mercoledì 11 febbraio 2009
ASSENZE PER MALATTIA NEL PUBBLICO IMPIEGO PER LA CASSAZIONE LE VISITE MEDICHE DI CONTROLLO SONO A PAGAMENTO
Articolo di Fernando Sacco
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L’art. 14, comma 3, lettera q), della legge n° 833 del 1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, demanda alle U.S.L. (ora Aziende Sanitarie) una molteplicità di adempimenti tra cui il compito di provvedere “agli accertamenti, alle certificazioni e ad ogni altra prestazione medico legale spettante allo stesso”.
Successivamente nell’individuare con D.P.C.M. del 29 novembre 2001 i livelli essenziali di assistenza (LEA) – intesi, questi ultimi, quali prestazioni e servizi che il S.S.N., nell’ambito della programmazione sanitaria nazionale (P.S.N.), è tenuto obbligatoriamente a garantire a tutti i cittadini, gratuitamente o in compartecipazione – relativamente alle attività di medicina legale vengono indicate tra le prestazioni essenziali soltanto le “certificazioni sanitarie ai dipendenti pubblici assenti dal servizio per motivi di salute” con l’annotazione, a margine, che nei livelli anzidetti non rientrano le restanti certificazioni in quanto non rispondenti, queste ultime, ai fini di tutela della salute collettiva pur costituendo, lo stesso, compito istituzionale che le A.S.L., a richiesta, sono tenute ad assolvere nei tempi, nei modi e con le procedure all’uopo previste.
Tali certificazioni, richieste per i fini più svariati (porto d’armi, patente di guida, idoneità fisica all’impiego, cessione quinto dello stipendio, ecc.), sono erogate, sempre a richiesta degli interessati, con oneri a carico dei richiedenti con la sola eccezione delle certificazioni
• richieste dalle istituzioni scolastiche ai fini della pratica sportiva non agonistica in ambito scolastico;
• di idoneità di minori e disabili alla pratica sportiva agonistica nelle società dilettantistiche;
• di idoneità all’affidamento e all’adozione di minori
che, per la specificità delle finalità perseguite, ai sensi del D.P.C.M. del 28 novembre 2003 sono, invece, rilasciate gratuitamente.
Tanto premesso il problema che si pone oggi – oggetto, fra l’altro, di dibattito non sempre chiaro nei contenuti – è se le visite mediche di controllo (accertamenti medico legali) rientrano nelle “certificazioni sanitarie ai dipendenti pubblici assenti dal servizio per motivi di salute” (inserite nei LEA) o si collocano, invece, tra le “restanti” certificazioni che, non rispondendo ai fini di tutela della salute collettiva, non sono ricompresse nei LEA con la conseguenza che l’erogazione della relativa prestazione comporta oneri a carico delle amministrazioni richiedenti.
Il Dipartimento della Funzione Pubblica, in più occasioni, ha ribadito che tali prestazioni, in quanto ricadenti tra le competenze istituzionali delle Aziende Sanitarie, non possono dar luogo, in sede di erogazione, ad alcuna pretesa creditoria nei confronti delle amministrazioni pubbliche.
Sull’argomento si registra anche un intervento del Consiglio di Stato (sentenza n° 1909 del 23 dicembre 1998) che, nel precisare che tali accertamenti rientrano nella competenza delle Aziende Sanitarie, ribadisce, tuttavia, che i relativi oneri debbano formare oggetto di concertazione nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni in sede di adozione, con cadenza triennale, del Piano Sanitario Nazionale (P.S.N.) e definizione annuale dei criteri di riparto del Fondo Sanitario Nazionale (F.S.N.) destinato al finanziamento dei livelli essenziali di assistenza (L.E.A.).
Ad oggi non risulta, però, che in tale materia sia intervenuta specifica intesa con l’inevitabile conseguenza che la questione relativa alla imputabilità degli oneri per le visite fiscali nel pubblico impiego è ancora in via di approfondimento registrando, nel tempo, interventi e pareri non sempre concordi.
In attesa di definizione della problematica in interesse talune Regioni, nel frattempo, hanno stabilito autonomamente l’onerosità delle visite mediche di controllo richieste dai datori di lavoro (pubblici e privati) fissando le relative tariffe o demandando la determinazione delle stesse alle aziende sanitarie locali presenti sul proprio territorio asserendo che l’accertamento in questione non è richiesto nell’interesse del lavoratore, quale utente del S.S.N., per fini di tutela della propria salute, quale solennemente sancito dal dettato costituzionale, ma per uno specifico interesse del datore di lavoro (soggetto richiedente) volto ad accertare, per il tramite il competente servizio pubblico (A.S.L.), l’effettiva incapacità lavorativa del dipendente assente dal servizio per malattia.
