|
|||
11/11/2016
I DOCENTI E GLI ATA PRECARI O GIA´ DI RUOLO POSSONO OTTENERE PER INTERO IL RICONOSCIMENTO DEL PERIODO PRERUOLO
La sentenza n. 22558/2016 della Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro del 07.11.2016 è una sentenza storica per il mondo della SCUOLA PUBBLICA.
A partire da oggi qualunque precario per i dieci anni precedenti può chiedere con un ricorso al Giudice del Lavoro il riconoscimento giuridico della m... 10/04/2016
CHI ISCRIVE IPOTECA PER UN VALORE SPROPOSITATO PAGA I DANNI
E’ di questi ultimi giorni la decisione della Suprema Corte di Cassazione che ha stabilito una responsabilità aggravata in capo a chi ipoteca il bene (es. casa di abitazione) del debitore ma il credito per il quale sta agendo è di importo di gran lunga inferiore rispetto al bene ipotecato....
19/05/2015
Eccessiva durata dei processi: indennizzi più veloci ai cittadini lesi
La Banca d´Italia ed il Ministero della Giustizia hanno firmato un accordo di collaborazione per accelerare i tempi di pagamento, da parte dello Stato, degli indennizzi ai cittadini lesi dall´eccessiva durata dei processi (legge n. 89 del 2001, c.d. “legge Pinto”).
... 26/11/2014
Sentenza Corte giustizia europea precariato: vittoria! Giornata storica.
La Corte Europea ha letto la sentenza sull´abuso dei contratti a termine. L´Italia ha sbagliato nel ricorrere alla reiterazione dei contratti a tempo determinato senza una previsione certa per l´assunzione in ruolo.
Si apre così la strada alle assunzioni di miglialia di precari con 36 mesi di preca... 02/04/2014
Previdenza - prescrizione ratei arretrati - 10 anni anche per i giudizi in corso
La Consulta boccia la norma d´interpretazione autentica di cui all’art. 38, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui prevede c...
27/11/2013
Gestione Separata Inps: obbligo d´iscrizione per i professionisti dipendenti?
Come è noto, la Gestione Separata dell’INPS è stata istituita dalla legge 335/1995 al fine di garantire copertura previdenziale ai lavoratori autonomi che ne fossero sprovvisti....
25/11/201
Pubblico dipendente, libero professionista, obbligo d´iscrizione alla Gestione Separata Inps
Come è noto, la Gestione Separata dell’INPS è stata istituita dalla legge 335/1995 al fine di garantire copertura previdenziale ai lavoratori autonomi che ne fossero sprovvisti.
... 05/05/2013
L´interesse ad agire nelle cause previdenziali. Analsi di alcune pronunce
Nell´area del diritto previdenziale vige il principio consolidato a livello giurisprudenziale, secondo il quale l’istante può avanzare all’Autorità Giudiziaria domanda generica di ricalcolo di un trattamento pensionistico che si ritiene essere stato calcolato dall’Istituto in modo errato, senza dete...
|
venerdì 27 agosto 2004
Le prestazioni previdenziali d invalidità e inabilità dell Avv. Ilario Maio dell Avv. Ilario Maio (Avvocatura INPS) SOMMARIO. I-premessa; II- La disciplina della prestazioni di invalidità e inabilità; III-La pensione di invalidità disciplinata dal D.R.L n. 636/39.III- Ambito di applicazione della legge 222/84 e disciplina precedente.; IV- Requisiti di assicurativi e di contributivi per il riconoscimento del diritto all assegno di invalidità e alla pensione di inabilità; V- L assegno ordinario di invalidità; VI- Decorrenza e revisione dell assegno di invalidità; VII- Reversibilità.- Integrazione al minimo - Trasformazione in pensione di vecchiaia; VIII- Liquidazione dell assegno di invalidità col metodo contributivo; IX- Trasformabilità delle prestazioni di invalidità in pensione vecchiaia e di anzianità; X Trasformazione della prestazione di invalidità in pensione di vecchia; XI- Immutabilità della prestazione di invalidità in pensione di anzianità;XII- La pensione di inabilità; XIII- Decorrenza della pensione di inabilità;XIV Determinazione e durata della pensione di inabilità; XV- Incumulabilità delle prestazioni di invalidità e inabilità; XVI- Regime di cumulo delle prestazioni di invalidità e inabilità con i redditi da lavoro dipendente a autonomo a partire dal 2001. I- Premessa Per i soggetti inseriti nel mondo del lavoro, iscritti a forme di assicurazione obbligatoria per l invalidità la vecchiaia ed i superstiti, oppure ad una delle gestioni speciali previsti per i lavoratori autonomi, che nel corso della vita lavorativa sono divenuti invalidi o inabili al lavoro, l ordinamento previdenziale eroga delle prestazioni economiche, (assegno di invalidità, pensione di inabilità) con la finalità di rimuovere lo stato di bisogno e disagio economico in cui viene a trovarsi il lavoratore che non è più in grado di esplicare o di esplicare solo parzialmente la propria attività di lavoro. L’articolo 38 della Costituzione include espressamente tra gli eventi tutelati l’invalidità; l’invalidità, dunque, al pari della vecchia è un “evento” costituzionalmente tutelato, costitutivo per l’insorgenza del diritto alla prestazione pensionistica; * * * * * II- La disciplina della prestazioni di invalidità e inabilità. Le prestazioni d’invalidità ed inabilità sono disciplinate dalla legge n. 222/84, che ha introdotto profonde modifiche, rispetto a quanto previsto dalla precedente disciplina, (art. 10 r.d.l. n. 636/39) La nuova disciplina, infatti, in ragione del grado della riduzione della capacità di lavoro, distingue due diverse prestazioni: l assegno ordinario di invalidità, di durata triennale rinnovabile e la pensione di inabilità. Se la capacità lavorativa risulta ridotta di oltre i due terzi, infatti, viene concesso l assegno ordinario di invalidità, “si considera invalido l’assicurato la cui capacità di guadagno in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto tifico o mentale a meno di un terzo” 8art. 1, comma, legge n. 222/84); se invece il lavoratore, viene a trovarsi nell assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa ha diritto alla pensione d’inabilità; “Si considera inabile ai fini del conseguimento del diritto a pensione nell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti ed autonomi gestita dall’istituto nazionale della previdenza Sociale , l’assicurato o il titolare di assegno di invalidità, con decorrenza successiva alla data di entrata in vigore della presente legge, il quale a causa di una infermità o difetto fisico o mentale , si trovi nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa”( art. 2, comma legge n. 222/84) La disciplina attuale, rispetto alla precedente, richiede quale requisito fondamentale per l esistenza dello stato d’invalidità pensionabile dell assicurato, la riduzione della capacità di lavoro "in occupazioni confacenti alle sue attitudini", - mentre, invece, la disciplina precedente richiedeva, semplicemente la riduzione della capacità di guadagno. Le cause invalidanti devono essere il risultato di un’infermità o di un difetto fisico o mentale “dovendosi intendere per infermità un processo morboso in evoluzione, mentre per difetto fisico una menomazione statica o dagli esiti di un processo morboso clinicamente spento”. (così, Michele