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11/11/2016
I DOCENTI E GLI ATA PRECARI O GIA´ DI RUOLO POSSONO OTTENERE PER INTERO IL RICONOSCIMENTO DEL PERIODO PRERUOLO
La sentenza n. 22558/2016 della Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro del 07.11.2016 è una sentenza storica per il mondo della SCUOLA PUBBLICA.
A partire da oggi qualunque precario per i dieci anni precedenti può chiedere con un ricorso al Giudice del Lavoro il riconoscimento giuridico della m...


10/04/2016
CHI ISCRIVE IPOTECA PER UN VALORE SPROPOSITATO PAGA I DANNI
E’ di questi ultimi giorni la decisione della Suprema Corte di Cassazione che ha stabilito una responsabilità aggravata in capo a chi ipoteca il bene (es. casa di abitazione) del debitore ma il credito per il quale sta agendo è di importo di gran lunga inferiore rispetto al bene ipotecato....


19/05/2015
Eccessiva durata dei processi: indennizzi più veloci ai cittadini lesi
La Banca d´Italia ed il Ministero della Giustizia hanno firmato un accordo di collaborazione per accelerare i tempi di pagamento, da parte dello Stato, degli indennizzi ai cittadini lesi dall´eccessiva durata dei processi (legge n. 89 del 2001, c.d. “legge Pinto”).
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26/11/2014
Sentenza Corte giustizia europea precariato: vittoria! Giornata storica.
La Corte Europea ha letto la sentenza sull´abuso dei contratti a termine. L´Italia ha sbagliato nel ricorrere alla reiterazione dei contratti a tempo determinato senza una previsione certa per l´assunzione in ruolo.
Si apre così la strada alle assunzioni di miglialia di precari con 36 mesi di preca...


02/04/2014
Previdenza - prescrizione ratei arretrati - 10 anni anche per i giudizi in corso
La Consulta boccia la norma d´interpretazione autentica di cui all’art. 38, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui prevede c...


27/11/2013
Gestione Separata Inps: obbligo d´iscrizione per i professionisti dipendenti?
Come è noto, la Gestione Separata dell’INPS è stata istituita dalla legge 335/1995 al fine di garantire copertura previdenziale ai lavoratori autonomi che ne fossero sprovvisti....


25/11/201
Pubblico dipendente, libero professionista, obbligo d´iscrizione alla Gestione Separata Inps
Come è noto, la Gestione Separata dell’INPS è stata istituita dalla legge 335/1995 al fine di garantire copertura previdenziale ai lavoratori autonomi che ne fossero sprovvisti.
...


05/05/2013
L´interesse ad agire nelle cause previdenziali. Analsi di alcune pronunce
Nell´area del diritto previdenziale vige il principio consolidato a livello giurisprudenziale, secondo il quale l’istante può avanzare all’Autorità Giudiziaria domanda generica di ricalcolo di un trattamento pensionistico che si ritiene essere stato calcolato dall’Istituto in modo errato, senza dete...









   domenica 15 gennaio 2006

COMPUTO DEI TERMINI DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE A CARICO DI DIPENDENTI DELLA POLIZIA DI STATO

Consiglio di Stato, decisione 7 novembre 2005 n. 6165 con nota del dott. Giuseppe Buffone


COMPUTO DEI TERMINI DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE A CARICO DI DIPENDENTI DELLA POLIZIA DI STATO


Consiglio di Stato, decisione 7 novembre 2005 n. 6165


Con la decisione n°6165/05, il Supremo Consesso amministrativo rimette gli atti alla Plenaria in materia di termini del procedimento disciplinare a carico dei dipendenti della Polizia di Stato nella dichiarata intenzione di consolidare “certezze giurisprudenziali che diano prevedibilità alle decisioni dei giudici amministrativi e sicuro orientamento all’amministrazione”, (punctum dolens della giurisdizione amministrativa).


