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   lunedì 14 maggio 2007

IL LAVORO IRREGOLARE: SULLA NATURA DELL’ILLECITO DI DURATA DELLA SANZIONE PER LAVORO IRREGOLARE

del dr. Donatello Garcea - collaboratore di LavoroPrevidenza.com - Funzionario della Direzione Generale Inps

Donatello Garcea


Funzionario della Direzione Generale Inps[1]



SULLA NATURA DELL’ILLECITO DI DURATA DELLA SANZIONE PER LAVORO IRREGOLARE[2]



Sommario: 1. La sanzione per lavoro irregolare; – 2. Gli illeciti di durata; – 3. L’illecito permanente; – 4. La natura della sanzione; – 5. L’illecito a consumazione prolungata; – 6. Gli effetti della successione temporale; – 7. Conclusioni.




1. - Come è noto la sanzione amministrativa irrogata per il caso di impiego di lavoratori irregolari è stata recentemente oggetto di novella legislativa[3] cagionata dalla declaratoria di illegittimità[4] in cui incorse il testo originario[5]. Questo breve scritto vuole porre l’accento sul regime di diritto intertemporale che deriva dalla novella. La assenza di un regime transitorio è stata infatti stigmatizzata dai primi interpreti poichè Il regime della successione delle leggi nel tempo in tema di sanzione amministrativa non è di facile lettura. E’ facile preconizzare contrasti che approderanno in sede di legittimità[6], tenendo conto della divergenza che si manifesta nel sistema legislativo. Nell’ambito amministrativistico non è prevista la retroattività in bona partem e la successione è regolata dall’ordinario tempus regit actum[7]. È comune affermazione che le novelle in bona partem non si applichino agli illeciti giuslavoristici già perfezionatisi durante l’impero della vecchia normativa[8] e, sulla scorta di tale assunto, anche i primi commentatori hanno ritenuto che la modifica legislativa non avrà effetto sugli illeciti già perfezionatisi. L’affermazione, per quanto condivisa, non fuga i dubbi che sorgono sulla applicazione intertemporale della novella. Il legislatore non ha regolato il regime transitorio di successio legis, come solito fare in materia di infrazioni amministrative[9], di talchè non appare chiaro quale sia la disciplina applicabile agli illeciti in corso di maturazione al momento dell’entrata in vigore della novella. In altre parole è pacifico che la condotta illecita è punita con la vecchia normativa ove si sia esplicata per intero nell’alveo del precedente impero ed è, al converso, punita secondo novella ove si manifesti interamente dopo l’avvento della modifica. Rimane da capire quale sia il regime per gli illeciti amministrativi la cui condotta si manifesta nella vigenza del vecchio regime e perdura anche dopo la modifica legislativa, quelle condotte dunque che sono compiute “a cavallo” tra le normative susseguitesi nel tempo.



2. - L’illecito amministrativo per l’impiego di lavoro irregolare è un illecito di durata. La condotta perdura nel tempo ed è ammissibile ipotizzare che saranno contestate fattispecie la cui esplicazione si pone a cavallo delle due normative. In tal caso l’interprete deve decidere quale norma applicare al caso. La vecchia disposizione durante la quale l’impiego di lavoro irregolare si è manifestata, in ossequio al ricordato tempus regit actum, ovvero la nuova disposizione durante la quale la condotta illecita si è mantenuta e protratta. I primissimi commentatori[10], spulciando tra i precedenti giurisprudenziali[11], hanno ritenuto che l’ipotesi possa essere “calibrata su quella penalistica in base alla quale, mutuandone i principi, la violazione si consuma nel momento in cui è venuta a cessare la condotta integrante dell’illecito stesso”. La affermazione ricalca un passaggio giurisprudenziale per il quale l’illecito amministrativo permanente deve essere regolato dalla norma in essere al termine della condotta, considerando un unicum la condotta espletata, pur se per avventura già perfezionatasi – ma non conclusasi per intero – durante l’impero della precedente norma[12]. Se una parte della condotta, inscindibile dalla parte già esplicitatasi, si manifesta nell’impero della novella allora è chiaro che il momento consumativo dell’illecito dovrà essere posposto al momento in cui termina l’agire. Siffatta ricostruzione, in altre parole, porta alla applicazione della nuova normativa a tutte le situazioni pendenti nelle quali, sebbene sia stata già iniziata (e potenzialmente abbia già integrato il minimum necessario al perfezionamento dell’illecito), la condotta perdura anche oltre al mutamento legislativo. Del resto questa interpretazione è conforme alla premessa in base alla quale la successione delle leggi nel tempo in materia di sanzioni amministrative è comunque regolata dall’ordinario tempus regit actum. La nuova normativa non si applica che per il futuro, volendo significare che sono esclusi dal suo ambito di applicazione solo i “fatti compiuti”. La protrazione della condotta impedisce di considerare il fatto come compiutosi, dovendo invece essere reputato ancora pendente.



