lavoroprevidenza

martedì 23 giugno 2009

INDISCIPLINA DEL LAVORATORE DOPO RIAMMISSIONE IN AZIENDA

Anche i comportamenti posti in essere dal lavoratore dopo la cessazione del rapporto di lavoro e prima della sua ricostituzione per intervento del giudice possono assumere rilevanza disciplinare.
Così ha deciso la Corte di Cassazione nella sentenza 28 aprile 2009, n. 9925.


Il caso ha visto coinvolto un lavoratore, che ha dovuto fronteggiare più volte il licenziamento.

Invero, il dipendente già licenziato per presunta riduzione di personale, veniva licenziato una seconda volta per giusta causa per aver violato il dovere di fedeltà, avendo allo stesso imputato lo svolgimento di attività concorrenziale dapprima in forma individuale e poi come socio a favore di un’altra società.
Entrambi i licenziamenti venivano annullati giudizialmente ed egli era formalmente reintegrato nel posto di lavoro. Quindi, veniva nuovamente licenziato per avere ancora una volta violato l’obbligo di non concorrenza.

L’interessato, uscito soccombete in primo e in secondo grado, ha ricorso per Cassazione invocando a sostegno delle proprie ragioni, tra l’altro, il giudicato scaturente dalla precedente sentenza di reintegra, nella quale si era accertato che l’attività svolta non era stata ritenuta concorrenziale, ed inoltre eccependo la legittimità dell’ultimo licenziamento per giusta causa poiché la sua attività esterna (e concorrenziale) contestata quale illecito disciplinare era stata, innanzitutto, tollerata per un tempo significativo, ed inoltre era stata svolta in gran parte nel periodo in cui lo stesso era stato estromesso dal posto di lavoro ed aveva quindi la necessità di procurarsi un’occupazione.

La Corte non ha accolto le eccezioni sollevate dal ricorrente e rifacendosi ad un altro orientamento (Cass. 4 giugno 2004, n. 10663) ha affermato che "anche i comportamenti posti in essere dal lavoratore dopo la cessazione del rapporto per licenziamento e prima della sua ricostituzione jussu judicis possono assumere rilevanza disciplinare; in relazione ad essi occorre distinguere tra obblighi scaturenti dal sinallagma contrattuale e doveri extracontrattuali, derivanti dall´art. 2043 cod. civ. o da norme penali. Su questi ultimi in nessun caso può influire la cessazione del rapporto, perché essi non trovano la loro fonte nel sinallagma contrattuale, e quindi la violazione di tali doveri rileva sempre, anche se posta in essere dopo la cessazione del rapporto, mentre gli obblighi scaturenti dal contratto rimangono a carico del lavoratore per un suo obbligo di coerenza con la volontà di proseguire il rapporto espressa con l´impugnazione del licenziamento, salvo i comportamenti necessitati dallo scopo di reperire fonti di sostentamento alternative alla retribuzione di fatto non più corrisposta, con una ricerca svolta dal lavoratore nell´ambito della propria professionalità e quindi anche, eventualmente, presso la concorrenza".

La Corte è stata altresì dall’avviso che il giudicato, invocato dal ricorrente, non poteva fare stato nel procedimento in argomento, giacché la precedente sentenza era giunta ad una valutazione sicuramente valida per il passato, ma "rebus sic stantibus," cioè, potenzialmente variabile con il variare delle condizioni, anche perché lo stesso comportamento consentito e favorito dalla precedente società poteva divenire scorretto una volta mutato il quadro degli organi elettivi della medesima.

Nella sentenza in argomento la Corte si è occupata anche del principio dell´immediatezza della contestazione dell´addebito e della tempestività del recesso datoriale, quale elemento costitutivo nel licenziamento per motivi disciplinari. Al riguardo, ha affermato che siffatto principio deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, nell’ipotesi in cui l´accertamento e la valutazione dei fatti richieda un maggiore spazio temporale ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell´impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso e, in ogni caso, la valutazione relativa alla tempestività costituisce giudizio di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivato.

