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11/11/2016
I DOCENTI E GLI ATA PRECARI O GIA´ DI RUOLO POSSONO OTTENERE PER INTERO IL RICONOSCIMENTO DEL PERIODO PRERUOLO
La sentenza n. 22558/2016 della Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro del 07.11.2016 è una sentenza storica per il mondo della SCUOLA PUBBLICA.
A partire da oggi qualunque precario per i dieci anni precedenti può chiedere con un ricorso al Giudice del Lavoro il riconoscimento giuridico della m... 10/04/2016
CHI ISCRIVE IPOTECA PER UN VALORE SPROPOSITATO PAGA I DANNI
E’ di questi ultimi giorni la decisione della Suprema Corte di Cassazione che ha stabilito una responsabilità aggravata in capo a chi ipoteca il bene (es. casa di abitazione) del debitore ma il credito per il quale sta agendo è di importo di gran lunga inferiore rispetto al bene ipotecato....
19/05/2015
Eccessiva durata dei processi: indennizzi più veloci ai cittadini lesi
La Banca d´Italia ed il Ministero della Giustizia hanno firmato un accordo di collaborazione per accelerare i tempi di pagamento, da parte dello Stato, degli indennizzi ai cittadini lesi dall´eccessiva durata dei processi (legge n. 89 del 2001, c.d. “legge Pinto”).
... 26/11/2014
Sentenza Corte giustizia europea precariato: vittoria! Giornata storica.
La Corte Europea ha letto la sentenza sull´abuso dei contratti a termine. L´Italia ha sbagliato nel ricorrere alla reiterazione dei contratti a tempo determinato senza una previsione certa per l´assunzione in ruolo.
Si apre così la strada alle assunzioni di miglialia di precari con 36 mesi di preca... 02/04/2014
Previdenza - prescrizione ratei arretrati - 10 anni anche per i giudizi in corso
La Consulta boccia la norma d´interpretazione autentica di cui all’art. 38, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui prevede c...
27/11/2013
Gestione Separata Inps: obbligo d´iscrizione per i professionisti dipendenti?
Come è noto, la Gestione Separata dell’INPS è stata istituita dalla legge 335/1995 al fine di garantire copertura previdenziale ai lavoratori autonomi che ne fossero sprovvisti....
25/11/201
Pubblico dipendente, libero professionista, obbligo d´iscrizione alla Gestione Separata Inps
Come è noto, la Gestione Separata dell’INPS è stata istituita dalla legge 335/1995 al fine di garantire copertura previdenziale ai lavoratori autonomi che ne fossero sprovvisti.
... 05/05/2013
L´interesse ad agire nelle cause previdenziali. Analsi di alcune pronunce
Nell´area del diritto previdenziale vige il principio consolidato a livello giurisprudenziale, secondo il quale l’istante può avanzare all’Autorità Giudiziaria domanda generica di ricalcolo di un trattamento pensionistico che si ritiene essere stato calcolato dall’Istituto in modo errato, senza dete...
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martedì 4 aprile 2006
I N E S C L U S I V A: L’ESPLETAMENTO DI MANSIONI SUPERIORI NEL PUBBLICO IMPIEGO su segnalazione del dr. Giuseppe Buffone - Responsabile Sezione Lavoro di LavoroPrevidenza.com L’ESPLETAMENTO DI MANSIONI SUPERIORI NEL PUBBLICO IMPIEGO. CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA, decisione n. 3 del 24 marzo 2006. Presidente De Roberto, Est. Volpe: Azienda Consortile Servizi Etnei (A.CO.S.E.T.) / Cultraro Carmelo. Con la decisione n. 3 del 24 marzo 2006, l’Adunanza Plenaria scioglie i nodi rimessi dal Consiglio di Giustizia Amministrativa, con la decisione 31 maggio 2005, n. 352, (già su L&P), concernente L’ESPLETAMENTO DI MANSIONI SUPERIORI NEL PUBBLICO IMPIEGO. Segnatamente, la querelle interessa i limiti temporali di efficacia dell’art. 15 d.lgs n. 387/1998, al centro di un dibattito giurisprudenziale coinvolgente le Corti Superiori. Mentre per la giurisprudenza amministrativa l’art. 15 varrebbe solo per il futuro, rappresentando in sostanza una sorta di spartiacque tra un regime assolutamente preclusivo al riconoscimento delle mansioni superiori e uno moderatamente più aperto, (cfr. per i riferimenti giurisprudenziali più recenti: Cons. Stato, sez. IV, 07/06/2004, n.3606 in Foro Amm. CDS, 2004, 1648, Cons. Stato, sez. V, 19/02/2004, n.665 in Foro Amm. CDS, 2004, 458) ; viceversa per I principi di diritto dell’Adunanza Plenaria 3/2006 si collocano nella costante giurisprudenza amministrativa, la quale, tuttavia, era stata proprio di recente sconfessata dalla Corte di Cassazione: si assiste, dunque, all’ennesimo braccio di ferro tra Giudice di Palazzo Spada e giudice di legittimità, peraltro, palesato in sentenza. Passando al merito della quaestio, ad avviso del Collegio amministrativo, “in materia di intervenuto svolgimento di mansioni superiori da parte di un pubblico