova, ordinanza 21 gennaio 2004, Lavoro nelle pubbliche amministrazioni 2004, p. 693 ss. è commentata da L. Zappalà 54 Causa C- 212/04 Adeneler e altri, 04.07.2006, Racc. 2006 I-6057. In merito si rinvia ai commenti di C. Vigneau, Lé regime des contrats à durée déterminée en droit communautaire, DS 2007, p.94 ss. 55 Causa C- 53/04, Marrosu e Sardino, 07.09.2006 56 Causa C-180/04, Vassallo, 07.09.2006. Si veda, per una nota alle sentenze citate, A. Gabriele, Il meccanismo sanzionatorio per l’illegittima successione di contratti a termine alle dipendenze della P.A. al vaglio della Corte di Giustizia, RGL 2006, II, p. 614 ss. IL LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. UN TASSELLO NELLA ‘MODERNIZZAZIONE’ DEL DIRITTO DEL LAVORO 19 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 ha dichiarato tali norme non lesive del principio di uguaglianza e di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione. Quest’ultimo principio ha guidato la Corte Costituzionale nel ritenere ragionevole il diverso trattamento riservato ai lavoratori pubblici, assunti attraverso il meccanismo del concorso. Sennonché, a detta di uno dei giudici del Tribunale di Genova, la Corte non tiene conto nella sua decisione della compatibilità del decreto 165/2001 con i principi comunitari, cui si rifà il decreto 368/2001, fonte di trasposizione della direttiva e dunque espressione dell’adempimento da parte dello stato italiano degli obblighi derivanti dalla sua appartenenza all’UE.57 In entrambi i ricorsi si discute degli abusi compiuti da parte del datore di lavoro nel fare ricorso a contratti a termine. Ciò comporta una smisurata estensione dell’interpretazione circa le ragioni obiettive cui tali forme di lavoro flessibile dovrebbero conformarsi. La clausola 5 dell’Accordo quadro indica che proprio tali pratiche abusive devono essere prevenute dagli Stati membri. Nelle sue Conclusioni l’Avvocato Generale Poiares Maduro si sofferma su un punto delicato nel quadro di più ampi equilibri istituzionali.58 Anche se, per quanto riguarda la conversione dei contratti a termine, gli Stati possono discrezionalmente escludere alcuni settori dall’applicazione della Direttiva, essi devono farlo osservando il principio di uguaglianza, che è principio dell’ordinamento comunitario. Egli confuta con fermezza l’argomento presentato dal governo italiano nel caso Vassallo, secondo cui l’accordo quadro incorporato nella Direttiva non poteva ritenersi vincolante nei confronti delle pubbliche amministrazioni, perché firmato solo da organizzazioni sindacali del settore privato. ‘Senza bisogno di interrogarsi sull’identità delle organizzazioni che hanno stipulato l’accordo, – si sostiene nelle Conclusioni - va precisato che il testo da interpretare possiede il carattere normativo di una Direttiva adottata dal Consiglio’.59 L’Avvocato Generale non può ignorare il verdetto della Corte costituzionale italiana, che va in direzione opposta alle sue argomentazioni. Nel rendere un omaggio quasi retorico ai principi da essa sanciti, egli ricorda che le finalità perseguite dagli articoli 3 e 97 della Costituzione devono essere adeguate, secondo un criterio di 57 Così nel ricorso che riguarda il caso Marrosu e Sardino, dove si ritiene prevalente una fonte di diritto interno sull’altra, in forza del primato del diritto comunitario ( cit. a n. 55, p. 699). In Vassallo il Tribunale di Genova dubita che la Direttiva sul contratto a termine si applichi alle pubbliche amministrazioni e tuttavia ritiene di rinviare in via pregiudiziale alla CGE 58 Conclusioni presentate il 20 settembre 2005 per le cause riunite C – 53/04 e C – 180/04 59 Ibidem, punto 26 20 SILVANA SCIARRA WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 proporzionalità, al rispetto del principio di uguaglianza. Nel ritenere legittimo il diverso trattamento riservato ai pubblici dipendenti, reclutati attraverso pubblici concorsi, la Corte costituzionale si discosterebbe, secondo l’Avvocato generale, da un principio di diritto comunitario. La CGE condivide queste conclusioni nella sua decisione e specifica con forza che le misure volte a prevenire gli abusi nel ricorso ad assunzioni a tempo determinato devono essere proporzionate, ma anche sufficientemente efficaci per raggiungere gli obiettivi indicati nella Direttiva.60 Si può sostenere