Oricchio in “Il Contenzioso previdenziale”, ed. Cedam, Padova “ 2003) Rispetto al precedente criterio della capacità di guadagno è, pertanto, ora escluso ogni riferimento a fattori socio- economici e al mercato del lavoro. Il nuovo criterio delle "confacenti attitudini", comporta comunque l adozione di un giudizio medico-legale necessariamente individualizzato. Il danno psico- fisico, infatti, deve essere valutato e considerato insieme ad altri aspetti della personalità del soggetto assicurato, quali, l età, il sesso, le attitudini, la cultura, la capacità professionale, la possibilità di riqualificazione e reimpiego in una diversa attività da quelle esplicata prima dell insorgenza dell invalidità. Il giudizio, sull usura lavorativa, cioè sull utilizzo abnorme delle residue capacità lavorative, inoltre, non deve essere riferito al lavoro svolto ma alle diverse attività lavorative, confacenti e possibili, che non risultino comunque declassanti e degradanti. L oggetto della valutazione, perciò, deve essere comparato fra l incidenza che l infermità ha avuto sulla precedente attività e su quelle che potrebbero essere svolte in ragione della residua capacità. Attività che deve essere lavorativa proficua ed idonea ad assicurare un decoroso livello esistenziale, cioè diretta ad un lavoro capace di procurare guadagno e non è rilevante l idoneità a compiere mere manifestazioni di attività, comunque svolgibili in ambito familiare ed in ogni caso al di fuori delle limitazioni imposte dai ritmi di produzione. * * * ** * III-La pensione di invalidità disciplinata dal D.R.L n. 636/39.III- Ambito di applicazione della legge 222/84 e disciplina precedente. La disciplina normativa introdotta dalla legge n. 222/84 trova applicazione per tutte le prestazioni avente decorrenza dal 1/8/84 e distingue, come sopra precisato, l invalidità dall inabilità, cui corrispondono due diverse prestazioni, sia per quanto concerne l entità della prestazione stessa, sia per quanto concerne il regime. Nei casi in cui è accertato lo stato di invalidità, infatti, viene concesso l assegno ordinario di invalidità; ove, invece, in capo all assicurato è accertato uno stato di inabilità, viene riconosciuto il diritto alla pensione d’inabilità. Per quanto riguarda invece, il periodo precedente continua a trovare applicazione il R.d.L n. 636/39 (art. 10). Secondo il R.d.L (art. 10) così come modificato dalla legge n, 160/75 (art. 24) si considerava invalido, perciò, in possesso dei requisiti per avere diritto alla pensione di invalidità, l assicurato la cui capacità di guadagno, in attività confacenti alle sue attitudini, fosse ridotta in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo del guadagno normale. In base a tale normative, pertanto, per l accertamento dell invalidità pensionabile non era sufficiente la solo valutazione delle attitudini psico - fisiche del soggetto, espresse attraverso un giudizio medico legale, ma occorreva, altresì, effettuare una valutazione di ciò in concorrenza col primo requisito, del contesto socio- economico, in cui l assicurato era chiamato in concreto ad operare e l influenza esercitata da quest ultimo sulle residue capacità dell assicurato e la riduzione della capacità di guadagno, determinante lo stato di invalidità pensionabile, andava apprezzata non già in riferimento al guadagno normale, ma in riferimento alle occupazioni che specificamente corrispondevano alla preparazione professionale e all esperienza dell interessato. La continuazione dell attività lavorativa, peraltro, non era sintomo della conservazione della capacità di guadagno. La continuazione di un attività che da luogo ad un guadagno, infatti, escludeva la riduzione della capacità di guadagno rilevante ai fini della concessione della pensione di invalidità, soltanto quando non determinava uno sfruttamento oltre il normale delle residue energie lavorative, oppure non dipendeva dalla benevolenza o spirito di carità del datore di lavoro; in concreto la capacità di guadagno doveva essere il risultato di una effettiva capacità personale del soggetto. La pensione di invalidità disciplinata dal R.d.L n. 636/39 (art. 10). è soppressa quando la capacità di guadagno del pensionato, a seguito di miglioramento delle condizioni di salute psicofisiche, cessa di essere inferiore a quella richiesta per il pensionamento. * * * ** IV- Requisiti di assicurativi e di contributivi per il riconoscimento del diritto all assegno di invalidità e alla pensione di inabilità. Ai fini del perfezionamento del diritto all assegno d’invalidità e alla pensione d’inabilità è richiesto il possesso di 260 contributi settimanali, pari a cinque anni di assicurazione, dei quali almeno 156 (tre anni) versati negli ultimi cinque anni antecedenti la domanda di pensione di inabilità o dia assegno di invalidità. Nella vecchia disciplina, invece, nel quinquennio precedente la domanda di pensione era sufficiente un solo anno di contribuzione. Dal computo del quinquennio per la sussistenza del requisito contributivo sono esclusi i periodi di malattia (c.d. periodi neutri), documentati da certificazione rilasciata da un ente previdenziale o altra pubblica amministrazione ospedaliera, (art. 38 DPR. n. 818/57). I periodi di malattia, considerati neutri per il reperimento dei tre anni di contribuzione nel quinquennio precedente la presentazione della domanda di assegno di invalidità o di pensione di inabilità, inoltre, non sono soltanto quelli per i quali l evento malattia è insorto nel corso del rapporto di lavoro, ma qualsiasi periodo di malattia impeditivo del lavoro, purché la condizione di infermità del soggetto sia provata con documentazione di data certa (Cass. Sez. Lavoro, 16 aprile 1999 n. 3826). In mancanza dei requisiti assicurativi e contributivi richiesti, anche in presenza delle condizioni di invalidità ed inabilità previsti dalla legge non è possibile ottenere la pensione o l assegno di invalidità. I requisiti possono, invece, essere maturati anche durante il corso della domanda diretta ad ottenere la prestazione, nel senso che l assicurato che ha presentato domanda, se matura i requisiti durante l esame della domanda può ottenere la prestazione, ovviamente, con decorrenza da quando matura i requisiti. ** *** * V- L assegno ordinario di invalidità. Il diritto a percepire l assegno ordinario d’invalidità, in presenza dei requisiti assicurati e contributi, sorge quando in capo al soggetto (lavoratore- assicurato) si verifichi una infermità, fisica o mentale, tale da determinare una riduzione permanente della capacità di lavoro a meno di un terzo in occupazioni confacenti alle sue attitudini. Il riferimento dell invalidità in attività confacenti alle attitudini del soggetto, fa si che l invalidità non è ancorata a un dato puramente biologico, ossia alla pura e semplice capacità di lavoro astrattamente considerata, ma è necessario, per determinare correttamente il grado di invalidità, avere riguardo alla possibilità di svolgere attività compatibili in