lunedì 4 luglio 2011
La difficile valorizzazione
In una recente analisi svolta da Boldizzoni, Guerci e Quarantino, pubblicata sul numero di marzo-aprile 2011 di E & M – Sda Bocconi, è emerso che i concetti di valorizzazione o di gestione strategica delle risorse umane hanno più che altro un valore di orientamento comportamentale ai fini di immagine per le Direzioni delle Risorse Umane, con una scarsa ricaduta pratica se non nei momenti di disponibilità di risorse e per settori limitati dell’organizzazione aziendale, questo anche per la debolezza della Direzione Risorse Umane rispetto alle altre Direzioni nella pianificazione strategica, priva di una propria autorevole capacità critica.
Medesimo problema vi è anche nella P.A. dove manca la condivisione non tanto e solo delle informazioni quanto dei significati da attribuire ai contenuti e alle modalità dell’azione e valutazione, sì da creare diffidenza e distacco o all’opposto un sovraccarico di attese ( Barbieri), questo al fine di passare da uno stile strettamente burocratico- funzionale ad uno pro-attivo senza cadere in una superficiale valorizzazione del giudizio.
Weick riconosce nelle organizzazioni strutture di aspettativa reciproca legate ai ruoli, ma anche entità sociali che perseguono obiettivi multipli mediante il coordinamento delle attività e le relazioni tra gli attori e gli oggetti; si tratta di sistemi sociali aperti che dipendono da altri sistemi e costituiscono sottosistemi all’interno di entità più ampie, l’organizzazione è in ultima analisi fondata su accordi relativi alla lettura dell’immateriale e del materiale, ossia su una “validazione consensuale” dei processi sociali quotidiani mediante una grande costruzione collettiva di regole.
Nel raffronto tra individuale e collettivo la selezione naturale agisce a più livelli, tra sopravvivenza individuale e dei tratti appartenenti a più individui associati, ossia al gruppo, l’altruismo è quindi selezionato all’interno del gruppo in competizione con gli altri gruppi e nella formazione delle regole consensuali del gruppo risiede la capacità organizzativa, questo riduce anche lo stress correlato al trasferimento degli impulsi aggressivi rinsaldando l’organizzazione ( Sapolsky)
La selezione all’interno di un gruppo è controbilanciata dalla selezione tra gruppi, il bilanciamento tra tali forze produce il risultato finale, il valore adattivo (fitness) è relativo alla scala di riferimento, individuale, gruppi ristretti, gruppi allargati, sistemi sociali.
Se un comportamento truffaldino ha maggiore valore in termini individuali all’interno del gruppo nel suo complesso, è al contrario compromettente per la riuscita del gruppo stesso in una competizione tra gruppi su risorse determinate, questo riferimento a scale diverse è detta “teoria della selezione multivello” ( SML) o logica delle matrioske.
Nella riuscita immediata individuale vi è il rischio del dissolvimento del gruppo nel lungo periodo a fronte di sistemi cooperativi più coesi, questo tuttavia non esclude l’alternarsi dei livelli di selezione tra l’individuo e il gruppo a seconda delle necessità contingenti ( Wynne - Edwards), fino a formarsi una mente collettiva dotata di una propria memoria, un processo di interazione che produce comportamenti adattivi a livello di gruppo secondo principi di auto-organizzazione, come insegna la teoria dell’evoluzione culturale e il caso dei Sukuma descritto da Paciotti, Hadley, Holmes e Mulder ( L’Armata del veleno, in Le Scienze, 100-109, 400, aprile 2005).
David Sloan Wilson e Edward O. Wilson suggeriscono che il prevalere dei nostri antenati si è fondato sulla selezione a livello di gruppo mediante la soppressione delle differenze di fitness all’interno dei gruppi stessi; questo in quanto “pensiero simbolico, linguaggio e trasmissione di informazioni sono attività sociali basate su partner affidabili”.
Dai dati sperimentali è emerso che comportamenti aggressivi sono indotti dalla percezione di sfiducia, un ulteriore elemento a favore della cooperazione nel gruppo, infatti i segnali fisiologici e ambientali favoriscono il desiderio di interazione sociale ma sono le esperienze esistenziali che, rimodulano i meccanismi biologici (ossitocina) su differenti “valori costanti”, differenziano i nostri livelli di fiducia.
Un ambiente sicuro senza stress relazionali sembra quindi creare biologicamente le premesse per rapporti di fiducia, mentre stress, incertezza e isolamento compromettono la fiducia e quindi il fitness del gruppo ( Zak), l’azione di pochi individui truffaldini non corretta ha effetti moltiplicatori nel gruppo se si trasforma attraverso la passività in ideologia dominante. Né possiamo appoggiarci al prioritarismo della vicinanza di luogo e di tempo al fine di circoscriverne gli effetti, in quanto è il sistema nel suo complesso che impone una visione totalizzante dell’organizzazione.
Le risposte alla crisi avviene molto spesso in termini di riduzione dei costi e riposizionamento del portafoglio di servizi, senza considerare adeguatamente la leva organizzativa in rapporto all’ambiente esterno, estremamente dinamico e a cui l’organizzazione oppone resistenza, ne è influenzato e lo influenza, lo stress organizzativo è creato in buona parte anche dal fattore economico tempo che impone ristrutturazioni tanto più accelerate quanto minore è il monopolio sulle risorse. In questo “pensare strategico” già nella modellizzazione dei processi diventa determinante il capitale umano, al fine di ottenere il necessario dinamismo per il continuo riallineamento strategico funzionale (Normann).
Prof. Sergio Sabetta
Bibliografia
• D. Boldizzoni – M. Guerci – L, Quarantino, Human Resource Management: Evoluzione o involuzione?, in E & M. – SDA Bocconi, 85-102, Etas, marzo-aprile 2011;
• M. Barbieri, Nuove sfide per la valutazione dei dipendenti pubblici, in E. & M. – SDA Bocconi, 40-42, Etas, settembre-ottobre 2009;
• R.M. Sapolsky, Lo stress in natura, in Le Scienze, 66-72, 259, marzo 1990;
• David Sloan Wilson – Edmond O. Wilson, Evolvere per il bene del gruppo, in Le Scienze, 90-97, 490, giugno 2009;
• P. J. Zak, Neurobiologia della fiducia, in Le Scienze, 60-65, 480, agosto 2008;
• J.C. Harsanyl, Comportamento totalizzante ed equilibrio di contrattazione, Il Saggiatore 1985;
• R. Normann, Ridisegnare l’impresa, Etas, 2002.