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11/11/2016
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La sentenza n. 22558/2016 della Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro del 07.11.2016 è una sentenza storica per il mondo della SCUOLA PUBBLICA.
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10/04/2016
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19/05/2015
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26/11/2014
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27/11/2013
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25/11/201
Pubblico dipendente, libero professionista, obbligo d´iscrizione alla Gestione Separata Inps
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05/05/2013
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   sabato 1 ottobre 2005

SULLA SINDACABILITÀ GIURISDIZIONALE DELL’INTERPELLO PREVIDENZIALE

del dr. Donatello Garcea






Sulla sindacabilità giurisdizionale dell’interpello previdenziale


di Donatello Garcea




In corso di pubblicazione su RDSS 2/05. Si ringrazia il direttore prof. Cinelli e l’editore Giappichelli per non essersi opposti alla divulgazione via internet. Il presente scritto è frutto delle personali conclusioni dell’autore e non riflette l’ermeneusi dell’Istituto.



(Testo provvisorio – Copyleft)





Sommario: 1. Il diritto di interpello tributario e previdenziale. – 2. La natura giuridica dell’interpello.3. La disapplicazione endoprocessuale e l’esimente implicita.





1. Con l’articolo 9 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, il diritto di interpellare per chiedere lumi sulla corretta esegesi da assicurare alla norma oscura è stato esteso al sistema previdenziale e giuslavoristico, ampliando l’operatività dell’originario istituto limitato dallo Statuto del Contribuente[1] al solo campo fiscale. L’interpello tributario faculta ogni contribuente alla richiesta preventiva della corretta ermeneusi delle norme di natura tributaria laddove insistano obiettive condizioni di incertezza sulla interpretazione delle stesse, prevedendo altresì l’irresponsabilità tributaria del contribuente che si conformi al parere reso - espressamente o implicitamente mediante silenzio-assenso, ad una soluzione interpretativa prospettata dallo stesso contribuente istante - dalla Amministrazione finanziaria adita.


Ad una preliminare istanza di interpello segue l’avvio di un procedimento amministrativo volto a ritenerne ammissibilità, al seguito del quale l’Amministrazione finanziaria fornisce il relativo parere che configura una mera dichiarazione di scienza[2] mediante la quale esprime la propria ermeneusi in ordine alla norma di natura tributaria.


Tale interpretazione non è vincolante né per il contribuente, che ben puo’ discostarsene ricorrendo avverso l’eventuale atto di accertamento, e né per la stessa Amministrazione che ben puo’, in re melius perpensa, interpretare diversamente il disposto tributario pur se, in tal caso, perdendo la facoltà di irrogare la sanzione per l’assenza del titolo di responsabilità psicologica del contribuente[3].



A cagione della similarità giuridica degli obblighi imposti[4] ai contribuenti, l’istituto tributario del diritto di interpello è stato esteso anche al sistema contributivo previdenziale[5] con una previsione che, tuttavia, non ripropone l’originario impianto tributario del silenzio-assenso alla soluzione interpretativa prospettata dal contribuente istante ove la Amministrazione adita non esprima legittima risposta entro il termine di legge, ma dispone solo generico obbligo alla esplicazione senza prevedere alcuna conseguenza in caso di mancata ottemperanza.



Nell’interpello fiscale è prevista una irresponsabilità psicologica, con correlata nullità degli atti di irrogazione di sanzioni, per il contribuente che si conforma alla interpretazione, espressamente o implicitamente (con silenzio-assenso) suggerita dalla Amministrazione interpellata.



Nell’interpello previdenziale, invece, l’insussistenza dell’elemento psicologico dell’intenzionalità o della colpevolezza nell’animus dell’agente è valutato nel solo caso di adesione alla indicazione espressa della Amministrazione in sede di risposta alla istanza di interpello[6].


Pur se deve sottolinearsi l’errore in cui incorre il dicastero interpretante che – in sede di circolare esplicativa – equipara, ai fini dell’effetto scriminante, l’illecito amministrativo alle sanzioni civili previdenziali nelle quali tuttavia la giurisprudenza sostiene l’irrilevanza della imputabilità psicologica dell’agente[7] a cagione del loro carattere di ristoro del danno presunto iuris et de iure patito dagli enti previdenziali.


La giurisprudenza da tempo ha avuto modo di sottolineare con forza che le sanzioni civili costituiscono conseguenze automatiche dell’inadempimento e sono poste allo scopo di rafforzare l’obbligazione contributiva risarcendo in misura predeterminata dalla legge il danno cagionato all’istituto assicuratore “sicchè non è consentita alcuna indagine sull’imputabilità o sulla colpa in ordine all’omissione di tale pagamento” eccezion fatta per l’indagine sulla intenzionalità quale linea discretiva per distinguere l’ipotesi omissiva dalla più gravemente sanzionata evasione[8].




