Il Comune non è competente a determinare i compensi spettanti ai messi comunali per le notifiche, in quanto tale materia è riservata al legislatore statale e, comunque, la potestà di autoregolamentazione dell’attività di messo notificatore non può estendersi fino a condizionare la stessa possibilità di utilizzo del servizio in questione da parte delle amministrazioni statali.
Questi sono i termini in cui si è pronunciato il Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 19 febbraio 2007 n. 850.
I giudici di palazzo Spada, nell’esame della fattispecie alla propria attenzione, confermando un recente loro indirizzo (Cons. St., sez.IV, 14 febbraio 2006, n.604) hanno ritenuto che “ il convincimento della spettanza al Comune della competenza a determinare i compensi dei messi comunali non può fondarsi sul rilievo dell’avvenuta delegificazione della materia, ad opera dell’art.4 della legge 12 luglio 1991, n.151 che, avendo abrogato il precedente regime delle tariffe del predetto servizio, aveva automaticamente riservato ai Comuni, secondo la ricostruzione della fattispecie operata in prima istanza, la potestà di disciplinare, in via regolamentare, tale aspetto dell’attività di notificazione”.
Per il Collegio, “l’avvenuta abrogazione dell’art.4 della legge 10 maggio 1976, n.249 (per effetto dell’art.4, comma
Le motivazioni della predetta conclusione sono da trarre, per il Consiglio di Stato, dal fatto che “l’abrogazione di una norma di rango primario, ancorché produttiva di una lacuna nell’ordinamento (da colmarsi con gli ordinari strumenti ermeneutici), non comporta l’automatico effetto dell’assegnazione della competenza alla regolamentazione della fattispecie originariamente disciplinata dalla disposizione abrogata, ad una fonte normativa secondaria o, addirittura, amministrativa se non in presenza di una esplicita clausola di delegificazione.
Inoltre, “la legge 24 febbraio 1971, n.114 (che contiene la determinazione originaria delle tariffe) qualifica espressamente i compensi contestualmente stabiliti come spettanti ai messi comunali, e non ai Comuni, con la conseguenza che la fonte del potere in questione non può essere in alcun modo rinvenuta nella titolarità, da parte dell’ente locale, del servizio in questione e, dunque, del diritto alla sua remunerazione, viceversa intestato direttamente e personalmente ai messi comunali" (Cons. St., sez.IV, n.604/06 cit.)”.
Gesuele Bellini
N.850/2007 Reg. Dec. N. 214 e 452 Reg. Ric. Anno 1999 |
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
A) Sul ricorso in appello n. 214 del 1999 proposto dal Ministero delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato ex lege presso i suoi uffici in Roma, Via dei Portoghesi n.12;
C O N T R O
Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Maria Athena Lorizio e Claudio Visciola ed elettivamente domiciliato presso la prima in Roma, Via Dora n.1;
B) Sul ricorso in appello n. 452 del 1999 proposto dal Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Maria Athena Lorizio e Claudio Visciola ed elettivamente domiciliato presso la prima in Roma, Via Dora n.1;
C O N T R O
Ministero delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato ex lege presso i suoi uffici in Roma, Via dei Portoghesi n.12;
ENTRAMBI PER L’ANNULLAMENTO
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Firenze (nel ricorso n.214/99) e del Ministero delle Finanze (nel ricorso n.452/99);
Vista la memoria difensiva del Comune di Firenze;
Visti gli atti tutti delle cause;
Alla pubblica udienza del 31 ottobre 2006, relatore il Consigliere Carlo Deodato, ed uditi, l’Avv. Lorizio e l’Avvocato dello Stato Varrone;
FATTO E DIRITTO
1.- Con la sentenza appellata veniva annullata la delibera della Giunta Municipale di Firenze n.2202/2243 del 5 luglio 1996 (impugnata dal Ministero delle Finanze), di disciplina dell’espletamento del servizio notifiche in favore di altre amministrazioni da parte dei messi comunali, nella sola parte in cui veniva subordinata l’esecuzione delle notificazioni alla compatibilità della relativa attività con le potenzialità dell’ufficio, essendo state, invece, ritenute legittime, con conseguente reiezione delle pertinenti censure, le altre disposizioni contestate dall’Amministrazione ricorrente (e, cioè, la previsione della debenza del contributo anche nei casi in cui la legge prevede la notifica gratuita da parte dei messi comunali, la prescrizione che la richiesta di notifica deve avvenire con congruo anticipo e la determinazione del compenso dovuto per gli atti dell’Amministrazione finanziaria).
Avverso quest’ultimo capo della decisione proponeva appello il Ministero delle finanze, criticando la correttezza degli argomenti addotti a sostegno della gravata pronuncia reiettiva, insistendo nel sostenere l’incompetenza del Comune nella regolamentazione dei compensi dovuti per l’attività di notificazione dei messi comunali e nella disciplina dei tempi e delle condizioni dell’espletamento di quest’ultima, ed invocando la riforma parziale della sentenza appellata ed il conseguente annullamento della delibera commissariale, anche nella parte contestata con l’appello.
Il capo di annullamento della delibera citata veniva, invece, impugnato, con autonomo ricorso, da parte del Comune di Firenze, che contestava il giudizio di illegittimità della parte della determinazione con cui si condizionava l’espletamento del servizio alla compatibilità delle richieste con la potenzialità dell’ufficio e che concludeva, pertanto, per la sua riforma.
Alla pubblica udienza del 31 ottobre 2006 i ricorsi venivano trattenuti in decisione.