concreto realizzabili dal soggetto, tenuto conto del mercato del lavoro o comunque di una concreta esplicazione delle energie lavorative, ossia di un proficuo inserimento in occupazioni anche diverse da quelle espletate precedentemente, ma confacenti. Ove pertanto in sede d’accertamento del grado d’invalidità è accertata l impossibilità di svolgere le mansioni svolte, bisogna comunque valutare quale possano essere le altre attività consone all attitudine dell assicurato al fine di arrivare ad una corretta valutazione del grado di invalidità. Sussiste il diritto all assegno anche nei casi in cui la riduzione della capacità lavorativa, oltre i termini stabiliti per avere diritto, preesista al rapporto assicurativo, purché vi sia stato un successivo aggravamento o siano sopraggiunte nuove infermità, (art. 1, comma 2, legge 222/84). Il diritto all’assegno ordinario d’invalidità, sorge anche nei casi in cui l’invalidità si insorta prima dell’inizio del rapporto assicurativo ed, infatti, perché sorga comunque il diritto alla prestazione è sufficiente che, poi nel corso del rapporto assicurativo si verifichi una ulteriore riduzione della capacità lavorativa. In materia d’invalidità pensionabile, per effetto della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale dell’art. 10 del r.d.l. n. 636/39 ( Corte Cost. n. 163/1983), si considera invalido anche l’assicurato la cui capacità di guadagno era ridotta a meno di un terzo precedentemente alla costituzione del rapporto assicurativo, purché l’assicurato subisca, nel corso del rapporto, un’ulteriore riduzione.. La giurisprudenza, invece, ha dato rilievo al fatto che l’assicurato si sia inserito nel modo del lavoro, “operando attivamente nel settore della produzione” ( Cass. 24/01/87 n. 682), ritenendo che ai fini dell’accertamento dell’invalidità pensionabile abbia rilevanza non solo l’evoluzione dello stato pisisico-fisico dell’assicurato, ma ogni altro evento che successivamente alla costituzione del rapporto assicurativo, incida “in modo ulteriormente peggiorativo sulla capacità stessa” (Cass. 22/11/96 n. 10290) Interpretando questi principi, con pronuncia recente la Corte ha, affermato che ”la preesistenza di una riduzione della capacità lavorativa e pertanto, l’esclusione della preesistenza di una totale assenza di capacità lavorativa, può essere desunta anche dallo svolgimento di una attività lavorativa poi cessata” (Cass. n. 3854/04). * * * * * VI- Decorrenza e revisione dell assegno di invalidità. L assegno d’invalidità decorre dal mese successivo a quello di presentazione della domanda e ha una durata triennale e può essere confermato a domanda del titolare dell assegno per altre tre volte consecutive, qualora permangano le condizioni che diedero luogo alla liquidazione stessa, tenuto conto anche dell eventuale attività lavorativa svolta dal titolare. La conferma dell assegno ha effetto dalla scadenza nel caso in cui la domanda sia presentata nel semestre antecedente tale data, oppure dal primo giorno successivo a quello della presentazione della domanda qualora la stessa venga inoltrata entro i cento venti giorni dalla predetta scadenza. Dopo tre riconoscimenti consecutivi l assegno d’invalidità è confermato automaticamente, ma l Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha la facoltà di procedere a revisione dell assegno. Il titolare d’assegno d’invalidità, infatti, può essere sottoposto ad accertamenti sanitari per la revisione dello stato di invalidità ad iniziativa dell Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, (art. 9 legge 222/84). La revisione dell assegno ordinario d’invalidità, invece, deve essere effettuata obbligatoriamente tutte quelle volte in cui risulti che il titolare, nell anno precedente, ha percepito un reddito da lavoro dipendente, con esclusione dei trattamenti di fine rapporto, comunque denominati, o di reddito di lavoro autonomo o professionale o di impresa, per un importo lordo annuo, al netto dei soli contributi previdenziali, superiore a tre volte l ammontare del trattamento minimo del fondo pensioni lavoratori dipendenti, calcolato in misura pari a tredici volte l importo mensile in vigore al 11 gennaio di ciascun anno. Nel caso in cui, in seguito all accertamento, risultino mutate le condizioni che hanno dato luogo al trattamento in atto, il provvedimento conseguente alla revisione ha effetto dal mese successivo a quello in cui è stato eseguito l accertamento, salvo che con l accertamento sia possibile far risalire in modo non equivoco al momento del mutamento delle condizioni che hanno dato luogo al trattamento in atto. In questo ultimo caso, l eventuale revoca ha effetto da tale data ed in mancanza del provvedimento di sospensione. * * * * * VII- Reversibilità.- Integrazione al minimo - Trasformazione in pensione di vecchiaia. L assegno d’invalidità non è reversibile e non è integrabile al trattamento minimo, quando il titolare risulta possedere redditi propri assoggettabili all imposta sul reddito delle persone fisiche per un importo superiore a due volte l ammontare della pensione sociale. Per i soggetti coniugati e non separati legalmente, invece, l integrazione non spetta qualora il reddito, cumulato con quello del coniuge, sia superiore a tre volte l importo della pensione sociale. Dal computo dei redditi è escluso il reddito della casa di abitazione. Sono altresì, esclusi i redditi esenti da Irpef: pensioni ai mutilati e invalidi civili, ciechi e sordomuti, sussidi e prestazioni assistenziali pagati dallo Stato e da altri Enti pubblici; i redditi conseguiti all estero o in Italia presso Enti o Organizzazioni internazionali, i redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva (interessi derivanti da depositi bancari o postali, Bot, CCT, vincite e premi); pensioni di guerra; l importo a calcolo dell assegno di invalidità da integrare, (Cass. Sez. Lav., sentenza 3 febbraio 1999 n. 925). Al compimento dell età stabilita per il pensionamento di vecchiaia, l assegno d’invalidità si trasforma, in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzione, in pensione di vecchiaia. Per la trasformazione dell assegno ordinario d’invalidità in pensione di vecchiaia sono utili anche in periodi di godimento dell assegno durante i quali non si prestata attività lavorativa, ma solo ai fini del diritto; non sono invece, utili a determinare la misura della pensione. In ogni caso la pensione di vecchiaia non può risultare di importo inferiore all assegno ordinario di invalidità in godimento al compimento dell età pensionabile. * * ** * VIII- Liquidazione dell assegno di invalidità col metodo contributivo. L importo dell assegno d’invalidità, liquidato con il sistema contributivo, (art. 1, comma 14, legge n. 335/95) ovvero la quota di esso spettante in base all ulteriore anzianità contributiva maturata dopo la legge di riforma del sistema pensionistico introdotta dalle legge n. 335/95, sono determinate secondo il predetto sistema, assumendo il coefficiente di trasformazione relativo