L’INTERVENTO TARDIVO DEL TERZO E’ INAMMISSIBILE. ED INSANABILE.
Tribunale di Ivrea , sentenza 30 maggio 2006 n. 69 con massima e nota del dr. Giuseppe Buffone componente della Direzione Scientifica di LavoroPrevidenza.com
L’INTERVENTO TARDIVO DEL TERZO E’ INAMMISSIBILE. ED INSANABILE.
Tribunale di Ivrea , sentenza 30 maggio 2006 n. 69
La MASSIMA. Nel rito del lavoro, l’intervento del terzo (ai sensi dell’art. 105 c.p.c.) soggiace a declaratoria di inammissibilità qualora intervenga oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto. Trattasi, sul piano diagnostico, di “tardività” insanabile attesa la rilevanza pubblica degli interessi in vista dei quali è posto il divieto di domande nuove
Precedenti: conforme, Cass. civ., Sez. lavoro, 04/10/2004, n. 19834, Lavoro nella Giur., 2005, 383
ANNOTAZIONE
Lo strumento processale dell’intervento volontario, consente a ciascuno di intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto relativo all oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo. Può altresì, trattasi di intervento cd. adesivo, qualora avvenga per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, (purché il terzo vi abbia “un proprio interesse”). La norma in esame, tuttavia, deve essere collocata nell’ambito del rito del lavoro al fine di integrarne la disciplina. In tal senso, secondo il Tribunale di Ivrea, “nelle controversie soggette al rito del lavoro, ad eccezione dei casi di integrazione necessaria del contraddittorio, l’intervento del terzo ex articolo 105 Cpc non può avvenire oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, e cioè oltre il termine previsto dall’articolo 416 Cpc di dieci giorni prima dell’udienza ex articolo 420 Cpc; …. qualora l’intervento sia tardivo, la tardività non può nemmeno essere sanata dall’accettazione del contraddittorio da parte del soggetto contro il quale il terzo ha proposto la propria domanda, attesa la rilevanza pubblica degli interessi in vista dei quali è posto il divieto di domande nuove ed il conseguente carattere pubblicistico della previsione di legge”.
La pronuncia si colloca nel solco dell’indirizzo pacifico della giurisprudenza di legittimità, la quale è ferma nel ritenere che, nelle controversie soggette al rito del lavoro, “l intervento del terzo ex art. 105 c.p.c. non può avvenire oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, e, qualora esso sia tardivo e non effettuato ai fini dell integrazione del contraddittorio, la tardività non può essere sanata dall accettazione del contraddittorio da parte del soggetto contro il quale il terzo abbia proposto le sue domande e può essere rilevata dal giudice anche d ufficio” (Cass. civ., Sez. III, 23/07/2003, n.11442 in Mass. Giur. Lav., 2003, 962). Ai sensi dell art. 419 c. p. c., nel nuovo rito del lavoro, ispirato ad esigenze di concentrazione ed immediatezza del giudizio, l intervento volontario del terzo (art. 105 c. p. c.) non può avvenire oltre il termine per la costituzione del convenuto e, pertanto, deve attuarsi almeno dieci giorni prima dell udienza di discussione fissata dal giudice a norma dell art. 415 dello stesso codice (v. Cass. civ., 22/03/1984, n. 1898).
La locuzione “nelle controversie soggette al rito del lavoro” ha una precisa vis espansiva da sottolineare in modo particolare, all’indomani dell’entrata in vigore della controversa legge 21.02.2006 n° 102 (G.U. 17.03.2006): come precisato dalla Suprema Corte, infatti, soggiacciono al regime sin qui delineato anche le controversie che si svolgono innanzi alle Sezioni specializzate agrarie e, per effetto della novella succitata, anche quelle relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, (art. 3 l. 102/2006).
