lavoroprevidenza

sabato 28 febbraio 2009

PERCENTUALE RICHIESTA PER LA SOTTOSCRIZIONE DEI CONTRATTI COLLETTIVI NAZIONALI PRESSO L´ARAN: PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO

Articolo dell’Avv. Rocchina STAIANO

E’ possibile firmare i CCNL pubblico impiego solo con Cisl e Uil; ciò deriva da un’intereptazione da dare all’art. 43, comma 3, del d.lgs. 165/2001.

L´Aran, il 21 novembre 2008 ha sollevato alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica la questione relativa a quale debba essere considerata come base di riferimento la percentuale su cui calcolare la soglia minima richiesta dalla normativa vigente necessaria per rendere valida la sottoscrizione dei contratti nazionali collettivi. In particolare, l’Aran ha chiesto di stabilire quale sia la base di riferimento su cui calcolare la percentuale minima richiesta ai sensi dell’art. 43, comma 3, del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, per rendere valida la sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali di lavoro.
Va preliminarmente precisato che secondo l’art. 43, comma 3, del d. lgs. n. 165/2001 “L’Aran sottoscrive i contratti collettivi verificando previamente, sulla base della rappresentatività accertata per l’ammissione alle trattative ai sensi del comma 1, che le organizzazioni sindacali che aderiscono all’ipotesi di accordo rappresentino nel loro complesso almeno il 51 per cento come media tra dato associativo e dato elettorale nel comparto o nell’area contrattuale, o almeno il 60 per cento del dato elettorale nel medesimo ambito”.
Ciò sta a significare che la norma presuppone un preventivo adempimento, costituito dall’accertamento della rappresentatività delle organizzazioni sindacali ai sensi del comma 1 dell’art. 43, a mente del quale “L’Aran ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell’area una rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo ed il dato elettorale. Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell’ambito considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale (ndr RSU), rispetto al totale dei voti espressi nell’ambito considerato”.
In altri termini, l’applicazione della norma di cui al comma 3, oggetto della richiesta di parere, esige che siano già state preventivamente individuate le organizzazioni sindacali che, in relazione al grado accertato di rappresentatività, sono abilitate a partecipare al tavolo negoziale.
Stante questo presupposto, la norma stabilisce il livello minimo di adesione necessario per la sottoscrizione dell’ipotesi di accordo sindacale. L’Amministrazione richiedente prospetta due tesi alternative, entrambi desumibili dalla lettura del dato testuale della citata previsione di legge.
In una prima interpretazione, il richiamo espresso alla “rappresentatività accertata”, letto in stretta connessione con la “previa verifica”, comporterebbe che la percentuale di rappresentatività di ciascuna organizzazione sindacale per l’ammissione alle trattative sia la stessa cui far riferimento per la preventiva verifica ai fini della sottoscrizione dell’ipotesi di accordo sindacale, per la quale è richiesto il raggiungimento della complessiva percentuale del 51% o del 60%.
La seconda interpretazione separa i due momenti e si fonda su una diversa lettura, nella quale il riferimento espresso alla “rappresentatività accertata” serve solamente ad individuare e circoscrivere i soggetti sindacali nei confronti dei quali occorre effettuare l’ulteriore preventiva verifica, specificamente ed esclusivamente finalizzata alla sottoscrizione dell’accordo sindacale.
Finora, è invalsa la prassi di applicare la norma secondo la prima interpretazione, anche in considerazione delle alte percentuali di adesione alle ipotesi di accordo sottoscritte dalle organizzazioni sindacali, che non hanno mai determinato problemi applicativi. Infatti, è evidente che ove si raggiunga la percentuale di adesione utilizzando il primo criterio, sicuramente la percentuale necessaria si sarebbe raggiunta anche in applicazione del secondo criterio.
In relazione al particolare momento contrattuale ed, in particolare, ai “capricci” della Cgil, è sorta la necessità del chiarimento richiesto.
Ora, ai fini di risolvere il dubbio interpretativo prospettato, è necessario tener conto della finalità cui tende il legislatore, il quale ha ritenuto di porre una soglia minima di adesione per la sottoscrizione del contratto collettivo al fine di garantire un maggioritario grado di consenso e di condivisione da parte delle organizzazioni sindacali.
In via generale, entrambe le interpretazioni soddisfano questa esigenza, comportando, nella sostanza, nel primo caso una soglia più alta poiché la percentuale considerata tiene conto anche della presenza delle organizzazioni sindacali non rappresentative e conseguentemente non abilitate alla partecipazione alle trattative negoziali.
La prima ipotesi interpretativa, però, può comportare effettivamente delle difficoltà applicative.
Ove infatti ricorra, come rappresentato dall’Amministrazione richiedente, il caso limite di presenza nel comparto od area di una pletora di organizzazioni non rappresentative (con percentuale inferiore al 5%), che nel loro complesso, però, assommino una percentuale superiore al 49% della media delle deleghe e dei voti, si verificherebbe l’impossibilità per quelle rappresentative (con percentuale superiore al 5%) di raggiungere, anche nella loro totalità, la percentuale del 51%, richiesta per la sottoscrizione del contratto.
Qualora si verificasse, questa evenienza determinerebbe pertanto un vulnus - di certo contrario all’intentio legis - all’intero sistema della contrattazione collettiva, perché, paradossalmente, le organizzazioni sindacali ammesse al tavolo negoziale in quanto rappresentative non potrebbero comunque, anche se in ipotesi tutte favorevoli all’adesione, portare a termine il compito loro affidato, vale a dire la predisposizione e sottoscrizione del contratto.
Ciò, con l’ulteriore conseguenza, non poco rilevante, che un intero comparto o area contrattuale ed il relativo personale rimarrebbero privi di disciplina contrattuale, pur in presenza di organizzazioni sindacali per le quali è stata positivamente accertata la prevista rappresentatività.
Conseguentemente, si ritiene che, in coerenza con il complessivo sistema di relazioni sindacali e di contrattazione collettiva delineato dal legislatore del d. lgs. n. 165/2001, si debba assicurare ai soggetti che hanno conseguito il requisito della rappresentatività la possibilità - fermo restando la necessità di raggiungere le percentuali di adesioni prescritte - di pervenire alla conclusione delle trattative con la stipulazione del contratto collettivo.
Per questo motivo, il Consiglio di Stato, il 3 novembre 2008 è giunto al seguente parere: “almeno il 51 per cento come media tra dato associativo e dato elettorale nel comparto o nell’area contrattuale, o almeno il 60 per cento del dato elettorale nel medesimo ambito”, come previsto dal comma 3 del citato art. 43, debba essere “verificato previamente”, ai sensi e per gli effetti del medesimo comma 3, con riferimento alle sole sigle sindacali che sono state individuate come rappresentative e che, in tale loro qualità, sono ammesse al tavolo della contrattazione collettiva del relativo comparto o della relativa area.
Facciamo esempio per comprendere:
negli enti locali, la rappresentanza della Cgil è del 35%, quella della Cisl è del 30% e della Uil del 17%, il cui totale è di 82%.
In base alla seconda interpretazione data all’art. 43, 3 comma, del d. lgs. 165/2001, si ritiene che sia necessario solo il 50% delle organizzazioni maggiormente rappresentative; infatti, la Cisl e la Uil da sole sono sufficienti, in quanto hanno 47%/82%, vale a dire hanno il 57%.
Ciò vuol dire che negli enti locali, la Cisl e la Uil non hanno più bisogno della Cgil.




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