Gesuele Bellini





REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Sentenza, 28-04-2009, n. 9925

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCIARELLI Guglielmo - Presidente
Dott. ROSELLI Federico - Consigliere
Dott. MONACI Stefano - Consigliere
Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere
Dott. DI NUBILA Vincenzo - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 13958-2006 proposto da:
F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PARIGI 11, presso lo studio legale CARNELUTTI, rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREONI PIERPAOLO, CRISCI STEFANO giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
SOCIETA´ COOPERATIVA AGRICOLA "SAN MICHELE ARCANGELO" a.r.l.;
- intimata -
e sul ricorso 17444-2006 proposto da:
SOCIETA´ COOPERATIVA AGRICOLA "SAN MICHELE ARCANGELO" a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 291-A, presso lo studio dell´avvocato MARCHIONE MAURO, rappresentata e difesa dagli avvocati RAIMONDI FELICE, BESCA SABATINO giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
F.A.;
- intimato -
avverso la sentenza n. 504/2005 della CORTE D´APPELLO di L´AQUILA, depositata il 14/07/2005 R.G.N. 1130/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/02/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI NUBILA;
uditi gli Avvocati ANDREONI e CRISCI;
udito l´Avvocato BESCA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LO VOI Francesco che ha concluso per il rigetto del ricorso principale con assorbimento dell´incidentale.

Svolgimento del processo

1. F.A. conveniva dinanzi al Tribunale di Vasto la Cooperativa San Michele Arcangelo srl per impugnare il licenziamento intimatogli dalla convenuta in data (OMISSIS) per giusta causa.
L´attore contestava la legittimità del recesso, il quale era stato preceduto da altro licenziamento annullato e da una fattizia reintegrazione nel posto di lavoro, accompagnata da un comportamento diretto al escludere il lavoratore, già direttore della Cooperativa, da ogni mansione. Il Tribunale respingeva la domanda attrice.
Proponeva appello il F. e la Corte di Appello dell´Aquila confermava la sentenza di primo grado così motivando:
- la giusta causa sussiste, in quanto l´appellante ha prestato la propria cooperazione ad una società concorrente;
- la contestazione degli addebiti è da considerarsi tempestiva, tenuto conto dell´epoca di accertamento dei fatti e della necessità di indagine: nella specie, la "prova provata" della concorrenza è costituita da una "lettera compiacente" inviata il (OMISSIS) dalla società concorrente Vini del Golfo;
gli addebiti sono provati: si tratta di attività di commercializzazione di vini prestata per una società che opera nel medesimo territorio; inoltre il F. ha stipulato contratti per una società in accomandita, la FIS, che ha costituito con il figlio e nella quale figura socio accomandante;
il lavoratore ha violato l´art. 2105 c.c. (obbligo di non concorrenza);
- il fatto che la prova della violazione sia stata raggiunta con la cooperazione della società concorrente giustifica la compensazione delle spese.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione F.A., deducendo cinque motivi. Resiste con controricorso la Cooperativa San Michele Arcangelo, la quale propone ricorso incidentale condizionato. Il F. ha presentato memoria integrativa. Il ricorso principale ed il ricorso incidentale, risultando proposti contro la stessa sentenza, vanno riuniti.