3. - Una tale opzione ermeneutica si fonda, tuttavia, su un assioma indimostrato. E’ corretta ove l’illecito in parola sia un illecito amministrativo “permanente”, come del resto i precedenti citati non lesinano di ribadire. Tuttavia la classificazione del tipo di illecito di durata è tutt’altro che pacifica, residuando in dottrina diverse opzioni ricostruttive volte ad individuare una linea discretiva tra le varie forme. Occorre una breve digressione sui diversi tipi di illeciti di durata che possono manifestarsi nel caso concreto. Per “illecito permanente” anche la stessa sentenza citata dalla dottrina prima ricordata intende il fatto illecito che necessita di un minimum di durata temporale per essere integrato (condotta perdurante ed effetti perduranti, ove “perdura l’evento quale effetto della perduranza della condotta”[13] ovvero “che cessa nel momento in cui si mette fine alla condotta volontaria di mantenimento dello stato antigiuridico”[14]). Al fianco di siffatta categoria esistono “l’illecito istantaneo ad effetti permanenti” (condotta istantanea e effetti perduranti, ove le “le conseguenze del reato, vengono dopo il reato e quindi sono fuori di esso; derivano soltanto del reato interamente consumato”[15]) e “l’illecito a consumazione prolungata” detto anche “a condotta frazionata” o “progressiva” (condotta perdurante ed effetto istantaneo[16], ove l’illecito è perfetto già con la prima azione ed il proseguimento non incide sull’evento ormai prodottosi se non in termini quantitativi). La facoltà di inquadrare l’illecito sul piano temporale è esclusa al legislatore che non può irragionevolmente ed apoditticamente inquadrare ope legis il fenomeno[17] la cui classificazione è invece demandata direttamente all’interprete in ragione delle caratteristiche della fattispecie astratta e del fatto concreto verificatosi nella realtà dei fatti. Per individuare la norma da applicare al caso è necessario ricostruire la natura dell’illecito di durata in parola. Postulando, infatti, che l’illecito amministrativo per utilizzo di lavoro irregolare sia ascritto al novero dell’illecito a consumazione prolungata si dovrebbe ritenere che, come si vedrà appresso, che la norma temporale da applicare sia quella originaria. Ciò che rileva, in altre parole, è il diverso tempus commissi delicti che assume l’illecito nelle diverse ricostruzione della sua natura temporale.