che la parità di trattamento fra lavoratori pubblici e privati si basi nei due casi di cui si discute su un criterio più accessibile di comparabilità di quanto non sia dato cogliere in Mangold. L’efficacia diretta della clausola 5 dell’Accordo quadro, giustificata anche dalla natura pubblica del datore di lavoro, rende più consistente l’intero impianto della Direttiva, ritenuta altrimenti troppo vaga nella indicazione fornita agli stati membri di ‘prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato’. La necessaria discrezionalità da riconoscere agli Stati, quanto alle misure da adottare, non esclude la natura vincolante delle prescrizioni contenute nella Direttiva. In molti significativi passaggi entrambe le decisioni fanno frequente riferimento a Adeneler,61 un altro caso originato da un rinvio pregiudiziale, sempre in materia di successione abusiva di contratti a termine nel pubblico impiego, in violazione della già citata clausola 5 dell’Accordo quadro. Nel tentativo di sradicare una tale diffusa pratica di ricorso al lavoro a termine, il governo greco, pressato dalla Commissione, aveva optato per un’estensione del termine finale entro cui trasporre la Direttiva, ma anche dopo la trasposizione aveva accumulato ulteriore ritardo nell’adottare misure volte a limitare i comportamenti illegittimi della pubblica amministrazione. In Adeneler si richama Pfeiffer62, a proposito dell’interpretazione conforme cui sono tenuti i giudici nazionali, e si precisa che se l’obiettivo indicato dalla Direttiva non può essere raggiunto per via interpretativa, la 60 Cfr. punto 36 in Vassallo e punto 51 in Marrosu. In un caso recente, relativo alla tutela dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro, la CGE si confronta nuovamente con una giurisprudenza costituzionale nazionale difforme ed afferma comunque il primato del diritto comunitario con il conseguente obbligo per il giudice nazionale di disapplicare il diritto interno, per affermare il principio generale di uguaglianza e di non discriminazione come principio generale del diritto comunitario. Cfr. Causa C-81/05 Anacleto Corsero Alonso v Fondo de Garantìa Salarial (Fogasa), 7.9.2006 61 Cit. a n. 54 62 Causa C-397/01 Pfeiffer v Deutsches Rotes Kreuz, Kreisverband Waldshut e V, 05.10.2004, Racc. 2004 I-8835 IL LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. UN TASSELLO NELLA ‘MODERNIZZAZIONE’ DEL DIRITTO DEL LAVORO 21 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 responsabilità degli stati per i danni causati ai singoli è quella risalente a Francovich e Faccini Dori.63 Ed inoltre, continuando a tessere una rete fitta di riferimenti, la Corte cita Mangold per affermare che la stabilità dell’occupazione è elemento primario della protezione dei lavoratori, il che rende potenzialmente esposta ad abusi la pratica del rinnovo dei contratti a termine.64 Alcuni punti di questa decisione aiutano a comprendere le motivazioni che guidano la Corte nella sua sottile e perseverante costruzione di un coerente apparato di tutele per i lavoratori a tempo determinato. Tutto ruota, a ben vedere, intorno alla nozione di ‘ragioni obiettive’, quelle che, secondo la clausola 5 (1) (a) dell’Accordo quadro, servono a giustificare il rinnovo dei contratti a termine. Non essendovi alcuna definizione delle ‘ragioni obiettive’ nella fonte comunitaria, il significato va ricercato nelle finalità generali dell’Accordo quadro. Pertanto le ‘ragioni obiettive’ vanno ricondotte a ‘precise e concrete circostanze che caratterizzano una certa attività’ in grado di giustificare la successione di più contratti in un determinato contesto. Una disposizione che consente una successione automatica e priva di giustificazioni dei contratti a termine priva i lavoratori di una tutela primaria.65 Come si può notare, nelle decisioni analizzate la legislazione comunitaria secondaria disegna un cerchio inviolabile intorno ai diritti fondamentali. Si può sostenere che la Direttiva sul lavoro a tempo determinato emerga da questa giurisprudenza della Corte con una sua propria statura ed autorevolezza, quasi a voler smentire il disincanto di chi ha sostenuto che la Corte – e con essa gli Avvocati Generali - non abbiano ancora appreso un linguaggio dei diritti fondamentali nella materia del diritto sociale europeo.66 I casi di cui qui si discute aprono, al contrario, nuove prospettive per la giustiziabilità dei diritti fondamentali, solidamente incardinati anche in una Direttiva che recepisce un Accordo quadro. Tanto più significativo appare l’uso del linguaggio adottato dalla Corte, quanto più esso si insinua in aspetti apparentemente marginali del diritto comunitario. 