Avv. Anna Lisa Marino, Foro di Salerno
1. Tutela della maternità:evoluzione normativa ed apporto giurisprudenziale
L’interazione maternità-lavoro è uno dei nodi cruciali della tutela del lavoro, poiché si accompagna alla particolare esigenza avvertita dal legislatore di difendere la lavoratrice da abusi cui può essere esposta a causa dello stato di gravidanza.
La tutela della maternità preserva il diritto fondamentale della lavoratrice madre a svolgere attività lavorativa, in conformità a quanto disposto dall’art. 4 della Costituzione, e si inserisce nelle misure che lo stato predispone per garantire la formazione della famiglia e lo svolgimento della funzione familiare, e per assicurare alla madre e al bambino una adeguata protezione, ai sensi degli artt. 31 e 37 della Costituzione.
In virtù di tali principi costituzionalmente garantiti, si è verificata una evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha determinato un progressivo ampliamento di tutela.
La legge 30 dicembre 1971 n.
La tutela si è estesa anche alle lavoratrici autonome e alle libere professioniste con la legge 29 dicembre 1987 n. 546 che ha riconosciuto il diritto di artigiane, commercianti e coltivatrici dirette, al pagamento da parte dell’INPS, di una indennità di maternità, e con la legge 11 dicembre 1990 n. 379 che ha riconosciuto il diritto delle libere professioniste a percepire un’indennità di maternità corrisposta dalla Cassa di previdenza e di assistenza di appartenenza.
La legge 8 marzo del 2000 n.
La tutela ed il sostegno della maternità e paternità è disciplinata ora nel D.lgs. 26 marzo 2001 n. 151, testo unico delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, cui si richiama l’art. 51 del codice delle pari opportunità, D.Lgs 11 aprile 2006 n. 198.
La giurisprudenza ha contribuito non poco a questo processo di rafforzamento della tutela della maternità. Per brevità di trattazione si considerano solo alcune sentenze su taluni punti salienti.
Il mancato pagamento della indennità di maternità viene equiparato ad una ipotesi di danno esistenziale, per il grave peggioramento della qualità di vita cui è sottoposta la lavoratrice madre a causa dell’inadempimento.(Tribunale di Lecce, sentenza del 18.04.2006)
Alla fine del periodo di congedo per maternità, la donna ha diritto di riprendere il proprio lavoro o un posto equivalente, ed è tutelata nel caso di licenziamento ingiustificato per evitare che il datore di lavoro sia indotto a risolvere il rapporto in considerazione dei costi e delle disfunzioni conseguenti alle assenze per l eventuale gravidanza.
2. L’indennità di maternità e l’ opzione di flessibilità
Una delle disposizioni più interessanti in materia di tutela della maternità è l’opzione di flessibilità riconosciuta alla madre dall’art. 12 della legge 53/2000 per il periodo di astensione obbligatoria.
Ferma restando la durata complessiva dei cinque mesi dell’astensione, la madre ha la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi alla nascita del figlio.
La domanda di flessibilità per ottenere l’autorizzazione a continuare l’attività lavorativa durante l’ottavo mese di gravidanza, è accoglibile anche qualora sia presentata oltre il settimo mese di gravidanza, purché la lavoratrice abbia continuato a lavorare nel periodo in questione. Qualora la lavoratrice si sia avvalsa dell’opzione di flessibilità senza esserne formalmente autorizzata attraverso attestazione medica, l’indennità di maternità non è erogabile in tali giorni, poiché viene percepita la normale retribuzione erogata dal datore di lavoro.
Il Ministero del Lavoro, oltre a sottolineare la immediata applicabilità della normativa in questione, fornisce importanti chiarimenti sulla certificazione medica necessaria. Qualora l’attività lavorativa della gestante non sia soggetta a sorveglianza medica, la lavoratrice è tenuta a presentare il solo certificato di idoneità rilasciato dal medico ostetrico-ginecologo del Servizio sanitario nazionale o dal medico con esso convenzionato. Qualora l’attività sia invece soggetta a sorveglianza medica, la lavoratrice deve presentare oltre al certificato già menzionato, ulteriore certificato emesso dal medico nominato dal datore di lavoro, competente ai fini della prevenzione e tutela della salute sui luoghi di lavoro.
Il Ministero specifica la necessità di presentare l’apposita domanda sia al datore di lavoro che all’ente erogatore dell’indennità di maternità[1].
Qualora pertanto in sede di accertamento l’ispettore riscontri la presenza sul luogo di lavoro di una lavoratrice all’ottavo mese di gravidanza, dovrà verificare che il datore sia in possesso della documentazione in questione ed in caso contrario applicherà le sanzioni già previste per l’inosservanza dell’art.
[1] Circolare Ministero Lavoro n. 43 del 7 luglio 2000
[2] Circolare Ministero Lavoro n. 86 del 6 dicembre 2000