giovedì 22 gennaio 2009
L’azione giudiziaria come speculazione
Articolo del Prof. Sergio Sabetta
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L’articolo di J. Henkel e M. Reitzig “Squali di brevetti” apparso sulla Harvard Business Review ( 86 – 93) del 7-8/2008, relativo all’uso improprio dei diritti sulla proprietà intellettuale mediante i quali si trae profitto dalla capacità di identificare all’interno di ciascun prodotto commerciale ad alta tecnologia la violazione di brevetti da essi detenuti, acquisiti direttamente dagli inventori o da fallimenti, merita un’analisi più ampia da estendersi all’aspetto economico.
La tecnica consiste nel nascondere il proprio titolo brevettuale in modo da esporre l’azienda a comportamenti sanzionabili civilmente anche se inavvertitamente.
Giustamente L. Daffara nel suo articolo di commento “Squali e pirati all’assalto della Proprietà Intellettuale” (90-91), osserva che, oltre alla necessità di una più attenta analisi del mercato dei diritti di privativa brevettuale anche attraverso l’aggiramento di quei brevetti forniti di scarsa innovazione, uno dei problemi principali sono le cifre spesso astronomiche riconosciute dal sistema U.S.A. ma non generalmente negli ordinamenti dell’Unione Europea, come pure la necessità di garantire una maggiore proporzionalità all’ammontare del danno liquidato tenuto conto dell’ampiezza e dell’estensione delle violazioni, anche in rapporto al peso di ciascun brevetto in seno al prodotto.
Questo caso specifico fa emergere chiaramente come un sistema può essere piegato per fini diversi dalla tutela dei diritti dando origine a un nuovo mercato, si tratta della trasformazione delle funzioni di garante dei rapporti sociali con tutte le possibili dinamiche sociologiche in un rapporto di puro mercato con vendita di un prodotto giuridico vuoto, pertanto con dinamiche esclusivamente finanziarie ma non economiche.
Ci troviamo innanzi ad una forma mentis che porta il sistema alla tensione massima, esasperando l’aspetto finanziario sanzionatorio dei risarcimenti su cui si poggia, se consideriamo il caso in esame, nonché quelli similari che possono crearsi, da un punto di vista economico si può parlare di speculazione derivante da asimmetria informativa tale da indurre i terzi a comportamenti idonei a garantire i propri guadagni.
Gli effetti tendono ad essere cumulativi e acceleratori con una dinamica viziosa auto-catalitica a crescita esponenziale, fino ad una “esplosione” economica che indurrà ad un intervento correttivo.
Questa azione speculativa è di per se stessa positiva nell’evidenziare i punti di rottura del sistema, nel quale la frattura è il risultato di un errore progettuale del sistema stesso o meglio di una sua debolezza, ma diventa negativa nella sua accumulazione.
La flessibilità del sistema giurisprudenziale risulta pertanto essere garanzia di una rapido intervento correttivo, ma la pressione economica determinata dalle richieste di risarcimento deve essere graduata in rapporto alla valutazione del ripetersi dell’evento.
Il concetto speculativo esistente in qualsiasi sistema è di fatto accentuato dai principi su cui appoggia il sistema stesso. Se consideriamo l’aspetto fortemente finanziario su cui si fonda l’apparato giudiziario americano, con una tendenza a monetizzare discrezionalmente i vari istituti, questo fenomeno non risulta poi così sorprendente, al contrario nel nostro sistema si punta sulla ripetitività delle procedure, quindi nell’accumulo nel tempo ossia nell’uso del sistema per frenare a beneficio del cliente e quindi da lui consciamente finanziato o del suo legale e quindi inconsciamente finanziato dall’assistito.
La simmetria informativa persiste in tutti e due i sistemi ma risulta usata in termini diversi, con una valenza più pressante e tecnicamente pianificata nell’ipotesi statunitense mentre in termini più spiccioli nel nostro sistema giudiziario.