martedì 5 ottobre 2010
Professionalità feudalizzate
“A meno che sviluppiamo un modello aziendale più sofisticato, le compagnie diventeranno soltanto un insieme di contratti senza alcun impegno da parte di nessuno “ ( Charles Handy )
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Articolo del Prof. Sergio Sabetta
E’ stata manifestata la mancanza di individuazione di un sistema professionale atto a descrivere statisticamente ma anche giuridicamente la dinamicità attuale delle figure che intervengono nel sistema produttivo di inizio secolo, questo tanto nel privato che nel pubblico.
Attualmente vi è una notevole rigidità nella catalogazione delle figure professionali parallelamente la loro individuazione giuridica avviene su vecchi modelli che distinguono fra lavoro prevalentemente manuale e lavoro esclusivamente intellettuale, mentre il tentativo di semplificazione in atto nel pubblico riconosce con difficoltà l’emergere di nuove figure che vengono di fatto a complicare l’orizzonte contrattuale.
Si parla di “competenze in formazione” da risolversi in successive “competenze esperte”, attraverso una formazione professionale continua, ma anche di “expertise”, ossia di un misto di competenza ed esperienza che permette di muoversi all’interno di fasce professionali determinate da cui ne deriva la mobilità nel medesimo settore produttivo o tra “famiglie professionali”, circostanza che nel pubblico si è risolta talvolta in una “mobilità clientelare” per mancanza di procedure trasparenti e di una finalità diretta all’ente e non alla persona.
In presenza di amministrazioni feudalizzate, con rapporti verticalistici basati sul binomio “fedeltà-protezione” e “omaggio-investitura”, la mobilità è oggetto di mercimonio teso al rafforzamento non culturale ed operativo dell’ente ma della presa sul feudo, questo non solo in strutture strettamente affiancate e di supporto al potere politico, ma anche su strutture più operative in cui la feudalizzazione rientra in un rapporto di vassallaggio collaterale, circostanza che trasforma qualsiasi organizzazione cooperativa orizzontale in una scatola puramente formale.
Istruire e formare una persona costa sia direttamente che indirettamente, come mancato lavoro, la dispersione formativa che si ottiene con una tale struttura, oltre alla mancanza di stimolo a seguito del venir meno del raffronto dialettico, può condurre ad uno scollamento nei rapporti con la realtà economica e con la necessità produttiva, oltre al naturale effetto anti-cooperativo.
Vi è pertanto la necessità di un riconoscimento giuridico a seguito di ricognizione per queste nuove figure professionali, anche al fine di contabilizzarle ed evitare schematismi che permettano discriminazioni organizzative e falsificazioni con conseguente disimpegno.
Il sistema di rilevazione non è in grado di fornire dati affidabili se non corrisponde all’effettivo sistema economico, né può impostarsi una adeguata politica economica sul lavoro senza conoscere il terreno su cui si opera.
I contratti per categoria rimandano ai singoli contratti aziendali, ma le professionalità che le varie organizzazioni economiche esprimono creano una complessità professionale che difficilmente viene riconosciuta e pertanto rilevata ufficialmente, si tende a riassorbirle nelle vecchie categorie, sia al fine di una ricerca della semplificazione gestionale, sia nel tentativo di non perdere il potere derivante dalla rappresentanza.
D’altronde vi è un invecchiamento rapido delle professionalità per l’evolversi dell’economia e della tecnologia che la sottende, la stessa tecnologia che rende superate le strutture amministrative e sfuma il sapere, una circostanza che entra in conflitto con l’allungamento della vita lavorativa si che vi è un aumento dei costi nella formazione continua necessaria al superamento dell’invecchiamento generazionale.
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Bibliografia
• C. M. Cipolla, Storia economica dell’Europa pre-industriale, Il Mulino 2002;
• S. Di Palma, La qualità del lavoro, in AA.VV., Argomenti di statistica economica, Aracne 2005;
• M. Martini – A. De Lillo – A. Marradi, Classificazione delle professioni, Roma 2000;
• P. Pascarella, Lavoratori senza confini: Come creare legami quando i lavoratori non provano lealtà verso l’azienda, in AA.VV., L’azienda globale, Boroli 2006 – vol. II.