lavoroprevidenza

lunedì 18 gennaio 2010

GLI STRUMENTI DI PREMIALITÀ NELLA RIFORMA BRUNETTA

ARTICOLO DELL´AVV. MAURIZIO DANZA
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E’ ben noto come uno degli aspetti fondamentali della c.d. riforma Brunetta sia rappresentato dagli istituti di premialità del merito e della professionalità,funzionali alla misurazione della performance individuale e collettiva sia del personale che delle singole amministrazioni. In prima approssimazione possono definirsi strumenti di premialità l’insieme di quegli istituti funzionali all’attuazione pratica del nuovo sistema di valutazione del merito, secondo il ciclo della performance ed evincibili in primis dall’art. 20, descritti nel capo II del titolo III del d. lgs. del 27 ottobre 2009, n. 150, «merito e premi», costituito da nove articoli (dal 20 al 29).

Detti strumenti, finalizzati a premiare il merito e la professionalità sia dei dipendenti che dei dirigenti dei comparti del pubblico impiego, possono tradursi, a seconda della propria natura in una corresponsione del trattamento economico accessorio nell’ammontare stabilito dalla contrattazione; in una forma di evoluzione effettiva o reale del rapporto di lavoro (es.progressioni giuridiche) o solo economico (es. progressioni economiche); in una attribuzione una tantum di un bonus di tipo economico per l’accertato contributo di innovazione apportato alla pubblica amministrazione, o di risparmio, o nell’accesso a percorsi di alta formazione e di crescita professionale.
Ad una prima osservazione si rileva però che la norma dell’art. 20, nell’elencare ben sei strumenti finalizzati a premiare sia il merito che la professionalità, trattati poi distintamente in singoli articoli del decreto, non menziona il premio di efficienza descritto invece nell’art. 27 del medesimo e che presenta, come si vedrà successivamente, caratteristiche del tutto particolari. Ad una prima ricostruzione dell’interpretazione del comma 1, appare evidente che il legislatore in realtà non ha voluto operare una netta distinzione tra «strumenti premiali del merito e della professionalità» con la conseguenza che, ai fini di un’attività di corretta ricostruzione ermeneutica dei singoli istituti, occorre procedere tenendo conto del criterio di «prevalenza dell’ elemento di merito o della professionalità», come vedremo sempre presenti in tutti gli istituti. Tale impostazione operata nel decreto in relazione a tutti gli istituti di premialità, appare in realtà del tutto coerente con l’impianto dell’intera riforma, teso a dare un ruolo significativo e prioritario al conseguimento della performance, quale strumento principe nella valutazione del merito, pur tuttavia senza trascurare la professionalità, intesa come elemento di particolare valore nel sistema di valutazione disegnato globalmente dalla riforma.
Ciò detto, una prima distinzione tra questi strumenti deducibile dall’art. 20, può senz’altro essere quella tra strumenti premiali con prevalenza del merito o della professionalità. Per quanto concerne la prima categoria possiamo ricomprendere certamente il bonus annuale delle eccellenze (art. 21), le progressioni economiche (art. 22), le progressioni giuridiche (art. 23), il cui presupposto non a caso è il conseguimento di una performance di un livello superiore alla media dei dipendenti. Ebbene, proprio in relazione a questa prima categoria, emerge uno degli aspetti strutturali e fondamentali della riforma, evidentemente ispirata al principio del merito, atteso che ha operato una ridefinizione della struttura retributiva sia per quanto concerne i dipendenti dei c.d. livelli dei Comparti che dei dirigenti, che si caratterizza attraverso una netta distinzione tra trattamento economico fondamentale ed accessorio o posizione di risultato per quanto concerne la dirigenza, al fine di consentire la concreta erogazione della premialità prevista e misurata secondo il ciclo della performance. In tal modo si è trovato il meccanismo tecnico per consentire la stretta e continua relazione tra conseguimento della performance e premialità, rappresentata dal conseguimento della totalità del trattamento accessorio o di una sua parte e da un titolo utilizzabile ai fini dell’evoluzione del rapporto di lavoro (le progressioni economiche e giuridiche). Come si ricava dall’analisi della disposizione, in tutti gli istituti menzionati la norma ritiene conseguito il presupposto della premialità non al raggiungimento di un obiettivo minimo, quale ad esempio il collocamento nella fascia intermedia di cui all’art. 19, ma a quello più ambizioso del collocamento del dipendente (ed anche del dirigente) nella fascia di merito alta. Possiamo invece ascrivere alla seconda categoria, e cioè a quella degli strumenti premiali con prevalenza della professionalità, rispettivamente il premio annuale per l’innovazione (art. 22), l’attribuzione di incarichi e responsabilità (art. 25) e l’accesso a percorsi di alta formazione e di crescita professionale (art. 26).
Un’ulteriore distinzione tra gli strumenti di premialità del merito e della professionalità, va operata in relazione alla provenienza delle risorse da utilizzare: infatti mentre il bonus annuale delle eccellenze, il premio annuale per l’innovazione, le progressioni economiche, l’attribuzione di incarichi e responsabilità si avvalgono di risorse derivanti dalla contrattazione integrativa, tutti gli altri utilizzano risorse derivanti da fonti normative di diverse. In tal senso ancora una volta vale la pena di menzionare il premio di efficienza che utilizza risorse derivanti dai risparmi sui costi di funzionamento dei processi di ristrutturazione, riorganizzazione e innovazione all’interno delle pubbliche amministrazioni (cfr. art. 27).
Infine di particolare interesse il premio di efficienza che si presenta indubbiamente come un tertium genus tra gli istituti di premialità del merito e della professionalità, non essendo ricompreso nell’elencazione tassativa (dalla lettera a alla lettera f) dell’art. 20 comma 1. Ad una attenta analisi in realtà il premio di efficienza, pur tenendo conto dell’ulteriore criterio discretivo della «prevalenza» suindicato, appare del tutto atipico rispetto agli altri strumenti, rispondendo a logiche diverse che non consentono di ricondurlo alle categorie principali cui rappresentate.



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