Svolgimento del processo
Promuovendo la presente controversia, il dottor Gianpiero Nebiolo citava in giudizio davanti al Giudice Ordinario la SO.GE.CO. Srl (di seguito, per brevità, Sogeco), esponendo che era stato nominato liquidatore giudiziario della Sogeco dal Presidente del Tribunale di Ivrea con provvedimento 31 ottobre 2003; che nella qualità di liquidatore aveva svolto una serie di onerose attività a favore della società; che pur avendo più volte sottoposto alla società le proprie proposte di parcelle, non era stato possibile addivenire all’approvazione del proprio compenso, a cagione del fatto che tutte e cinque le assemblee dei soci convocate in data 18 dicembre 2003, 22 aprile 2004, 30 giugno 2004, 22 luglio 2004 e 28 dicembre 2004, erano andate deserte.
Per tale motivo, domandava al Tribunale di determinare il compenso per la propria attività di liquidatore giudiziale maturata sino al 31 dicembre 2004, proponendo la complessiva somma di euro 160.968,00, così come analiticamente indicato in sette pagine di dettagliata esposizione dell’attività svolta.
Costituendosi in giudizio in persona del curatore speciale, appositamente nominato dal Tribunale di Ivrea a seguito dell’evidente conflitto di interessi del liquidatore Nebiolo, la Sogeco non contestava il diritto del dottor Nebiolo a vedersi riconosciuto il compenso per l’opera svolta quale liquidatore, ma instava perché fosse il Tribunale a determinare la precisa entità di tale compenso, in ragione della conflittualità esistente tra alcuni soci della Sogeco.
Con ordinanza riservata dell’giugno 2005, il Giudice Istruttore disponeva il mutamento del rito, assegnando i termini di legge ex articolo 426 Cpc, stante la natura lavoristica della controversia. Per tale motivo, a seguito di nomina da parte del Presidente del Tribunale, all’udienza ex articolo 420 Cpc dell’11 novembre 2005 la controversia veniva trattata da questo Giudice del Lavoro.
Esperito senza esito il tentativo di conciliazione, alla stessa prima udienza del 11 giugno 2006 veniva disposta Ctu onde verificare la proposta di compenso formulata dal dottor Nebiolo, affidando l’incombente al dottor Bullio, commercialista iscritto presso un Albo di Tribunale diverso da quello di Tribunale di Ivrea; e veniva altresì ordinato il pagamento dalla Sogeco al dottor Nebiolo, su sua domanda ed ex articolo 423 comma 2 Cpc, di euro 80.000,00, somma relativamente alla quale si riteneva già provata la debenza.
Alla seconda udienza dell’8 marzo 2006, verificato il deposito dell’elaborato peritale, il Giudice rinviava per discussione finale alla terza e successiva udienza del 24 maggio 2006.
Prima di tale udienza, e precisamente con comparsa di intervento volontario depositata il 24 marzo 2006, si costituivano in giudizio tre soci della Sogeco, Cristiana Cinotto, Luigina Cinotto Antonietti e Antonio Cinotto, spiegando intervento volontario ad adiuvandum rispetto alla Sogeco stessa; chiedendo di contenere al minimo dovuto la liquidazione delle spettanze del dottor Nebiolo; instando comunque per il rigetto della domanda con riferimento ad alcune delle proposte di parcelle azionate.
Instaurato il contraddittorio sull’intervento volontario, all’udienza del 24 maggio 2006, dopo discussione con i procuratori delle parti, il Giudice decideva la controversia dando lettura del dispositivo che segue.
Motivi della decisione
a) Va innanzitutto dichiarata, in accoglimento della puntuale eccezione mossa dalla difesa dei convenuti nella memoria depositata il 12 maggio 2006, l’inammissibilità dell’intervento volontario spiegato dai terzi Cristiana Cinotto, Luigina Cinotto Antonietti ed Antonio Cinotto.
Sul punto, basta osservare che, nelle controversie soggette al rito del lavoro, ad eccezione dei casi di integrazione necessaria del contraddittorio, l’intervento del terzo ex articolo 105 Cpc non può avvenire oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, e cioè oltre il termine previsto dall’articolo 416 Cpc di dieci giorni prima dell’udienza ex articolo 420 Cpc; e che, qualora l’intervento sia tardivo, la tardività non può nemmeno essere sanata dall’accettazione del contraddittorio da parte del soggetto contro il quale il terzo ha proposto la propria domanda, attesa la rilevanza pubblica degli interessi in vista dei quali è posto il divieto di domande nuove ed il conseguente carattere pubblicistico della previsione di legge (Cass. 19834/04, 9374/03, 12021/98, 1898/84).
