mercoledì 24 marzo 2010
ATTRIBUZIONE DEL PREMIO DI PRODUTTIVITÀ E DIPENDENTI BANCARI
In tema di interpretazione di un contratto collettivo, è viziata, sotto il profilo della carenza di argomentazione su un dato di carattere decisivo, la motivazione della sentenza che non prenda in considerazione la fonte e il contenuto delle norme contrattuali che disciplinano la maturazione del diritto azionato in giudizio.
Nel caso di specie, si prende in considerazione lŽart. 49 del c.c.n.l. del 1994 - sostitutivo dellŽart. 45 del C.C.N.L. del 1990 - che ha previsto lŽattribuzione di un premio aziendale da corrispondersi annualmente in stretta correlazione con i risultati di produttività del lavoro e con lŽandamento economico di ogni singola impresa. In via transitoria, lŽart. 49 del C.C.N.L. citato ha disposto che la quantificazione del premio dovesse attuarsi per lŽanno 1994, sulla base dei criteri fissati dallŽart. 45 del C.C.N.L. del 1990 (comma 16), per lŽanno 1995, attraverso lŽapplicazione dei medesimi criteri con un incremento del 20% sugli Importi da corrispondere al raggiungimento di determinati valori economici (comma 2), mentre per gli altri esercizi compresi nel quadriennio di vigenza del C.C.N.L., la determinazione avrebbe dovuto formare oggetto di contrattazione aziendale, fermi restando i criteri di cui al precedente comma 2. Sul punto, la Suprema Corte, nel cassare la sentenza impugnata, ha rilevato che la Corte territoriale si era limitata ad affermare che lŽart. 49 del c.c.n.l. del 19 dicembre 1994 per i dipendenti bancari aveva istituito un premio di produttività demandando alla contrattazione aziendale unicamente lŽindividuazione dei criteri per la relativa determinazione, senza considerare che lo stesso art. 49, in linea con il Protocollo del 23 luglio 1993 tra Governo e parti sociali, correlava lŽerogazione del premio al raggiungimento di risultati programmati, di produttività del lavoro, di qualità e di altri elementi di competitività, nonchè allŽandamento economico dellŽazienda, ed omettendo di valutare la compatibilità, con il dato testuale della norma, dellŽaffermazione dellŽattribuzione di un diritto allŽerogazione del beneficio incondizionato rispetto ad accordi aziendali.
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Nota a Cassazione civ., Sez. lav., 19 febbraio 2009, n. 4078 del Dott. Stefano Antonello Aumenta (Direttore di Banca di Credito Cooperativo)
Svolgimento del processo. - Con sentenza depositata il 24 giugno 2004, la Corte dŽappello di Roma ha accolto lŽappello proposto da M.A. e dagli altri litisconsorzi in epigrafe indicati nei confronti della propria datrice di lavoro Banca di Roma s.p.a. e avverso la sentenza del locale Tribunale del lavoro emessa in data 2 febbraio 2002, condannando pertanto la Banca a pagare ai nominativi indicati somme diverse, specificate in dispositivo, a titolo di premio di produttività per gli anni 1996 e 1997.
In proposito, la Corte Territoriale ha valutato che il premio fosse stato istituito dal C.C.N.L. applicabile al rapporto, il quale avrebbe affidato poi alla contrattazione aziendale unicamente la determinazione del quantum dello stesso in ogni anno.
Conseguentemente i giudici di merito avevano ritenuto che la contrattazione aziendale non fosse legittimata ad operare la eliminazione del premio per alcuni anni, così come avvenuto presso il Banco di Roma con accordi sindacali del 1997, i quali inoltre non potrebbero essere considerati quali disdetta del C.C.N.L. e comunque non sarebbero opponibili ai lavoratori iscritti ad una sigla sindacale (CISAL-SILCEA) che non li aveva sottoscritti (mentre la successiva adesione agli accordi anche da parte di tale sindacato avrebbe lasciato salvi gli effetti già prodottisi e quindi quantomeno la maturazione del diritto al beneficio per il 1996, già acquisito al patrimonio dei lavoratori al momento dellŽaccordo aziendale del 1997).
Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione la Banca di Roma, con due motivi.
Resistono alle domande i lavoratori, con proprio rituale controricorso.
Ambedue le parti hanno depositato memorie difensive ai sensi dellŽart. 378 c.p.c..
Motivi della decisione. - 1 - Col primo motivo di ricorso, la s.p.a. Banca di Roma deduce la violazione e la falsa applicazione dellŽart. 1362 cod. civ., e segg., nonchè lŽinsufficiente motivazione della sentenza impugnata su di un punto decisivo della controversia.