Nella fattispecie la quaestio che dà impulso alla rimessione all’Adunanza Plenaria ha ad oggetto la normativa da applicare ai procedimenti disciplinari svolti nei confronti degli appartenenti al Corpo della Polizia di Stato e, segnatamente, se sia applicabile in via esclusiva il d.p.r. 737/1981 ovvero la legge 19/1990.


Come il Consiglio rileva, le soluzioni astrattamente ipotizzabili sono diverse ed in evidente distonia, ed hanno, altresì, dato luogo a discordanti orientamenti giurisprudenziali.


Le soluzioni ermeneutiche, infatti, possono così riassumersi:


1. applicabilità in via esclusiva del d.p.r. n. 737/1981, (tesi esclusività dpr 737/81);


2. applicabilità in via esclusiva della legge n. 19/1990, (tesi esclusività l.19/90);


3. applicabilità dell’art. 9 della legge n. 19/1990 solo quanto al termine di 90 giorni per la conclusione del procedimento, fermo il termine di 120 giorni per l’avvio dello stesso secondo quanto stabilito dal d.p.r. n. 737/1981, (tesi della combinazione).


La soluzione ermeneutica scelta da luogo ad un diverso computo dei termini e, pertanto, riveste importanza assolutamente concreta ed effettiva.


Quanto ai precedenti giurisprudenziali, con indirizzo confermato anche di recente, il Consiglio di Stato ha sposato la tesi della esclusività della legge 19/90, avendo ritenuto che la norma di cui all art. 9, L. 7 febbraio 1990 n. 19, (che fissa per l avvio del procedimento disciplinare il termine di centottanta giorni dalla data in cui l amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna penale), abbia portata estensiva in tutto il settore del pubblico impiego, e sia quindi applicabile anche al personale della Polizia di Stato, in luogo della norma speciale di cui all art. 9, D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737, (Cons. Stato, sez. IV, 14/04/2003, n.1933 in Foro Amm. CDS, 2003, 1275; cfr. anche T.A.R. Sicilia Palermo, sez. II, 14/03/2003, n.351 in Massima redazionale, 2003; T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 27/08/2002, n.3723 in Foro Amm. TAR, 2002; T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 24/06/1999, n.1798 in Trib. Amm. Reg., 1999, I, 3507).


La tesi era stata avallata già da Cons. Stato, sez. IV, 09/08/1997, n.785: “la norma di cui all art. 9 l. 7 febbraio 1990 n. 19 - che fissa per l avvio del procedimento disciplinare il termine di centottanta giorni dalla data in cui l amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna penale - ha portata estensiva in tutto il settore del pubblico impiego, ed è quindi applicabile anche al personale della Polizia di Stato, in luogo della norma speciale di cui all art. 9 d.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737”, (in Cons. Stato, 1997, I, 1024).


La tesi appena esposta, ad avviso di attenta dottrina, sarebbe stata abbracciata anche dalla Consulta in occasione della pronuncia Corte cost., 19/11/1991, n. 415 allorché la Corte Costituzionale ha ritenuto la questione rimessa, avente ad oggetto l’art. 8 del d.p.r. 737/81, inammissibile, “perché irrilevante in relazione alla nuova disciplina compiutamente dettata dagli art. 9 e 10 l. 7 febbraio 1990 n. 19”, (in Foro It., 1993, I, 66; per gli effetti: Cons. Giust. Amm. Sic., sez. giurisdiz., 21/09/1992, n.271 in Giur. Amm. Sic., 1992, 828; iter giudiziario: Corte cost. (Ord.), 31/07/1990, n.403, segue Cons. Giust. Amm. Sic. (Ord.), sez. giurisdiz., 27/02/1991, n.44).


Dalla richiamata lettura ermeneutica discende come conseguenza il computo in 270 giorni del termine per la conclusione del procedimento disciplinare a decorrere dalla notizia della sentenza e senza che abbia rilievo alcuno, a questi fini, la tempistica fissata dal d.p.r. n. 737/1981.


