martedì 19 maggio 2009
Responsabilità per danno nella difficoltà di attuazione dell’N.P.M.
Articolo del Prof. Sergio Sabetta
Si è più volte segnalata la difficoltà operativa di mantenere distinte le funzioni di indirizzo politico-amministrativo dalle funzioni dirigenziali di gestione amministrativa, così come previsto dal D. Lgs. n. 165/01, per la tentazione del potere politico di debordare secondo una precisa cultura dell’ aut Caesar aut nullus, anche la forma del contracting out con cui vengono affidati a soggetti “esterni” all’amministrazione alcuni servizi, secondo i principi propri del new pubblic management, offre il fianco a pericoli comportamentali e gestionali se non attentamente monitorati, d’altronde si crea un rapporto di servizio tra tali soggetti e la P.A. con conseguente jus dicere della giurisdizione contabile.
Una recente sentenza della Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, la n. 592 dell’8/4/09 è al riguardo esemplare.
Come si afferma nelle motivazioni si è avuto in sostanza nella vicenda un esorbitare dalle funzioni politiche di indirizzo proprie del Ministro per porre “in essere veri e propri atti di gestione, per tali intendendosi qualsiasi atto amministrativo il quale sotto l’aspetto finanziario comporti entrata o spesa per l’ente (gestione finanziaria) e sotto l’aspetto patrimoniale comporti aumento di passività o diminuzione di attività negli elementi del patrimonio (gestione patrimoniale), con tutte le implicazioni in fatto ed in diritto in termini di responsabilità gestoria sotto il profilo economico – finanziario (Sezione I Centrale, n. 226 del 17/9/2001; n. 203 del 19/6/2002)”.
Correttamente si osserva che se la c.d. “riserva di amministrazione”circoscrive il potere di decidere del giudice contabile sull’insindacabilità delle iniziative operative intraprese, non può tuttavia esularsi dal non dare rilievo “alla non adeguatezza dei mezzi prescelti nell’ipotesi di assoluto ed incontrovertibile estraneità dei mezzi rispetto ai fini” (Cass. SS.UU. Civ. n. 1378/06), come si “deve verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini dell’ente pubblico” circostanza che “non può prescindere dalla valutazione del rapporto tra gli obiettivi conseguiti e i costi sostenuti” (Cass. SS.UU. Civ. n. 14488/03).
Il danno può quindi discendere anche da atti di per sé legittimi e congruenti, ma così malamente posti in esecuzione da concretizzare un’ipotesi di danno “per assoluta superficialità, contraddittorietà e inidoneità della soluzione adottata”.
L’individuazione della società per esclusiva conoscenza personale, oltre alla comune militanza politica, ne è un esempio, come constata la stessa Corte quando fa riferimento alla costituzione di una apposita empty box come tale priva dei requisiti necessari per svolgere l’incarico il quale, per altro, non si risolveva nell’effettuazione di soli studi ma si estendeva allo svolgimento di vere e proprie attività amministrative, seppure limitate in determinati settori della P. A.