all età di 57 anni nel caso in cui l assicurato all atto dell attribuzione dell assegno abbia una età inferiore, perciò con un sistema diretto a favorire l assicurato divenuto invalido precocemente. * * * ** IX- Trasformabilità delle prestazioni di invalidità in pensione vecchiaia e di anzianità. La norma che disciplina l assegno ordinario di invalidità prevede espressamente che al compimento dell età stabilita per il pensionamento di vecchiaia, l assegno d’ninvalidità si trasforma, in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzione, in pensione di vecchiaia (art.1, comma 10, legge n. 222/84). Nulla è stato disposto invece, per ciò che concerne la possibilità di trasformazione della pensione di invalidità concessa secondo la disciplina precedente la legge di riforma delle prestazioni di invalidità. Si è, quindi, sostenuto che in mancanza di una norma che consente la trasformazione dell assegno di invalidità in pensione di vecchiaia non è ammissibile per il pensionato di invalidità la sostituzione della pensione in godimento, sussistendo nell’ordinamento un principio generale di “immutabilità del titolo pensionistico”.. La giurisprudenza di legittimità, per sostenere l immutabilità del titolo pensionistico, ha, infatti, affermato che "esiste nell ordinamento un principio generale di divieto di mutamento del titolo della pensione, salvo le ipotesi eccezionali espressamente previste dalla legge", ((Cassazione 1971/1972, 1402/1973, 1982/1973, 2451/1975, 4609/1976, 375/1977, 2303/1980, 3084/1981, 4459/1981, 1751/1983, 7563/1983, 3567/1991). Le ragioni poste a sostegno di questo orientamento sono state così riassunte: -”esiste un principio generale di divieto di mutamento del titolo della pensione, risultante soprattutto dall art. 45 del r.d.l. 1827/1935 e dall art. 9 del r.d.l. 636/1939 (modificato dalla l. 218/1952), i quali escludono chiaramente la possibilità di conversione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia «nell ipotesi in cui nei confronti del pensionato per invalidità che abbia continuato a prestare attività lavorativa con diritto di accreditamento dei contributi previdenziali si siano perfezionati i requisiti per il conseguimento delle pensione di vecchiaia» (Cassazione 3567/1991, cit.); - il principio in questione è soggetto ad alcune eccezioni, da interpretarsi restrittivamente e quindi non oltre i casi espressamente previsti dalla legge. Si tratta dell art. 14, comma 4, del d.P.R. 488/1968, secondo cui il titolare della pensione di anzianità può far valere, date determinate condizioni, la contribuzione successiva per chiedere, al raggiungimento dell età pensionabile, la riliquidazione della pensione con i nuovi criteri; dell art. 13 della l. 153/1969, che riconosce ai titolari di pensione di vecchiaia liquidata o da liquidare in base a norme anteriori al decreto del 1968, e che avessero continuato nell attività lavorativa, la facoltà di optare per la riliquidazione secondo il nuovo sistema retributivo; dell analoga facoltà di opzione per la riliquidazione della pensione in godimento concessa dall art. 4 del d.l. 267/1972, convertito, con modificazioni, nella l. 485/1972, ai titolari di pensioni di invalidità che abbiano continuato a lavorare successivamente alla data di decorrenza della pensione”. Un diverso orientamento è stato espresso da successive decisioni, che hanno affermato che “il principio di immutabilità del titolo del trattamento pensionistico non è più caratterizzato da quella illimitata valenza della quale in passato lo si accreditava, essendo mutato il quadro di riferimento normativo nel quale la giurisprudenza della Corte lo ha espresso e ribadito” (Cassazione n. 8820/1992); che sotto questo profilo doveva essere considerata la previsione dell art. 1, comma 10, della l. Inps del 1984, relativa alla trasformazione dell assegno di invalidità in pensione di vecchiaia al compimento dell età per conseguire questa prestazione, in presenza dei relativi requisiti di assicurazione e contribuzione”. L art. 1, comma 10, della legge 222/84 del 1984, secondo questo orientamento giurisprudenziale, “si ricollega ad un concetto di posizione assicurativa", caratterizzata dalla sua unicità quale base fattuale che legittima tutti gli interventi di tutela economica possibili in favore del suo titolare e che è di continuo finalizzata a soddisfare quelle esigenze sociali che il legislatore ha tipizzato nelle diverse fattispecie pensionistiche; in questa linea si collocano poi altre pronunce, (Cassazione 5299/1993, 3045/1996, 6418/1999). Si registrano, di recente, ancora altre decisioni, con significative divergenze; Cassazione 5096/2003 ritiene consentita la conversione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia; la sentenza 5097/2003, con la stessa data, ritiene che ciò non si verifichi per la pensione di anzianità, operando, in mancanza di espressa previsione legislativa, il diverso generale principio del divieto di mutamento del titolo (la cui esistenza viene quindi ancora riconosciuta. Altre decisioni della Corte hanno riconosciuto il diritto alla conversione della pensione o dell assegno di invalidità in pensione di anzianità (Cassazione 1821/1998) come in pensione di vecchiaia (Cassazione 6603/1998). Secondo queste pronunzie, “la regola generale dell alternatività preclusiva non può essere ricavata dalle norme dell art. 45 del r.d.l. 1827/1935 e dell art. 9 r.d.l. 636/1939, richiamate a sostegno del precedente indirizzo; d altro canto, le stesse disposizioni indicate come eccezioni specifiche alla suddetta regola generale forniscono invece un argomento per sostenere l esistenza di un diverso principio dell ordinamento previdenziale, perché «l alternatività fra i diversi tipi di pensione, atteso lo scopo di individuare e qualificare adeguatamente la situazione di bisogno in cui, in un dato istante, versa il soggetto protetto, è naturale conseguenza del carattere e della funzione giuridica dello stesso intervento previdenziale, volto com è a garantire il reddito del soggetto entro limiti e secondo le modalità tecnico-operative fissati inderogabilmente dalla legge. La circostanza, poi, che lo stato di bisogno non possa che configurarsi come un unico fatto giuridico nell ambito del regime generale (che pure ne stabilisce le varie ipotesi dalle quali esso può generarsi e secondo le quali resta, perciò, titolato il trattamento pensionistico), importa che la prestazione previdenziale sia unica anche nell ipotesi di concorso di più fattispecie pensionistiche rispetto ad uno stesso interessato, nel senso, cioè, che, se si sono realizzati i requisiti richiesti per più tipi di pensione, al soggetto protetto è dovuto un trattamento pensionistico ed uno soltanto erogato esclusivamente nella misura di cui, a prescindere dal titolo della pensione accordata, è capace la sua posizione assicurativa» (Cassazione 1821/1998, cit.). Cassazione 9462/2003 ha affermato invece il diritto alla conversione della pensione o assegno di invalidità in pensione