L’indennità di posizione dei dirigenti non và calcolata ai fini dell’indennità di buonuscita.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 16 gennaio 2007, n.3, interviene a comporre il contrasto giurisprudenziale tra
Secondo l’indirizzo della IV sezione, espresso con la decisione n. 2738/2004, il computo dell’indennità di posizione attribuita ai dirigenti dal CCNL è ammessa.
I giudici a favore di questa tesi, premettendo comunque il perdurare dell’operatività della norma di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 1032/1973, secondo cui “solo gli assegni e le indennità specificamente previsti dalla legge” concorrono a formare la base contributiva, ai fini della indennità di buonuscita, e premettendo, altresì, la tassatività della composizione della base retributivo-contributiva (secondo il disposto dell’art. 38 D.P.R. 1032/1073, e degli artt. 2 della L. n. 75/1980 ed 1 della L. n. 87/1994) giungono alla conclusione di ammettere il calcolo dell’indennità di buonuscita ai dirigenti in virtù dell’entrata in vigore della contrattazione collettiva che disciplina la retribuzione del personale dirigente delle pubbliche amministrazioni, con diritto dal 1.7.1997, data di istituzione del Fondo destinato ai pagamenti.
Invero, secondo questo indirizzo, “le disposizioni con le quali l’art. 38 determina la base contributiva, sulla quale calcolare il trattamento di buonuscita, debbono essere lette alla luce del vigente ordinamento contrattuale e non più dalla fonte legislativa”, cosicché, stanti i caratteri di compenso “fisso, continuativo, costante e generale” assunto dalla retribuzione di posizione istituita per i dirigenti statali dal ccnl, sarebbe del tutto irrilevante, per i fini che interessano, che essa non sia nominalmente compresa nella base retributivo-contributiva prevista dall’art. 38 D.P.R. 1032/1073 (e dagli artt. 2 della L. n. 75/1980 ed 1 della L. n. 87/1994), né sarebbe di ostacolo che non sia stata assoggettata a contribuzione (potendosi a ciò provvedere mediante operazioni di conguaglio.
Per
Decisiva sarebbe, per
L’Adunanza Plenaria nella decisione in argomento propende per quest’ultimo orientamento.
A proprio avviso, il mutato regime del rapporto d’impiego non ha fatto perdere all’indennità di buonuscita, per tutte le categorie di dipendenti da pubbliche amministrazioni, “le connotazioni che ne hanno fatto un istituto sui generis, nell’ambito dei trattamenti di fine rapporto, in forza della sua marcata funzione previdenziale (attestata dalla Corte costituzionale nella sentenza 19 giugno 1979 n. 82), che l’ha tenuta distinta da forme differenti di retribuzione differita tipica del trattamento di fine rapporto per i lavoratori privati di cui agli artt. 2120 e 2121 c.c. o della indennità di anzianità spettante ai dipendenti degli enti pubblici non economici in forza dell’art. 13 della legge 20 marzo 1975 n.
L’Alto Consesso , a sostegno di quanto vuole dimostrare, richiama alcuni principi già espressi in proprie decisioni (nn. 4, 6/9 e 18 del 1996) riguardanti la computabilità della indennità di impiego operativo del personale militare:
- la natura retributiva o meno di un’indennità non é sufficiente a che l’indennità medesima possa farsi rientrare nella base contributiva, ai fini della indennità di buonuscita;
- il principio di adeguatezza della retribuzione non implica che un emolumento, sebbene pensionabile, debba essere necessariamente incluso nel trattamento di fine servizio (affermazione confortata anche dall’orientamento espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 278 del 1995);
- per stabilire l’idoneità di un certo compenso a fare parte della base contributiva dell’indennità di buonuscita, ciò che rileva non é il carattere sostanziale di esso (natura retributiva o meno) ma il dato formale e cioè il regime impresso dalla legge a ciascun emolumento.
Si tratta di principi, ad avviso dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di stato, che “conservano validità, nei limiti in cui la riserva legislativa espressa nel comma 2 dell’art. 38 D.P.R. n. 1032 del 1973, venga correttamente intesa nella sua relatività ovvero non escludendo che la legge (come in effetti avvenuto) possa a sua volta fare rinvio alla contrattazione collettiva e, per quanto necessario, alle misure esecutive occorrenti per adeguare il sistema alla esigenza di omogeneizzazione derivante dalla nuova disciplina del rapporto d’impiego.
