lavoroprevidenza

martedì 17 marzo 2009

CREDITO D’IMPOSTA NUOVI ASSUNTI E VERIFICA ANNUALE DELL’INCREMENTO OCCUPAZIONALE

Approfondimento a cura di Claudio Cavaliere – Consulente del Lavoro in Taranto
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Interessante sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Taranto, Sezione 04, n. 674 del 21 settembre 2006, depositata il 20 agosto 2007.

Il fatto:
Con avviso di recupero del 25/11/2004, l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Taranto 1, intimava alla ditta XXX il pagamento della somma di € 31.517,13, oltre interessi e sanzioni, a titolo di recupero del credito d’imposta, maturato ex art. 7 L. 23/12/2000 n. 388, a suo dire indebitamente utilizzato. A supporto di tale azione, l’Ufficio contestava il mancato rispetto dell’incremento occupazionale su base annuale, accertando che, al termine del primo periodo di osservazione (1/10/2000 – 30/09/2001), l’indice di occupazione dell’azienda sottoposta ad accertamento era risultato pari a 0,83, rispetto a quello di riferimento, fissato dalla legge nell’anno intercorrente tra il 01/10/1999 ed il 30/09/2000, che era pari a 1,02, determinando un decremento pari a -0,19. Quindi, non essendo stato rispettato il requisito dell’incremento occupazionale su base annuale, l’Ufficio faceva decadere il diritto alla fruizione del credito d’imposta anche per i periodi successivi.

La norma e le indicazioni del Ministero:
L’azione di recupero posta in essere dall’Agenzia delle Entrate derivava dall’applicazione dell’art. 7 c. 2 della L. 388, che, al 2° periodo, recita “Il credito di imposta decade se, su base annuale, il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, a tempo indeterminato e a tempo determinato, compresi i lavoratori con contratti di lavoro con contenuto formativo, risulta inferiore o pari al numero complessivo dei lavoratori dipendenti mediamente occupati nel periodo compreso tra il 1° ottobre 1999 e il 30 settembre 2000.” Ma, per l’applicazione della norma al caso specifico, l’Agenzia delle Entrate faceva riferimento alla Circolare del Ministero delle Finanze n. 1/E del 3 gennaio 2001, lì dove dispone “In altri termini, affinché l’agevolazione, per ogni anno di applicazione che inizia il primo ottobre e termina il 30 settembre dell’anno successivo, possa essere mantenuta, il numero complessivo dei dipendenti, deve essere sempre superiore al livello occupazionale di riferimento, dato dal numero medio dei dipendenti occupati nel periodo 1° ottobre 1999 – 30 settembre 2000”, aggiungendo…….”Tale decadenza comporta il venir meno della possibilità di fruire del credito d’imposta relativo ai nuovi assunti a partire dall’anno successivo a quello in cui si è verificata l’assunzione.”