dipendente, va confermata la costante giurisprudenza amministrativa (pur di recente sconfessata dalla Corte di Cassazione) secondo cui - per effetto della modifica apportata sul punto dall’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998 - il diritto del dipendente pubblico, che ne abbia svolto le funzioni, al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore va riconosciuto con carattere di generalità solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo d.lgs. n. 387/1998 (e, dunque, dal 22 novembre 1998), detto riconoscimento legislativo palesando un evidente carattere innovativo e non riverberando in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse. La norma di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998 non può assumersi avere carattere interpretativo; essa, pertanto, non può che disporre per il futuro. Il carattere di norma di interpretazione autentica (come tale, retroattiva) va infatti riconosciuto soltanto alle norme dirette a chiarire il senso di quelle preesistenti, ovvero a escludere o a enucleare uno dei sensi tra quelli ragionevolmente ascrivibili alle norme interpretate, circostanza non riscontrabile nel caso di specie. Né la disposizione in parola, siccome interpretata nel senso della sua innovatività (e non già della sua retroattività) appare incostituzionale, non essendo - sotto l’aspetto dello svolgimento di mansioni superiori da parte del dipendente - il rapporto di pubblico impiego assimilabile al rapporto di lavoro privato.; nel primo, a differenza che nel secondo, concorrono con l’art. 36 della cost. (il quale afferma il principio di corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e quantità del lavoro prestato) altri principi di pari rilevanza costituzionale quali quelli previsti, rispettivamente, - dall art. 98 della cost. (il quale, nel disporre che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione, vieta che la valutazione del rapporto di pubblico impiego sia ridotta alla pura logica del rapporto di scambio); - e dall art. 97 della cost. (contrastando l esercizio di mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita con i principi di buon andamento e imparzialità dell amministrazione, nonché con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità dei funzionari). Va, quindi, ribadito che prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998, nel settore del pubblico impiego, salva diversa disposizione di legge, le mansioni svolte da un pubblico dipendente erano da assumersi del tutto irrilevanti; affermazione che trova peraltro la sua ratio nell’organica disciplina delle mansioni introdotta dall’art. 25 del d.lgs. n. 80/1998 il quale ultimo (nel sostituire ed abrogare le disposizioni apportate in materia, rispettivamente, dagli artt. 56 e 57 del d.lgs. n. 29/1993), una volta delineata la completa disciplina della materia in parola in un quadro di armonico rispetto dei principi costituzionali ricavabili dagli artt. 51, 97 e 98 della Cost., ha consentito di recepire nell’ordinamento del pubblico impiego il pur primario valore di cui all’art. 36 della Carta fondamentale disponendo che, per il periodo di effettiva prestazione delle mansioni superiori, il lavoratore ha diritto al trattamento economico previsto per la corrispondente qualifica. Detta circostanza non fa peraltro dubitare della costituzionalità della pregressa disciplina, tendendo quest’ultima ragionevolmente (ed in assenza di un compiuto quadro di regolamentazione dell’istituto, oltre che in vista dell’equo contemperamento dei principi costituzionali sopra enunciati) soltanto a scongiurare che l’attribuzione di mansioni superiori (col correlativo trattamento economico) potesse, nel pubblico impiego, essere oggetto di libere determinazioni da parte dei funzionari”, (Massima a cura di Giulio Bacosi, su http://www.giustizia-amministrativa.it) REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (adunanza plenaria), sezione sesta, ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello (n. 1951/2001 e n. 27/2005 del ruolo dell adunanza plenaria) proposto da: AZIENDA CONSORTILE SERVIZI ETNEI (A.CO.S.E.T.), in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Faro, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Santo Finocchiaro in Roma, via Libero Leonardi, n. 34; contro CULTRARO CARMELO, rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Buscemi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Pietro Allotta in Palermo, via D. Trentacoste, n. 89; per l’annullamento della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, sezione terza, 2 aprile 2001, n. 767; visto il ricorso in appello, con i relativi