venerdì 8 ottobre 2010
Risponde di ingiuria il datore di lavoro che prende a parolacce il dipendente
Il datore di lavoro che insulta il dipendente ricorrendo anche alle parolacce risponde di ingiuria.
Il contesto lavorativo o la spiccata sensibilità del dipendente non fanno certo venir meno il reato, l´ambiente di lavoro deve anzi garantire pari dignità a tutti i suoi protagonisti. Lo ha affermato la Suprema Corte nella sentenza 35099 del 29 settembre 2010, respingendo il ricorso di un imprenditore condannato per ingiuria a una multa e a risarcire la vittima, sua dipendente. La donna era stata richiamata dal suo capo e questi, vedendo la sua reazione, le aveva detto "sei una str.. se te la prendi". L´uomo aveva tentato di difendersi, a suo dire infatti l´espressione era ormai entrata nel linguaggio comune romanesco. Si trattava insomma di una frase "bonaria, rassicurante, e non offensiva". Gli Ermellini hanno fermamente respinto la sua tesi difensiva, sottolineando che la lavoratrice non era "affatto tenuta a sottostare all´uso di epiteti di disprezzo e di disistima in virtù delle generali scelte di espressione del datore di lavoro". I giudici della quinta sezione penale hanno poi aggiunto che "nel nostro ordinamento il contesto lavorativo è caratterizzato da una pari dignità dei suoi protagonisti, da una pari effettività di tutta la normativa senza che possa invocarsi, per nessuna delle parti , una desensibilizzazione alle altrui trasgressioni".
Da telediritto.it
Ilaria Piazza cassazione.net