Tale pacifico insegnamento giurisprudenziale della Sc, peraltro fondato sulla piana esegesi letterale dell’articolo 419 Cpc, è da questo Giudice pienamente condiviso, e da tale insegnamento non vi è quindi motivo di discostarsi.
È infatti appena il caso di accennare che è frutto di un evidente e macroscopico errore di prospettiva giuridica il richiamo operato dalla difesa dei terzi intervenuti ad una precedente pronuncia del Tribunale di Ivrea, per giustificare la legittimità dell’intervento adesivo tardivo. Infatti, la pronuncia del Tribunale, indicata peraltro col numero di 303/2003 in luogo del reale numero 310/2003, è riferita al rito ordinario ed è resa relativamente al contrasto tra la prescrizione dell’articolo 268 comma 1 Cpc e le preclusioni poste dal previgente articolo 183 Cpc. Non vi è chi non veda, quindi, che tale pronuncia nulla ha a che vedere con la tematica oggetto del presente giudizio, riguardante il rito del lavoro e non già il rito ordinario.
Ciò detto, essendo pacifico che l’intervento dei terzi è stato spiegato non per l’integrazione necessaria del contraddittorio, ma nelle forme dell’intervento adesivo, ed essendo altresì pacifico che l’intervento stesso è stato effettuato ben dopo il termine previsto dall’articolo 416 Cpc per la costituzione del convenuto, deve necessariamente inferirsi che trattasi di intervento inammissibile perché tardivo.
b) Venendo al merito della vicenda, ritiene il Giudice di riportarsi alle conclusioni cui è giunto il Ctu, dottor Bullio.
Ha infatti chiarito il perito, con motivazione convincente e pienamente condivisibile, dalla quale il Giudicante non ha motivo di discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed in continua aderenza ai documenti agli atti ed allo stato di fatto analizzato, che l’attività svolta dal liquidatore Nebiolo e della quale vi è traccia documentale agli atti, va compensata, sulla base del tariffario di legge, con onorari minimi di euro 86.134,22, medi di euro 101.191,65, massimi di euro 116.249,08, relativamente al complesso delle prime tre parcelle (cfr. pag. 26 della perizia) e con onorari minimi di euro 8.950,01, medi di euro 13.534,30, massimi di euro 18.118,58, relativamente alla quarta ed alla quinta parcella (cfr. pag. 27 della perizia).
Ciò detto in linea generale, ritiene il Giudice che, pur se non è forse necessario corrispondere al liquidatore Nebiolo il compenso a percentuale massima previsto dalla legge, così come invocato dalla difesa del ricorrente nella sua appassionata discussione, è comunque doveroso riconoscere al Nebiolo un compenso intermedio tra la percentuale media e quella massima prevista dalla legge, in ragione delle notevoli dimensioni della società in liquidazione, delle difficoltà operative scaturenti dalla conflittualità tra i soci, della significativa mole di attività svolta.
Pertanto, essendo gli onorari medi calcolabili in euro 114.725,95 (e cioè euro 101.191,65 più euro 13.534,30) ed essendo gli onorari massimi calcolabili in euro 134.367,66 (e cioè euro 116.249,08 più euro 18.118,58), stimasi equo individuare il compenso in euro 125.000,00, oltre IVA e CPA come per legge. Su tale somma, in conformità alla richiesta del ricorrente, vanno poi conteggiati gli interessi legali dalla domanda giurisdizionale, radicata con la notifica della citazione in data 21 febbraio 2005, al saldo.
c) Per quanto concerne le spese di lite, occorre distinguere tra i due diversi rapporti processuali.
