lavoroprevidenza

giovedì 5 novembre 2009

La ricchezza del tempo

“Il problema di comprendere il mondo, inclusi noi stessi e la nostra conoscenza in quanto parte del mondo”
(Popper – La logica della scoperta scientifica, Einaudi 1970)
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Articolo del Prof. Sergio Sabetta



Secondo un concetto fisico la freccia del tempo non è altro che la tendenza di un sistema a evolversi verso successivi stati naturali ad alta entropia, ma l’asimmetria del tempo nel nostro universo osservabile è per alcuni autori il risultato di una nostra limitazione nella visione dell’insieme fino ad affermare la bi-direzionalità del tempo (Carroll ), in una continua fluttuazione generativa di universi, in contrasto con il principio quotidiano della diversità tra passato e futuro.
L’entropia, creatrice del tempo, risulta avere paradossalmente un ruolo costruttivo della realtà, il dinamismo frutto di un disequilibrio dovuto al continuo disarticolarsi dello stato di quiete dall’equilibrio formatosi, in un mescolarsi di determinismo e probabilità ( Prigogine ).
Se per la termodinamica e la biologia, conseguenza della prima, la freccia del tempo è un concetto fondamentale e irreversibile, per la scienza newtoniana non esiste il tempo come direzione in quanto le leggi accadono e sono reversibili, tuttavia esso è per noi sensorialmente una dimensione esistenziale fondamentale.
Come ricorda Prigogine, per Karl Popper il problema tempo è il problema centrale nella dicotomia tra la cultura scientifica e quella umanistica, in senso lato, ma il problema tempo è centrale alla stessa cultura umanistica proprio in quanto elemento con cui l’uomo deve raffrontare il proprio essere, l’entropia della propria strutturazione vissuta come infinita corrente dell’esperienza ( Husserl), ma anche possibilità originata dall’ad-venire che progetta l’esistenza ( Heidegger).
In questo raffrontarsi del tempo nell’uomo nasce l’esigenza economica dello stesso, la sua suddivisione in ore e minuti. La parcellizzazione produttiva al fine di uno scambio economico, anche se rimane pur sempre un’impressione soggettiva sulla velocità del trascorrere del tempo nel luogo lavorativo, una coscienza legata al benessere o al grave disagio emotivo che relazioni e attività comportamento.
Il tempo acquista progressivamente, fino ad una sua affermazione definitiva con l’industrializzazione, un proprio valore commerciale che per contrasto ne fa emergere il valore umanistico della riflessione, il tempo acquista per tale via un valore economico alternativo per l’essere umano.
Il tempo oggettivizzato ritorna soggettivizzato, mentre per von Bohm-Bawerk e Hicks esso non è altro che l’interesse, ossia una valutazione economica del suo impiego, e quindi una grandezza utile alla comparabilità tra grandezze economiche posizionate in punti diversi del tempo, per Marshall è l’elemento necessario per definire l’equilibrio economico, la dimensione attraverso cui avvengono i processi di aggiustamento reciproco tra gli agenti economici in un perenne dinamismo a lungo termine, si che operativamente le decisioni economiche vengono adottate prevalentemente nell’ottica del breve periodo.
Il tempo parcellizzato dalla tecnologia, compresso dalle necessità produttive è riappropriato dal singolo quale soggetto di sé stesso, il valore che la produzione assegna alle sue frazioni ritorna quale spazio dell’animo, della riflessione su di sé e del proprio rapporto con il mondo. Riflessioni da cui nascono nuovi sentire, nuovi termini di rapporto, la nuova ricchezza del tempo non risiede nella sua produttività in beni e servizi,ma nella possibilità di disporne per riflettere.
L’allungamento del tempo soggettivo riequilibra il suo frazionamento produttivo, esso si ricompone nel suo ritmo biologico superando la sua riduzione a funzionalità del tecnicismo, ma il tempo così liberato ridiventa oggetto economico come tempo di fruizione dei beni e servizi prodotti, esso risulta in termini funzionali fortemente adattato alla produzione e quindi nuovamente frazionato.
Come ricorda Galbraith, siamo innanzitutto produttori, infatti ognuno di noi vede se stesso prima di tutto come produttore piuttosto che consumatore, ci definiamo per quello che produciamo e ci raffrontiamo con gli altri per il valore economico e di riconoscimento, quindi sociale, del consumo, si ha pertanto un immenso processo che Salinger definisce di mercanteggiamento.
Tuttavia il tempo soggettivo ha anche un’altra valenza più intima, è la possibilità della ricostituzione dell’essere in tutte le sue dimensioni, del pensare sul sé e i suoi rapporti con i terzi, sull’essenza del bene , del vero, del bello, su ciò che noi riteniamo e sentiamo di essere e del suo perché, della valenza dei costumi sociali di cui siamo parte, della possibilità di ricostituire l’essere nella sua interezza non riducendolo alla unidimensionalità economica (Coda).
Questa nuova ricchezza del tempo nasce dalla capacità culturale di valutarlo ed impiegarlo, sostanzialmente dalla capacità di riempirlo del pensiero, delle emozioni relazionali e non solo di beni materiali o immateriali. Dobbiamo considerare che “Il tempo soggettivo riflette lo stato cognitivo di una persona e il suo benessere psicologico: l’esperienza individuale del tempo dipende dunque dallo stato mentale” tanto che “La stima della durata e la coscienza del tempo sono legate” (Wittmann).
Al contrario in una società industriale e commerciale tutto quello che non è monetizzabile non ha valore e, pertanto, semplicemente non esiste, si ché non è più il tempo che controlla la moneta ma è questa che controlla il tempo, infatti se tutto viene valutato in termini monetari quello che non può essere definito e misurato con tale parametro non ha valore e quindi socialmente non esiste, nascono problemi di riconoscimento, ma quale valore hanno in questo caso gli insegnamenti di Socrate e Spinoza o dei grandi riformatori religiosi?
Forse è ciò che non è quantificabile che fornisce un senso e un equilibrio all’azione economica, evitando il dissociamento dell’essere che nasce nel mondo produttivo in cui vi è un traslare dalla sofferenza fisica a quella spirituale.
“ Il lavoro ci deve essere, per una quantità di motivi…. Ma ciò che deve essere è solo una parte della vita; sempre più importante diventa l’altra parte, quella di ciò che può essere” (Dahrendorf - Libertà attiva, Laterza 2002), ma questo non può risolversi in un puro tempo di consumo.

Bibliografia

• S. M. Carroll, Le origini cosmiche delle freccia del tempo, 42-51, Le Scienze, 480, 8/2008;
• N. Abbagnano, Storia della filosofia, Vol. III, Utet, 1974;
• P. Coda, Quale costume per quale società, Kos, 49-54, 270, Ed. san Raffaele – XXVI/2009;
• E. Paci, Tempo e verità nella fenomenologia di Husserl, Laterza, 1961;
• J. K. Galbraith – N. Salinger, Sapere tutto o quasi sull’Economia, Mondadori, 1979;
• M. Heidegger, Essere e tempo, Longanesi 2005;
• J. R. Hicks, Capitale e tempo 1973;
• A. Marshall, Principi di economia, Utet 1972;
• I. Prigogine, Le leggi del caos, Laterza 2003;
• M. Wittmann, Il tempo malato, Mente & Cervello, 74-77, 57, VII, Settembre 2009.




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