giovedì 15 ottobre 2009
Precauzione e complessità
“…ma ora può sembrare che tendiamo a una condizione determinata, quella della completa esattezza…” ( Wittgenstein )
Se io sono il tuo controllore con una pretesa collaborativa potrò essere domani il tuo inquisitore ed il tuo giudice?
Su questa domanda si pone un problema organizzativo ed etico, mi potrai dire che la mia conoscenza delle dinamiche mi permetterà di meglio indagare e giudicare, ossia di capire, ma potrai con altrettanta forza sostenere che il tuo giudizio sarà comunque inficiato dalla tua conoscenza diretta delle persone.
Potrei sostenere che mi asterrò se sarò a conoscenza diretta di persone e fatti, se ne sarò comunque coinvolto, ma con altrettanta convinzione mi si potrà obiettare che primo dovrò essere io corretto e vigile, ossia prudente e saggio nell’agire secondo una sintesi tra prudentia di S. Tommaso e saggezza di Leibniz. Secondo non influenzerà di fatto con la sua presenza l’agire altrui, tenendo presente l’alta possibilità dell’avverarsi dell’evento essendo sempre, sebbene con diversa funzione, nello stesso contesto?
Alcune decisioni vanno ponderate non tanto per una incertezza scientifica quanto per una insicurezza morale connessa alle conseguenze del succedersi dei fatti (Bondolfi), che porta ad una insicurezza sia sulla scelta che sulla formazione delle norme, si parla di probabilismo.
Senza giungere al principio sostenuto da Jonas della più reale che probabile possibilità della catastrofe non possiamo sostenere un’altrettanto assoluto principio positivo di una speranza quasi escatologica sulla positività delle azioni umane ( Bloch), principio che appare contraddetto nel breve orizzonte dell’azione umana del singolo.
Nasce il problema delle decisioni quando le conseguenze degli atti non sono conosciuti ma sono solo probabili, i rischi diventano fattuali ma sono in molti casi strettamente legati a rischi normativi, acquisendo quindi un valore di insicurezza morale, l’indeterminatezza, con la sua valenza contestuale, si affianca al limitare tra il rischio e l’incertezza, in cui viene a mancare la possibilità della determinazione quantitativa delle variabili dei fattori in gioco ( Smith – Wynne).
Bondolfi richiama la necessità di una distinzione più chiara tra valori e norme in quanto “anche a partire da una gerarchia di valori condivisa, possiamo trarre norme morali diverse; non solo, ma anche delle giuridificazioni diverse”.
La prudentia, così trasformata nel principio di precauzione, viene ad introdurre il concetto di rischio e la problematica della verità secondo Leibniz, per cui “se le nozioni fossero state correttamente analizzate e ordinate, avrebbero potuto essere rappresentate mediante numeri; e perciò, una volta trattate le verità come mi sembrava si potesse fare, nella misura in cui dipendono dalla ragione, sarebbero divenute esaminabili con un calcolo”.
Jonas ha elevato la conoscenza a dovere morale ricollegandosi al concetto etico di ignoranza colpevole propria di Aristotele, si che la prudenza non può retroagire a ripiegamento e difesa negando l’indagine, ma deve tradursi in un insieme di procedure che evidenziando dati e modelli attendibili giustifichino le scelte, senza cadere nell’indecidibilità (Tallachini).
La prudenza diventata rischio è oggetto di calcolo, ossia di probabilità dell’accadere dell’evento, ma anche Leibniz fallisce nella creazione di una scienza generale che possa comprendere nel calcolo “tutte le cose che cadono sotto il ragionamento umano” per i limiti e le difficoltà proprie all’idea stessa (Mugnai), questo tuttavia non può giustificare l’imperio di una delle tre categorie individuate da Shrader – Frechette : Valori pregiudiziali, in cui vi è un deliberato intendere in modo scorretto, Valori contestuali, nel cui giudizio orientato alcuni valori prevalgono sugli altri, e infine i Valori costitutivi, nei quali certe teorie e metodologie prevalgono senza valutazione sugli altri (Tallachini).
Viene pertanto a riporsi il quesito iniziale e la volontà di una sua risposta.
Bibliografia
• E. Bondolfi, Il principio di precauzione e la Dottrina Sociale della Chiesa – M. Tallachini, Principio di precauzione: Epistemologia e diritto, in Seminario di studio “Il principio di precauzione”, V, Centro Congressi – Palazzo Rospigliosi, 4/3/2006, Roma;
• E. Bloch, Il principio speranza, Garzanti 2005;
• G. W. Leibniz, Ricerche generali sull’analisi delle nozioni e delle verità e altri scritti di logica, a cura di Massimo Mugnai, Ed. della Normale, Pisa, 2008;
• H. Jonas, Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi 2002;
• L. J. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Mario Trinchero (a cura di ), Einaudi, 1967.
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Prof. Sergio Sabetta