E’ abbastanza probabile che proprio questa tesi sarà quella promossa dal vaglio dell’Adunanza Plenaria.





REPUBBLICA ITALIANA


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente


DECISIONE


sul ricorso in appello proposto da MINISTERO DELL’INTERNO rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliato per legge in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;


contro


ALTAVILLA VINCENZO rappresentato e difeso dall’ avv. Angelo Clarizia e dall’avv. Luca Di Giannanontonio ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma alla via Principessa Clotilde n. 2;


per l annullamento


della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte - n. 144 del 2000;


Visto il ricorso con i relativi allegati;


Visto l atto di costituzione in giudizio dell’appellato;


Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;


Visti gli atti tutti della causa;


Alla camera di consiglio del 15 luglio 2005 relatore il Consigliere Giancarlo Montedoro.


Udito l’avv. Perone per delega dell’avv. Di Giannantonio, l’avv. Clarizia e l’avv. dello Stato Nicoli;


Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


F A T T O


Il ricorrente , già agente scelto della Polizia di Stato precedentemente in servizio presso il Commissariato dello scalo ferroviario di Roma Tiburtina, espone di aver subito due distinti processi penali per fatti commessi in servizio.


Nel primo è stato condannato in primo grado dal Tribunale di Roma con sentenza del 7 luglio 1992, alla pena della reclusione per anni tre per i delitti di cui agli artt. 516 , 624 e 625 c.p.: la pena è stata poi ridotta ad anni due con sentenza della Corte di Appello di Roma in data 8 marzo 1994, la sentenza di appello è poi stata annullata senza rinvio dalla Corte di Cassazione con sentenza del 23 marzo 1995, che ha dichiarato la prescrizione dei reati ascritti al ricorrente.


Nel secondo questi è stato assolto dalle imputazioni per i delitti di cui agli artt. 81 e 319 c.p. con sentenza del Tribunale di Roma in data 6 marzo 1992, che ha dichiarato che il fatto non sussiste.


In pendenza del primo procedimento il ricorrente ha subito la sospensione cautelare dall’impiego, poi cessata a decorrere dal 10 settembre 1992, con sua destinazione al V Reparto mobile Polstato di Torino, dove ha ripreso servizio.


A seguito della pubblicazione della sopra citata sentenza della Corte di Cassazione, il Questore di Torino ha avviato il procedimento disciplinare per i fatti già valutati in sede penale e questo si è concluso con il provvedimento irrogativo della destituzione, denunciato in questa sede per i motivi di seguito indicati .


1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 120 D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 e violazione e falsa applicazione degli artt. 17 ss. D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737, violazione e falsa applicazione dell’art. 9 secondo comma l. 7 febbraio 1990 n. 19, violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del d.p.r. 25 ottobre 1981 n. 737. Violazione e falsa applicazione delle sentenze C. Cost. 22 dicembre 1988 n. 1128 e 25 maggio 1990 n. 264 . Violazione e falsa applicazione dei principi regolanti il buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 cost. e di cui alla lege 7 agosti 1990 n. 241. Eccesso di potere per difetto di istruttoria ed ingiustizia manifesta.


Il procedimento disciplinare sarebbe stato instaurato oltre il termine di legge; sarebbero altresì stati violati i termini intermedi per il suo svolgimento, quello per l’adozione del provvedimento definitivo e quello per la relativa comunicazione all’interessato.


2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 n. 1, 2 e 4 del d.p.r. 25 ottobre 1981 n. 737. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, ed, in particolare, difetto di istruttoria, falso presupposto, travisamento del fatto, ingiustizia manifesta, illogicità, Insufficienza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione.


Il procedimento sarebbe stato concretamente promosso in relazione ai fatti oggetto della sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Roma il 6 marzo 1992 ed il richiamo alla sentenza della Corte di Cassazione del 23 marzo 1995 sarebbe un mero espediente finalizzato ad eludere la decadenza dell’azione disciplinare.