4. - Nel caso postulato di illecito permanente, come già esposto, la condotta si conclude durante l’impero della novella e dunque il momento consumativo è ricondotto alla nuova regolazione. Affinché si possa inquadrare la sanzione in discussione nella categoria degli illeciti permanenti occorre tuttavia evidenziare un rapporto binario tra la condotta e l’evento. L’evento perdurante, in altre parole, si produce solo in virtù di una condotta prolungata. Tanto è che la dottrina ritiene l’ipotesi di permanenza limitata ai casi nei quali il bene giuridico tutelato dalla norma sia “indistruttibile” dalla condotta, o meglio che sia meramente “comprimibile” dalla azione illecita, di talchè la cessazione della stessa riporta la contingenza nelle stesse condizioni originarie di godimento[18]. Per evento permanente si intende la continuata compressione del bene giuridico tutelato dalla norma e non già l’eventuale permanenza delle conseguenze lesive della condotta. La differenza è flebile[19], ma rappresenta il confine tra l’illecito permanente e l’illecito istantaneo ad effetti permanenti. Per essere chiari la continuata lesione del bene giuridico deve essere direttamente derivante dalla condotta illecita, di talchè cessata questa cessa automaticamente anche l’evento[20]. Questa stretta interconnessione nel tempo tra evento e condotta differenzia l’illecito permanente dall’illecito istantaneo ad effetti permanenti ove l’evento perdura poiché il bene vulnerato è distrutto o danneggiato in modo tale che la restituito in integrum nella contingenza originaria è ammessa solo per risarcimento di equivalente. Nell’illecito istantaneo ad effetti permanenti l’evento (inteso come conseguenza lesiva) diventa indipendente dalla condotta dal quale scaturì e si mantiene per effetto di proprie ragioni endogene. La proiezione temporale dell’evento, in altre parole, è del tutto disconnessa dalla condotta. Ancora più marcata la differenza con l’illecito a consumazione prolungata nel quale, come meglio specificato appresso, l’evento cessa immediatamente di protrarsi nel tempo e si perfeziona nel suo quantum di segmento, fermo restando che la prosecuzione della condotta porta alla sommatoria di altri segmenti di danno, autonomi tra loro, pur se dipendenti tutti da una unica condotta protratta.



5. - Ciò premesso occorre inquadrare correttamente l’illecito per lavoro irregolare. Il bene giuridico tutelato dalla norma è di natura collettiva. La irregolarità del rapporto di lavoro non incide sulla posizione del lavoratore che è comunque garantito da tutte le norme legali o collettive che sarebbero applicabili nel caso di consona denuncia della posizione lavorativa. La norma tutela invece l’interesse collettivo alla acquisizione dei cespiti fiscali e contributivi che derivano obbligatoriamente dal contratto di lavoro. Anche la posizione sistematica della norma depone in tal senso. E’ inserita in un decreto-legge tendente a recuperare competitività economica ed è sita in un titolo espressamente rubricato in senso di recupero fiscale e contributivo[21]. Il punto merita approfondimento. A parità di salario il lavoratore in nero non ha interesse specifico a vedere regolarizzata ai fini contributivi la propria posizione. Il principio della automaticità delle prestazioni previdenziali e i sistemi di ricostituzione di rendite vitalizie per il caso di contribuzioni prescritte rendono irrilevante nei confronti del lavoratore la regolarizzazione contributiva. Se così è deve concludersi in ordine alla natura di bene incomprimibile dell’oggetto della tutela dell’illecito amministrativo in parola. Il patrimonio erariale ovvero il sistema di gestione economica e finanziaria degli enti previdenziali sono beni immediatamente afflitti dalle conseguenze dell’illecito, salvo successivo risarcimento successivo per equivalente per il tramite di un prelievo coattivo sia della sorte capitale inadempiuta sia della sanzione intesa quale compenso per il danno cagionato alle casse pubbliche dal mancato afflusso finanziario nel tempo previsto dalla legge[22].



