Marco Bernardini, Mario Schiavon,
La pensione sostenibile. Modelli e proposte previdenziali comparate,
con prefazione di Cesare Damiano, e conclusioni di Pierluigi Mantini Roma, Lithos, 2007.
Recensione di Fabio Faretra
L’acceso dibattito attuale sulla prossima riforma previdenziale contrappone diverse teorie e opposte posizioni sulla crisi delle finalità del sistema previdenziale che è quello di realizzare una tutela per i lavoratori subordinati e per tutti i produttori di reddito da lavoro, nel momento in cui sorge il bisogno di reperire mezzi adeguati per far fronte ad eventi derivanti da vecchiaia, invalidità, malattia ed infortunio, secondo quanto stabilito dall’art. 38 della Costituzione che conferisce agli organi ed agli istituti predisposti o integrati dallo Stato, il compito di provvedere al mantenimento del lavoratore. Si tratta di un dibattito che fa confrontare tecnici ed economisti, politici e amministratori nazionali, ma che necessita ancora di fissare linee-guida precise rispetto ai tanti dilemmi della questione previdenziale.
Gli autori suggeriscono un diverso approccio per affrontare il dibattito che nelle prossime settimane animerà anche l’attività istituzionale e in preparazione alla quale presenta questa sua proposta editoriale: quello comunitario. Infatti, la generalizzata crisi del welfare state ha destrutturato i pur diversi modelli previdenziali di tutta Europa, inducendo il legislatore comunitario fin dal Vertice di Lisbona a proporre principi fondamentali a tutela dei diritti previdenziali di cui indiscutibilmente godono i cittadini europei. Diritti inalienabili, ma di difficile osservanza negli ultimi decenni contrassegnati da radicali trasformazioni del mercato del lavoro, del meccanismo di produzione della ricchezza del Paese e, soprattutto, dal fattore demografico del miglioramento della speranza di vita della popolazione, che ha prodotto uno squilibrio del rapporto fra lavoratori e pensionati.
Gli autori rileggono le cause e la storia delle prime riforme messe a punto dal legislatore comunitario e da quelli nazionali soffermandosi proprio sugli aspetti sociali, culturali, demografici, oltre che economici, così che l’insostenibilità delle Casse dello Stato ad affrontare la spesa per le pensioni è sempre più non “il motivo”, ma uno dei fattori che definiscono come inadeguate le pensioni in Italia. Da qui l’uso appropriato anche per le carenze del sistema previdenziale di una ricetta fondata sulla sostenibilità e l’adeguatezza delle pensioni, mirate a tutelare il diritto alla pensione preservando il tenore e la qualità della vita della terza età.
La complessità di fattori che determinano la realizzazione di questi principi è tale che il legislatore comunitario ha optato per una metodologia di guida fondata sull’integrazione delle esperienze europee, attraverso il modello della comparazione dei sistemi previdenziali nazionali proposto dagli Autori. Si tratta dell’acquisizione finale uscita dal Vertice di Laeken del 2001 con il quale gli stati membri dell’Unione hanno inaugurato la fase decisiva del cammino di riforma previdenziale con l’adozione del metodo aperto di coordinamento. Diverse, infatti, sono le combinazioni fra i tre pilastri, le formule previdenziali e le buone prassi che governano l’erogazione delle pensioni negli stati europei, così come il grado di sensibilità alla pianificazione previdenziale con l’attuale crisi rispetto alla garanzia del diritto previdenziale delle generazioni future mai come in altri settori economici condizionato dall’attuale assetto del mercato del lavoro e delle pensioni. Si pensi, in tal senso, all’introduzione in Italia del modello previdenziale complementare rispetto a quello tradizionale pubblico che ha consentito con l’interazione del fattore demografico con quello sociale di affermare una radicale trasformazione del sistema previdenziale e un diverso orientamento culturale rispetto all’importanza dei redditi pensionistici: essi si sono trasformati in automatico riconoscimento al termine della vita lavorativa di un investimento da programmare già a partire dall’entrata nel mercato del lavoro e ciò per la insufficienza delle Casse dello Stato e per la diversificazione e allungamento dell’età anziana.
Obiettivo principale degli Autori è quello di descrivere nelle sue dinamiche e conseguenze il profondo cambiamento che pone al centro dell’imminente riforma previdenziale fattori non eminentemente economici e valori non espressamente materialisti: la qualità della vita, la sostenibilità per le generazioni future, la persona con i suoi bisogni e le sue necessità anche in un periodo non più produttivo della vita, la possibilità di ottenere anticipazioni del TFR per far fronte alle proprie esigenze personali e familiari, la libertà di continuare con il proprio lavoro anche al raggiungimento dell’età pensionabile, il riconoscimento di condizioni eccezionali in quelle della disabilità, delle attività usuranti, delle lavoratrici madri, dei lavoratori atipici.
Il suo prioritario riferimento è al documento varato dal Consiglio di Stoccolma del settembre 2002 in cui il legislatore comunitario e gli stati membri hanno disposto un piano operativo nazionale costituito da undici obiettivi tesi ad arricchire, rafforzare e diversificare il diritto fondamentale dei cittadini dei Paesi membri dell’Unione europea a godere di un reddito di pensione al termine della propria vita lavorativa commisurato al proprio contributo previdenziale e comunque di entità minima qualora quel contributo fosse insufficiente. Uno degli strumenti pratici di questa politica è stata l’unanime applicazione della diversificazione delle fonti previdenziali e delle politiche fiscali degli Stati membri a sostegno che costituisce l’asse portante della riforma previdenziale anche italiana.
Le riflessioni proposte dagli Autori in questo lavoro mostrano come le strategie politiche allestite in gran tempestività dal legislatore comunitario e da quelli nazionali per mantenere gli obiettivi di adeguatezza e sostenibilità previdenziale abbiano una forte connotazione sociale e culturale da cui non si può prescindere per elaborare piani evidentemente economici. Complessivamente, è chiaramente rinvenibile l’importanza della sfida che l’adeguamento del sistema previdenziale richiede al legislatore, ma, soprattutto, proprio ai cittadini per definire un nuovo assetto in cui la partecipazione decisionale può probabilmente colmare l’impatto di innovazioni inattese perché radicali.