di anzianità. * * * * X Trasformazione della prestazione di invalidità in pensione di vecchia, Il contrasto, sia in tema di trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchia, che di anzianità e del mutamento del titolo pensionistico da assegno ordinario di invalidità in pensione di anzianità, insorto nella giurisprudenza della Sezione Lavoro è stato composto con due recenti pronunce delle Sezioni Unite delle Corte di Cassazione, ( Cass. Sez. un. 8433 del 4 maggio 2004 e Cass. Sez. Un. N. 9492 del 19 maggio 2004) che con opposto orientamento rispetto alle due ipotesi prospettate: trasformazione in pensione di vecchia e trasformazione in pensione di anzianità, hanno ritenuto esistente all’interno del nostro ordinamento pensionistico un principio generale di mutabilità del titolo pensionistico della pensione di invalidità in pensione di vecchia, costituzionalmente garantito ed escluso, invece, l’esistenza del medesimo principio generale per la trasformazione dell’assegno ordinario di invalidità e della pensione di invalidità in pensione di anzianità. Ed infatti Cassazione Sez. Un. 4 maggio 2004 ha osservato che: ”La regola dell’esistenza nel vigente ordinamento, di un principio generale di immutabilità del titolo della prestazione pensionistica, non può essere ricavata dalle norme dall art. 45 del r.d.l. 1827/1935 e dall art. 9 del r.d.l. 636/1939; che la disposizione, nel disporre che l assicurazione per l invalidità e la vecchiaia ha per scopo principale l assegnazione di una pensione nel caso di invalidità al lavoro o di vecchiaia non è assolutamente di ostacolo, nel suo contenuto letterale, al mutamento del titolo della pensione, ma solo alla attribuzione congiunta dell una e dell altra prestazione; che un contenuto sostanzialmente identico ha la previsione dell art. 2, comma primo, parte prima, del r.d.l. 636/1939, che analoghe considerazioni valgono per le previsioni dell art. 9 del medesimo r.d.l. 636/1939, che, stabilendo i requisiti rispettivamente necessari per l attribuzione della pensione di vecchiaia e della pensione di invalidità, configurano indubbiamente ipotesi alternative di tutela nell ambito dell assicurazione generale obbligatoria, ma non implicano di per sé l esclusività, nel senso indicato, dell una e dell altra prestazione; che la regola di trasformazione dell assegno di invalidità in pensione di vecchiaia introdotta dell art. 1, comma l0, della l. Inps del 1984, sembra difficilmente riconducibili ad ipotesi eccezionali di deroga ad un divieto generale; che esse inducono invece ad escludere la possibilità di giungere, attraverso una ricostruzione sistematica della legislazione previdenziale, all affermazione sia di un principio generale di divieto di mutamento del titolo della prestazione pensionistica, sia del principio inverso, di portata ugualmente generale, di mutabilità del suddetto titolo. Queste opzioni ricostruttive, incontrerebbero, un “insuperabile” ostacolo nel carattere estremamente frammentario del complesso normativo; secondo La predetta pronuncia, la questione, invece, può essere risolta solo nell ambito della disciplina dei singoli istituti, tenendo conto delle specifiche caratteristiche della tutela accordata con ciascuno di essi dall ordinamento, anche alla luce dei principi costituzionali in materia. Nel sistema previdenziale, il trattamento per l invalidità e la pensione di vecchiaia risultano accomunati nella previsione dei citati artt. 45 r.d.l. 1827/1935, 2 e 9 r.d.l. 636/1939, e collegati, sul piano sistematico, dal rilievo della natura del rischio protetto, che per entrambe riguarda la perdita della capacità di lavoro (il «caso di invalidità al lavoro o di vecchiaia»); ad esso corrispondono - in relazione ad un unica posizione assicurativa - le esigenze sociali di protezione dallo stato di bisogno tipizzate nelle diverse fattispecie pensionistiche, che in attuazione del medesimo precetto dell art. 38 Cost. garantiscono il diritto dei lavoratori a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita per i casi di invalidità e vecchiaia. In relazione a questo rapporto tra le due forme previdenziali si deve anche ritenere, come affermato in particolare da Cassazione 8820/1992 e 6603/1998 cit., l idoneità dell unica posizione assicurativa a realizzare nel corso del tempo i presupposti per l attribuzione dell una o dell altra prestazione. Data questa premessa, va considerata la situazione del titolare di pensione di invalidità attribuita nel regime precedente all entrata in vigore della l. Inps del 1984 che implica la possibilità di svolgimento di un attività lavorativa limitata, in relazione alla ridotta capacità di lavoro e di guadagno, e quindi di maturazione di ulteriori periodi di contribuzione. Questa ipotesi trova la sua disciplina nelle disposizioni dell art. 19 del d.P.R. 488/1968 e dell art. 7 della l. 155/1981, secondo cui i contributi versati o accreditati nell assicurazione generale obbligatoria successivamente alla data di decorrenza della pensione danno diritto a supplementi della pensione in atto. Un collegamento con la tutela per la vecchiaia è stato stabilito dall art. 8 del r.d.l. 463/1983, convertito con modifiche nella l. 638/1983, con il quale si disponeva, stabilendo i limiti reddituali per l erogazione della pensione di invalidità, che in caso di sospensione per il superamento di tale soglia il trattamento era comunque erogato al raggiungimento dell età prevista per il pensionamento di vecchiaia. Questo assetto normativo va ora raffrontato con quello risultante dalla l. Inps del 1984, con la quale la pensione di invalidità è stata sostituita da due prestazioni differenziate (in funzione della distinzione tra invalidità parziale, invalidità totale o inabilità), restando peraltro concettualmente unitario il rischio tutelato. Nella seconda è verificabile, come per l ipotesi di parziale invalidità precedentemente regolata, una situazione di possibile svolgimento di attività lavorativa ridotta e di corrispondente contribuzione; ed infatti l art. 1, comma 9, della l. Inps del 1984 richiama espressamente la disciplina dei supplementi di pensione sopra ricordata, prevedendo l utilizzazione a tal fine dei periodi di contribuzione effettiva, volontaria e figurativa successivi alla decorrenza originaria dell assegno ordinario di invalidità. Secondo il disposto la previsione del già citato comma 10 dello stesso art., al compimento dell età stabilita per il diritto a pensione di vecchiaia l assegno ordinario di invalidità «si trasforma» in tale trattamento, in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzione. «A tal fine i periodi di godimento dell assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto e non anche della misura della pensione stessa». In tali disposizioni va dunque individuata la fonte normativa del coordinamento tra trattamenti di invalidità e pensione di vecchiaia, in relazione al quale con sentenza 436/1988 della Corte costituzionale è stata dichiarata la illegittimità dell art. 3 della