I fatti addebitati non evidenzierebbero comunque alcuna responsabilità del ricorrente, né l’amministrazione avrebbe adeguatamente valutato le giustificazioni da lui presentate.


Il Ministero dell’Interno, costituitosi in giudizio, ha chiesto la reiezione del ricorso.


L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza 14 febbraio 1996 n. 186, confermata in appello, con ordinanza Con. Stato IV 2 luglio 1996 n. 979.


La sentenza impugnata ha , in primo luogo , ritenuto la tempestività del procedimento disciplinare essendo stato rispettato il termine iniziale stabilito dall’art. 9 comma 6 del d.p.r. 25 ottobre 1981 n. 737, di 120 giorni dalla pubblicazione della sentenza penale che definisce il giudizio in modo irrevocabile.


Il giudice di primo grado ha, invece, accolto il ricorso ritenendo che l’amministrazione abbia violato l’art. 9 comma 2 della legge 7 febbraio 1990 n. 19, nella parte in cui prevede che il procedimento disciplinare per la destituzione del pubblico dipendente deve concludersi entro 90 giorni dal suo inizio. Nel caso in esame il provvedimento sanzionatorio è stato adottato in data 8 novembre 1995 ossia a quasi sette mesi di distanza dalla comunicazione di addebito, che segna il momento di decorrenza del termine trimestrale di cui sopra.


Il giudice di primo grado ha ritenuto applicabile l’art. 9 anche ai procedimenti disciplinari a carico dei dipendenti dell’Amministrazione di P.S. nonostante la rigorosa scansione dei termini procedimentali prevista dal d.p.r. 25 ottobre 1981 n. 737.


Quest’ultimo agli artt. 19 e ss. dispone che il funzionario istruttore, dopo aver provveduto alla contestazione degli addebiti all’incolpato ed all’assegnazione ad esso di un termine non superiore a 10 giorni per presentare le proprie giustificazioni, deve concludere l’inchiesta entro 45 giorni, prorogabili a richiesta di altri 15, dopodiché deve rimettere il fascicolo all’Autorità che ha disposto l’inchiesta medesima.


Detta Autorità, ove ritenga che si debba procedere, trasmette il fascicolo al Consiglio di disciplina, che è convocato per la prima volta entro 10 giorni dalla ricezione del carteggio, in tale sede fissa la data della trattazione orale nei 15 giorni successivi; al termine di questa redige il proprio parere e lo trasmette al capo della Polizia per l’adozione del provvedimento definitivo.


L’art. 21 tace in ordine al termine entro il quale il Capo della Polizia deve pronunciarsi: si limita a prescrivere che il suo provvedimento deve essere comunicato all’interessato entro i 10 giorni successivi alla sua adozione.


Tale lacuna deve intendersi colmata dall’art. 9 della legge 19 febbraio 1990 n. 19, che appare coerente con la tempistica sopra descritta, anche perché in caso contrario, il procedimento potrebbe essere dilatato senza limiti in violazione del principio di celerità più volte ribadito dalla giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. 14-22 dicembre 1988 n.1128 e Corte Cost. 27 febbraio 11 marzo 1991 n. 104).


Il giudice di primo grado richiama l’insegnamento dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato in ordine alla perentorietà del termine stabilito dal legislatore per la conclusione del procedimento (CdS Ad. Plen. ord. 3 settembre 1997 n. 6 e, ancora recentemente CdS VI 23 settembre 1999 n. 1252 ) .


La Corte Cost. poi ha dichiarato infondate le questioni di costituzionalità , per violazione del principio del buon andamento e del diritto di difesa, ritenendo che la celerità del procedimento sia la migliore garanzia del rispetto del principio di buona amministrazione (Corte Cost. 28maggio 1999 n. 197).


L’amministrazione dell’Interno appellante ritiene che la disposizione di cui all’art. 9 della legge n. 19/1990 non sia applicabile al procedimento disciplinare in esame, che trova il suo giusto procedimento esclusivamente nel d.p.r. n. 737/1981.


