lavoroprevidenza

domenica 21 marzo 2010

DDL ´Lavoro´: attacco all´articolo 18, peggiore di quello del 2002

Per il segretario generale Guglielmo Epifani, “la normativa viola l´articolo 24 della Costituzione. Si continua ad abbassare le tutele e i diritti dei lavoratori. E´ un disegno preordinato che mira a dividere e renderli più deboli”

Dal sito del CGIL.it pubblichiamo l´intervista a Lorenzo Fassina, irigente dell´Ufficio Giuridico della CGIL Nazionale.
"L´attacco che sta subendo l´articolo 18 dello statuto dei lavoratori è peggiore di quello del 2002. Allarmante il giudizio dei giuristi della CGIL che non usano mezzi termini contro il DDL ´Lavoro´, passato all´esame del voto del Senato pochi giorni fa. A spiegare nel merito alcuni importati aspetti della Legge approvata è Lorenzo Fassina, dirigente dell´Ufficio Giuridico della CGIL Nazionale, al quale abbiamo chiesto quali sono le differenze rispetto al precedente tentativo di modifica dello Statuto dei Lavoratori.

Quale è il giudizio sul provvedimento di riforma?

Mentre nel 2002 veniva attaccato solo l’articolo 18, con la nuova legge si fa di peggio, nel senso che si fa in modo di svilire tutte le norme di legge e di contratto collettivo attraverso la certificazione e l’arbitrato.

Sarà infatti possibile, per il datore di lavoro, imporre un contratto certificato nel quale il lavoratore rinuncia a priori alla tutela giudiziaria per affidare la futura controversia ad una “giustizia privata”, ossia l´arbitrato. Gli arbitri, quando saranno chiamati a decidere sulla controversia tra dipendente e datore di lavoro, potranno addirittura giudicare “secondo equità”, ovvero senza il rispetto delle norme di legge (come l’articolo 18) e di contratto collettivo. In questo modo, oltre a svuotare di significato le norme di legge a tutela del lavoratore, il nuovo provvedimento del Governo rende, di fatto, inutile la contrattazione collettiva.

Occorre anche sottolineare la palese falsità delle affermazioni di Sacconi quando dice che l’arbitrato non pregiudicherà la via alla giustizia ordinaria: così non è, incontestabilmente. Ma quel che è peggio è che l’articolo 18 potrà essere disapplicato anche attraverso un altro percorso. L’articolo 30 della nuova legge dice infatti che il giudice dovrà tener conto delle nozioni di giusta causa e di giustificato motivo di licenziamento contenute nel singolo contratto individuale certificato. In questo modo il giudice potrà ritenere giustificato un licenziamento anche se in contrasto con le norme di legge, non reintegrando quindi il lavoratore nel posto di lavoro.

Quali possono essere le immediate conseguenze?

I datori di lavoro potranno utilizzare, su vasta scala, lo strumento offerto dalla nuova legge. Approfittando della condizione di debolezza delle persone in cerca di lavoro, potranno portare gli aspiranti lavoratori, dal momento della stipula di un contratto, davanti ad una commissione di certificazione per fargli sottoscrivere contratti di assunzione in cui sarà sancita sia la rinuncia alla normale azione giudiziaria che l’affidamento ad arbitri della risoluzione delle future liti.

Chi saranno i più colpiti da questo nuovo dispositivo di legge?

Premesso che la condizione di debolezza accomuna la stragrande maggioranza dei lavoratori, soprattutto quelli con le qualifiche medio-basse, la nuova legge colpirà in modo molto duro i lavoratori precari, i contrattisti a progetto, i lavoratori a termine, gli associati in partecipazione, quelli trasferiti e quelli somministrati (staff leasing).

Inoltre va aggiunto che l’articolo 32 della nuova legge introduce una vera e propria “corsa contro il tempo” per far valere i propri diritti davanti ad un giudice. Se il provvedimento del datore di lavoro non sarà contestato entro il termine strettissimo di 60 giorni, e non più cinque anni, il diritto del lavoratore sarà carta straccia.

L’esempio emblematico può riguardare un lavoratore che ha appena concluso un contratto a termine e che è in attesa di un rinnovo da parte del datore di lavoro. Nella speranza di riprendere l’attività lavorativa con un nuovo contratto a termine il lavoratore aspetterà di essere chiamato e lascerà trascorrere i 60 giorni stabiliti dalla nuova legge per contestare il precedente contratto. In questa attesa, quindi, si consumerà quel breve lasso di tempo e il lavoratore avrà perso ogni possibilità di contestare il precedente contratto.

Da tutto quello che abbiamo detto appare più che giustificata l’affermazione di Epifani quando dice che “da ora in poi, i lavoratori, saranno più soli e più ricattabili”."

In allegato il Commento dell´Ufficio Giuridico della CGIL sul ddl Lavoro

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