2.- Occorre preliminarmente provvedere alla riunione degli appelli indicati in epigrafe, in quanto rivolti avverso la medesima decisione.
3.- Si deve, ancora, premettere che le questioni dedotte dalle parti, in entrambi i ricorsi, sono state già esaminate e definite dalla Sezione con una recente pronuncia (Cons. St., sez.IV, 14 febbraio 2006, n.604), con la quale si è, in particolare, ritenuto che non spetti al Comune la competenza relativa alla determinazione dei compensi spettanti ai messi comunali, in quanto riservata al legislatore statale, e che la potestà di autoregolamentazione dell’attività in questione non possa estendersi fino a condizionare la stessa possibilità di utilizzo del servizio in questione da parte delle amministrazioni statali, con la previsione di modalità, di condizioni e di termini per l’accesso allo stesso del tutto incompatibili con le esigenze postulate dal rispetto della normativa primaria che regola, con forza inderogabile e vincolante, le notifiche degli atti giudiziari.
4.- In coerenza con i principi appena enunciati, dai quali
E’ sufficiente, al riguardo, ribadire che “il convincimento della spettanza al Comune della competenza a determinare i compensi dei messi comunali non può fondarsi sul rilievo dell’avvenuta delegificazione della materia, ad opera dell’art.4 della legge 12 luglio 1991, n.151 che, avendo abrogato il precedente regime delle tariffe del predetto servizio, aveva automaticamente riservato ai Comuni, secondo la ricostruzione della fattispecie operata in prima istanza, la potestà di disciplinare, in via regolamentare, tale aspetto dell’attività di notificazione.
Senonchè, a ben vedere, l’avvenuta abrogazione dell’art.4 della legge 10 maggio 1976, n.249 (per effetto dell’art.4, comma
Innanzitutto, perchè l’abrogazione di una norma di rango primario, ancorchè produttiva di una lacuna nell’ordinamento (da colmarsi con gli ordinari strumenti ermeneutici), non comporta l’automatico effetto dell’assegnazione della competenza - alla regolamentazione della fattispecie originariamente disciplinata dalla disposizione abrogata - ad una fonte normativa secondaria o, addirittura, amministrativa (come in questo caso), se non in presenza di una esplicita clausola di delegificazione (nella specie mancante).
In secondo luogo, in quanto la conclusione raggiunta dai primi giudici si fonda sull’impropria qualificazione dell’attività di notificazione svolta dai messi comunali come direttamente pertinente alle competenze dei Comuni (donde la potestà alla loro regolamentazione), mentre, di contro, la legge 24 febbraio 1971, n.114 (che contiene la determinazione originaria delle tariffe) qualifica espressamente i compensi contestualmente stabiliti come spettanti ai messi comunali, e non ai Comuni, con la conseguenza che la fonte del potere in questione non può essere in alcun modo rinvenuta nella titolarità, da parte dell’ente locale, del servizio in questione e, dunque, del diritto alla sua remunerazione, viceversa intestato direttamente e personalmente ai messi comunali” (Cons. St., sez.IV, n.604/06 cit.).
Con la conseguenza che il Comune di Firenze era del tutto sprovvisto della competenza alla determinazione dei presupposti (della relativa obbligazione) e della misura dei compensi spettanti ai messi comunali, da ritenersi ancora riservata alla legge statale.
In ordine alla seconda questione sollevata dal Ministero appellante, relativa alla parte in cui
Ne consegue che la delibera commissariale scrutinata risulta viziata anche nella parte in cui si occupa di fissare termini rigidi per la presentazione delle richieste di notifica, del tutto incompatibili con l’osservanza della disciplina legislativa sulle notificazioni, rispetto alla quale la determinazione in esame si appalesa contrastante” (Cons. St., sez.IV, n.604/06 cit.).
5.- Per le medesime ragioni da ultimo esposte, va anche confermato il giudizio di illegittimità, già reso in prima istanza e gravato con l’appello del Comune, del capo della delibera di Giunta con cui veniva subordinato l’espletamento del servizio alla sua compatibilità con le potenzialità dell’ufficio, posto che, anche qui, il potere di autoregolamentazione dell’attività non può spingersi fino a condizionare la stessa prestazione del servizio a fattori, quali l’organizzazione amministrativa interna, diversi ed estranei, rispetto a quelli che, secondo la normativa primaria, esonerano i Comuni dal servizio in questione od escludono il suo carattere necessario ed indefettibilie.
6.- Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, l’accoglimento dell’appello del Ministero delle finanze e la reiezione di quello del Comune di Firenze, con il conseguente annullamento della delibera impugnata in primo grado, in tutte le parti contestate con il ricorso originario.
7.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, riunisce i ricorsi indicati in epigrafe, respinge l’appello del Comune di Firenze (n.452/99), accoglie quello del Ministero delle finanze (n.214/99) e, in parziale riforma della decisione appellata, annulla la delibera della Giunta Municipale di Firenze n.2202/2243 del 5 luglio 1996, relativamente a tutte le parti contestate con il ricorso di primo grado; condanna il Comune di Firenze a rifondere al Ministero delle finanze le spese di entrambi i gradi di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.000,00;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 31 ottobre 2006, con l intervento dei signori:
Carlo Saltelli - Presidente f.f.
Carlo Deodato - Consigliere, Estensore
Salvatore Cacace - Consigliere
Sergio De Felice - Consigliere
Eugenio Mele - Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE F.F.
Carlo Deodato Carlo Saltelli
IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio Carnabuci
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
19 febbraio 2007
(art.
Il Dirigente
Antonio Serrao