stessa legge, che precludeva il riconoscimento dei trattamenti di invalidità dopo il raggiungimento dell età pensionabile. Ciò in quanto, data l unicità del rischio protetto, la disposizione censurata comportava - in violazione dell art. 38 Cost. - la privazione della tutela previdenziale per il lavoratore che al compimento dell età pensionabile non avesse ancora raggiunto i requisiti contributivi per conseguire la pensione di vecchiaia. È ora possibile rilevare che la situazione del lavoratore titolare di pensione di invalidità attribuita nel precedente regime in ragione di una parziale riduzione della capacità lavorativa e di guadagno non si differenzia, per questi profili di tutela, da quella del soggetto al quale sia attribuito l assegno ordinario di invalidità, destinato a trasformarsi in pensione di vecchiaia al compimento dell età stabilita. Le considerazioni svolte portano ad affermare che tale regola, posta dall art. 1, decimo comma, della l. Inps del 1984, trova applicazione anche per il trattamento della pensione di invalidità previsto dal precedente regime, in quanto espressivo di un principio generale, affermato con l entrata in vigore della legge citata, di idoneità dell unica posizione assicurativa a realizzare i presupposti delle varie forme previdenziali considerate, in funzione della protezione dalla stessa situazione generatrice di bisogno. La portata di questo principio non è ridotta dalla sua enunciazione per il solo assegno ordinario di inabilità (e non anche per la pensione di inabilità di cui all art. 2 della legge in esame) tenuto conto del fatto che questa diversa prestazione è già costituita, sin dal momento della concessione, dall importo dell assegno di invalidità calcolato secondo le norme in vigore nell assicurazione generale obbligatoria, con esclusione dell eventuale integrazione al minimo, e maggiorato della differenza tra detto importo e l ammontare della pensione che sarebbe spettata al raggiungimento dell età pensionabile, e comunque per una anzianità contributiva non superiore ai 40 anni. Con riferimento a questo assetto normativo, non assume poi rilievo decisivo la limitazione, nel precedente regime, del collegamento tra pensione di invalidità e pensione di vecchiaia all ipotesi regolata dal citato art. 8 della l. 638/1983; né la tutela del soggetto parzialmente invalido in attività lavorativa può essere circoscritta alla erogazione dei supplementi di pensione, posto che la relativa disciplina è richiamata anche nel nuovo sistema in cui opera il suddetto principio di trasformazione” (cass. Sez. Unite sentenza n. 8433/2004) § § § § XI- Immutabilità della prestazione di invalidità in pensione di anzianità Dalla ricostruzione ed interpretazione delle disposizioni normative che disciplinano l’Istituto operata dalle pronunce a Sezioni Unite (Cass. n. 8433/04, 9492/04) appare ormai assodato che nel nostro ordinamento non esiste accanto alla singolare possibilità di ottenere la pensione di vecchia anticipata, rispetto agli altri ordinamenti pensionistici di altri Stati, anche l’ulteriore possibilità di ottenere la pensione di vecchia anticipata per effetto della trasformazione di una prestazione di invalidità in pensione di anzianità. Come ha osservato la Suprema Corte, occorre, infatti, tenere distinta e presente la diversa natura e funzione della pensione di anzianità rispetto all assegno ordinario di invalidità o pensione di invalidità. Il trattamento previdenziale di invalidità ha la funzione di supplire ad un bisogno di un soggetto divenuto invalido al lavoro prima di avere perfezionato i requisiti assicurativi e anagrafici per ottenere la pensione di vecchiaia; diversa è invece la posizione in cui si trova un soggetto che ha maturato i requisiti per ottenere la pensione di anzianità. Per quanto riguarda i rapporti tra trattamento di invalidità e pensione di vecchiaia, è indubbiamente fondamentale il dato normativo fornito dal più volte citato art. 1 comma 10 della legge n. 222/1984; il collegamento tra le due forme di tutela (accomunate nella previsione dei citati art. 45 r.d.l. n. 1827/1935, 2 e 9 r.d.l. n. 636/1939) è avvalorato, sul piano sistematico, dal rilievo della natura del rischio protetto, che per entrambe riguarda la perdita della capacità di lavoro (il «caso di invalidità al lavoro o di vecchiaia»); ad esso corrispondono - in relazione ad un unica posizione assicurativa - le esigenze sociali di protezione dallo stato di bisogno tipizzate nelle diverse fattispecie pensionistiche, che in attuazione del medesimo precetto dell art. 38 Cost. garantiscono il diritto dei lavoratori a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita per i casi di invalidità vecchiaia.Considerazioni diverse valgono invece per la pensione di anzianità. Con riguardo ad essa non opera la suddetta garanzia costituzionale, riservata, come più volte stato affermato dal giudice delle leggi, alle pensioni che trovano la loro causa nella cessazione dell attività lavorativa per ragioni di età e non anche a quelle il cui presupposto consiste nel mero avvenuto svolgimento dell attività stessa per un tempo predeterminato, così come nel caso dei trattamenti pensionistici di anzianità, che corrispondono ad una forma previdenziale affatto diversa, indipendente dall età e fondata esclusivamente sulla durata dell attività lavorativa sulla correlativa anzianità di contribuzione effettiva (Corte Cost. 2 maggio 1991 n. 194, 28 novembre 1997 n. 372, 4 novembre 1999 n. 416, 19 maggio 2002 n. 70). Tale prestazione rappresenta un «riconoscimento ed un premio per la fedeltà al servizio» (Corte Cost. n. 194/1991 cit.), e non è comparabile con le altre forme previdenziali comprese nell area di tutela dell art. 38 Cost.; la relativa disciplina non può essere dunque richiamata per trarre dalla normativa in tema di pensione di vecchiaia (in quanto caratterizzante il sistema previdenziale «nel suo complesso», secondo l opinione seguita da Cass. 6603/1998 e Cass. 9462/2003 cit.) una regola di contenuto analogo a quella contenuta nel citato art. 1 comma 10 della legge 222/1984, che consente la conversione del trattamento di invalidità in pensione di anzianità. Per queste ragioni, e specificamente per quanto riguarda il rapporto tra le due forme pensionistiche in esame, le considerazioni svolte nella richiamata sentenza n. 1821/1998 in ordine all unicità sia del fatto giuridico rappresentato dallo stato di bisogno tutelato nell ambito del regime generale, sia della prestazione previdenziale anche nell ipotesi di concorso di più fattispecie pensionistiche non possono essere condivise su un piano generale. La norma dell art. 22 della legge 30 aprile 1969 n. 153, secondo cui la pensione di anzianità «è equiparata a tutti gli effetti alla pensione di vecchiaia quando il titolare di essa compie l età stabilita per il pensionamento di vecchiaia», stabilisce un collegamento tra i due istituti per il momento in cui si realizza, anche per il pensionato di anzianità, l evento generatore di