2. Il parere reso si configura quale atto amministrativo a definitività implicita afferente al merito amministrativo.


L’organizzazione interna della Amministrazione deputata ad esplicare la norma attribuisce in via esclusiva la funzione anzidetta a date strutture individuate che agiscono quali superiorem non recognoscentes e le cui dichiarazioni di scienza esplicative del contenuto normativo non assumono veste di atti provvedimentali, ma mero pronostico circa l’azione della Amministrazione in ordine ad un certo comportamento fiscalmente o contributivamente rilevante prospettato dal contribuente.


Si evidenzia dunque, in via preventiva, la valutazione della opportunità di esercitare o meno l’azione sanzionatoria il cui esercizio rientra nell’alveo delle decisioni di merito della singola struttura interessata, e come tale il parere precognitivo è da reputare insindacabile giurisdizionalmente e non riformabile gerarchicamente.



Se il parere reso in sede di interpello assume i caratteri succitati, lo stesso non puo’ affermarsi per la fase procedimentale anteriore e cioè quando l’Amministrazione valuta discrezionalmente l’insistenza dei requisiti di ammissibilità[9] della istanza del contribuente.



Quest’ultimo, infatti, non è titolare di un diritto soggettivo ad ottenere l’esplicazione della norma tributaria oscura, bensì di un mero interesse legittimo pretensivo eventualmente vulnerato da un illegittima declaratoria di inammissibilità.


Tale potere di valutazione non è implicitamente riservato alla struttura deputata alla esplicazione e non configura nemmeno mero merito amministrativo poiché non si prevaluta un comportamento futuro ma si esercita un potere attuale.


In altre parole l’eventuale cattivo uso del potere discrezionale di valutazione dei requisiti della istanza di interpello lede l’interesse legittimo del contribuente a vedere esplicata la norma oscura dalla Amministrazione adita, indipendentemente dalla correttezza o meno della posizione amministrativa così esposta.



Ed in questa considerazione riposa la assunzione di competenza giurisdizionale compiuta dalla giurisdizione amministrativa[10]. È proprio avverso la declaratoria di inammissibilità, come nel caso di un qualunque diniego amministrativo, che la competenza è radicata in seno al giudice amministrativo il cui intervento non è inficiato dalla natura tributaria o contributiva dell’atto di interpello[11].




3. In altre parole l’interpello è un diritto legislativo del contribuente ossequiato perfettamente con una esplicazione della norma da parte dell’Amministrazione adita, indipendentemente dalla correttezza o meno del parere esternato che, come cennato, non è sindacabile dal giudice amministrativo.



Il rifiuto della esplicazione nei casi consentiti, invece, affievolisce il diritto del contribuente a mero interesse legittimo pretensivo al corretto uso del potere discrezionale di valutazione dei requisiti di ammissibilità della istanza, e avverso l’esercizio di tale potere di imperio è ammesso ricorso in seno al giudice amministrativo in ordine alla vulnerazione dell’interesse legittimo pretensivo ad ottenere una (qualsiasi) esplicazione della norma tributaria oscura.



La definitività implicita (che esclude il ricorso gerarchico) si manifesta sul potere prognostico sulla sanzionabilità di un comportamento fiscalmente o contributivamente rilevante poiché non esiste alcuna autorità superiore. Ma nel caso di declaratoria di inammissibilità non viene in rilievo un potere implicitamente riservato alla struttura esplicante, i cui atti, salvo eccezioni esplicite o implicite, sono gerarchicamente riformabili.


Il merito amministrativo (che esclude il ricorso giurisdizionale) si concreta nella prevalutazione della opportunità di perseguire un certo comportamento fiscalmente rilevante. Ma come sopra, nel caso de quo, non insiste merito nella valutazione della ammissibilità di una qualsivoglia istanza poiché non si prevaluta un comportamento futuro, ma, come cennato, si esercita un potere attuale.



4. In quanto atto amministrativo la declaratoria di inammissibilità illegittima è disapplicabile endoprocessualmente[13] dal giudice chiamato a conoscere della sanzione irrogata al contribuente, sia in seno alle commissioni tributarie, nonostante la loro veste di giudici amministrativi speciali, e sia a maggior ragione innanzi al giudice ordinario deputato alla cognizione delle sanzioni previdenziali.



La disapplicazione endoprocessuale è stata ritenuta[14] anche in sede di giurisdizione tributaria (amministrativa) per l’insussistenza dell’effetto di elusione dei termini decadenziali che costituisce l’elemento ostativo alla ammissione di tale istituto nella normale cognizione amministrativa[15], poiché l’effetto di si produce solo allorquando l’atto presupposto avrebbe potuto essere, illo tempore, autonomamente impugnato ex se, in quanto e se immediatamente lesivo[16].



