LE AZIONI POSITIVE DI CONCILIAZIONE
Avv. Anna Lisa Marino, Foro di Salerno
1. La conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro
Al fine di garantire la parità effettiva tra uomo e donna nei luoghi di lavoro e favorire l’occupazione femminile è stata emanata nel 1991 le legge n. 125, denominata “Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel mondo del lavoro”.
Le azioni positive sono interventi e misure specifiche che consentono di rendere effettiva e completa la parità, poiché mirano a compensare particolari svantaggi e condizioni sfavorevoli che si realizzano sul lavoro.
La terminologia azione positiva assume oggi una connotazione neutra, poiché non si riferisce soltanto alla posizione della donna, dunque non ha una colorazione in termini di appartenenza sessuale. [1]
Le difficoltà crescenti cui la società espone il mondo del lavoro e l’impossibilità di conciliare la propria attività lavorativa con uno stile di vita che sia soddisfacente ed in grado di fornire un minimo di benessere psico-fisico, rendono di grande attualità questo tema. Si parla in proposito di azioni positive di conciliazione, previste dall’art. 9 della legge n. 53 del 2000.
La legge n.53/2000, contenente “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”, attraverso l’articolo 9, favorisce l’introduzione di forme flessibili con l’attuazione di progetti svolti in applicazione di specifici accordi contrattuali, per consentire a uomini e donne una più agevole conciliazione tra vita familiare e lavorativa, prevedendo a tal fine l’erogazione di contributi alle aziende interessate.
La legge in questione prende in considerazione di fatto mutamenti sociali intervenuti nei comportamenti delle famiglie, che si accompagnano alla partecipazione delle donne sempre più frequente alla distribuzione del lavoro, anche in settori prima di esclusivo appannaggio maschile.
Nascono nuovi schemi di congedo familiare e parentale, nuove forme di cura dei bambini per contribuire alla creazione di un ambiente lavorativo sano che consenta di conciliare responsabilità familiari e professionali.
Il lavoro viene valutato come segmento temporale della vita di un individuo che non può e non deve fagocitare l’intera esistenza, ma deve lasciare legittimi spazi di libero godimento delle istanze strettamente personali e familiari, dunque, di aspetti relazionali ed affettivi.
Si usa la terminologia “deve” perché non è un caso che l’incremento demografico si sia abbassato a minimi storici nel nostro paese, dal momento che la difficoltà sempre più grande è proprio quella di conciliare la posizione genitoriale con la posizione lavorativa.
Il part-time diviene a questo scopo uno strumento che offre notevoli chances di conciliazione di tempi, così pure il telelavoro, il lavoro a domicilio, l’orario flessibile di entrata e di uscita, la banca delle ore, non sono che escamotage organizzativi che grazie alla loro duttilità e flessibilità consentono di assicurare un maggiore benessere al lavoratore.
Le azioni positive di conciliazione costituiscono pertanto un ripensamento dell’organizzazione e della ripartizione delle ore lavorative per migliorare la qualità della vita.
Il provvedimento del 30 maggio del 2006 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha inserito le azioni positive di conciliazione in un panorama più ampio di interventi da effettuarsi nell’ambito di un programma-obiettivo per il 2006 per la promozione, tra l’altro, della presenza femminile nel mondo del lavoro.[3]
2. I progetti per le azioni positive di conciliazione: la circolare del Ministero del Lavoro n. 16/2006
I progetti di conciliazione mirano a stabilire, quindi, una politica dei tempi che venga incontro alle esigenze dei lavoratori.
Essi costituiscono alla luce di quanto esposto una sperimentazione da adottare sia nel settore pubblico che in quello privato per meccanismi di nuova distribuzione concordata del lavoro.
Pertanto essi dovranno contenere previsioni in grado di articolare diversamente le ore di lavoro, e di sensibilizzare sulla nuova visione flessibile del tempo, consentendo la predisposizione di interventi che garantiscano al lavoratore padre o alla lavoratrice madre di usufruire di particolari forme di flessibilità, che garantiscano a coloro che si allontanano per alcuni periodi dal luogo di lavoro, il diritto all accesso, alla formazione e riqualificazione, e la sostituzione del titolare dell’impresa o del lavoratore autonomo che benefici del periodo di astensione obbligatoria o dei congedi parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo.
Destinatari delle azioni di flessibilità per la conciliazione sono lavoratori e lavoratrici con esigenze di cura familiare, anche relativa a figli adottivi o in affidamento, e anche relativa ad altri familiari non autosufficienti.
Presupposto indispensabile per il finanziamento dei progetti è che essi siano accompagnati da un accordo sindacale, posto a garanzia della priorità delle esigenze di flessibilità delle lavoratrici e dei lavoratori.
Sulle modalità e sui termini di presentazione dei progetti di recente il Ministero del lavoro con una circolare n. 16 del 18 maggio
La durata dei progetti è di 24 mesi, i progetti che prevedano una formazione per il rientro al lavoro devono tenere conto che la necessità di questa formazione si configura solo a partire da un periodo di congedo di almeno 60 giorni.
I progetti dovranno essere inviati in originale e due copie e indirizzati al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione Generale del Mercato del Lavoro, le scadenze per la presentazione degli stessi sono rispettivamente il 10 febbraio, il 10 giugno ed il 10 ottobre di ogni anno. Si precisa inoltre che presso
Anche la finanziaria per il 2007 contiene all’art. 192 importanti disposizioni relative alle misure di conciliazione, poiché prevede che il Ministero per la famiglia di concerto con il Ministero per i diritti e le pari opportunità ed il Ministero del lavoro, definirà l’organizzazione amministrativa e scientifica dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
La conciliazione apre dunque un nuovo panorama nei rapporti di lavoro, tutto da scoprire.
[1] Si veda in proposito la neutralità della terminologia adoperata a livello di direttive comunitarie, per tutte art. 5 direttiva 2000/43 e art. 7 direttiva 2000/78.
[2] Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, 31.7.2000, C 218/6
[3] G.U. n. 160 del 12 luglio 2006.
[4] Circolare n. 16/2006 disponibile sul sito www.welfare.gov.it