Ne discende che, lo strumento per al fine di stabilire se un dato emolumento é computabile o meno nella indennità di buonuscita dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, non è quello della natura dell’emolumento, ma della concreta disciplina impressa, per lo specifico fine della sua computabilità, dalla contrattazione collettiva.
Al riguardo, continua l’Alto Consesso, alla luce delle disposizioni di legge, la volontà contrattuale espressa nel c.c.n.l. 1994/97, e nell’accordo relativo al biennio contrattuale 1996/1997, non é nel senso di sottoporre a contribuzione e di includere nel computo dell’indennità di buonuscita, l’indennità di posizione riconosciuta ai dirigenti.
In adesione a quanto stabilito dalla Sezione VI giurisdizionale, in particolare, con la decisione n. 836 del 2006, continua l’Adunanza Plenaria, assumono rilievo, in argomento, l art. 33, che tiene distinta, nell’ambito delle voci che compongono la struttura della retribuzione della qualifica unica dirigenziale, lo “stipendio tabellare” e la “retribuzione di posizione”; l art. 34, che ha definito lo “stipendio tabellare”;- l art. 35, che ha disposto che “le misure dei trattamenti economici risultanti dall applicazione dell articolo precedente hanno effetto, secondo la disciplina vigente, sulla tredicesima mensilità, sul trattamento ordinario di quiescenza, normale e privilegiato, sull indennità di fine rapporto, .... sulle ritenute assistenziali e previdenziali e relativi contributi e sui contributi di riscatto”.
Orbene, dal complesso di tali disposizioni risulta chiaro che sono rilevanti ai fini della liquidazione della indennità di buonuscita e della relativa contribuzione soltanto le voci tassativamente riconducibili allo stipendio tabellare come definito dall’art. 34, mentre l’art. 5 dell’accordo relativo al biennio 1996/1997 si occupa dell’indennità di buonuscita soltanto per disporre l’applicabilità – al personale cessato dal servizio nel corso del biennio in questione – degli incrementi retributivi già disciplinati dal citato art. 35, nella misura prevista dagli scaglionamenti maturati alla data di cessazione dal servizio, e non anche per ridefinire le “voci” rilevanti ai fini della contribuzione.
Di ben differente tenore é il c.c.n.l. valevole per il quadriennio 1998/2001 con cui è stata espressamente prevista l’utilità, ai fini della buonuscita, della retribuzione di posizione dirigenziale, facendo coincidere il riconoscimento del beneficio con il termine generale di decorrenza giuridica ed economica del nuovo contratto, fissato al 1° gennaio 1998.
Nel definire gli effetti dei nuovi trattamenti economici, a partire dal biennio 1998/1999, l’art. 40 del nuovo contratto è infatti chiaro nello stabilire che : a) le retribuzioni risultanti dall’applicazione degli artt. 38 e 39 hanno effetto …sull’indennità di buonuscita o di fine servizio” (comma 1); “b) gli effetti del comma 1 si applicano alla retribuzione di posizione nella componente fissa e variabile in godimento” (comma 2); c) agli effetti della indennità di buonuscita ...si considerano soltanto gli scaglionamenti maturati alla data di cessazione dal servizio” (comma 3).
La non equivocità del linguaggio contrattuale adoperato nella prima come nella seconda tornata di accordi contrattuali, non può lasciare dubbi interpretativi, sulla volontà delle parti, nel primo come nel secondo caso.
Conclude il Collegio, che per i dirigenti cessati dal servizio prima della data di efficacia del nuovo contratto nazionale 1998-2001 ed in vigenza dell’accordo relativo al biennio 1996/1997, nella base di computo della indennità di buonuscita non può tenersi conto dello scaglione di indennità di posizione maturato al momento del collocamento a riposo e, a maggior ragione, degli scaglionamenti successivi.