bisogno connesso alla perdita della capacità lavorativa. D altro canto, la situazione del titolare di pensione di invalidità attribuita nel regime precedente all entrata in vigore della legge n. 222/1984 (come nel caso di specie) implica la possibilità di svolgimento di un attività lavorativa limitata, in relazione alla ridotta capacità di lavoro e di guadagno, e quindi di maturazione di ulteriori periodi di contribuzione. Questa ipotesi tra la sua disciplina nelle disposizioni dell art. 19 del d.p.r. n. 488/1968 e dell art. 7 della legge 23 aprile 1981 n. 155, secondo cui i contributi versati o accreditati nell assicurazione generale obbligatoria successivamente alla data di decorrenza della pensione danno diritto ad un supplemento delle pensione in atto. Tale disciplina è richiamata dall art. 1, comma 9, della legge n. 222/1984, che prevede l utilizzazione a tal fine dei periodi di contribuzione effettiva, volontaria e figurativa successivi alla decorrenza originaria dell assegno ordinario di invalidità, corrisposto per il caso di parziale riduzione della capacità di lavoro oltre la soglia di legge. Questa prestazione, secondo la previsione del già citato comma 10 dello stesso articolo, al compimento dell età stabilita per il diritto a pensione di vecchiaia «si trasforma» in tale trattamento, in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzione. «A tal fine i periodi di godimento dell assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto e non anche della misura della pensione stessa”. Non esiste invece alcuna previsione di collegamento tra la tutela per l invalidità e la pensione di anzianità, perché questa non può essere riferita, come si è visto, alla situazione generatrice di bisogno che accomuna la prima forma previdenziale e la pensione di vecchiaia, né è stabilito un sistema di rideterminazione dell importo del trattamento. Il sistema, pertanto, non consente una conversione o trasformazione della pensione di invalidità in pensione di anzianità, per conseguire il vantaggio di questo secondo trattamento (prima dell età richiesta prima dell età stabilita per la pensione di vecchiaia) sulla base della anzianità contributiva e assicurativa raggiunte con la prosecuzione dell attività lavorativa, in relazione alla quale è possibile solo la liquidazione di supplementi di pensione. Ciò in ragione della rilevata sostanziale diversità di questo beneficio (discrezionalmente concesso dal legislatore, come ha affermato la Corte Costituzionale) rispetto all intervento previdenziale diretto a proteggere il lavoratore dal rischio-evento protetto dalla garanzia costituzionale, che per la disciplina dell art. 22 della legge n. 153/1969 assume rilievo solo al compimento dell età pensionabile. Questa ricostruzione, come sottolineato dal Supremo Collegio (Cass. Sez. Un. 9492/2004) “non prospetta alcuna ingiustificabile disparità di trattamento, in relazione al principio di cui all art. 3 Cost., nel confronto della posizione del pensionato di invalidità che continui a prestare attività lavorativa con quella del soggetto che con piena capacità di lavoro raggiunga i requisiti assicurativi e contributivi della pensione di anzianità. Si tratta infatti di situazioni evidentemente diverse e non comparabili, data la tutela previdenziale di cui già gode l invalido”. * * * * * XII La pensione di inabilità. Il diritto alla pensione di inabilità, sorge quando in capo al soggetto (assicurato) o titolare di assegno di invalidità, si verifichi una infermità, fisica o mentale, tale da provocare un assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi lavoro. Il grado di inabilità deve provocare una compromissione tale da escludere la possibilità di svolgere una attività lavorativa produttiva retribuita. Il concetto di inabilità previsto dalla legge ( art. 2, legge n. 222/84), non può, perciò, prescindere da un riferimento ad attività lavorative, che se non proprio confacenti debbono essere almeno concretamente esplicabili dal soggetto e non rappresentare una mera possibilità astratta. Il concetto di inabilità, pertanto, non può sovrapporsi a quello di totale incapacità lavorativa generica, dovendosi tenere conto, altresì, della necessità che l eventuale residuo di energie psicofisiche estrinsecabili in attività lavorativa non vengano da quest ultima deteriorate, dall eventuale usura psicofisica indotta dal lavoro concretamente possibile. L impossibilità assoluta e permanente di svolgere qualsiasi lavoro per il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità, quindi, al di là della dizione della legge, va intesa, non già come l impossibilità di svolgere qualsiasi lavoro, ma come l impossibilità di svolgere qualsiasi lavoro proficuo idoneo ad assicurare una remunerazione sufficiente a garantire un esistenza libera e dignitosa. L inabilità pensionabile, pertanto, non può essere esclusa per la circostanza che il lavoratore sia in grado di attendere a normali lavori domestici, poiché tale attività, che può giovarsi di pause di riposo, non è equiparabile all attività lavorativa propria del rapporto di lavoro, (Cass. Sez. Lavoro, sent. 11656/90) * * * * * XIII- Decorrenza della pensione di inabilità. La pensione di inabilità decorre dal mese successivo a quello della presentazione della domanda, oppure dal mese successivo a quello di cessazione dell attività lavorativa o dalla cancellazione dagli elenchi dei lavoratori autonomi. La prestazione,d’inabilità, infatti, è incompatibile, con qualunque rapporto di lavoro dipendente, con l iscrizione negli elenchi degli operai agricoli e dei lavoratori autonomi, artigiani commercianti, coltivatori diretti, mezzadri coloni, con l iscrizione negli albi professionali o negli elenchi anagrafici degli operai agricoli. Per ottenere in concreto l erogazione della prestazione, pertanto, l assicurato che sia stato riconosciuto inabile al lavoro, deve cessare qualunque attività lavorativa e, se lavoratore autonomo, effettuare la cancellazione dagli elenchi o albo in cui risulti iscritto; deve, altresì, rinunciare alla retribuzione ed ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della stessa, (art. 2, comma 5, legge 222/84). La sussistenza del rapporto di lavoro o la permanenza dell iscrizione negli elenchi nominativi o albi professionali, non è invece, ostativa all accertamento dello stato di inabilità che può, pertanto, essere accertato anche in costanza di rapporto di lavoro o in costanza di iscrizione negli elenchi o albi. La rinuncia ai trattamenti previdenziali sostitutivi o integrativi della retribuzione e la cancellazione dagli elenchi e dagli albi indicati della legge n. 222/84, (art. 2, 2° comma) infatti, non costituiscono requisiti costitutivi ulteriori per il sorgere del diritto a pensione di inabilità in aggiunta al requisito sanitario e a quello contributivo, ma sono soltanto condizioni di erogabilità della pensione in relazione ad un diritto già sorto, che, tuttavia, vanno accertate al fine di stabilire la concreta erogabilità o meno del