6. - In altre parole, l’eventuale prosecuzione della condotta illecita (il mantenere in atto il rapporto lavorativo irregolare nel tempo) non fa altro che aggravare le conseguenze dannose di un evento lesivo già verificatosi già con il primo segmento di azione (il primo giorno di lavoro irregolare). Lo schema temporale, dunque è quello giurisprudenziale[23] dell’illecito “a consumazione prolungata” prima cennato. Il fatto lesivo all’interesse pubblicistico erariale e contributivo si produce immediatamente e la eventuale prosecuzione della attività irregolare non fa altro che influenzare solo il quantum dannoso. L’evento, in altre parole, è sconnesso dalla eventuale perduranza della condotta illecita il cui cessare non ripristina la contingenza originaria, come previsto per l’illecito permanente. Occorre capire quale sia il tempus commissi delicti nell’alveo di tale diversa categoria temporale. Il ragionamento espresso in tema di permanenza non è riproponibile. La prosecuzione della condotta illecita non è un elemento necessario del reato di talché la sua eventuale perduranza è intesa come esplicativa di una unica condotta che si manifesta in una pluralità di azioni connesse e sviluppate in un dato arco temporale[24]. In altre parole l’illecito si manifesta con il binomio condotta-evento in via istantanea, salvo che la condotta può eventualmente protrarsi nel tempo, incidendo sul quantum (e non sull’an) dell’evento. In tale opzione temporale il momento consumativo del reato è ricondotto al momento in cui l’evento è generato e perfezionato dalla condotta, percui l’eventuale ius superveniens non incide su un fatto compiutosi in tutti i suoi aspetti costitutivi, che prosegue eventualmente con un “supplemento” di condotta privo di autonomo valore, perché sconnesso con la produzione di un evento che si è già verificato in precedenza con il primo segmento della stessa condotta originaria. La perduranza di una condotta sconnessa dall’evento già verificatosi può avere valore, ai fini intertemporali, solo per il computo del periodo prescrizionale ovvero nella ipotesi di precedente amnistia relativa al periodo del primo segmento[25]. In tale ultimo caso, infatti, la giurisprudenza ritiene che possa manifestarsi un “collegamento sopravvenuto” tra l’evento originario (determinato da un segmento di condotta soggetto ad amnistia) ancora in atto sul piano della crescita delle conseguenze e il supplemento di condotta successivo. In altre parole il supplemento di condotta non sarebbe di per sé eziologicamente determinativa dell’evento e del suo aumentare progressivo ma lo diviene mediatamente allorquando il segmento originario diventi, per effetto dell’amnistia, irrilevante ai fini della responsabilità. Nel periodo successivo all’amnistia si osserva la protrazione di una condotta (che perde il carattere di “supplemento” non autonomo) ed un evento in produzione (che perde il carattere di mera prosecuzione quantitativa) e dunque si giustifica l’applicazione del compendio normativo successivo alla amnistia.



7. - L’effetto dello ius superveniens non viene in rilievo, invece, per il caso di mutamento medio tempore della disciplina. Come cennato – per il caso di illecito a consumazione permanente, come sembra essere configurabile l’uso di lavoro irregolare – il fatto si perfeziona con il primo segmento di condotta atto a perfezionare l’evento lesivo del bene tutelato dalla norma giuridica. Il fatto, in altre parole, si integra con lo svolgimento irregolare della prestazione lavorativa e l’eventuale mantenimento di tale contingenza rileva solo sulla quantificazione del danno di un evento già verificatosi con il primo segmento di azione[26]. La novella che ridetermina la sanzione è applicata solo agli accadimenti futuri in base al summenzionato principio del tempus regit actum. Se la configurazione a titolo di illecito permanente porta a ritenere che lo ius superveniens si applica all’evento compiutosi a cavallo delle normative susseguitesi - in ragione del fatto che il fatto è ancora “pendente”, e dunque non soggetto alla preclusione del “fatto compiuto” - nel caso di illecito a consumazione prolungata le conseguenze sono antipodiche. Nel caso, infatti, il fatto si compie per intero durante l’impero previgente poiché nel post-novella residuano solo dei “prolungamenti” della ipotesi originaria, privi di una loro autonomia perché assorbiti nel fatto originario. Del resto siffatta interpretazione è conforme anche alle esigenze di imputazione psicologica considerando che il mutamento medio tempore della normazione non incide sulla pregressa valutazione del rapporto tra costo e beneficio che influenzò il momento volitivo allorquando l’agente decise di porre in essere l’illecito. I “prolungamenti” della condotta non sono autonomamente casualmente determinati da un momento volitivo indipendente e sopravvenuto ma sono solo momenti esplicativi di una condotta predeterminata[27].









[1] Il presente scritto è frutto delle personali conclusioni dell’autore e non riflette l’ermeneusi dell’Istituto.




[2] Pubblicato sul fascicolo 6 del 2006 di “Argomenti di diritto del lavoro”. Si ringrazia il direttore, prof. Persiani, e l’editrice Cedam per non essersi opposti alla ripubblicazione via internet.




[3] Art. 36 bis, decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, conv. da art. 1, legge 4 agosto 2006, n. 248.