Nel caso, invece, la vulnerazione dell’interesse legittimo alla esplicazione di una norma oscura lede una posizione giuridica sostanziale diversa dall’effetto lesivo prodotto dalla irrogazione di sanzioni tributarie-


A maggior ragione è ammessa la disapplicazione innanzi alla giurisdizione ordinaria per la quale non sussistono gli elementi ostativi summenzionati che impediscono, in casi ordinari, la disapplicazione endoprocessuale in sede di giurisdizione amministrativa.



Diversi, tuttavia, sono gli effetti: se la disapplicazione endoprocessuale tributaria porta a ritenere integrato il silenzio-assenso per il difetto di una risposta legittimamente data entro il termine di legge, nel caso di disapplicazione endoprocessuale civil-previdenziale l’effetto è ben diverso.



Premesso che l’onere di fornire idonea soluzione interpretativa non è imposto nemmeno in seno all’interpello tributario (pur essendone un elemento immanente per potere configurare l’effetto di silenzio-assenso[18]), ci si deve chiedere cosa accada nel momento in cui l’interpellante previdenziale, sua sponte, fornisca una idonea soluzione interpretativa anticipando il suo futuro comportamento. In siffatta ipotesi l’assenza di una risposta idonea nei termini amministrativamente imposti[19] potrebbe comportare un medesimo effetto scriminante, seppure di matrice giurisprudenziale e non legislativa.



L’effetto scriminante in materia tributaria è previsto dalla stessa norma istitutiva che impone alla Amministrazione finanziaria di dar risposta entro un termine espressamente considerato di silenzio-assenso, ragion per la quale, argomentando a contrario si puo’ affermare che in materia previdenziale non insista alcun limite entro il quale assicurare una risposta. Ma tale asserzione, per quanto inconfutabile, non equivale a sostenere che il decorso dei termini amministrativamente imposti sia scevro di qualsiasi conseguenza sul piano della imputabilità psicologica.



Nell’eventuale giudizio su un atto di accertamento per omissione od evasione degli obblighi contributivi relativo ad un comportamento preventivamente esposto dal contribuente tramite una istanza di interpello previdenziale, ben si potrebbe addurre il difetto di responsabilità psicologica per assenza di colpa e di dolo poiché agire in contingenza caratterizzata da oscura formulazione legislativa, preventivando alla Amministrazione il comportamento ritenuto corretto ermeneuticamente ed attendendo l’eventuale confutazione nei termini evincibili dall’articolato ministeriale, comporta la sostenibilità giudiziaria della assenza di ogni presupposto intenzionale o colposo.



Tale effetto in sede giudiziaria può essere estrapolato analogicamente dalla norma regolante la responsabilità psicologica nell’omissione nei casi di norma oggettivamente incerta[20], indipendentemente da una specificazione legislativa, poiché sarebbe difficile ascrivere un fine intenzionale nei confronti di un soggetto che preventiva il suo comportamento illecito alla Autorità deputata al controllo ed alla repressione dello stesso.


L’irrilevanza del dolo o della colpa nella irrogazione delle sanzioni civili[21] cennata è mitigata dalla irresponsabilità legislativa prevista per il caso di induzione in errore imputabile a contrastanti orientamenti applicativi da parte degli organi deputati alla gestione amministrativa (e giurisdizionale) del precetto normativo.



Nel caso ipotizzato l’induzione all’erroneo mancato pagamento è riconducibile alla stessa azione amministrativa che rifiutando illegittimamente l’esplicazione della norma in un caso nel quale, invece, avrebbe dovuto procedere in quel senso, rende “di riflesso” la norma oggettivamente incerta per fatto amministrativo.



Ne consegue che qualora il datore di lavoro prospettasse facoltativamente idonee soluzioni interpretative preventivando il suo futuro comportamento omissivo si potrebbe ritenere che il decorso dei termini amministrativi possa incidere sugli aspetti psicologici della sanzione, incutendo legittimo affidamento sulla correttezza del comportamento prospettato. L’effetto scriminante che in materia tributaria deriva da norma speciale ed espressa si produrrebbe comunque anche in sede previdenziale sebbene attraverso il velo della analogia giurisprudenziale della norma che subordina la sanzione ad un giudizio di rimprovevolezza psichica dell’agente.



Del tutto discutibile, dunque, la posizione dell’esegeta ministeriale che sostiene l’irrilevanza della mancata risposta se non in termini di correttezza amministrativa[22]: trattasi di atto amministrativo autonomo, da motivare per obbligo generale[23], riformabile gerarchicamente, pienamente sindacabile in sede di giurisdizione amministrativa[24] e, ad abundantiam, disapplicabile endoprocessualmente in seno ad un eventuale giudizio successivo sul relativo e connesso atto di accertamento eventualmente irrogato.