Affermando sic et sempliciter che "lŽart. 49 del C.C.N.L. 1994 demandava agli accordi locali la sola determinazione del quantum del beneficio di cui è causa, ma non legittimava le parti sociali ad annullarne del tutto la corresponsione, come avvenuto nel caso di specie la Corte Territoriale non avrebbe infatti minimamente motivato tale affermazione attraverso lŽillustrazione del contenuto della norma contrattuale indicata.
Per di più, lŽaffermazione sarebbe il frutto di una lettura delle norme contrattuali errata e violativa dei canoni legali di ermeneutica contrattuale.
I giudici non avrebbero infatti tenuto conto della storia dellŽistituto, riassunta nel modo seguente.
LŽart. 45 del C.C.N.L. 23 novembre 1990 aveva istituito il "premio di produttività", demandando alla contrattazione integrativa aziendale lŽindividuazione dei criteri per misurare gli incrementi di produttività.
Il successivo C.C.N.L. 19 dicembre 1994, richiamando le regole di cui al Protocollo 23 luglio 1993 tra Governo e Parti sociali, aveva sostituito il premio di produttività con un premo aziendale, richiamando fino a quello del 1995 i criteri già stabiliti secondo la contrattazione precedente e demandando viceversa, per gli anni 1996 e seguenti, a nuovi contratti collettivi aziendali ŽHa definizione dei criteri per determinare il premio aziendale secondo quanto indicato dallŽart. 49".
Tale ultima norma, riproducendo sostanzialmente il contenuto del Protocollo di intesa del 23 luglio 1993, citato, relativamente alle erogazioni del livello contrattuale aziendale, aveva stabilito che "lŽattribuzione di un premio aziendale... viene effettuata - secondo il metodo definito a livello aziendale - in stretta correlazione ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività del lavoro, di qualità ed altri elementi di competitività di cui le imprese dispongono nonchè ai risultati legati allŽandamento economico dellŽimpresa".
Alla luce del tenore letterale delle clausole contrattuali in parola, che la Corte Territoriale non aveva evidentemente esaminato, e che comunque non aveva illustrato a sostegno della motivazione, emergerebbe con chiarezza che la voce retributiva in parola era solo eventuale, proprio perchè connessa allŽandamento aziendale e che la relativa fattispecie costitutiva del diritto in capo ai singoli lavoratori era pertanto a formazione progressiva, dipendendo anche dalla valutazione ad opera dei contraenti aziendali dei risultati conseguiti nella realizzazione di programmi concordati per lŽincremento della produttività etc. e dallŽandamento economico dellŽimpresa.
In questo quadro di riferimento, essendosi manifestate negli anni antecedenti al 1996 gravi difficoltà di bilancio, comuni anche ad altre banche, la ricorrente aveva appunto concordato coi sindacati, con gli accordi aziendali del 26/18 giugno 1997 e del dicembre del medesimo anno, raggiunti nellŽambito di un piano di recupero industriale e di contenimento del costo del lavoro, di non procedere per gli anni 1996, 1997 e 1998 ad alcuna erogazione a titolo di premio aziendale (da erogare lŽanno successivo a quello di competenza), a fronte della graduazione nel tempo della riduzione di organici (con le agevolazioni possibili) ritenuta Banca necessaria per competere sul mercato.
Concludendo, dalla norma contrattuale nazionale risulterebbe evidente che il premio non era un diritto ma costituiva una mera aspettativa, che con riguardo agli anni considerati non era evoluta in un vero e proprio diritto soggettivo dei singoli lavoratori.
2 - Col secondo motivo di ricorso, la sentenza della Corte dŽappello Roma viene censurata per la violazione e falsa applicazione dellŽart. 2077 cod. civ., e per la insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo.
Gli accordi aziendali costituirebbero, infatti, non abrogazione del C.C.N.L. o deroga allo stesso.
In ogni caso, anche se costituissero una deroga alle norme del C.C.N.L. con riguardo al premio aziendale per gli anni indicati, questa sarebbe coerente con le regole enunciate dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di rapporto tra contratti collettivi successivi anche di diverso livello.
DŽaltronde gli accordi aziendali indicati avrebbero natura di accordi di gestione, per cui nessuna rilevanza giuridica potrebbe avere la mancata iscrizione - comunque contestata - dei ricorrenti ad una delle sigle sindacali che avevano sottoscritto gli accordi del 1997.
In proposito nessuna verifica sarebbe stata operata dalla Corte Territoriale.
Ma anche a ritenere che i lavoratori in giudizio siano scritti a quelle sigle sindacali che avevano aderito solo nel 1999 agli accordi aziendali del 1997, tale circostanza non sarebbe rilevante ai fini della decisione. Non si trattava infatti di diritti quesiti, ma di mere aspettative giuridiche.