[4] Corte cost., 4 aprile 2005, n. 144 in Dir. lav., 2005, II, 227 con nota di M. Faioli .




[5] Art. 3, co. 3, decreto legge 22 febbraio 2002, n. 12, conv. da art. 1, legge 23 aprile 2002, n. 73




[6] Una simile contingenza si è manifestata con l’art. 11, co. 4, legge 5 marzo 2001, n. 57 che ha novellato l’art. 15, legge 10 ottobre 1990, n. 287 in materia di sanzioni antitrust senza prevedere un regime transitorio. Per le problematiche del caso v. PAG. Criscuoli, Nuovi problemi in materia di illeciti antitrust, in Dir. comm. internaz., 2002, 3, pag. 607.




[7] Art. 1, co. 2, legge 24 novembre 1981, n. 689. In dottrina PAG. Cerbo, Le sanzioni amministrative, 2000, Milano, pag. 9. La diversa scelta rispetto al sistema penale è giustificata dalla assenza di conseguenze lesive sulla libertà personale del soggetto passivo ovvero dall intenzione del legislatore di dotare la sanzione amministrativa di una chiara funzione preventiva "togliendo ab ovo al trasgressore ogni aspettativa di elusione della pena per una favorevole successione di leggi sanzionatorie amministrative" (Paliero-Travi, La sanzione amministrativa, in Enc. dir., vol. XLI, Milano).




[8] Cass. civ., sez. lav., 27 settembre 2005, n. 18835, in Guida al lavoro, 2005, 45, pag. 35: “In tema di illeciti amministrativi, l’adozione dei principi di legalità, di irretroattività e di divieto di analogia, comporta l’assoggettamento del comportamento illecito alla legge del tempo del suo verificarsi, con conseguente inapplicabilità della disciplina (eventualmente) più favorevole, senza che possano trovare applicazione analogica, attesa la differenza qualitativa delle situazioni considerate, gli opposti principi di cui all’art. 2, co. 2 e 3, c.pag.”.




[9] Ad esempio, in tema di illecito contributivo v. art. 116, co. 18, legge 23 dicembre 2000, n. 388.




[10] E. De Fusco, Lavoro nero, sanzioni al test, in Il Sole – 24 Ore, 30 agosto 2006, pag. 23




[11] Cass. civ., sez. lav., 15 giugno 1998, n. 5957 in MGL, 1998, pag. 931 (con nota di R. Giovagnoli): “Discorso del tutto diverso, invece, in ordine al reato permanente, il quale è ritenuto reato unico; si perfeziona non già nel momento in cui prende corpo la situazione offensiva, ma in quello nel quale si realizza il minimum necessario per la sussistenza di tale reato; e si consuma quando cessa la condotta preordinata a protrarre la situazione predetta, per cui è naturale che la disciplina degli illeciti amministrativi di carattere permanente sia calibrata su quella penalistica”.




[12] Cass. civ., sez. I, 6 maggio 1991, n. 4995, in Giust. civ. Mass., 1991, 5: “poiché il concetto di illecito permanente è radicato nei principi generali e si coniuga perfettamente con la dizione base delle leggi che sempre collegano il dies a quo alla commissione della violazione, laddove la trasgressione che si sta ancora commettendo, non può dirsi "commessa" e il comportamento trasgressivo, commissivo o omissivo necessariamente abbraccia l intera durata della compressione del diritto, non potendo cominciare a decorrere la prescrizione se non dal momento in cui è venuta a cessare l attualità della condotta integrante l illecito amministrativo”.




[13] V. Adami, Il concorso eventuale nei reati plurisoggettivi, in Cass. Pen., 1997, 7-8, pag. 2291




[14] Fiandaca-Musco, Diritto penale, Bologna, ult. ed




[15] M. Valiante, Il reato permanente. Aspetti sostanziali e problemi processuali, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1999, 1, pag.210.




[16] Per gli illeciti giusprevidenziali Cass. pen. 3 marzo 2005, n. 11026, inedita (Ced Cass. 2005, RV231157): “Il reato di truffa in danno degli enti previdenziali per ricezione di indebite prestazioni maturate periodicamente non è un reato permanente nè un reato istantaneo ad effetti permanenti, bensì un reato a consumazione prolungata, giacché il soggetto agente sin dall inizio ha la volontà di realizzare un evento destinato a protrarsi nel tempo”.