Motivi della decisione

3. Nel ricorso, F.A. premette di essere stato impiegato della Cooperativa convenuta e di essere già stato licenziato il (OMISSIS) per presunta riduzione di personale, in realtà perchè nell´ambito della cooperativa si era formata una nuova maggioranza.
Il (OMISSIS) veniva nuovamente licenziato in via disciplinare, per infrazioni che riguardavano anche la violazione degli obblighi di fedeltà, per avere svolto dapprima in forma individuale e poi come socio della FIV attività concorrenziale. Entrambi i licenziamenti sono stati annullati giudizialmente ed egli veniva formalmente reintegrato, in realtà era posto in ferie e successivamente demansionato. Un provvedimento di censura irrogato il 26.3.2001 veniva annullato dal collegio di conciliazione e di arbitrato. Una querela proposta dal F. contro la cooperativa veniva archiviata.
Il 27.6.2002 l´attore riceveva nuova contestazione, per avere contribuito a formare la srl Vini del Golfo, concorrente della San Michele, averne promosso l´attività ed avere quindi violato l´obbligo di non concorrenza. Veniva quindi irrogato il licenziamento disciplinare, che il F. impugnava invocando tra l´altro il giudicato quale scaturisce dalla precedente sentenza n. 45.2002;
evidenziava il fatto che per un significativo periodo la sua attività esterna era stata tollerata dalla San Michele, la quale in tal modo collocava il prodotto e risparmiava le provvigioni;
sottolineava la circostanza che l´attività contestata quale illecito disciplinare ricadeva in gran parte nel periodo in cui esso attore era stato estromesso dal posto di lavoro ed aveva quindi la necessità di procurarsi una occupazione.
4. Col primo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell´art. 360 c.p.c., n. 3, dell´art. 2105 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5: non risulta che esso F. abbia divulgato notizie attinenti all´organizzazione della San Michele ed ai metodi di produzione, nè che abbia trattato affari in concorrenza. Egli si è limitato a seguire i lavori di costruzione della sede sociale della Vini del Golfo ed a svolgere una consulenza per la realizzazione della società sotto il profilo tecnico-contabile. Non vi è stato sviamento di clientela ed anzi l´attività prestata presso la Vini del Golfo era conosciuta e tollerata dalla San Michele. Sul punto fa stato la sentenza n. 45.2002, resa questa con riferimento all´attività prestata dal F. per la FIV - Fiore Intermediazione Vinicola - in asserita concorrenza con la San Michele ed anche a tale proposito il giudice aveva espresso il convincimento che l´attività non fosse in concorrenza, ma avesse arrecato benefici alla Vini del Golfo (vendita di prodotto senza provvigioni); tanto che i rapporti tra FIV e San Michele erano stati formalizzati da un apposito accordo dell´(OMISSIS).
5. Il motivo è infondato. Non sono ammissibili in questa sede nè un riesame diretto dei fatti come accertati dal giudice di merito, nè una nuova valutazione dei medesimi. Viene addebitata al lavoratore la violazione del dovere di fedeltà, sia durante il periodo in cui ha avuto effetto il licenziamento, sia successivamente. Il punto circa i limiti del dovere di fedeltà del lavoratore pendente il giudizio finalizzato alla reintegra è contenuto ella sentenza di questa Corte di Cassazione 4.6.2004 n. 10663: "Anche i comportamenti posti in essere dal lavoratore dopo la cessazione del rapporto per licenziamento e prima della sua ricostituzione jussu judicis possono assumere rilevanza disciplinare; in relazione ad essi occorre distinguere tra obblighi scaturenti dal sinallagma contrattuale e doveri extracontrattuali, derivanti dall´art. 2043 cod. civ. o da norme penali. Su questi ultimi in nessun caso può influire la cessazione del rapporto, perchè essi non trovano la loro fonte nel sinallagma contrattuale, e quindi la violazione di tali doveri rileva sempre, anche se posta in essere dopo la cessazione del rapporto, mentre gli obblighi scaturenti dal contratto rimangono a carico del lavoratore per un suo obbligo di coerenza con la volontà di proseguire il rapporto espressa con l´impugnazione del licenziamento, salvo i comportamenti necessitati dallo scopo di reperire fonti di sostentamento alternative alla retribuzione di fatto non più corrisposta, con una ricerca svolta dal lavoratore nell´ambito della propria professionalità e quindi anche, eventualmente, presso la concorrenza". 