Danno da amianto: va dimostrato il turbamento psichico connesso all’attività
(Cassazione, sez. lavoro, sentenza 7.11.2006 n° 23719 - Cristina Ravera)
Il risarcimento del danno morale per il turbamento psico-fisico connesso alla pericolosa esposizione all inquinamento ambientale può prescindere anche da un’effettiva lesione dell’integrità psico-fisica, ma postula, in ogni caso, la prova, a cura del richiedente, della rilevante gravità dell’evento, dell’effettivo turbamento psichico e dell’esistenza di un nesso eziologico fra tale turbamento e l’evento dannoso. Il principio è affermato dalla Suprema Corte in una controversia concernente la richiesta di risarcimento dei danni, lamentati dai dipendenti di un azienda esposti, nello svolgimento delle mansioni lavorative, all inalazione di polveri di amianto. Nell’occasione,
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Sentenza 7 novembre 2006, n. 23719
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 13.12.2000 gli attuali ricorrenti esponevano di aver lavorato alle dipendenze della Santino e Mauro Beraud s.p.a., con qualifica e mansioni di operai edili, fino al 7.3.1994, data a partire dalla quale erano stati assunti dalla Beraud Sud s.p.a. con qualifica e mansioni di operai metalmeccanici; riferivano che fino al 7.3.1994 erano stati impiegati nel cantiere sito all interno del Petrolchimico di Brindisi ed esposti all inalazione di polveri di amianto; lamentavano che la società non aveva mai pagato all Inail i contributi supplementari per l assicurazione contro l asbestosi e che, con nota del 25.3.1997, aveva escluso l utilizzo dell amianto nelle lavorazioni eseguite all interno del Petrolchimico; riferivano di aver ottenuto dall Inail un attestato che certificava l esposizione all amianto dalla data dell assunzione fino al 31.12.1992. Ciò premesso i ricorrenti sostenevano che le omissioni della società avevano loro impedito di fruire dei benefici previsti dalla L. n. 257 del 1992 e di maturare anticipatamente il diritto alla pensione di anzianità come operai dipendenti da impresa iscritta alla Cassa Edile, nonchè di percepire l indennità cd. A.P.E. straordinaria. Chiedevano pertanto la condanna della società al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata percezione dell APE straordinaria, oltre che al risarcimento dei danni morali per il turbamento psico-fisico, conseguente al pericolo di contrarre un male incurabile, subito per essere stati costretti a continuare il lavoro in un ambiente inquinato.
Nella resistenza della società, l adito Tribunale di Brindisi, con sentenza del 10.1.2002, respingeva il ricorso.
L appello proposto dai lavoratori veniva respinto dalla Corte di Appello di Lecce con sentenza n. 215 del 2004.
Per la cassazione di tale sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso sostenuto da due motivi e illustrato con memoria. La soc. Santino e Mario Beraud s.p.a., che resiste con controricorso, ha proposto ricorso incidentale con un motivo.
Motivi della decisione
Preliminarmente deve disporsi la riunione dei ricorsi a norma dell art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 2729 e 1226 c.c. e censurano la sentenza impugnata per avere il giudice di appello escluso il diritto al risarcimento del danno senza considerare che l impossibilità di conseguire il riconoscimento del beneficio previsto dalla L. n. 257 del 1992 all atto della cessazione del rapporto di lavoro con l impresa edile era stato determinato dal comportamento del datole di lavoro che aveva escluso l utilizzo dell amianto. Di conseguenza i ricorrenti erano stati costretti al proseguimento dell attività lavorativa, non potendo beneficiare del collocamento anticipato in quiescenza consentito dalla L. n. 257 del 1992, e tale aggravio dello stress lavorativo costituiva un fatto negativo e pregiudizievole suscettibile di valutazione patrimoniale quanto meno in via equitativa.
Con il secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 2059, 1226 e 2729 c.c., nonchè vizi di motivazione, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per aver escluso il diritto al risarcimento del danno morale soggettivo perchè mancava la prova della gravità del fatto, del turbamento psichico subito dai lavoratori e del rapporto di causalità tra il turbamento e l evento lesivo. Sostengono i ricorrenti che l evento di rilevante gravità (esposizione ultratrentennale all amianto) risultava dagli attestati dell INAIL e che il patema d animo causato dalla consapevolezza della seria e concreta esposizione a sostanze patogene non poteva essere oggetto di accertamento o di riscontro medico legale, ma poteva essere desunto dai dati di comune esperienza.
Con l unico motivo del ricorso incidentale la società censura la sentenza impugnata per aver interamente compensato le spese del giudizio di appello, nonostante la totale soccombenza dei lavoratori, senza alcuna adeguata motivazione.
I due motivi del ricorso principale, da esaminare congiuntamente per la loro intima connessione, sono infondati.
Ha rilevato quindi
Assumono ora i ricorrenti che mentre l esposizione ultratrentennale all amianto è documentata dalla certificazione dell Inail, il turbamento psichico conseguente al proseguimento della prestazione lavorativa in ambiente inquinato non ha bisogno di prova e può essere presunto sulla base della comune esperienza.
Osserva al riguardo
Pertanto il lavoratore che chiede il risarcimento dei danni per l esposizione ad agenti patogeni, pur non avendo contratto alcuna malattia, non è liberato dalla prova di aver subito un effettivo turbamento psichico e questa prospettata situazione di sofferenza e disagio non può essere desunta dalla mera prestazione lavorativa in ambiente inquinato.
Al riguardo nessun elemento di prova è stato fornito, nè è stata richiesta alcuna prova, da parte dei lavoratori, come ammesso nello stesso ricorso. Il rigetto della domanda da parte del giudice di appello è, dunque, pienamente giustificato e le censure sollevate dai ricorrenti sono destituite di fondamento.
Per tutte le considerazioni sopra espresse, il ricorso principale deve essere rigettato.
Parimenti infondato è il ricorso incidentale della società.
In definitiva, entrambi i ricorsi devono essere respinti. Sussistono giusti motivi, ravvisabili nella specie nella reciproca soccombenza, per compensare interamente le spese del giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2006.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2006.