lavoroprevidenza

martedì 10 novembre 2009

Lavorare nell’invidia

Articolo del Prof. Sergio Sabetta
“Ed un’altra cadde fra le spine; e le spine crebbero e l’affogarono e non fece frutto”
( Marco, 4.7 – La parabola del seminatore)

Che cosa è l’invidia, tanto presente in tutte le società umane e ancor più nei posti di lavoro?
E’ stata definita un tarlo dell’animo, un’emozione sgradevole inconfessabile, simile ad un dolore fisico da tenere in completa solitudine, che nasce da un confronto di poteri per cui si soffre per la mancanza di qualcosa che altri possiedono e che si ritiene di non potere ingiustamente avere ( Barberi).
Nella parabola del figliuol prodigo (Luca, 15, 11 – 32) il padre festeggia il ritorno del figlio minore suscitando le ire del maggiore rimastogli fedele in casa, nella discussione sorta fra questi e il padre quest’ultimo così conclude “Figliolo, tu sei sempre meco, ed ogni cosa mia è tua; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto, ed è tornato a vita; era perduto, ed è stato ritrovato”. Questa parabola la si può anche leggere come una volontà del padre di riammettere il figlio minore in casa e al contempo di evitare il mantenimento di fratture sorte fra i due fratelli, possibile fonte di future invidie e rancori.
L’altrui capacità è molte volte vissuta come un rimprovero per le proprie limitatezze di cui non ci si vuole rendere conto, né è possibile manifestare tale sentimento senza suscitare rimproveri e ammettere implicitamente la propria insufficienza. Tuttavia perché l’invidia esista occorre un pubblico giudicante pronto a recepire le insinuazioni e a conformare il proprio giudizio sulle affermazioni ad arte manifestate dall’invidioso, questo sia per superficialità, che per opportunismo o per il nascere di analogo sentimento.
Abbiamo detto che l’invidia crea uno stato di sofferenza fisica analoga al dolore fisico, come dimostrato da Takahashi, questo comporta un malessere che in casi estremi si esplica in aggressività emotiva, una distorsione continua dei rapporti umani che coinvolge a macchia d’olio coloro che sono in relazione con le parti, si crea di fatto un blocco nell’evoluzione positiva del gruppo, un tarlo distruttivo del comportamento cooperativo.
Ma l’invidia se leggera e ben pilotata può anche trasformarsi in qualcosa di positivo per l’organizzazione e il singolo, il desiderio di emulazione, una competizione che può essere positiva per il gruppo, in cui vi è alla base la percezione dell’eccellenza di qualcuno e un sentimento di sufficienza nel tentativo di eguagliarlo se non superarlo.
Altra conseguenza dell’invidia può essere il gregarismo affiancato da una falsa ammirazione che in realtà è adulazione, nella quale da una parte si partecipa al successo dell’invidiato, dall’altra si tenta di strumentalizzarlo per i propri fini pronti ad abbandonarlo e a gioirne nelle difficoltà.
L’invidia si pone come devianza dei bisogni di stima e di autorealizzazione secondo la scala di Maslow, ma viene di fatto ad inquinare i bisogni esistenziali di crescita e relazioni come indicati da Alderfer con effetti di frustrazione – regressione secondo un concetto di continuum tra i diversi livelli.
Il pettegolezzo sempre esistente negli ambienti sociali diventa maldicenza, sospetto, lettura deviata dei comportamenti altrui, il clima organizzativo ne può risentire notevolmente fino a creare le premesse per il mobbing se il fenomeno persiste, senza che peraltro sia possibile individuarne la fonte, viene inoltre messa in dubbio la giustizia distributiva dei risultati lavorativi si ché può entrare in difficoltà l’azione corretta di una leadership formale.
L’azione della dirigenza deve attentamente valutare la possibile nascita e persistere di tale fenomeno, soprattutto al momento della distribuzione di incarichi e premi, circostanza che comporta un notevole lavoro preparatorio ed una forte sensibilità. Lo stesso utilizzo del riportato in termini informativi informali, molte volte utilizzato dalla dirigenza, come l’uso strumentale della stessa per dividi et impera, si rivela un ottimo strumento per comportamenti deviati e disgreganti si ché anche la lettura degli eventuali riscontri può essere facilmente artefatta interpretativamente.
L’invidia è quindi un ulteriore elemento di complicazione e tensione nell’attività dirigenziale e possibile fonte di insuccessi organizzativi e di performance, di cui tuttavia si tende e si vuole a sottacere.


Bibliografia

• M. Barberi, Il tarlo dell’invidia, Mente & Cervello, 36-43, 57 – VII- 9/2009;
• J. Epstein, Invidia, ed. Cortina, 2006;
• H. L. Tosi – M. Pilati, Comportamento organizzativo, Egea 2008;
• La Sacra Bibbia, Casa della Bibbia, Ginevra – Genova, 1947.


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