Le ragioni del ricorrente:
L’azienda XXX, piccola azienda artigiana, ricorreva avverso l’avviso di recupero del credito d’imposta, presentando altresì, con esito favorevole, istanza di sospensione dell’esecuzione della conseguente cartella di pagamento.
Il ricorrente partiva dal presupposto che l’unico decremento occupazionale si concretizzava alla prima verifica annuale, il 30 settembre 2001, quando la media degli occupati risultava essere pari a 0,83, quindi un coefficiente di 0,19 in meno rispetto alla media del periodo di riferimento (01/10/’99 – 30/09/’00). Tale decremento era conseguenza di due concause: la cessazione, avvenuta il 17/04/2000, del rapporto di lavoro intercorrente con un lavoratore incluso nella media di riferimento e, soprattutto, il fatto che due nuove assunzioni erano avvenute rispettivamente il 26 e il 28/09/2001, ovvero al termine del primo periodo di verifica. L’azienda faceva quindi presente che, paradossalmente, se le assunzioni fossero avvenute dal 1° ottobre 2001 in poi (quindi 5 e 3 giorni rispettivamente dopo), la media di verifica si sarebbe dovuta calcolare l’anno successivo e, dunque, l’incremento sarebbe stato “salvo” (“Ma è questo, per il datore di lavoro, il prezzo da pagare per avere retribuito ai lavoratori tre o cinque giorni in più di stipendio?”). Tale paradosso, argomentava il ricorrente, metteva in evidenza una grave incongruenza nella interpretazione che il Ministero delle Finanze aveva diffuso con la sua Circolare n. 1/E del 3 gennaio 2001, dove, da un lato individuava il periodo annuale di verifica tra il 1 ottobre e il 30 settembre dell’anno successivo e dall’altro stabiliva che il mancato rispetto dell’incremento occupazionale ad una verifica annuale, faceva venir meno il credito d’imposta per tutti i periodi successivi. Una interpretazione del genere, applicata al caso concreto in esame, dove alle successive verifiche, il 30/09/2002 e 30/09/2003, l’azienda faceva registrare un incremento occupazionale rispettivamente di 4,49 e 4,46, appariva palesemente in contrasto con la ratio legis, considerato che il comma 1 dell’art. 7 della norma in esame recita testualmente: “ai datori di lavoro, che nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2000 e il 31 dicembre 2003 incrementano il numero dei lavoratori a tempo indeterminato è concesso un credito d’imposta…..” Il ricorrente, cercando di interpretare la norma in maniera tale che non potesse essere produttiva di un paradosso del genere, concludeva “…..non sarebbe forse più logico, rispondente alle finalità dell’intervento legislativo e finanche costituzionalmente corretto che l’anno di applicazione inizi dal primo giorno di assunzione del primo dipendente agevolato?”

Le controdeduzioni dell’Ufficio:

L’Agenzia delle Entrate, sosteneva la correttezza delle operazioni effettuate in sede di accertamento e, quindi, la legittimità dell’atto di accertamento adottato. Citando l’art. 7, comma 2, 2° periodo della L. 388/2000, l’Ufficio asseriva: “In altre parole il Legislatore ha espressamente previsto – accanto all’ambito temporale di inizio per la validità delle assunzioni e del credito di imposta – anche che l’incremento occupazionale fosse mantenuto costante su base annuale, e cioè senza decremento, con riferimento alla media rilevata per il periodo 1 ottobre 1999 – 30 settembre 2000”…..e ancora…..”E’ il legislatore, infatti, che configura un aspetto decadenziale del credito, qualora la parte interessata non abbia assicurato il mantenimento su base annuale della media occupazionale rilevata nel periodo 01.10.1999 / 30.09.2000”. Quindi l’Ufficio proseguiva le proprie controdeduzioni contestando nel merito le argomentazioni del ricorrente, classificandole come “auspicate eventuali integrazioni migliorative del testo normativo” e concludendo “Per tale ragione, esse dovrebbero costituire oggetto di censura avanti alla competente autorità giudiziaria e non, invece, rappresentate al giudice del rapporto tributario” .

La Sentenza:

La Commissione premetteva che la controversia nasceva dalla diversa interpretazione che le parti davano all’art. 7 della L. 388/2000, sulla base, invece, di fatti pacifici e non contestati. Partiva quindi dal presupposto che il comma 1 del citato art. 7 prevede che “ai datori di lavoro, che nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2000 e il 31 dicembre 2003 incrementano il numero dei lavoratori a tempo indeterminato è concesso un credito d’imposta…..”. E’ evidente, dunque, afferma la Commissione, che “l’incremento occupazionale debba effettuarsi nell’arco del triennio suddetto, ma non necessariamente dal primo all’ultimo giorno dello stesso. L’importante è che, in un certo tempo di quel periodo, il datore di lavoro abbia effettuato nuovi ingaggi di mano d’opera a tempo indeterminato, sì che si possa riscontrare, presso la sua ditta, un aumento dell’occupazione, con riferimento al periodo-parametro individuato nell’anno 1.10.1999 / 30.9.2000 e valutato anno per anno. Proseguendo con l’analisi dell’art. 7, lì dove al comma 2 viene prevista la decadenza del credito d’imposta, “…la Commissione ritiene che l’interpretazione più corretta, perché più aderente alla stessa ratio della legge che ha mirato all’incremento occupazionale, di una qualunque durata, purché raggiunto nel triennio suddetto, sia quella di limitare la decadenza al solo anno di “non maggiorazione” dell’occupazione, senza pregiudizio per gli altri anni e di ritenere conseguibile il credito d’imposta, purché su base annua ed in uno qualunque (o più) di quegli anni sia stato superato lo standard occupazionale di riferimento”. Andando ancora oltre con l’interpretazione, la Commissione afferma che “…coerentemente con la non necessaria maggiorazione occupazionale dell’intero triennio e con la sua verifica “su base annua”, ma rispetto al periodo fisso di riferimento (1.10.1999 / 30.9.2000) e non a quello precedente, ove in alcuni anni si sia raggiunta quella maggiorazione di occupazione, per effetto di ingaggi non soltanto avuti nell’anno in considerazione, ma anche precedenti, purché nuovi, rispetto al detto periodo di riferimento, il beneficio possa essere accordato, perché l’effetto voluto dal legislatore sarà stato comunque raggiunto. Nel caso di specie, se è giusto che i nuovi ingaggi dei dipendenti YYY e WWW non diano diritti a credito d’imposta per il primo anno di osservazione, perché la loro assunzione è avvenuta negli ultimi giorni di quell’anno e quindi la loro incidenza è risultata per quell’anno irrilevante, ciò non pertanto essi spiegheranno tutta la loro influenza nell’anno successivo, sia perché essi si sono comunque verificati nel triennio considerato dal legislatore, e, quindi, si tratta sempre di NUOVI ingaggi, rispetto al periodo di riferimento; e sia perché, nel secondo anno e nel terzo, essi hanno determinato quell’incremento occupazionale (rispetto al 1999/2000) auspicato dalla legge.
“Alla luce di tanto”, prosegue la sentenza, “la Commissione ritiene che, mentre la ditta XXX non ha maturato alcun diritto ad usufruire di credito d’imposta per il periodo sino al 30.9.2001, egli lo ha conseguito ed ha diritto ad esercitarlo nei due anni successivi, allorquando l’indice è salito al 4,49 ed al 4,46, sicuramente maggiore a quell’1,02 del periodo di riferimento. Con tali criteri l’Agenzia dovrà operare i nuovi conteggi e determinare se ed in che misura il credito possa essere utilizzato.” Per questi motivi ampiamente e autorevolmente riportati in Sentenza, la Commissione accoglieva il ricorso ed intimava l’annullamento dell’avviso di recupero impugnato.

Conclusioni:

Ancora una volta la Prassi Amministrativa, lì dove è stata individuata nel caso specifico una mancata garanzia della ratio legis, viene smentita dalla giurisprudenza, ancorché tributaria. Essendo trascorsi i termini, la Sentenza è divenuta definitiva.
Andrebbe, a questo punto, attentamente verificata la “ricaduta” che questa Sentenza potrebbe avere sul credito d’imposta attualmente in vigore, riveniente dalla Finanziaria 2008 (Legge n. 244 del 24 dicembre 2007), tenendo conto che gli effetti della causa di decadenza sono contenuti all’interno di un Decreto Ministeriale e non di una Circolare. E’ infatti l’art. 7 del D.M. 12 marzo 2008, al comma 2, che prevede testualmente che “……..la decadenza opera a partire dall’anno successivo a quello di rilevazione della differenza prevista nella medesima lettera a)” . La successiva Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 48 del 10 luglio 2008, si limita a riprendere tale previsione, esplicandola in maniera più circostanziata. Anche se l’iter procedurale per giungere alla definizione degli effetti della decadenza è lievemente diversificato rispetto a quello oggetto dell’interpretazione del Giudice tributario sin qui analizzata, la valenza della Sentenza appare ugualmente legittima in presenza di un iter che comunque, secondo un’analisi della gerarchia delle fonti, vede un regolamento di esecuzione in contraddizione nei confronti della norma primaria.



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