trattamento pensionistico con una decorrenza che, in caso di rinuncia o cancellazione effettuata successivamente alla presentazione della domanda di pensione, va fissata nel primo giorno del mese successivo a quello della rinuncia o della cancellazione. (Cass. Sez. Un. Civ., sentenza 14 luglio 1983, n. 7783 in Foro Italiano, Rep. 1989, I, 83, voce previdenza Sociale) § § § § XIV determinazione e durata della pensione di inabilità. La pensione di inabilità viene calcolata oltre che sui contributi di cui l assicurato risulti già titolare, anche su quelli successivi che sarebbero maturati fino all età del pensionamento; in ogni caso, non potrà essere computata un anzianità contributiva superiore a 40 anni. I contributi aggiunti vengono calcolati sulla media delle retribuzioni ricevute negli ultimi cinque anni. Così come l assegno ordinario di invalidità, anche la pensione di inabilità è una prestazione temporanea, in quanto è suscettibile di revoca ove non dovessero permane le condizioni di inabilità tale da escludere la permanenza dell incapacità lavorativa. Il titolare, così come già detto per l assegno di invalidità, alla cui trattazione si rimanda, può essere sottoposto ad accertamenti sanitari per la revisione dello stato di inabilità ( art. 9, legge 222/84). La pensione di inabilità, invece, al contrario dell assegno ordinario di invalidità, è reversibile. § § § § XV- Regime di cumulo delle prestazioni di invalidità e inabilità. La regola principale è quella dell incompatibilità con le prestazioni erogate agli invalidi civili. Sul punto dettano una specifica disciplina le norme contenute nel decreto legge n. 971 del 22 dicembre 1981, convertito in legge 25 febbraio 1982 n. 54 del 1982 e quelle contenute nella legge n. 407/90. Secondo il dettato di quest ultima disciplina (art. 3), le pensioni dirette di invalidità erogate dall assicurazione generale obbligatoria per l invalidità, la vecchiaia ai superstiti dei lavoratori dipendenti, delle gestioni pensionistiche dei lavoratori autonomi e da ogni altra gestione pensionistica per i lavoratori dipendenti avente carattere obbligatorio, non sono cumulabili con le prestazioni pensionistiche erogate dal Ministero dell Interno, con esclusione di quelle erogate ai ciechi civili, ai sordomuti e agli invalidi totali. A seguito della riforma pensionistica del 1992 (riforma Amato) a decorrere dal primo gennaio 1994 le quote di pensione dirette di vecchiaia e di invalidità e degli assegni diretti di invalidità, eccedenti l ammontare corrispondente al trattamento minimo erogato dall INPS erano divenuti incumulabili con i redditi da lavoro dipendente ed autonomo nella misura del 50% fino a concorrenza degli stessi. La regola dell anticumulo trova, invece, espressa deroga (art. 10, comma 3 d. lgs. n. 503/92), in favore di titolari di pensione, i cui importi sono esclusi dalla base imponibile ai fini dell imposta sul reddito delle persone fisiche, degli assunti con contratti di lavoro a termine, qualora la durata degli stessi non superi complessivamente le cinquanta giornate nell anno solare ovvero di coloro dalla cui attività dipendente o autonoma derivi un reddito complessivo annuo non superiore all importo del trattamento minimo. Ulteriori deroghe sono previste per attività svolte all estero e per i residenti all estero e per i pensionati con rapporto di servizio alle dipendenze Unione Europea. Diverse disposizioni normative, oltre quelle già contenute nella legge 222/84 e di cui si è già parlato nella specifica trattazione dedicata alle due fattispecie, prevedono l incumulabilità dell assegno ordinario di invalidità e della pensione di inabilità con altre prestazioni o retribuzioni. Da ultimo la legge di riforma del sistema pensionistico, ha previsto la non cumulabilità della pensione di inabilità dell assegno ordinario di invalidità, liquidati in conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale con la rendita vitalizia (rendita INAIL) liquidata in conseguenza dello stesso evento invalidante fino a concorrenza della stessa rendita. Restano, comunque, salvi i trattamenti previdenziali più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della legge, che dovranno essere riassorbiti dai futuri miglioramenti (art. 1, comma 43 legge 335/95). Ulteriori riduzioni, sono anche previste dalla predetta legge per l assegno ordinario di invalidità nei casi di cumulo con reddito da lavoro sia dipendente che autonomo (art. 1, comma 42). XVI- Regime di cumulo delle prestazioni di invalidità e inabilità con i redditi da lavoro dipendente a autonomo a partire dal 2001. A decorrere dal 1° gennaio 2001, invece, le pensioni o assegni di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, delle forme di previdenza esonerative, esclusive, sostitutive della medesima, delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi con un’anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente, (legge n. 388/2000) Per le pensioni con decorrenza anteriore al 1° gennaio 2001 le rate spettanti dal 1° gennaio 2001 sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo o dipendente. Debbono invece, ritenersi tuttora vigenti le disposizioni, (articolo 1, comma 42, della legge n. 335), secondo cui all’assegno di invalidità, nei casi di cumulo con i redditi da lavoro dipendente, autonomo o di impresa, si applicano le riduzioni di cui alla tabella G allegata alla predetta legge, ancorché l’assegno di invalidità sia stato liquidato con un’anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni. Ciò in quanto l’articolo 1, comma 2, della legge 8 agosto 1995, n. 335, dispone, tra l’altro che "Le successive leggi della Repubblica non possono introdurre eccezioni o deroghe alla presente legge se non mediante espresse modificazioni delle sue disposizioni". Sempre a decorrere dal 1° gennaio 2001 le pensioni o assegni di invalidità con qualunque decorrenza a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, delle forme di previdenza esonerative favorevole di quella previgente. Nulla è innovato in materia di cumulo delle pensioni liquidate con anzianità contributiva inferiore a 40 anni con i redditi da lavoro dipendente., esclusive, sostitutive della medesima, delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi, liquidate con un’anzianità contributiva inferiore a 40 anni sono, invece, cumulabili con i redditi da lavoro autonomo solo nella misura del 70 per cento della quota eccedente il minimo. La relativa trattenuta non può, peraltro, superare il valore pari al 30 per cento del reddito da lavoro autonomo. E’ pertanto incumulabile con i redditi da lavoro autonomo il solo 30 per cento della quota di pensione che supera il trattamento minimo fino a concorrenza del 30 per cento del reddito da lavoro autonomo. Per le pensioni con decorrenza anteriore al 1° gennaio 2001, alle rate spettanti dal 1° gennaio 2001 si applica la nuova disciplina, se più favorevole. |
||
Copyright © 2004 - 2008 lavoroprevidenza.com - Avvertenze legali | Ufficio Stampa | Citazione articoli |