Ciò in quanto con la visita fiscale non viene erogata alcuna prestazione sanitaria finalizzata alla tutela della salute del cittadino nel rispetto dei livelli di assistenza posti a carico del S.S.N. né risponde all’interesse “diffuso” della salute collettiva atteso che la stessa assolve solo un’esigenza correlata alla necessità di accertare l’esistenza di “una giusta causa” di assenza dal lavoro del dipendente ammalato con diritto, per quest’ultimo, non solo alla conservazione del posto di lavoro, ma anche alla retribuzione nonostante che il datore di lavoro non benefici, nella circostanza, di alcuna prestazione lavorativa.
Sulla base di tale assunto, nel rispetto delle competenze loro demandate in materia di sanità, talune Regioni, come si è detto, hanno innovato autonomamente il criterio della gratuità degli accertamenti in questione, quale originariamente generalizzato, stabilendo che gli stessi vengano effettuati con oneri a totale carico dei soggetti richiedenti (datori di lavoro pubblici e privati) previa fissazione di tariffe differenziate per prestazione (visita domiciliare, ambulatoriale o collegiale) e l’individuazione di eventuali ulteriori oneri aggiuntivi (rimborso spese effettivamente sostenute).
Ricorrendo la circostanza appare corretto che ogni qual volta l’A.S.L., avendone titolo, si attivi per il recupero degli oneri sostenuti per l’accertamento sanitario in interesse indichi, sempre, nella richiesta non solo l’ammontare del compenso dovuto (comprensivo degli eventuali oneri aggiuntivi), ma anche gli estremi del provvedimento che legittima la richiesta stessa.
Quanto sopra per fini di correttezza e di trasparenza che devono sempre presiedere l’azione pubblica nei rapporti con l’utenza.
Di recente sull’argomento è intervenuta anche la Corte di Cassazione (sentenza n°13992 del 28 maggio 2008) che, dopo aver precisato che l’attività di controllo medico legale volta ad accertare, su richiesta del datore di lavoro, la legittimità dell’assenza dal lavoro per malattia dei propri dipendenti certamente rientra nella competenza funzionale delle U.S.L., sottolinea, tuttavia, che da tale competenza non discende autonomamente il principio della gratuità della prestazione in questione dal momento che la stessa legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, all’art. 69, primo comma, lettera e), prevede l’acquisizione al bilancio pubblico di “proventi derivanti da attività a pagamento svolte dalle Unità Sanitarie Locali e dai presidi sanitari ad esse collegati”.
Da ciò non può che desumersi l’esistenza di prestazioni la cui erogazione, pur costituendo compito istituzionale dei presidi del S.S.N., sono tuttavia rese con oneri a carico dei richiedenti attesa la specificità delle stesse e la particolarità delle finalità perseguite.
Ritornando alle visite fiscali è indubbio che le stesse, trattandosi di attività promosse non per un interesse generale, ma per tutelare interessi specifici del richiedente, non possono che essere ricomprese tra le attività a pagamento del S.S.N. con l’addebito dei relativi oneri ai soggetti richiedenti.
E’, infatti, “di tutta evidenza – sottolinea a tal riguardo la Cassazione - la differenza tra le prestazioni sanitarie di cura e di prevenzione assicurate a tutti i cittadini indistintamente nel precipuo interesse della sanità pubblica e quelle aventi per oggetto le visite fiscali avvenendo queste ultime nell’interesse del solo datore di lavoro che si avvale dei previsti controlli per accertare la legittimità dell’assenza dal lavoro dei propri dipendenti”.
A supporto di quanto in interesse va anche osservato che il sanitario preposto all’accertamento in questione, in sede di controllo, non esprime alcuna indicazione di cura a tutela della salute del dipendente ammalato limitandosi solo ad un giudizio medico-legale in ordine all’esistenza o meno di alterazioni dello stato di salute tali da determinare, per l’interessato, una incapacità assoluta al lavoro per un definito arco temporale (prognosi).
Trattandosi di prestazione non rispondente all’interesse diffuso della tutela della salute, il cui diritto è solennemente sancito dall’art. 32 della Costituzione Italiana e ribadito dall’art. 1, primo comma, della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (n° 833 del 1978), ne consegue che la visita medica di controllo, per le peculiarità che la contraddistinguono, non può che essere resa a titolo oneroso.
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