lavoroprevidenza

venerdì 12 gennaio 2007

SPECIALE PARI OPPORTUNITA : LE PARI OPPORTUNITA’ E L’EGUAGLIANZA SOSTANZIALE NELL’UNIONE EUROPEA

dell Avv. Anna Lisa Marino, Foro di Salerno -SPECIALE Pari Opportunità - sezione curata e diretta dalla Prof.ssa Avv. Rocchina Staiano - Vicedirettore LavoroPrevidenza.com

LE PARI OPPORTUNITA’ E L’EGUAGLIANZA SOSTANZIALE NELL’UNIONE EUROPEA



dell Avv. Anna Lisa Marino, Foro di Salerno






1. Le istanze di tutela delle pari opportunità a livello europeo



La parità fra uomini e donne è un principio fondamentale del diritto comunitario.


Il Trattato CE all’art 141 (ex art. 119) sottolinea la parità di trattamento come parità di retribuzione, mentre all’art 2 e all’art 3 menziona la promozione dell eguaglianza fra uomini e donne, rispettivamente, nell elenco delle finalità e delle azioni perseguite dalla Comunità.


Il nuovo articolo 6a prevede inoltre, su proposta della Commissione, che il Consiglio all unanimità possa decidere di adottare misure intese a combattere tutte le discriminazioni, comprese quelle basate sul sesso.


La Carta di Nizza ribadisce e rafforza il ruolo del principio di non discriminazione con il titolo terzo e afferma per la prima volta il diritto all’uguaglianza di tutte le persone davanti alla legge.



Il Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa segna una ulteriore e fondamentale tappa nel riconoscimento della parità tra uomo e donna, includendo in un solo documento destinato ad essere fonte primaria del diritto dell’Unione quanto già espresso nei Trattati e nella Carta di Nizza.



L’Unione tuttavia ha spesso difficoltà a fissare con precisione percorsi di redistribuzione lavorativa per mancanza di forza politica ed economica di fronte a fenomeni dilaganti quali l’immigrazione che pongono problemi attuali di non facile soluzione.


Le politiche che si occupano a livello comunitario di favorire le pari opportunità stentano a decollare e il loro cammino risente delle resistenze sociali, culturali, politiche ed economiche che comprimono l’effettiva attuazione della parità.



Conoscereste i vostri diritti qualora foste vittime di una discriminazione? La domanda è stata posta in un sondaggio Eurobarometro sugli atteggiamenti in materia di discriminazione, e ne è risultato che solo un europeo su tre avrebbe le informazioni necessarie per tutelare i suoi diritti nel caso in cui fosse discriminato. Aumentare la conoscenza dei diritti è pertanto lo scopo primario lanciato da una campagna a livello europeo. [1]



Le forme attuali di discriminazione per motivi di razza o di origine etnica, di religione o di convinzioni personali, di handicap, età e orientamento sessuale, sono spesso subdole, sottili, indirette, invisibili, pertanto non facilmente perseguibili. Gli interventi normativi hanno difeso da forme macroscopiche di abusi, ma rimane impunito un aspetto sommerso del fenomeno discriminatorio di non poco rilievo.



Il rapporto globale dell’Oil sulle discriminazioni nei luoghi di lavoro indica come siano ancora le donne le più colpite, anche nei paesi in cui il loro grado di istruzione è più elevato di quello degli uomini, poiché si vedono ancora inibito l’accesso ai livelli gerarchici e retributivi più alti.


L’Oil inoltre sottolinea come i fenomeni di intolleranza nel terzo millennio siano rivolti in particolare nei confronti di alcune categorie, particolarmente esposte a soprusi, quali immigrati, persone affette da hiv o colpite da aids, disabili, soggetti appartenenti a minoranze religiose.[2]



2. Le direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE [3]


Le direttive emanate nel 2000 tipizzano le discriminazioni indicate dal nuovo testo dell’art. 13 del Trattato CE: il legislatore comunitario introduce come motivi di discriminazione quelli concernenti la religione, le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali (art. 1 direttiva 2000/78/CE) nonché la razza e l’origine etnica (art. 1 direttiva 2000/43/CE).