Gesuele Bellini
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 3/2007 Reg.Dec. N. 23 – 24 Reg.Ric. ANNO 2006 |
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sui ricorsi in appello
I - ricorso n. 23 del 2006 - proveniente dal ruolo appelli con il n. 9913/2003 - proposto dall’I.N.P.D.A.P. Istituto Nazionale di Previdenza per i dipendenti dell’Amministrazione Pubblica, con sede legale in Roma, in persona del Commissario straordinario e legale rappresentante in carica, Dr. Marco Staderini, rappresentato e difeso dall’Avv. Maria Ravano Marini, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale dell’Istituto, in Roma, Via Cesare Beccaria n. 29,
contro
i Signori Margherita BAVICCHI in LOLLOBRIGIDA, Antonino PACE e Luciana PISANI in
e nei confronti
- del MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in carica;
- il CONSIGLIO DI STATO, in persona del Presidente in carica;
-
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione III ter, n. 5889/2003, del 3 luglio 2003;
II – ricorso n. 24 del 2006 – proveniente dal ruolo appelli con il n. 4964/1999 – proposto dal MINISTERO DELLE FINANZE, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso cui é per legge domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi n.12;
contro
il Sig. Vincenzo SIRUGO, residente in Trieste, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Federico Rosati del Foro di Trieste e Stefano Coen del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via Archimede, n. 44;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia n. 67/99 del 29 gennaio 1999, notificata il 22 marzo 1999;
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio:
- nel ricorso n. 23/2006 - degli appellati Margherita BAVICCHI in LOLLOBRIGIDA, Antonino PACE e Luciana PISANI in
- nel ricorso n. 24/2006 – dell’appellato Vincenzo SIRUGO;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti delle cause;
Visto il decreto 12 luglio 2006 con il quale il Presidente del Consiglio di Stato ha disposto la devoluzione dei ricorsi all’Adunanza Plenaria, sulla considerazione del contrasto giurisprudenziale fra
Relatore, alla pubblica udienza del 13 novembre 2006, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; uditi!Fine dell espressione imprevista, altresì, l’avv. Marinuzzi, l’avv. Pizzuti e l’avv. Capria per dichiarata delega dell’avv. Coen e Rosati!Fine dell espressione imprevista;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
1.1. Con sentenza n. 5887/2003 (oggetto del primo degli appelli in esame),
Il giudice di primo grado ha ritenuto che l’indennità di posizione dirigenziale deve essere computata ai fini della buonuscita dei dirigenti collocati a riposo in vigenza del ccnl 1994/1997, relativo al comparto ed all’area che interessa, dal momento che sulla base del suddetto contratto, l’indennità di posizione dirigenziale costituisce un elemento essenziale della retribuzione mensile, corrisposto in misura costante, continuativa e predeterminata; cosicché sarebbero irrilevanti sia il disposto art. 38 del D.P.R. 1032 del 1973, sia la circostanza che la data di decorrenza dell’intero importo spettante nel biennio 1996/1997 fosse successiva al momento del collocamento a riposo degli interessati, perché l’eventuale dilazione prevista per la corresponsione dei benefici economici ai dipendenti pubblici non inciderebbe sul diritto alla percezione dei benefici stessi nel loro importo complessivo (secondo quanto il giudice di primo grado desume da principi affermati nelle decisioni del Consiglio di Stato 9 gennaio 1997 n. 9, 14 ottobre 1998 n. 1396 e 19 ottobre 1995 n.
1.2. A sua volta, con sentenza n. 199/1999 del 15 febbraio 1999 (oggetto del secondo degli appelli in esame), il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli–Venezia Giulia, ha ritenuto il diritto del ricorrente (Sig. Vincenzo Sirugo, già dirigente delle Dogane, collocato a riposo in data 1 ottobre 1997) alla rideterminazione e riliquidazione della indennità di buonuscita con il computo della quota relativa all’indennità di posizione percepita al momento del collocamento a riposo, con rivalutazione ed interessi di legge.
2. Avverso le anzidette sentenze hanno proposto appello, rispettivamente, l’I.N.P.D.A.P. (con il primo dei ricorsi in esame) ed il Ministero delle finanze (con il secondo dei ricorsi), entrambi negando il diritto dei ricorrenti cessati dal servizio nel periodo di validità del c.c.n.l. siglato il 9 gennaio 1997, per la parte economica relativa al biennio 1996/1997, a vedere inclusa l’indennità di posizione nel computo dell’indennità di buonuscita.