[1] Art. 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. Sulla progressiva estensibilità di tale articolato alla materia contributiva, C. A. Nicolini, Problemi del contenzioso in tema di recupero contributivo tramite ruoli, in questa Rivista, 2002, 2, 695;




[2] N. MUSSI, Prime osservazioni sul diritto di interpello del contribuente, in Rassegna Tributaria, 2000, 6.




[3] Art. 5, decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.




[4] Cass., 21 luglio 1969, n. 2727; cfr. S.U. 27 giugno 2003, n. 10232 e in dottrina M. Persiani, Profili tributari della previdenza sociale: la natura giuridica dei contributi previdenziali, in Riv. Trib., 1960, 5 e 6; e in Diritto della previdenza sociale, XIII, Padova, 2003.




[5] Art. 9, decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.




[6] Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, circ. 23 dicembre 2004, n. 49: “tale comportamento adesivo va valutato ai fini della sussistenza dell elemento soggettivo nella commissione degli illeciti amministrativi nonche dell applicazione delle sanzioni civili




[7] Corte di cassazione, S.U., 14 aprile 1994, n. 3476 in Giust. civ. Mass. 1994, 484 (s.m.) ; Cass. 24 giugno 2000, n. 8644 in Giust. civ. Mass. 2000, 1400 e 19 giugno 2000, n. 8324 in Giust. civ. Mass. 2000, 1336.




[8] Corte di cassazione, S.U., 7 marzo 2005, n. 4808, in Riv.It.Dir.Lav., 2005, 3, (nota D. Garcea)




[9] Art. 3, decreto ministeriale 26 aprile 2001, n. 209.




[10] Tar Emilia-Romagna – Bologna, sez. I, 17 gennaio 2005, n. 47, in Giust. amm., in corso di pubbl., 2005, (nota D. Garcea).




[11] Art. 7, co. 4, legge 27 luglio 2000, n. 212. In dottrina tributaria, già prima della novella, F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, Torino 1998, p. 313; cfr., C. GLENDI, Commentario alle leggi sul contenzioso tributario, Milano 1989, p.19




[12] D. Garcea, La sindacabilità dell’interpello, in Riv. Scuola Sup. Econ. e Fin., 2005, 1




[13] Art. 5, legge 20 marzo 1865, n. 2248 – All. E




[14] D. Garcea, Sindacabilità e disapplicabilità endoprocessuale nel diritto di interpello, in Dir. prat. trib. (in corso di pubbl.), 2005.




[15] Consiglio di Stato, sez. IV, 29 febbraio 1996, n. 222 in Foro amm. 1998, 381 (nota D. Trebastoni).




[16] Consiglio di Stato, sez. V, 26 febbraio 1992, n. 154 in Giur.it. 1993, III, 1, 653 (nota E. Cannada Bartoli).




[17] Consiglio di Stato, sez. VI, 22 ottobre 1983, n. 748 in Quaderni reg., 1983, 1515; Id. Sez. V, 21 maggio 1984, n. 374 in Cons. St. 1984, I, 553;




[18] Tanto è vero che una istanza priva di soluzione interpretativa non è inammissibile ai sensi dell’art. 5, co. 4° - Decreto ministeriale 26 aprile 2001, n. 209.




[19] Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Circ. 23 dicembre 2004, n. 49: Le Direzioni provinciali … (trasmettono), entro quindici giorni, …. Le Direzioni generali … trasmettono … entro venti giorni. La soluzione … (è trasmessa), entro i successivi dieci giorni all Ufficio legislativo … .”.




[20] Art. 116, co. 10, legge 23 dicembre 2000, n. 388.




[21] Cass, S.U., 14 aprile 1994, n. 3476, cit..




[22] Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, circ. cit.: “Per quanto attiene alle modalita’ operative dell istituto, nonostante la norma non contenga alcun termine, va comunque evidenziata l esigenza di fornire risposte il piu possibile tempestive (omissis) ragioni di opportunita richiedono, dunque, l individuazione di termini, sia pure indicativi, per assicurare l efficacia dell istituto in esame.




[23] Art. 3, legge 7 agosto 1990, n. 241.




[24] Di ciò appare essersi resa conto l’Agenzia delle Entrate che ha così statuito in seno alla recentissima circolare 16 maggio 2005, n. 23: “Indipendentemente dalla produzione degli effetti "tipici" dell interpello deve ritenersi, peraltro, che le richieste di parere generano comunque nel contribuente aspettative giuridicamente tutelate”.




 
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