Inoltre l’amministrazione sostiene di avere comunque rispettato il termine di 270 giorni previsto dalla stessa legge n. 19/1990 comprensivo dei 180 giorni per l’inizio della procedura e dei 90 giorni per la sua conclusione.


Il termine di 90 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare è stato ritenuto congruo in relazione al precedente termine di 180 giorni per l’avvio del procedimento disciplinare (Corte Cost. 24-28 maggio 1999 n. 197).


Nel caso di specie il procedimento si è concluso dopo 219 giorni dalla pronuncia della Corte Suprema di cassazione, intervenuta il 3 aprile 1995 sicché con piena tempestività.


Nel merito si sottolinea la gravità delle condotte commesse dall’Altavilla.


Nella memoria difensiva redatta per l’udienza del 15 luglio 2005, l’ALTAVILLA sostienila piena applicabilità della legge n. 19/1990 per tutto il pubblico impiego.


Quanto poi al secondo motivo di ricorso in appello, sostiene che la P.A, avrebbe dovuto concludere il procedimento nel termine di 210 giorni risultante dalla sommatoria del termine di avvio stabilito dall’art. 9 comma 6 del d.p.r. n. 737/1981 per l’avvio del procedimento disciplinare, e del termine di novanta giorni di cui all’art. 9 della legge n. 19/1990.


D I R I T T O


La Sezione ravvisa la ricorrenza dei presupposti per deferire la cognizione del ricorso in appello all’esame dell’adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato.


Ciò con riguardo alle questioni di diritto sottese ai primi due motivi del ricorso in appello, ed in ragione dell’indubbia importanza di massima delle medesime e dell’esigenza di stabilire in una materia delicata come quella dei termini del procedimento disciplinare a carico dei dipendenti della Polizia di Stato certezze giurisprudenziali che diano prevedibilità alle decisioni dei giudici amministrativi e sicuro orientamento all’amministrazione.


Sotto il primo profilo deve essere valutata – nei limiti del principio devolutivo che connota l’appello e quindi prescindendo da ogni questione , che pure avrebbe potuto prospettarsi, relativa alla concreta applicabilità dell’art. 9 al caso di specie che non attiene a sentenza di condanna ma a sentenza dichiarativa della prescrizione – la questione relativa all’astratta applicabilità dell’art. 9 della legge n. 19/1990 ai procedimenti disciplinari svolti nei confronti degli appartenenti al Corpo della Polizia di Stato.


In proposito si segnala che l’orientamento giurisprudenziale maturato nell’ambito della Quarta Sezione, fra cui ex plurimis C. Stato, sez. IV, 07-10-1998, n. 1298, ha ritenuto la norma contenuta nell’art. 9 l. 7 febbraio 1990 n. 19 - che fissa per l’avvio del procedimento disciplinare il termine, da considerarsi perentorio, di centottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna penale - di portata estensiva in tutto il settore del pubblico impiego ed ha concluso quindi nel senso della sua applicabilità anche al personale della polizia di stato, in luogo della norma speciale di cui all’art. 9 d.p.r. 25 ottobre 1981 n. 737.


Nello stesso senso si è espressa la decisione C. Stato, sez. IV, 09-08-1997, n. 785 a tenore della quale la norma di cui all’art. 9 l. 7 febbraio 1990 n. 19 - che fissa per l’avvio del procedimento disciplinare il termine di centottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna penale - ha portata estensiva in tutto il settore del pubblico impiego, ed è quindi applicabile anche al personale della polizia di stato, in luogo della norma speciale di cui all’art. 9 d.p.r. 25 ottobre 1981 n. 737.


Non dissimile l’orientamento del T.a.r. Campania, sez. I, 24-06-1999, n. 1798 secondo cui i termini fissati dall’art. 9, 2º comma, l. 7 febbraio 1990 n. 19 per l’inizio e la fine dei procedimenti disciplinari, cui sono assoggettati i pubblici dipendenti a seguito di condanna penale, si estendono anche al personale della polizia di stato.