Entrambi gli appellanti contrappongono all’orientamento espresso dal giudice di primo grado la tassatività della disposizione contenuta nell’art. 38 D.P.R. n. 1032/1973 e la circostanza che il c.c.n.l. non riconosce utilità alla indennità di posizione ai fini della buonuscita.
L’I.N.P.D.A.P, più diffusamente, richiama l’orientamento espresso, su identica questione, dalla Sezione VI del Consiglio di Stato (dec. n. 3329/2002), nonché, sul piano normativo, l’art. 2, comma 5, della legge 8 agosto 1995 n. 33, che espressamente dispone l’applicazione di quanto previsto dall’art. 2120 c.c. soltanto in favore dei lavoratori assunti dal 1° gennaio 1996; per ciò che concerne la disciplina contrattuale, l’Istituto sostiene che la computabilità dell’emolumento non potrebbe desumersi dal testo del contratto collettivo 1994/1997, stante la struttura della retribuzione di cui all’art. 33 ed il disposto dell’art. 35 del contratto anzidetto, che, nel disciplinare gli effetti dei nuovi trattamenti economici, dispone che soltanto le misure dei trattamenti risultanti dall’art. 34 “stipendi tabellari e suoi incrementi” avrebbero effetto sulla indennità di fine rapporto, e non anche gli altri emolumenti che entrano nella struttura della retribuzione a norma dell’art. 33; l’inesistenza di una volontà contrattuale nel senso preteso dai ricorrenti troverebbe conferma nella circostanza che soltanto successivamente, con il ccnl valevole per il quadriennio 1998/2001, é stata prevista, espressamente, l’utilità, ai fini della buonuscita, della retribuzione di posizione dirigenziale, facendo coincidere il riconoscimento del beneficio con il termine generale di decorrenza normativa ed economica del nuovo ccnl, fissato all’1 gennaio 1998.
Entrambi gli appellanti concludono per la riforma delle sentenze appellate nel senso della reiezione dei ricorsi di primo grado.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio di Stato la questione é stata deferita a questa Adunanza Plenaria, sulla considerazione del conflitto giurisprudenziale verificatosi, in materia, fra IV e VI Sezione giurisdizionale.
4. Si sono costituite in giudizio le parti private appellate, contrastando la tesi dell’Istituto e del Ministero sulla base dell’orientamento favorevole espresso sul punto dalla IV Sezione del Consiglio di Stato, di cui peraltro é considerata criticamente la parte che limita il diritto al computo dell’indennità per quei dirigenti che siano stati collocati in pensione dopo l’istituzione del fondo, negandolo in favore di quanti, al contrario, sono cessati dal sevizio nel biennio economico 1996/1997, ma anteriormente alla data del 1° luglio 1997.
Sul secondo degli appelli in esame, inoltre, l’appellato eccepisce l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero – non legittimato – come del resto dallo stesso dedotto nel resistere al ricorso di primo grado; d’altra parte, non vi sarebbe interesse da parte dell’Amministrazione statale alla riforma della sentenza alla quale l’INPDAP avrebbe già dato esecuzione, provvedendo alla riliquidazione della buonuscita, in conformità.
Successivamente, sulla base anche di altri scritti difensivi delle parti, le cause, chiamate in Adunanza Plenaria, alla pubblica udienza del 13 novembre 2006, sono state trattenute per la decisione.
D I R I T T O
1. Bisogna dare atto che in seguito alla entrata in vigore del decreto legislativo n. 29 del 1993 e la stipulazione (in data 9 gennaio 1997) del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto “ministeri” per l’area “dirigenti”, per il quadriennio 1994/1997 – il quale divide il periodo di valenza dell’accordo in due distinti periodi economici (1994-1995 e 1996-1997) - sono andati formandosi (sia in primo, sia in secondo grado) due contrapposti orientamenti giurisprudenziali, in tema di computabilità, ai fini della determinazione della indennità di buonuscita spettante ai dirigenti cessati dal servizio, della indennità di posizione, istituita dall’art. 36 dell’accordo (con il relativo fondo) con decorrenza da stabilirsi in sede di contratto per il biennio 1996/1997.
L’orientamento favorevole alla computabilità dell’emolumento registra, inoltre, al suo interno, una specificazione ulteriore, in quanto, a fronte di una tesi che ammette il computo della indennità di posizione soltanto per quei dipendenti che siano cessati dal servizio successivamente alla istituzione del fondo, altra tesi (corrispondente a quella espressa dal TAR Lazio, nella sentenza impugnata dall’INPDAP) ritiene indifferente (nell’ambito del biennio 1996/1997) il momento di collocamento a riposo del dirigente.