63 La giurisprudenza della CGE è richiamata in Adeneler, cit. a n. 54, rispettivamente ai punti 108 e 112. C. Vigneau, Lé regime, cit a n. 54 fa notare che la CGE vuole in tal modo conferire valore vincolante a quelle norme della Direttiva che sembrerebbero avere, altrimenti, una funzione meramente ‘dichiarativa’(p.97). Resta peraltro difficile garantire la prevenzione degli abusi nel ricorso al lavoro a termine, specialmente alla luce del ruolo marginale giocato dalla clausola di non regresso. 64 Adeneler, punto 62 65 Adeneler, punti 69 e 73 66 B. De Witte, The Trajectory of Fundamental Social Rights in the European Union, in G. De Búrca e B. de Witte (a cura di) Social Rights in Europe, Oxford, OUP 2005, p.156 22 SILVANA SCIARRA WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 Alcune considerazioni merita a tale riguardo un recente caso, inviato alla Corte in via pregiudiziale da un giudice spagnolo e non ancora deciso.67 Il rifiuto di riconoscere ad una lavoratrice a termine una particolare indennità riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato induce il giudice nazionale a ritenere violata la clausola 4 dell’Accordo quadro, che vieta ogni trattamento meno favorevole, se non giustificato da ragioni obiettive. Poiché si tratta di una lavoratrice dipendente da un ospedale pubblico, si pone nuovamente la questione dell’efficacia della Direttiva anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni. La prosa sicura dell’Avvocato generale Poiares Maduro ci assiste ancora una volta nei labirinti di una giurisprudenza divenuta ormai ricca di sorprese. Un punto controverso attiene alla definizione di lavoratore nel diritto nazionale ed all’impossibilità, più volte ribadita dalla Corte, di assorbire in una nozione onnicomprensiva le diverse accezioni del termine. E’ dunque importante valutare approfonditamente le giustificazioni che sono addotte per introdurre un trattamento differenziato, a meno di non volere, come già affermato in Adeneler, Marrosu e Vassallo, rendere irrilevante l’Accordo quadro nelle parti in cui si prevede che siano adottate misure di prevenzione degli abusi nel ricorso ai contratti a termine. Su questo punto l’Avvocato generale ribadisce l’importanza di lasciare alle corti nazionali la valutazione degli elementi oggettivi che giustificano l’esclusione di tali contratti dalla sfera di efficacia della Direttiva. Spetta anche alle corti nazionali valutare la conformità con il diritto comunitario delle posizioni assunte dal Tribunal Supremo quanto alla non comparabilità delle condizioni di lavoro applicate ai lavoratori pubblici, a causa del loro particolare status professionale. 68 Più complessa e densa di implicazioni è la questione relativa all’esclusione esplicita della retribuzione dalla competenza del Trattato (art. 137(5)) e della possibilità di ricondurre le prestazioni retributive di cui si dibatte all’ampia nozione di condizioni lavorative non discriminatorie per il lavoratore a termine. La Commissione, intervenendo nella causa, fa riferimento alla giurisprudenza della Corte in materia di parità di trattamento fra uomo e donna per sostenere che l’art. 137(5) non preclude l’esame di effetti incidentali della retribuzione inerenti all’applicazione della legislazione secondaria. L’assenza di un preciso riferimento nella Direttiva 1999/70 67 Causa C-307/05 Yolanda Del Cerro Alonso v Osakidetza (Servicio Vasco de Salud) 68 Cfr. punto 15 delle Conclusioni rese il 10 gennaio 2006 IL LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. UN TASSELLO NELLA ‘MODERNIZZAZIONE’ DEL DIRITTO DEL LAVORO 23 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 non esclude, secondo la Commissione, che la retribuzione sia da intendersi parte essenziale delle ‘condizioni di lavoro.’ Il cambio di rotta dell’Avvocato generale ci conduce verso altri lidi. Piuttosto che risalire alle Direttive 76/207 e 75/117 ed alla relativa giurisprudenza della Corte, appare più solido il riferimento alla Direttiva 77/187 sul trasferimento d’impresa, adottata nell’ambito delle misure sull’attuazione del mercato comune. In relazione a questa fonte la giurisprudenza ha osservato che la retribuzione è parte delle condizioni lavorative da salvaguardare, al fine di garantire un’efficace tutela ai lavoratori interessati dai trasferimenti. Una riduzione della retribuzione comporta, nel contesto di quella fonte, un significativo cambiamento delle condizioni di lavoro, da preservare nella loro interezza, senza con questo danneggiare gli equilibri del mercato.69 Al contrario, la Direttiva sul lavoro a termine poggia sulla base giuridica dell’art. 139 (2) TCE, che prevede l’incorporazione degli accordi quadro su richiesta delle parti collettive firmatarie degli stessi. Tali accordi si muovono nell’ambito delle competenze segnate dall’art. 137 TCE, ovvero di quella stessa norma che - nel comma 5 - esclude la retribuzione dalla competenza comunitaria. E’ da sottolineare la rilevanza di questo passaggio che consente all’Avvocato generale di non lasciare che il suo ragionamento si areni nelle secche di pericolose contraddizioni. Il timone è tenuto ben fermo in un’interpretazione che tende a rafforzare la portata dell’Accordo quadro. I contratti a termine emergono da questa lettura per quello che sono nella realtà degli ordinamenti nazionali: misure di una flessibilità regolata, strumenti di una gestione efficiente da parte dei datori di lavoro che sappiano combinare prerogative imprenditoriali e rispetto dei principi fondamentali. Il diritto comunitario preserva in tal modo la sua funzione equilibratrice: senza incursioni nelle dinamiche del mercato, che sarebbe turbato da un’interpretazione estensiva delle direttive sulle politiche sociali, esso può valorizzare il principio di non discriminazione quale bussola nella parificazione delle condizioni lavorative, inclusa la retribuzione. 4. Conclusioni: elementi di ‘modernizzazione’ nella disciplina del lavoro a tempo determinato Alcune considerazioni conclusive possono essere tratte da quanto detto fino ad ora. Allungare lo sguardo oltre i confini dell’UE serve a sottolineare che le politiche del diritto del lavoro possono – se così si sceglie di fare – 69 Il riferimento dell’Avvocato generale al punto 21 delle Conclusioni è a Causa C- 425/02 Delahaye, 11.11.2004 Racc. 2004 I-10823 24 SILVANA SCIARRA WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 poggiare su un patrimonio significativo di idee e di interpretazioni, rispettoso del ruolo giocato dagli attori collettivi, come pure dalla giurisprudenza. Nella gran parte dei casi tali analisi segnalano elementi di continuità nella trasformazione della materia e propensione all’adattamento dei principali istituti, in ragione di mutate condizioni economiche generali e di una diversa organizzazione del lavoro. E’ notevole la distanza che separa il dibattito teorico sull’evoluzione del diritto del lavoro dalle esili proposte adombrate nel Libro verde. Sia nella gran parte dei paesi industrializzati, sia nei paesi in via di sviluppo, la ricerca sembra orientata verso l’individuazione di nuove sinergie fra politiche occupazionali e riforme del mercato del lavoro collegate alla rivisitazione dei principali istituti. In particolar modo la ricerca promossa dall’OIL si muove su traiettorie ampie di comparazione e coglie dati innovativi nella analisi interdisciplinare, insinuata con grande maestria nel dibattito europeo con il Rapporto Supiot e poi adattata ad un contesto internazionale. Il Libro verde non si ispira alla terminologia adoperata in quel Rapporto e sembra non volersi appropriare di una progettualità orientata a costruire il futuro della materia. Nella scelta di limitarsi ad imbastire i confini di una modernizzazione contingente del diritto del lavoro, potrebbe nascondersi una strategia di attesa da parte della Commissione. L’ampia consultazione avviata – e certo facilitata dal ricorso a strumenti informatici – potrebbe indurre la Commissione a trarre nuova energia e nuove fonti di ispirazione nell’ampliare le sue prospettive di ricerca e nel modulare le opzioni sulle politiche da adottare. Il contributo della giurisprudenza, come emerge dai pochi casi selezionati ed analizzati in precedenza, offre spunti problematici di riflessione e tuttavia si orienta verso la valorizzazione