Infine, anche a voler ritenere che fossero diritti quesiti, la fattispecie prevista dal C.C.N.L. poteva ritenersi perfezionata solo con la dimostrazione del verificarsi dei presupposti dellŽincremento di produttività e dellŽandamento economico dellŽimpresa, il cui onere gravava sui ricorrenti iniziali, che non lo avevano assolto.
Anche su questo punto nessuna verifica era stata operata dalla Corte.
La ricorrente conclude pertanto chiedendo la cassazione della sentenza impugnata.
I controricorrenti deducono preliminarmente lŽinammissibilità del primo motivo di ricorso e, subordinatamente, nel merito sostengono lŽinfondatezza dello stesso e dellŽintero ricorso.
Va anzitutto esaminata, con precedenza sulle altre, in quanto logicamente e giuridicamente preliminare, la deduzione dei resistenti di inammissibilità del primo motivo di ricorso sia in ragione del preteso difetto del requisito dellŽautosufficienza dello stesso (su cui, cfr., tra le altre, recentemente, Cass. 28 gennaio 2008 n. 1756 e 10 marzo 2008 n. 6294), per la mancata integrale riproduzione delle norme contrattuali oggetto di interpretazione in giudizio, sia perchè la ricorrente si sarebbe limitata a contrapporre alla interpretazione delle norme contrattuali collettive condotta dalla Corte Territoriale senza vizi logici una propria diversa interpretazione delle medesime norme, come non è consentito operare in sede di richiesta di controllo di legittimità (in proposito, cfr.
Cass.. 12 novembre 2007 n. 23484).
La deduzione è manifestamente infondata.
La società ha infatti riprodotto nel ricorso, come sopra indicato, il testo delle norme contrattuali di cui lamenta lŽinsufficiente e comunque lŽerronea interpretazione, senza che i resistenti ne censurino la non corrispondenza al testo originale o denuncino lŽomissione di specifiche parti rilevanti sul piano della interpretazione delle norme in questione ai fini di causa.
Quanto al secondo profilo della censura in esame, la ricorrente non si limita a contrapporre una propria interpretazione delle norme contrattuali a quella della sentenza impugnata, ma supplisce al dedotto vuoto di motivazione di questŽultima con lŽindicazione delle norme disciplinari ritenute decisive, delle quali deduce essere stata omessa la considerazione nonchè del significato delle stesse che in applicazione della disciplina legale di ermeneutica contrattuale ritiene corretto, in contrapposizione a quello affermato dalla Corte territoriale in carenza di considerazione di dati normativi decisivi.
Nel merito, il primo motivo di ricorso è fondato e va accolto.
La Corte territoriale ha infatti affermato che il premio era stato istituito dal C.C.N.L., il quale avrebbe demandato alla contrattazione collettiva presso ogni singola azienda bancaria unicamente lŽindividuazione dei criteri per la determinazione dello stesso, senza argomentare la propria valutazione con lŽillustrazione del contenuto della normativa di riferimento, in particolare:
a) omettendo di considerare e interpretare lŽart. 49 del C.C.N.L. del 1994 nella parte in cui, in linea con quanto stabilito in via di principio dal Protocollo del 23 luglio 1993 tre Governo e Parti Sociali, questo correlava lŽerogazione del premio ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti collettive a livello aziendale, aventi come obiettivo incrementi di produttività del lavoro, di qualità ed altri elementi di competitività nonchè ai risultati legati allŽandamento economico dellŽimpresa;
b) omettendo di valutare la compatibilità del dato testuale dellŽart. 49 citato con una interpretazione dello stesso, nel suo complesso, nel senso di attribuire ai lavoratori un diritto perfetto o comunque indipendente, quanto allŽerogazione del beneficio, da condizionamenti stabiliti a livello aziendale.
Con ciò, la motivazione della sentenza appare carente su di un dato avente carattere decisivo, in quanto attinente alla fonte e al contenuto delle norme contrattuali che disciplinano la maturazione del diritto azionato in giudizio (nei medesimi termini, con riferimento allŽinterpretazione dellŽart. 49 del C.C.N.L. citato v. la recente sentenza di questa Corte del 15 febbraio 2008 n. 3874, che richiama anche la propria precedente sentenza del 4 novembre 2005, n. 21379, facente riferimento anche agli accordi aziendali soppressivi del premio per gli anni indicati, stipulati nellŽambito di una strategia complessiva di contenimento dei costi, di rilancio dei piani di sviluppo e di salvaguardia dei posti di lavoro della Banca, come spiegato anche in questo giudizio dalla società ricorrente).
Resta assorbito lŽesame del secondo motivo di ricorso.
Con lŽaccoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte dŽappello di Roma in diversa composizione.
P.Q.M. - La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte dŽappello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2008.