Espressione dell’orientamento che ammette al computo l’indennità di posizione attribuita ai dirigenti dal ccnl di cui si tratta é la decisione n. 2738/2004, della Sezione IV giurisdizionale del Consiglio di Stato che - pur non negando la perdurante operatività dell’art. 38 del D.P.R. n. 1032/1973, in base al quale, in linea di principio, concorrono a formare la base contributiva - ai fini della indennità di buonuscita – “solo gli assegni e le indennità specificamente previsti dalla legge”, in forza della tipicità della base retributivo-contributiva da valere a tali fini, stante la tassatività della sua composizione (secondo il disposto dell’art. 38 D.P.R. 1032/1073, e degli artt. 2 della L. n. 75/1980 ed 1 della L. n. 87/1994) – perviene poi alla conclusione che “la quota della retribuzione (o indennità) di posizione percepita dal dirigente al momento del collocamento a riposo non può non essere calcolata nell’indennità di buonuscita del dirigente”, dal momento che “le disposizioni con le quali l’art. 38 determina la base contributiva, sulla quale calcolare il trattamento di buonuscita, debbono essere lette alla luce del vigente ordinamento nel quale la retribuzione del personale dirigente delle pubbliche amministrazioni é disciplinata dalla contrattazione collettiva (ex D.Lgs. n. 29/1993 e poi D.Lgs. n. 165/2001) e non più dalla fonte legislativa”, cosicché, stanti i caratteri di compenso “fisso, continuativo, costante e generale” assunto dalla retribuzione di posizione istituita per i dirigenti statali dal ccnl in esame, sarebbe del tutto irrilevante, per i fini che interessano, che essa non sia nominalmente compresa nella base retributivo-contributiva prevista dall’art. 38 D.P.R. 1032/1073 (e dagli artt. 2 della L. n. 75/1980 ed 1 della L. n. 87/1994), né sarebbe di ostacolo che non sia stata assoggettata a contribuzione (potendosi a ciò provvedere mediante operazioni di conguaglio), con la precisazione, tuttavia, che il diritto al computo della indennità di posizione non potrebbe essere fatto risalire ad una data anteriore a quella della istituzione del Fondo destinato ai pagamenti (1° luglio 1997) e non spetterebbe, pertanto, ai dirigenti cessati dal servizio prima di tale data.
Al contrario,
2. I due filoni giurisprudenziali sopra evidenziati, pur pervenendo a differenti conclusioni, muovono, entrambi, sostanzialmente, dalla constatazione storico-sistematica della profonde innovazioni che derivano - al sistema - anche in tema di trattamento di fine rapporto, dalla contrattualizzazione degli istituti retributivi dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, che, per quanto riguarda i dirigenti, trova la sua norma di base, nell’art. 24 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 13 del D.Lgs. n. 546 del 1993, e successivamente, dall’art. 16 del D.Lgs. n. 80 del 1998, dall’art. 9 del D.Lgs. n. 387 del 1998, dall’art. 26 comma 6 della legge n. 449 del 1998, ed, infine, trasfuso nell’art. 24 del D.Lsg. 30 marzo 2001 n. 165, contenente le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
Invero la formula del comma 1 del più volte citato art. 38 – che specifica le voci che concorrono a costituire la base contributiva ai fini della indennità di buonuscita, e quella ulteriore del comma
3. Ciò non toglie che, pur in vigenza del mutato regime del rapporto d’impiego, l’indennità di buonuscita non ha perduto, da subito e per tutte le categorie di dipendenti da pubbliche amministrazioni, le connotazioni che ne hanno fatto un istituto sui generis, nell’ambito dei trattamenti di fine rapporto, in forza della sua marcata funzione previdenziale (attestata dalla Corte costituzionale nella sentenza 19 giugno 1979 n. 82), che l’ha tenuta distinta da forme differenti di retribuzione differita tipica del trattamento di fine rapporto per i lavoratori privati di cui agli artt. 2120 e 2121 c.c. o della indennità di anzianità spettante ai dipendenti degli enti pubblici non economici in forza dell’art. 13 della legge 20 marzo 1975 n. 70.