6. Dalla sentenza n. 45.2002 del Tribunale di Vasto passata in giudicato ed invocata come tale dal ricorrente, emerge che il giudice si è occupato di un precedente licenziamento ed ha valutato la potenzialità offensiva dell´attività espletata dal F. per la FIV, in quanto concorrente della San Michele. Il Tribunale ha ritenuto, in quella sede, che l´attività non fosse lesiva degli interessi del datore di lavoro, "per quanto pur in ipotesi ammissibile un diverso orientamento datoriale per il futuro (a fronte di mutate strategie commerciali o comunque anche di una sola diversa e motivata valutazione degli interessi economici coinvolti) così da porre di nuovo in concreto la questione relativa alla compatibilità col rapporto di lavoro subordinato dello svolgimento di un´attività di impresa in qualche modo interferente con quella propria del datore di lavoro, specificamente rileva che per il passato quella medesima attività sia stata sempre valutata come conveniente...per gli interessi datoriali". Rilevava allora il giudice che lo stesso comportamento consentito e favorito dalla San Michele poteva divenire scorretto una volta "mutato il quadro degli organi elettivi della cooperativa". 7. Si tratta dunque di un giudicato formatosi a proposito dell´attività in (presunta) concorrenza prestata per la FIV e non per la Vini del Golfo; ma soprattutto si tratta della valutazione "per il passato" e "rebus sic stantibus" (quando ritiene in ipotesi ammissibile un diverso orientamento datoriale per il futuro). Il giudicato non fa quindi stato nel presente procedimento, in cui la condotta lesiva degli interessi della San Michele è diversa da quella allora contestata e la relativa valutazione è stata fatta dal giudice senza pregiudizio di futuri diversi orientamenti datoriali in punto di (tolleranza della) concorrenza. Per il resto, il motivo attiene alla ricostruzione e valutazione del "fatto" ad opera del giudice di merito ed è quinti inammissibile in sede di legittimità. 8. Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente deduce ulteriore violazione dell´art. 2105 c.c. e vizio di motivazione sul punto inerente alla violazione dell´obbligo di fedeltà. Il ricorrente individua due periodi: il primo, da (OMISSIS), nel quale il rapporto di lavoro era interrotto; il secondo - da (OMISSIS) - in cui l´intermediazione dei prodotti Vini del Golfo era curata dalla FIV (Fiore Intermediazione Vini). In realtà il licenziamento permaneva sostanzialmente fino al (OMISSIS), perchè il lavoratore era stato posto in ferie. Il riespandersi dell´obbligo retributivo in capo al datore di lavoro non è sufficiente a far risorgere un obbligo di fedeltà pieno. Dinanzi al rifiuto del datore di lavoro di ottemperare all´ordine di reintegra, è legittimo il comportamento del lavoratore volto a impiegare altrove le proprie energie lavorative. Nel periodo (OMISSIS) l´attività è stata quella di mera commercializzazione e vendita dei prodotti della Società Cantine del Golfo, attività coperta dal precedente giudicato.
9. Il motivo è infondato. Per quanto attiene al presunto contrasto col giudicato, si è detto a proposito del primo motivo. Quanto al resto, si tratta di valutare in fatto il comportamento del lavoratore, per accertare se esso abbia violato il dovere di fedeltà che permane sia durante il processo (vedi il precedente sopra citato di questa Corte) sia dopo la sentenza di reintegra, anche durante le ferie del lavoratore. La relativa valutazione risulta sorretta da motivazione esauriente, immune da vizi logici o contraddizioni, talchè essa si sottrae ad ogni censura in sede di legittimità. 10. Col terzo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione dell´art. 43 del CCNL del settore agricolo, perchè l´infrazione disciplinare doveva essere contestata entro dieci giorni dalla conoscenza del fatto da parte del datore di lavoro.