[17] Corte cost., 25 febbraio 1998, n. 46 in Cons. Stato 1998, II, pag. 321: " Il carattere permanente o istantaneo del reato non può dipendere da esplicita o apodittica qualificazione del legislatore, ma dalla sua naturale essenza, inerendo alla qualità della condotta per come si presenta nella realtà; pertanto, l individuazione del carattere è affidato all interpretazione dei giudici ordinari, riferita alla descrizione delle fattispecie operata dalle singole norme incriminatrici."




[18] PAG. Criscuoli, cit.: “l esecuzione del reato in tanto può protrarsi, in quanto il bene aggredito non risulti immediatamente ed irreparabilmente "distrutto" dall aggressione giuridica”; R. Rampioni, Reato permanente, in Enc. dir., vol. XXXVII, Milano, 1987: "per avere permanenza occorre che il bene offeso sia di tale natura da rendere possibile una continuazione dell offesa già avvenuta".




[19] F. Mantovani, Diritto penale, Padova, 1992, pag. 460




[20] L’illecito permanente per eccellenza è il delitto di sequestro di persona. La vulnerazione del bene giuridico tutelato (la libertà della persona) perdura de die in diem per effetto della condotta del sequestratore. Non appena questa cessa, il bene compresso recupera la sua originaria ampiezza: la vittima riacquista la piena disponibilità della sua libertà di movimento.




[21] Decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 – Titolo III “Misure in materia di contrasto all’evasione ed elusione fiscale, di recupero della base imponibile, di potenziamento dei poteri di controllo dell’amministrazione finanziaria, di semplificazione degli adempimenti tributari e in materia di giochi”.




[22] Cass., S.U., 14 aprile 1994, n. 3476 in Giust. civ. Mass. 1994, pag. 484 (s.m.): “ Le sanzioni civili …, costituiscono una conseguenza automatica dell inadempimento e sono poste allo scopo di rafforzare l obbligazione contributiva e risarcire in misura predeterminata dalla legge il danno cagionato all istituto assicuratore”; cfr. Cass. 24 giugno 2000, n. 8644 in Giust. civ. Mass. 2000, pag. 1400 e 19 giugno 2000, n. 8324 in Giust. civ. Mass. 2000, pag. 1336.




[23] La dottrina è contraria alla categoria. Così F. Mantovani e Fiandaca-Musco, citati. La giurisprudenza invece ammette pacificamente lo schema: da ultimo Cass. pen. 3 marzo 2005, n. 11026, cit.; specificatamente in tema di illeciti amministrativi v. Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2000, n. 4594 in D&G - Dir. e Giust., 2000, f. 16, pag. 36




[24] Cass. pen., sez. III, 9 dicembre 1996, n. 5034 in Cass. pen. 1999, 1877, con nota di G. Ariolli per il quale: “la prestazione frazionata viene a costituire la modalità di esecuzione”.




[25] Cass. pen., sez. II, 9 maggio 1994 in Foro amm., 1995, pag. 1180: “Nell ipotesi di truffa ai danni dello Stato …, il reato perdura fino a quando non vengono interrotte le riscossioni … ed il momento consumativo coincide quindi con la cessazione dell attività illecita; trattasi, invero, non di reato continuato, o permanente, ovvero ad effetti permanenti, bensì di reato a "consumazione prolungata", in cui l azione dà luogo ad un evento che continua a prodursi nel tempo (la Corte ha così escluso l applicabilità dell amnistia il cui termine di efficacia era scaduto in epoca antecedente alla interruzione delle riscossioni).




[26] Ciò è confermato anche dalla novella che quantifica la sanzione al numero di giorni di durata dell’attività lavorativa.




[27] Cass. pen. 3 marzo 2005, n. 11026, cit.“…, bensì un reato a consumazione prolungata, giacché il soggetto agente sin dall inizio ha la volontà di realizzare un evento destinato a protrarsi nel tempo”.




 
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