L’Adunanza Plenaria ebbe a rilevare in passato, con riferimento alla computabilità della indennità di impiego operativo del personale militare (decisioni nn. 4, 6/9 e 18 del 1996) che.
- la natura retributiva o meno di un’indennità non é sufficiente a che l’indennità medesima possa farsi rientrare nella base contributiva, ai fini della indennità di buonuscita;
- il principio di adeguatezza della retribuzione non implica che un emolumento, sebbene pensionabile, debba essere necessariamente incluso nel trattamento di fine servizio (affermazione confortata anche dall’orientamento espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 278 del 1995);
- per stabilire l’idoneità di un certo compenso a fare parte della base contributiva dell’indennità di buonuscita, ciò che rileva non é il carattere sostanziale di esso (natura retributiva o meno) ma il dato formale e cioè il regime impresso dalla legge a ciascun emolumento.
Si tratta di principi che conservano validità, nei limiti in cui la riserva legislativa espressa nel comma 2 dell’art. 38 D.P.R. n. 1032 del 1973, venga correttamente intesa nella sua relatività ovvero non escludendo che la legge (come in effetti avvenuto) possa a sua volta fare rinvio alla contrattazione collettiva e, per quanto necessario, alle misure esecutive occorrenti per adeguare il sistema alla esigenza di omogeneizzazione derivante dalla nuova disciplina del rapporto d’impiego.
4. Ne discende che, al fine di stabilire se un dato emolumento é computabile o meno nella indennità di buonuscita dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, l’angolo di osservazione dell’interprete deve spostarsi dalla natura dell’emolumento, alla concreta disciplina impressa, per lo specifico fine della sua computabilità, dalla contrattazione collettiva.
Puntuale, é al riguardo, il disposto della legge 8 agosto 1995 n. 335 che si propone, appunto, l’omogeneizzazione di cui si é detto e che, all’art. 2 espressamente disciplina tale aspetto, con riferimento sia ai dipendenti assunti dal 1° gennaio 1996, sia ai dipendenti assunti anteriormente.
Ed, infatti, dopo avere stabilito, al comma 5, che “per i lavoratori assunti dal 1° gennaio 1996 alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di cui all articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , i trattamenti di fine servizio, comunque denominati, sono regolati in base a quanto previsto dall articolo 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto”, per i dipendenti (quelli cui si riferisce il comma 5 e quelli già occupati anteriormente) rinvia alla contrattazione collettiva (commi 6 e 7) per definire, nell ambito dei singoli comparti “le modalità di attuazione di quanto previsto dal comma 5, con riferimento ai conseguenti adeguamenti della struttura retributiva e contributiva del personale di cui al medesimo comma”, e di quelli di cui al successivo comma 7 ed all’Esecutivo (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro e con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale) di provvedere a dettare norme di esecuzione di quanto contrattualmente stabilito.
5. La soluzione del problema risiede dunque nella volontà contrattuale espressa nel c.c.n.l. 1994/97, e nell’accordo relativo al biennio contrattuale 1996/1997, che, come é stato osservato, non é nel senso di sottoporre a contribuzione e di includere nel computo dell’indennità di buonuscita, l’indennità di posizione riconosciuta ai dirigenti.
Come é stato osservato (dalla Sezione VI giurisdizionale, da ultimo con la decisione n. 836 del 2006, e dagli attuali appellanti) assumono rilievo, in argomento, l art. 33, che tiene distinta, nell’ambito delle voci che compongono la struttura della retribuzione della qualifica unica dirigenziale, lo “stipendio tabellare” e la “retribuzione di posizione”; l art. 34, che ha definito lo “stipendio tabellare”;- l art. 35, che ha disposto che “le misure dei trattamenti economici risultanti dall applicazione dell articolo precedente hanno effetto, secondo la disciplina vigente, sulla tredicesima mensilità, sul trattamento ordinario di quiescenza, normale e privilegiato, sull indennità di fine rapporto, .... sulle ritenute assistenziali e previdenziali e relativi contributi e sui contributi di riscatto”.