Relativamente al rapporto processuale tra il dottor Nebiolo e la Sogeco, deve osservarsi che, da un lato, il ricorrente aveva inizialmente richiesto il pagamento della maggior somma di euro 160.980,00, riducendo poi la propria richiesta ad euro 140.000,00 solo dopo il deposito della CTU, mentre la somma riconosciuta in sentenza è di euro 125.000,00; dall’altro lato, il comportamento processuale della Sogeco è stato particolarmente corretto ed apprezzabile, non avendo la società svolto argomentazioni pretestuose o strumentali, ma essendosi invece limitata a richiedere che fosse il Tribunale a statuire sulla somma spettante al dottor Nebiolo, riconoscendo che la conflittualità tra i soci aveva impedito alla Sogeco di provvedere direttamente alla liquidazione. Pertanto, la parziale soccombenza del ricorrente, nonché la correttezza del comportamento processuale del convenuto, integrano i motivi di cui all’articolo 92 comma 2 Cpc per procedere alla compensazione di metà delle spese di lite. La rimanente metà, liquidata come da dispositivo in aderenza alla nota presentata, è invece posta a carico della soccombente Sogeco ed a favore del vittorioso ricorrente, che, va ribadito, prima di adire la via giurisdizionale, ha invano e per cinque volte convocato un’assemblea sociale per ottenere la liquidazione del proprio compenso.
Quanto al rapporto processuale tra il dottor Nebiolo e gli intervenuti volontari, i “giusti motivi” previsti dall’articolo 92 comma 2 Cpc per procedere all’integrale compensazione delle spese di lite, vanno rinvenuti nel fatto che, per un verso, l’intervento, pur se inammissibile, è stato spiegato poco prima dell’udienza di discussione e non ha provocato un appesantimento dei tempi processuali; per altro verso, la difesa di parte interveniente, in sede di discussione, non ha riproposto le eccezioni inizialmente mosse e si è limitata a chiedere che il Giudice liquidasse il compenso sulla base dei risulti della perizia.
Quanto alle spese di CTU, le stesse, già liquidate in corso di causa con separato decreto in data 1 febbraio 2006, vanno definitivamente poste, nei rapporti interni, a carico della Sogeco per due terzi ed a carico del dottor Nebiolo per un terzo, in ragione del fatto che la CTU stessa ha consentito di ridurre significativamente le iniziali pretese del ricorrente. Nei rapporti esterni, al fine di meglio consentire al CTU il soddisfacimento del credito, l’obbligazione di pagamento va invece posta tra le parti in via solidale.
PQM
Il Tribunale di Ivrea in funzione di Giudice del Lavoro
definitivamente pronunciando nella causa proposta da Nebiolo Gianpiero nei confronti di SO.GE.CO. Srl, con l’intervento volontario di Cinotto Cristiana, Antonietti Cinotto Luigina, Cinotto Antonio
nel contraddittorio tra le parti, respinta ogni altra domanda
dichiara inammissibile l’intervento di Cinotto Cristiana, Antonietti Cinotto Luigina e Cinotto Antonio;
determina in euro 125.00,00 oltre IVA e CPA come per legge, il compenso maturato al 31/12/2004 spettante a Gianpiero Nebiolo, quale liquidatore della SO.GE.CO. Srl;
conseguentemente, dichiara tenuta e condanna SO.GE.CO. Srl a pagare a Gianpiero Nebiolo euro 125.00,00 oltre IVA e CPA come per legge, oltre interessi legali dal 21/2/2005 al saldo;
dichiara tenuta e condanna SO.GE.CO. s.r.l a rifondere a Gianpiero Nebiolo la metà delle spese di lite del presente giudizio, che liquida per tale metà in euro 3.961,5 per diritti ed onorari, euro 261,62 per anticipazioni, oltre IVA, CPA ed articolo 14 TP;
compensa tra SO.GE.CO. Srl e Gianpiero Nebiolo la rimanente metà delle spese di lite del presente giudizio;
compensa integralmente tra le parti le spese di lite nei rapporti tra Nebiolo Gianpiero ed i terzi intervenuti Cinotto Cristiana, Antonietti Cinotto Luigina e Cinotto Antonio;
pone definitivamente le spese di CTU, già liquidate in corso di causa con separato decreto 1/2/2006, a carico di Nebiolo Gianpiero e SO.GE.CO. Srl, in via solidale nei rapporti esterni, per un terzo a carico di Nebiolo Gianpiero e per due terzi a carico di SO.GE.CO. Srl nei rapporti interni.