Il motivo è inammissibile e comunque infondato. Trattandosi di sentenza di appello pubblicata il 14.7.2005, la violazione del CCNL non è denunciabile in Cassazione alla stregua di violazione di legge; ove il ricorrente intenda censurare l´interpretazione del contratto collettivo, va ricordato che il principio di tempestività della contestazione viene inteso dalla giurisprudenza con criterio di ragionevolezza, tenuto conto del momento della piena conoscenza del fatto e del tempo necessario per compiere accertamenti. Vedasi al riguardo la Sentenza n. 29480 del 17/12/2008: "Nel licenziamento per motivi disciplinari, il principio dell´immediatezza della contestazione dell´addebito e della tempestività del recesso datoriale, che si configura quale elemento costitutivo del diritto al recesso del datore di lavoro, deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, quando l´accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell´impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso; in ogni caso, la valutazione relativa alla tempestività costituisce giudizio di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto essere stato rispettato il principio dell´immediatezza in relazione alla contestazione disciplinare intimata dopo quattro mesi dall´ultimo episodio di utilizzo, da parte del dipendente, del telefono di ufficio con il quale erano stati inviati, anche fuori dall´orario di lavoro e nell´arco di un anno, oltre tredicimila brevi messaggi, attesa la necessità di controllare l´estraneità dei messaggi ai motivi di servizio)".
Si veda in senso conforme la sentenza n. 23739.2008: "In tema di procedimento disciplinare nei confronti di un dipendente di datore di lavoro privato, la regola desumibile dalla L. n. 300 del 1970, art. 7 secondo cui l´addebito deve essere contestato immediatamente, va intesa in un´accezione relativa, ossia tenendo conto delle ragioni oggettive che possono ritardare la percezione o il definitivo accertamento e valutazione dei fatti contestati (da effettuarsi in modo ponderato e responsabile anche nell´interesse del lavoratore a non vedersi colpito da incolpazioni avventate), soprattutto quando il comportamento del lavoratore consista in una serie di fatti che, convergendo a comporre un´unica condotta, esigono una valutazione unitaria, sicchè l´intimazione del licenziamento può seguire l´ultimo di questi fatti, anche ad una certa distanza temporale da quelli precedenti".
Nella specie, il giudice di merito accerta che la "prova provata" della concorrenza, a prescindere dalla conoscibilità della condotta, scaturisce dalla lettera appositamente scritta dalla Vini del Golfo alla San Michele il (OMISSIS) e che l´"iter" disciplinare si è svolto in tempi adeguati al principio di immediatezza.
11. Col quarto motivo del ricorso, il F. denuncia ulteriore omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5: manca la motivazione in ordine alla proporzionalità tra licenziamento e condotta contestata.
12. Il motivo è infondato. Esso si risolve in una censura in fatto alla sentenza impugnata, la quale ha ritenuto che l´attività del F., globalmente considerata, fosse in contrasto col dovere di fedeltà, non tanto per quanto attiene alla FIV, quanto per l´attività prestata in favore della concorrente Vini del Golfo.
13. Col quinto motivo, viene denunciata violazione dell´art. 2105 c.c. e vizio di motivazione, per non essere stata valutata in concreto la portata lesiva della condotta ascritta al F..
14. Il motivo è infondato. Valgono le considerazioni svolte a proposito del motivo quarto; questa Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito il processo ; la portata lesiva della condotta risulta valutata nella sentenza di appello con riferimento alla gravità degli atti di concorrenza, ai risultati ottenuti (costituzione di una concorrente "ex novo") e la rilevanza dell´attività di cooperazione con il concorrente.
15. Il ricorso principale, per i suesposti motivi, deve essere rigettato. Viene quindi assorbito il ricorso incidentale condizionato. Giusti motivi, in relazione all´opinabilità della materia del contendere, alla complessità in fatto delle questioni trattate ed al comportamento processuale delle parti, consigliano la compensazione integrale delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 febbraio 2009.
Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2009



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