allegati; visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato; viste le memorie prodotte dall’appellante; vista l’ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa per visti tutti gli atti della causa; relatore all’udienza pubblica del 14 novembre 2005 il consigliere Carmine Volpe e udito l’avv. F. Faro per l’appellante; ritenuto e considerato quanto segue. FATTO Il signor Carmelo Cultraro, dipendente del Consorzio acquedotto etneo (C.A.E.) di Catania, oggi Azienda consortile servizi etnei (A.CO.S.ET.), in possesso dell’ottava qualifica funzionale di capo settore, in seguito alla vacanza del posto di dirigente capo servizio coordinatore-area utenze, di prima qualifica funzionale, veniva incaricato, con ordine di servizio del presidente del Consorzio 19 marzo 1988, n. 2006, ad assumere le dette funzioni superiori (e apicali). Il Consorzio, con deliberazione del consiglio di amministrazione 9 febbraio 1989, n. 58, gli corrispondeva le conseguenti differenze retributive, ma limitatamente a un anno (20 marzo 1988/19 marzo 1989); che costituiva il periodo massimo, stabilito dall’art. 72, comma 2, del d.p.r. 13 maggio 1987, n. 268, per la durata delle funzioni vicarie. Le anzidette maggiorazioni economiche, tuttavia, vennero di fatto erogate sino al maggio 1991. Il signor Cultraro, a seguito di varie deliberazioni del Consorzio (risalenti al 1991 e al 1992), veniva riconfermato nell’incarico con l’attribuzione del relativo trattamento economico differenziale. Le deliberazioni erano però annullate dall’organo di controllo, che riteneva non consentita la reiterazione dell’incarico alla stessa persona oltre il periodo annuale. Contro la mancata corresponsione, da parte del Consorzio, delle anzidette differenze retributive e i relativi accessori, il signor Cultraro ha proposto, innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, due distinti ricorsi. Il primo contro il silenzio rifiuto formatosi su istanza in data 21 agosto 1995 e atto di diffida notificato il 14 novembre 1995, l’altro avverso il provvedimento esplicito di diniego di cui alla nota del presidente del C.A.E. 16 luglio 1996, n. 9600. La sezione terza del detto Tribunale, riuniti i ricorsi, ha dichiarato improcedibile il primo, per sopravvenuta carenza di interesse avendo l’amministrazione successivamente provveduto sull’istanza dell’interessato, e ha accolto il secondo. Ha, quindi, condannato l’amministrazione a corrispondere al ricorrente le somme dovute per differenze retributive, relativamente ai periodi di effettivo svolgimento delle mansioni superiori, e per accessori. Il primo giudice, a sostegno della pronuncia, ha addotto i seguenti argomenti: a) è pacifico tra le parti l’espletamento di mansioni superiori; b) la prestazione è esecutiva di disposizioni emanate dall’amministrazione e, comunque, è stata riconosciuta utile dalla stessa; c) nell’art. 56 del regolamento organico del personale dipendente è rinvenibile la norma che consente l’attribuzione di mansioni superiori, in presenza di situazioni di necessità; d) sussiste il requisito della vacanza e della disponibilità del posto in organico. L’A.CO.S.ET. ha appellato la sentenza, innanzi al Consiglio di giustizia amministrativa per 1) irrilevanza ai fini giuridici ed economici delle mansioni superiori espletate dai pubblici dipendenti, poiché: a) il principio della retribuibilità delle mansioni superiori non troverebbe applicazione nel pubblico impiego (Cons. Stato, ad. plen., 18 novembre 1999, n. 22); b) ai sensi di Cons. Stato, ad. plen., 28 gennaio 2000, n. 10, per il periodo antecedente l’entrata in vigore del d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387 (che, all’art. 2) violazione dell’art. 72 del d.p.r. n. 268/1987, dato che le funzioni superiori non potrebbero essere affidate per un periodo superiore a un anno e in quanto sarebbe mancato il presupposto formale dell’esistenza di un provvedimento di assegnazione di mansioni superiori. L’appellante ha chiesto anche la restituzione, da parte dell’appellato, delle differenze retributive corrispostegli dal 20 marzo 1989 al maggio 1991. Il signor Cultraro si è costituito in giudizio, resistendo al ricorso in appello. L’appellante ha prodotto memoria con la quale ha ulteriormente illustrato le proprie difese. Il Consiglio di giustizia amministrativa per Il Consiglio di giustizia amministrativa per Poi, con riguardo al primo motivo di ricorso, premesso che l’affermazione principale dell’appellante - secondo cui nel pubblico impiego l’espletamento delle mansioni superiori sarebbe irrilevante - pecca quanto meno di eccesso, nutre dubbi sull’efficacia non retroattiva dell’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998, affermata