mercoledì 28 aprile 2010
Le Sezioni Unite sulla prova del demansionamento, sulla quantificazione del danno non patrimoniale e sulla reggenza nel pubblico impiego
Breve nota dell´Avv. Daniele Iarussi
In tema di demansionamento, ed in particolare nel pubblico impiego privatizzato, Cass. Civ. Sez. Un., n. 4063/10, afferma che una volta accertato il demansionamento professionale del lavoratore, il giudice del merito deve desumere l´esistenza del relativo danno in base ad una valutazione presuntiva, riferendosi alle circostanze concrete della operata de qualificazione conformemente al principio enunciato dalla Corte Suprema secondo cui il danno conseguente al demansionamento va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall´ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche, durata, gravità, frustrazione professionale) si possa, attraverso un prudente apprezzamento, coerentemente risalire al fatto ignoto, ossia all´esistenza del danno, facendo ricorso, ai sensi dell´art. 115 c.p.c., a quelle nozioni generali derivanti dall´esperienza, delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivo e nella valutazione delle prove (cfr. Cass., sez. un. n. 6572 del 2006; Cass. n. 29832 del 2008; n, 28274 del 2008).
È opinione dello scrivente, tuttavia, che il corretto inquadramento contrattuale andrebbe ascritto alla posizione giuridica B3 (ex V livello), argomentando ciò con la lettura di cui alle declaratorie professionali
della cat. B presenti nel CCNL 31.03.99 combinata con la dichiarazione congiunta n. 4 del CCNL 05.10.01.
Le citate declaratorie prevedono che, ai sensi dell’art. 3, comma 7, per i profili professionali che, secondo la disciplina del DPR 347/83 […] potevano essere ascritti alla V qualifica funzionale, il trattamento
tabellare iniziale è fissato nella posizione economica B3.
Non vi dubbio che il precitato personale, sebbene venga utilizzato il termine posizione economica B3, appartenga al profilo di accesso intermedio B3 (giusto il richiamo operatone dagli artt. 3 co. 7 e 13 co. 1
CCNL 31.03.99), sicché ne risulta una posizione giuridica.
Orbene, poiché come noto le dichiarazioni congiunte sono a tutti gli effetti contratto, appare interessante osservare la dichiarazione n. 4 CCNL 05.10.01 secondo cui gli enti, ove si avvalgano di operatore socio-sanitario, caratterizzato dallo specifico titolo, richiesto per l’accesso sia dall’esterno che dall’interno, rilasciato a seguito del superamento del corso di formazione di durata annuale […] provvedono a collocarlo nella categoria B, posizione economica B3.
Non vi è ragione per non ritenere che anche in questo caso la terminologia posizione economica sottenda una posizione economica intermedia di accesso, in analogia a quanto visto sopra, cosicché ne
discende che il personale citato deve essere ascritto alla categoria giuridica B3 (ex V livello) ipso iure, senza ricorrere a procedura concorsuale o selettiva alcuna.
Ritenere il contrario farebbe discendere risultati imbarazzanti.
Si provi a considerare il caso di un dipendente collocato in posizione economica B1 in possesso di titolo di operatore socio-sanitario: in tale fattispecie si giungerebbe alla aberrante conclusione di attribuire
due progressioni orizzontali contestuali al fine di collocarlo nella posizione B3.
* Luigi Spadone, dottore in giurisprudenza, responsabile ufficio vertenze UIL FPL del Verbano Cusio Ossola