Orbene, dal complesso di tali disposizioni risulta chiaro che sono rilevanti ai fini della liquidazione della indennità di buonuscita e della relativa contribuzione soltanto le voci tassativamente riconducibili allo stipendio tabellare come definito dall’art. 34, mentre l’art. 5 dell’accordo relativo al biennio 1996/1997 si occupa dell’indennità di buonuscita soltanto per disporre l’applicabilità – al personale cessato dal servizio nel corso del biennio in questione – degli incrementi retributivi già disciplinati dal citato art. 35, nella misura prevista dagli scaglionamenti maturati alla data di cessazione dal servizio, e non anche per ridefinire le “voci” rilevanti ai fini della contribuzione.
Di ben differente tenore é il c.c.n.l. valevole per il quadriennio 1998/2001 con cui è stata espressamente prevista l’utilità, ai fini della buonuscita, della retribuzione di posizione dirigenziale, facendo coincidere il riconoscimento del beneficio con il termine generale di decorrenza giuridica ed economica del nuovo contratto, fissato al 1° gennaio 1998.
Nel definire gli effetti dei nuovi trattamenti economici, a partire dal biennio 1998/1999, l’art. 40 del nuovo contratto è infatti chiaro nello stabilire che : a) le retribuzioni risultanti dall’applicazione degli artt. 38 e 39 hanno effetto ...sull’indennità di buonuscita o di fine servizio” (comma 1); “b) gli effetti del comma 1 si applicano alla retribuzione di posizione nella componente fissa e variabile in godimento” (comma 2); c) agli effetti della indennità di buonuscita ...si considerano soltanto gli scaglionamenti maturati alla data di cessazione dal servizio” (comma 3).
La non equivocità del linguaggio contrattuale adoperato nella prima come nella seconda tornata di accordi contrattuali, non può lasciare dubbi interpretativi, sulla volontà delle parti, nel primo come nel secondo caso.
Cosicché la soluzione del problema non può che essere nel senso che, nei riguardi dei dirigenti cessati dal servizio prima della data di efficacia del nuovo contratto nazionale 1998-2001 ed in vigenza dell’accordo relativo al biennio 1996/1997, nella base di computo della indennità di buonuscita non può tenersi conto dello scaglione di indennità di posizione maturato al momento del collocamento a riposo e, a maggior ragione, degli scaglionamenti successivi.
Deve essere, infatti, disattesa l’eccezione pregiudiziale sollevata dall’appellato avverso l’appello del Ministero delle finanze. In capo all’Amministrazione sostanzialmente tenuta alla corresponsione dei contributi non può esser messa in discussione la legittimazione ad impugnare la sentenza che afferma l’obbligo dell’Ente previdenziale alla riliquidazione della indennità di buonuscita, anche se, in primo grado, detta Amministrazione ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, non sussistendo alcun vincolo, nella formulazione dei motivi di appello, che derivi (per il resistente in primo grado) dal divieto dello ius novorum.
Le spese dei due giudizi riuniti possono essere interamente compensate fra le parte.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Adunanza Plenaria – riunisce gli appelli in epigrafe, li accoglie e, per l’effetto, in riforma delle sentenze appellate, respinge i ricorsi di primo grado;
Compensa interamente fra le parti le spese dei due gradi dei giudizi
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 13 novembre 2006, dal Consiglio di Stato in s.g. (Adunanza Plenaria) riunito in camera di consiglio con l intervento dei seguenti Magistrati:
Alberto de Roberto - Presidente del Consiglio di Stato
Mario Egidio Schinaia - Presidente di Sezione
Paolo Salvatore - Presidente di Sezione
Raffaele Iannotta - Presidente di Sezione
Sabino Luce - Consigliere
Raffaele Carboni - Consigliere
Luigi Maruotti - Consigliere
Carmine Volpe - Consigliere
Chiarenza Millemaggi Cogliani - Consigliere Est.
Pier Luigi Lodi - Consigliere
Gianpiero Paolo Cirillo - Consigliere
Paolo Buonvino - Consigliere
Antonino Anastasi - Consigliere
Presidente
f.to Alberto de Roberto
Consigliere Segretario
f.to Chiarenza Millemaggi Cogliani f.to Maria Rita Oliva
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il..................16/01/2007...................
(Art.
Il Dirigente
f.to Maria Rita Oliva
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa
al Ministero..............................................................................................
a norma dell art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il Direttore della Segreteria