dalla giurisprudenza amministrativa, siccome in contrasto a recente giurisprudenza della Corte di Cassazione. Rimette così la questione all’adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, ritenendo, comunque, che, <<una volta parificato (sia pure con qualche deroga e con non poche forzature alla “natura delle cose”), il lavoro pubblico a quello privato, sembra difficile spiegare le ragioni di un diverso trattamento - basato unicamente sul fattore “tempo” - da applicare ad una medesima categoria di impiegati pubblici>>. L’appellante ha depositato ulteriore memoria. DIRITTO 1. La pretesa dell’appellato, ritenuta fondata dal primo giudice che ha pronunciato su due ricorsi dallo stesso proposti nel 1996, attiene al pagamento delle differenze retributive e degli accessori, per il periodo di espletamento di mansioni superiori, a decorrere dal 20 marzo 1989. L’appellato, in possesso dell’ottava qualifica funzionale, ha svolto le funzioni, su di un posto vacante, inerenti la prima qualifica dirigenziale. Le funzioni erano state riconosciute e attribuite dall’ente appellante, che comunque risulta avere corrisposto le maggiorazioni economiche sino al maggio 1991; quindi, oltre il periodo annuale di svolgimento delle stesse (20 marzo 1988/19 marzo 1989). L’appellante sostiene che, anche a volere riconoscere in linea di principio la rilevanza agli effetti retributivi delle mansioni superiori, nella fattispecie per cui è causa esse non potrebbero essere egualmente riconosciute, poiché l’art. 15 del d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387 non esplicherebbe effetti per il passato, ma solo per il futuro. 2. Il legislatore, dopo avere introdotto all’art. 57 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 una disciplina generale del conferimento di mansioni superiori, valida per tutte le pubbliche amministrazioni - quale fenomeno eccezionale e temporaneo (limitato a tre mesi e rinnovabile per eguale periodo, ma con riferimento ad altro dipendente) - ne ha subito rinviato l’applicazione, subordinandola all’emanazione, in ogni amministrazione, dei provvedimenti di ridefinizione delle strutture organizzative. E ha poi rinnovato più volte la proroga sino all’abrogazione della norma (il citato art. 57 è stato abrogato dall’art. 43 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 senza avere avuto mai applicazione). La disciplina delle mansioni superiori di cui al citato art. 57 non è stata ritenuta espressione di un principio generale di più ampia portata e tanto meno applicabile - in aperto conflitto con la contraria volontà espressa dal legislatore con i ripetuti rinvii - a decorrere dalla sua emanazione o, perfino, da data anteriore (Cons. Stato, ad. plen., 28 gennaio 2000, n. 10). La materia è stata poi disciplinata dall’art. 56 del d.lgs. n. 29/1993 (nel testo sostituito dall’art. 25 del d.lgs. n. 80/1998) che ha regolamentato, in maniera innovativa, l’istituto dell’attribuzione temporanea di funzioni superiori nell’ambito del pubblico impiego. E’ così stata affermata - per la prima volta in un testo normativo di portata generale per il pubblico impiego - che al lavoratore spetta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore anche nel caso di assegnazione nulla per violazione delle condizioni ivi previste (comma 5). Pure questa volta l’operatività della norma veniva rinviata. In particolare, l’art. 56, comma 6, del d.lgs. n. 29/1993 stabiliva che: a) “le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita”; b) “i medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e c) “fino a tale data, in nessuno caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore”. In seguito, l’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998 ha soppresso le parole “a differenze retributive o”. In tal modo il legislatore ha manifestato la volontà di rendere anticipatamente operativa la disciplina di cui all’art. 56 del d.lgs. n. 29/1993, almeno con riguardo al diritto del dipendente pubblico, che ne abbia svolto le funzioni, a conseguire il trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore. Attualmente la disciplina è contenuta nell’art. 52 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (“norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”), a seguito dell’abrogazione del d.lgs. n. 29/1993 (disposta dall’art. 72 del d.lgs. n. 165/2001). 