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giovedì 16 settembre 2010

Valore ed estetica

“Quando la insegui la lucciola s’occulta nel plenilunio” ( Oshima Ryota , 1718 - 1787)
Articolo di Sergio Sabetta


Il sempre maggiore richiamo in termini espliciti o impliciti all’estetica nell’attività economica impone alcune riflessioni nel rapporto tra l’estetica ed il valore di scambio che le si attribuisce attualmente.
Il valore è dai classici individuato nella quantità di lavoro richiesto per produrre il bene, ma anche nella scarsità ed utilità marginale che il bene possiede secondo un concetto soggettivista del “valore d’uso”.
Se per Keynes “è la domanda che crea l’offerta” rovesciando la legge di Say , è pur vero che a seconda del settore considerato “l’offerta crea la propria domanda” e in questo interviene l’asimmetria informativa amplificata dai costi di transizione
( Williamson).
Nel fissare il prezzo di un bene vengono valutati i rapporti di complementarietà e quelli di sostituibilità fra beni complementari al fine di favorire sinergie ed evitare concorrenze indesiderate sempre con il vincolo inferiore dei costi di impresa, questo distinguendo fra beni di consumo e beni durevoli, tra beni di consumo durevoli e beni capitali fino a giungere ai beni rifugio tra cui le opere d’arte, nelle quali il profitto è in parte sganciato dalle componenti teoriche di Mill ( Direzione, rischio e astinenza).
Nel lanciare un qualsiasi nuovo prodotto o bene vi è la necessità di agganciarsi al comportamento dei c. d. “innovatori” e questo ancor più dove l’estetica è base, elemento supportante di una differenziazione di prodotto in cui viene progressivamente a cessare il confronto tra prezzo-qualità per l’unicità che si suppone avere il bene.
L’informativa risulta quindi acquisire la preminenza totale nel definire il supposto valore e quindi il prezzo.
Ma cos’è l’estetica che così influisce nel valore?
Bentham riconduce l’azione umana al desiderio di massimizzare l’utilità intesa quale piacere, bene, felicità o comunque un beneficio, sì che l’individualismo che ne deriva crea il valore di scambio del bene, la valenza di tale utilità è da Bentham collegata a parametri quali l’intensità, la durata, l’incertezza, etc.
Emerge, comunque, la necessità umana dell’estetica quale intensa utilità emotiva che si risolve in una società di scambi anche in una attività commerciale, nella necessità di acquisire qualcosa di unico nelle forme, nella materia e nei colori, carico di valori emotivi trasformati dal desiderio in economici.
L’estetica propria dell’uomo in quanto portatore molte volte inconscio di riflessione nelle emozioni pervade, superata la fase della pura sopravvenienza, i beni di cui si circonda, sollecitato nel suo individualismo dalla produzione stessa.
L’arte insita nell’estetica intesa come imitazione, creazione o costruzione della natura, nelle sue mille interpretazioni possibili risiede nella necessità dell’uomo di appropriarsi delle forme e della materia e attraverso di esse negare o accettare il proprio limite fisico superando il tempo.
L’estetica di cui l’arte è parte (Heyl) è l’espressione finale delle esperienze, delle attività e atteggiamenti umani, essa è necessaria nel suo primitivismo all’uomo e ne riflette la necessità di simmetria ed ordine in una grandezza proporzionale ai sensi dell’essere umano (Aristotele) che attraverso essi si appropria dell’universo da lui percepito, solo successivamente acquista una valenza educativa nell’evolversi del sociale.
L’estetica è quindi il piacere della propria unicità conoscitiva (Fiedler) attraverso la sensibilità emotiva (Santayana), sì da diventare una sensazione di pienezza dell’essere, ciò che Nietzsche definisce l’ebbrezza dionisiaca della divinizzazione dell’esistenza.
Se vi è una sensibilità di base questa può essere educata e quindi anche pilotata e in questo vi è il commerciale, l’esaltazione di alcuni elementi che sganciati dal didattico si trasformano in uno status di esclusione degli altri, ossia nella possibilità di essere gli unici a godere di un elemento estetico che proprio per la sua negazione agli altri acquista una valenza utilitaristica narcisista.
La multi valenza che l’estetica possiede, essendo questa scollegata dal puro valore materiale dell’uso e consumo nella sua valenza non cardinale ma ordinale, comporta l’impossibilità di una valutazione economica oggettiva rientrando nella valenza delle emozioni e del valore che si riesce a caricare sull’estetica del bene, secondo scale che vengono create e imposte dai nuovi vati.


Bibliografia

• N. Acocella, La politica economica nell’era della globalizzazione, Carocci 2001;
• P. Bragozzi, Fondamenti di marketing, Il Mulino 2001;
• N. Abbagnano, Storia della filosofia, Utet 1977;
• P, Ravazzi, Il sistema economico, Carocci 2001.


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