Da ciò deriverebbe la tesi, ritenuta preferibile anche dalla Sezione , relativa all’applicabilità dell’art. 9 della l. n. 19/1990 anche al personale della Polizia di Stato, stante la natura di norma di principio e di basilare ed uniforme garanzia, da riconoscersi allo stesso art. 9 della legge n. 19/1990 (in tal senso sembrerebbe orientata anche la giurisprudenza costituzionale Corte cost. ord., 19-11-1991, n. 415).


La Sezione reputa che, una volta che si acceda alla tesi dell’applicabilità dell’art. 9 della legge n. 19/1990 si debba applicare la norma nella sua interezza, con conseguente computo in 270 giorni del termine per la conclusione del procedimento disciplinare a decorrere dalla notizia della sentenza e senza che abbia rilievo alcuno, a questi fini, la tempistica fissata dal d.p.r. n. 737/1981.


Risulterebbe quindi applicabile anche ai procedimenti disciplinari dell’Amministrazione dell’Interno nei confronti della Polizia di Stato l’insegnamento di C. Stato, ad. plen., 25-01-2000, n. 7 secondo il quale il termine finale di novanta giorni del procedimento disciplinare, conseguente ad una sentenza penale di condanna, decorre allo spirare del termine iniziale di centottanta giorni, entro i quali la p.a. ha il potere di avviare il procedimento disciplinare.


In caso contrario, infatti, la Polizia di Stato avrebbe termine inferiore alle altre amministrazioni per l’avvio del procedimento disciplinare e si concreterebbe un palese vizio di incostituzionalità della disciplina per irragionevolezza (art. 3 Cost.).


Ciò comporterebbe la deroga al d.p.r. n. 737/1981 che stabilisce in 120 giorni il termine per l’avvio del procedimento disciplinare senza fissare tuttavia alcun termine per la conclusione del procedimento e l’adozione del provvedimento finale.


In conclusione può affermarsi che in astratto si possono formulare le seguenti alternative interpretative:


1) applicabilità in via esclusiva del d.p.r. n. 737/1981 (tesi sostenuta dall’amministrazione con il primo motivo di ricorso);


2) applicabilità in via esclusiva della legge n. 19/1990 (tesi sostenuta dall’amministrazione appellante con il secondo motivo di ricorso proposto in via subordinata);


3) applicabilità dell’art. 9 della legge n. 19/1990 solo quanto al termine di 90 giorni per la conclusione del procedimento, fermo il termine di 120 giorni per l’avvio dello stesso secondo quanto stabilito dal d.p.r. n. 737/1981 (tesi sostenuta dall’appellato e dalla sentenza del Tar impugnata nella parte in cui considera tempestiva la contestazione per il rispetto del termine di 120 di cui all’art. 9 comma 6 del d.p.r. n. 737/1981).


La Sezione – come già evidenziato - ritiene preferibile la seconda alternativa interpretativa, ma ritiene che sussistano, per l’importanza di massima della questione e per la non univocità degli indirizzi interpretativi che potrebbero scaturire da un ordito normativo stratificatosi nel tempo e non perfettamente coordinato, gli estremi per deferire la cognizione della controversia all’Adunanza Plenaria.


Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.



P. Q. M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, deferisce la cognizione del ricorso in appello indicato in epigrafe all’adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, il 15 luglio 2005 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l intervento dei Signori:


Claudio VARRONE Presidente


Carmine VOLPE Consigliere


Domenico CAFINI Consigliere


Guido SALEMI Consigliere


Giancarlo MONTEDORO Consigliere Est.


Presidente


CLAUDIO VARRONE


Consigliere Segretario


GIANCARLO MONTEDORO GIOVANNI CECI




DEPOSITATA IN SEGRETERIA



il..07/11/2005


(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)


Il Direttore della Sezione


MARIA RITA OLIVA




CONSIGLIO DI STATO


In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)



Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa



al Ministero..............................................................................................



a norma dell art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642




 
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