3. La giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che, per effetto della modifica apportata dall’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998, il diritto del dipendente pubblico, che ne abbia svolto le funzioni, al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore vada riconosciuto con carattere di generalità solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998 (22 novembre 1998). Il riconoscimento legislativo di siffatto diritto possiede, infatti, evidente carattere innovativo e non riverbera in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse. In tal senso questa adunanza plenaria (23 febbraio 2000, nn. 12 e 11; n. 10/2000; 18 novembre 1999, n. 22) e la giurisprudenza successiva. Si vedano, tra le tante: a) sez. IV: nn. 5799, 5798, 5797 e 5796 del 2005; 14 settembre 2005, nn. 4768, 4767 e 4755; 22 giugno 2004, n. 4433; 7 giugno 2004, n. 3606; 30 giugno 2003, n. 3920; b) sez. V: 5 ottobre 2005, n. 5323; 29 agosto 2005, n. 4398; n. 3699/2005; 8 febbraio 2005, n. 333; 3 febbraio 2005, n. 264; 19 febbraio 2004, n. 665; 9 giugno 2003, n. 3235; 22 novembre 2001, n. 5924; c) sez. VI: n. 5632/2005; n. 3365/2005; 16 giugno 2005, n. 3189; 7 giugno 2005, n. 2915; 26 aprile 2005, nn. 1888 e 1887. L’adunanza plenaria ritiene che non vi siano motivi per discostarsi da siffatto orientamento malgrado un diverso recente indirizzo della Corte di Cassazione (sez. lav.: 4 agosto 2004, n. 14944; 8 gennaio 2004, n. 91; 25 ottobre 2003, n. 16078). Secondo L’adunanza plenaria ribadisce che la norma di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998, non avendo carattere interpretativo, non può che disporre per il futuro. Il carattere di norma di interpretazione autentica va riconosciuto soltanto alle norme dirette a chiarire il senso di quelle preesistenti, ovvero a escludere o a enucleare uno dei sensi tra quelli ragionevolmente ascrivibili alle norme interpretate; mentre, nel caso della disposizione di cui trattasi, la scelta assunta dalla norma, che si assume interpretativa, non rientra in nessuna delle varianti di senso compatibili con il tenore letterale del combinato disposto dei pregressi artt. 56 e 57 del d.lgs. n. 29/1993. Così interpretato, l’art. 56 del d.lgs. n. 29/1993, nel testo modificato dall’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998, con riguardo al periodo precedente l entrata in vigore di quest’ultimo, non consente che lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica ricoperta formalmente comporti il pagamento delle differenze retributive eventualmente pretese dal pubblico dipendente. La norma non appare incostituzionale, non essendo, sotto l’aspetto dello svolgimento di mansioni superiori da parte del dipendente, il rapporto di pubblico impiego assimilabile al rapporto di lavoro privato, in quanto nell’ambito del rapporto di pubblico impiego concorrono, con l’art. 36 della cost. (il quale afferma il principio di corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla qualità e quantità del lavoro prestato), altri principi di pari rilevanza costituzionale; quali quelli previsti dall art. 98 della cost. (il quale, nel disporre che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione, vieta che la valutazione del rapporto di pubblico impiego sia ridotta alla pura logica del rapporto di scambio) e dall art. 97 della cost., contrastando l esercizio di mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita con i principi di buon andamento e imparzialità dell amministrazione, nonché con la rigida determinazione delle sfere di competenza, attribuzioni e responsabilità dei funzionari. In ogni caso, il generale riconoscimento del diritto dei pubblici dipendenti alle differenze retributive per lo svolgimento delle mansioni superiori svolte solo a decorrere dall entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998 trova la sua ratio con l’organica disciplina delle mansioni introdotta dall’art. 25 del d.lgs. n. 80/1998, che ha sostituito e abrogato le disposizioni apportate in materia, rispettivamente, dagli artt. 56 e 57 del d.lgs. n. 29/1993. L’art. 25 del d.lgs. n. 80/1998, una volta delineata la completa disciplina della materia in parola in un quadro di armonico rispetto dei principi costituzionali ricavabili dagli artt. 51, 97 e 98 della cost., ha consentito di recepire nell’ordinamento del pubblico impiego il pur primario valore di cui all’art. 36 della cost.; disponendo che, per il periodo di effettiva prestazione delle mansioni superiori, il lavoratore ha diritto al trattamento economico previsto per la corrispondente qualifica. Il che non fa dubitare della costituzionalità della pregressa disciplina, dato che essa tende - in maniera razionale, in assenza di un compiuto quadro di regolamentazione dell’istituto e in vista dell’equo contemperamento dei principi costituzionali sopra enunciati - soltanto a evitare che le attribuzioni delle mansioni e del relativo trattamento economico potessero, nel pubblico impiego, essere oggetto di libere determinazioni da parte dei funzionari (Cons. Stato: sez. VI, 8 gennaio 2003, n. 17, 19 settembre 2000, n. 4871 e 11 luglio 2000, n. 3882; ad. plen., n. 11/2000). 