di tutti gli strumenti a disposizione del giurista europeo. Sembra quasi che la giurisprudenza pratichi – e non solo predichi – la modernizzazione nel perseguire un’interpretazione critica ed avanzata delle fonti comunitarie. In presenza di piani interpretativi e progettuali non perfettamente collimanti, si può suggerire che spetti ad un’attenta e scrupolosa indagine comparata colmare il divario, in modo da mettere in evidenza le lacune degli ordinamenti nazionali, ma anche gli spazi aperti all’innovazione, attraverso una corretta trasposizione e interpretazione del diritto comunitario. Opportunamente la CGE interpreta l’Accordo quadro sul lavoro a termine non diversamente da altre fonti di diritto comunitario secondario. Il richiamo alla base giuridica su cui esso è fondato, presentato in modo sottile dall’Avvocato generale in Del Cerro Alonso, serve a salvaguardare, non a ridurre, la funzione della Direttiva che lo recepisce. Due aspetti IL LAVORO A TEMPO DETERMINATO NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. UN TASSELLO NELLA ‘MODERNIZZAZIONE’ DEL DIRITTO DEL LAVORO 25 WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 interconnessi ne risultano valorizzati: la vincolatività nei confronti degli Stati membri della clausola 5 relativamente alla prevenzione degli abusi nel fare ricorso a contratti a termine e la necessità di sanzionare i comportamenti abusivi dei datori di lavoro. Ugualmente significativa appare la ricognizione attenta svolta dalla CGE in relazione alle ragioni obiettive che consentono il ricorso a contratti a termine successivi. Essa offre indicazioni circostanziate per l’adeguamento, sia pure in via interpretativa, delle misure legislative nazionali che non individuano correttamente i limiti da apporre a comportamenti arbitrari del datore di lavoro.70 Il rinvio alle corti nazionali per la ricerca della soluzione adatta a garantire la perfetta osservanza degli obblighi nascenti dall’appartenenza all’UE è inevitabile e nel contempo problematica. Particolarmente per il lavoro pubblico, essa pone il problema non secondario della reperibilità delle risorse finanziarie sia nell’ipotesi della conversione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, sia nel caso di altre misure compensative. Solo il richiamo ai principi fondamentali dell’ordinamento comunitario può assistere la CGE nel preservare la sua funzione di guardiana dei Trattati, senza scivolare in un’inaccettabile invadenza delle competenze degli Stati. La ricerca di un punto di equilibrio da parte dei giudici di Lussemburgo non sembra facilitata dal richiamo alle politiche occupazionali, come si è visto in Mangold. Al contrario, il comprensibile self-restraint che spinge la CGE a non oscurare le scelte dei governi e dei parlamenti nazionali, rende gli strumenti di soft law marginali nella costruzione delle sue argomentazioni. Non resta dunque che guardare all’iniziativa del legislatore nazionale per correggere le distorsioni esistenti e per prevenire nuovi abusi nel ricorso al lavoro a termine.71 All’assenza di un metodo di 70 Cfr. A tale riguardo C. App. Bari 20.7.2005, FI 2006, I, 1540, che circoscrive l’ambito delle ragioni obiettive ‘giustificabili’ nel contesto del d lgvo 368/2001, anche alla luce del diritto comunitario (la legge delega era contenuta nella legge comunitaria) e della sentenza della Corte Cost. 2000/41 (FI 2000,I, 70) che dichiarò inammissibile il referendum abrogativo della disciplina in questione, poiché avrebbe esposto lo stato italiano a responsabilità per inadempimento nei confronti della CE 71 Si rinvia, per un esempio significativo nel panorama comparato, a F. Valdés dal Re e J. Lahera Forteza, La nuova riforma del mercato del lavoro in Spagna, DLRI 2006 ed a Social partners agree on further labour market reform, EIRR 2006, p. 24 ss. , per ulteriori informazioni sulla riforma spagnola. Una riforma della disciplina del contratto a termine figura anche nei programmi del Ministro del lavoro italiano. Si veda il Comunicato stampa del 3 Novembre 2006, accolto tiepidamente da CISL e UIL e criticamente dalla Confindustria. 26 SILVANA SCIARRA WP C.S.D.L.E. "Massimo D Antona".INT – 52/2007 coordinamento delle politiche legislative nazionali supplisce per ora con competenza la CGE. |
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