Le direttive sono due provvedimenti pressoché identici poiché si differenziano esclusivamente sotto il profilo delle fattispecie discriminatorie sanzionate.


Tuttavia nell’ambito della direttiva 2000/78/CE la portata dei divieti sembra agire in un ambito più ristretto, mentre nella direttiva 2000/43/CE essa si estende alla sicurezza sociale e all’assistenza sanitaria.


In entrambe viene comunque ribadita la facoltà delle vittime di discriminazione di attivare procedimenti giurisdizionali o amministrativi, assegnando agli stati membri il compito precipuo di assicurare la diffusione della conoscenza della normativa antidiscriminatoria e di incentivare il dialogo sociale su tali temi.



3. La direttiva 2006/54/CE



In vigore dal 15 agosto 2006, la direttiva 2006/54/CE come recita l’art. 1 “contiene disposizioni intese ad attuare il principio di parità di trattamento per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla promozione e alla formazione professionale, le condizioni di lavoro, compresa la retribuzione, i regimi professionali di sicurezza sociale”.


Essa si propone di tutelare il principio di pari opportunità e di parità di trattamento in materia di occupazione e di impiego prevedendo apposite procedure ai fini dell’efficacia della parità di trattamento, quali organismi di parità istituiti negli stati membri, incentivazione del dialogo tra le parti sociali e con le organizzazioni non governative.[4]


Gli stati membri si impegnano a sottoporre alla commissione ogni quattro anni il testo di eventuali misure adottate in base all’art. 141 del trattato, come prevede l’art. 31.



La direttiva si inserisce nel più vasto Programma di Azione Comunitaria 2001-2006 che destina 100 milioni di euro alla realizzazione di misure antidiscriminazione da articolarsi lungo tre direzioni principali: a) analisi della natura del fenomeno discriminatorio, b) sostegno alle organizzazioni impegnate nel settore, c) aumento ed incentivazione della sensibilità sul tema della discriminazione.[5]



Il programma si accompagna all’incentivazione da parte della Commissione di diffusioni di informazioni, condivisione di esperienze, formazione, accesso alla giustizia, nonché ad altre iniziative per garantire l applicazione e l effettivo rispetto della legislazione antidiscriminazione, quali la creazione di un "Istituto europeo di genere", prevista entro il 1° gennaio 2007, secondo una proposta avanzata l’8 marzo 2005 in codecisione dal Parlamento e dal consiglio, che dovrà istituire e coordinare una Rete europea per lo scambio di informazioni e sensibilizzare i cittadini,e la proposta di un "Patto Europeo per l uguaglianza di genere".


E’ anche previsto che la Commissione presenti nel 2007 una comunicazione sulla differenza di retribuzioni fra uomini e donne, e lo stesso anno 2007 sarà l’Anno Europeo per le pari opportunità, mentre il 2010 sarà l’Anno Europeo per la lotta all’emarginazione.


Il programma a livello europeo dovrà inoltre tenere conto delle azioni specifiche per la parità da effettuarsi nel quadro dei Fondi Strutturali e delle misure di incoraggiamento della cooperazione.











[1] Bruxelles, 16 giugno 2003, “Differenze si – Discriminazione no”, Rapporto del Commissario europeo Sig.ra Anna Diamantopoulou. Altre informazioni e sintesi del sondaggio Eurobarometro sono consultabili sul sito www.stop-discrimination.info




[2] Oil (Organizzazione internazionale del lavoro) Rapporto globale sulle discriminazioni nei luoghi di lavoro, 12 maggio 2002. Il rapporto è stato preparato in seguito all’adozione della Dichiarazione dell’Organizzazione internazionale del Lavoro sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro e suoi seguiti 1998, Ginevra






[3] Direttiva 2000/43 in GUCE L 180 del 19 luglio 2000, Direttiva 2000/78 in GUCE L 303 del 2 dicembre 2000




[4] GUCE L 204/23 del 26 luglio 2006




[5] Ulteriori informazioni sul programma sono rinvenibili sul sito web della Commissione all’indirizzo http://europa.eu.int/comm/employment social/fundamental rights/index en.htm





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