4. Ciò premesso, il ricorso in appello è fondato. Il riconoscimento, per effetto della modifica apportata dall’art. 15 del d.lgs. n. 387/1998, del diritto del dipendente pubblico, che ne abbia svolto le funzioni, al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore non può trovare applicazione nei confronti dell’appellato, in quanto è posteriore all’ambito temporale oggetto della presente vertenza (i due ricorsi di primo grado sono stati proposti nel 1996). Va, quindi, ribadito che prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 387/1998, nel settore del pubblico impiego, salva diversa disposizione di legge, le mansioni svolte da un pubblico dipendente erano del tutto irrilevanti. Nella specie trova applicazione l’art. 72 del d.p.r. 13 maggio 1987, n. 268 (inserito dall’art. 39 del d.p.r. 17 settembre 1987, n. 494), che era stato recepito dall’ente. La norma, dopo avere previsto, al comma 1, che, “in caso di vacanza del posto di responsabile delle massime strutture organizzative dell ente, qualora non sia possibile attribuire le funzioni ad altro dipendente di pari qualifica funzionale, le funzioni stesse possono essere transitoriamente assegnate con provvedimento ufficiale a dipendente di qualifica immediatamente inferiore che deve essere prescelto, di norma, nell ambito del personale appartenente alla stessa struttura organizzativa”, ha prescritto, al comma 2, che, “in caso di vacanza del posto di cui al comma 1, le funzioni possono essere affidate a condizione che siano avviate le procedure per la relativa copertura del posto e fino all espletamento della stessa e comunque per un periodo non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno”. Inoltre, ai sensi del comma 4 del citato art. 72, “qualora l incarico, formalmente conferito, abbia durata superiore ai trenta giorni, va attribuito al dipendente incaricato solamente un compenso computato sulla differenza tra i trattamenti economici iniziali delle due qualifiche”. Il che spetta sempre entro il limite massimo dell’anno previsto dal precedente comma 2. La normativa speciale di riferimento non consentiva, quindi, l’attribuzione di funzioni superiori per un periodo superiore a un anno. Nel caso dell’appellato, inoltre, lo svolgimento di funzioni superiori nel periodo oltre l’anno non ha trovato nemmeno la copertura di provvedimenti di incarico da parte dell’amministrazione, in quanto gli stessi, pur emanati, sono stati annullati dall’organo di controllo. Così che non hanno mai prodotto effetti. Va ritenuta, infine, l’inammissibilità della domanda dell’appellante di restituzione, da parte dell’appellato, delle differenze retributive allo stesso corrisposte dal 20 marzo 1989 al maggio 1991. Si tratta, infatti, di domanda che si sarebbe dovuta azionare in primo grado con un atto notificato all’attuale appellato. 5. Il ricorso in appello, pertanto, deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va respinto. Le spese del doppio grado di giudizio, sussistendo giusti motivi, possono essere compensate. Per questi motivi il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (adunanza plenaria) accoglie il ricorso in appello e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado. Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma il 14 novembre 2005 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (adunanza plenaria), in camera di consiglio, con l’intervento dei signori: Alberto De Roberto presidente del Consiglio di Stato Mario Egidio Schinaia presidente di sezione Paolo Salvatore presidente di sezione Raffaele Iannotta presidente di sezione Riccardo Virgilio presidente di sezione Giuseppe Barbagallo presidente di sezione Sabino Luce consigliere Raffaele Carboni consigliere Costantino Salvatore consigliere Filippo Patroni Griffi consigliere Giuseppe Farina consigliere Corrado Allegretta consigliere Luigi Maruotti consigliere Carmine Volpe consigliere, estensore Pier Luigi Lodi consigliere Presidente Consigliere Segretario DEPOSITATA IN SEGRETERIA il..................................... (Art. Il Dirigente CONSIGLIO DI STATO In Sede Giurisdizionale (Adunanza Plenaria) Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa al Ministero.............................................................................................. a norma dell art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 Il Direttore della Segreteria |
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