martedì 16 dicembre 2008
CHIAMATA IN CAUSA DEL TERZO E MEMORIA DIFENSIVA
La richiesta di chiamata in causa del terzo deve essere formulata nella memoria difensiva ex art. 416 c.p.c. e non può essere sollevata in un momento successivo.
Cass. civ., sez. lav., 6 giugno 2008, n. 15080, pres. Sciarelli, rel. Vidiri – con nota della Prof.ssa Avv. Rocchina Staiano - Responsabile Sezione Pari Opportunità di LavoroPrevidenza.com
Svolgimento del processo. - Con ricorso depositato in data 25 settembre 1999, Z.P. adiva il Tribunale di Potenza esponendo di essere stato dipendente della s.p.a. S.I.T.A. sino al 31 ottobre 1992 quando detta società aveva rinunziato alla concessione del servizio di trasporto pubblico urbano della città di Potenza, servizio che era stato affidato dal locale Comune alle Ferrovie Appulo Lucane. Assunto in data 3 ottobre 1992 da quest´ultimo ente, era stato poi collocato in quiescenza a partire dal 1 agosto 1998, ricevendo a titolo di trattamento di fine rapporto un importo inferiore a quello dovuto per il periodo dal 1 novembre 1992 al 1 agosto 1998, non essendo state computate nel calcolo le indennità corrisposte in misura continuativa e non occasionale. Chiedeva pertanto una differenza pari a L. 2.439.081 o una somma maggiore o minore da accertare in corso di causa.
Dopo la costituzione, tramite l´Avvocatura distrettuale dello Stato, della Gestione Commissariale Ferrovie Appulo Lucano, che contestava la fondatezza del ricorso, escludendo in particolare che lo straordinario potesse essere calcolato ai fini del t.f.r., e dopo che era stata disposta ed espletata consulenza tecnica d´ufficio e dichiarata la interruzione del processo - perchè tutte le Gestioni commissariali erano state trasformate in società a responsabilità limitata con la perdita consequenziale del patrocinio da parte dell´Avvocatura dello Stato - il giudizio veniva riassunto dallo Z. nei confronti della s.r.l. Ferrovie Appulo Lucane.
Quest´ultima società eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedeva la sua estromissione dal giudizio, con integrazione del contraddittorio nei confronti del Comune di Potenza che, a sua volta deduceva l´inammissibilità della propria chiamata in causa nonchè l´infondatezza nel merito della pretesa azionata.
Con sentenza del 28 giugno 2002 il primo giudice dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Comune di Potenza e condannava la s.r.l. F.A.L. al pagamento di L. 2.439.082 a titolo di differenza sul t.f.r., oltre rivalutazione monetaria ed interessi.
A seguito di gravame principale della società ed incidentale del Comune, la Corte d´appello di Potenza con sentenza del 30 marzo 2004 rigettava il gravame principale ed, in accoglimento di quello incidentale, dichiarava l´inammissibilità della chiamata in causa del Comune di Potenza. Nel pervenire a tale conclusione la Corte territoriale osservava che l´appello incidentale del Comune doveva essere accolto in quanto la chiamata in causa del suddetto Comune era avvenuta tardivamente e cioè dopo la costituzione della Gestione Commissariale delle Ferrovie Appulo Lucane. Nè a tale decisione ostava la circostanza che l´iniziale giudizio fosse stato riassunto ad opera dello Z. in quanto il giudizio riassunto deve considerarsi una continuazione di quello già iniziato con la conseguente cristallizzazione di tutti gli effetti sostanziali e processuali (e, quindi, anche delle preclusioni) già verificatisi.
Nel merito della controversia poi l´appello della s.r.l. F.A.L., società legittimata passiva nel giudizio, doveva considerarsi privo di fondamento perchè il primo giudice aveva correttamente riconosciuto non tutte le indennità rivendicate dal ricorrente ma solo quelle erogate dal datore di lavoro in modo non occasionale, anche se non continuatamene corrisposte, tenendosi conto, quindi, delle somme percepite dal lavoratore, oltre la normale retribuzione, quali risultavano dalle buste paga con una certa periodicità ogni mese, e facendosi così puntuale applicazione del disposto dell´alt.
2120 c.c..
Avverso tale sentenza la s.r.l. Ferrovie Appulo Lucane propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso il Comune di Potenza, che spiega anche ricorso incidentale. Il Comune di Potenza non si è costituito.
Motivi della decisione. - Ai sensi dell´art. 335 c.p.c., il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti perchè proposti ambedue contro la medesima decisione. Con il primo e secondo motivo del ricorso principale la s.r.l. F.A.L. denunzia vizio di motivazione e falsa applicazione degli artt. 420 e 268 c.p.c. (primo motivo) nonchè vizio della motivazione con riferimento ad un punto decisivo della controversia (secondo motivo), lamentando che la sentenza del giudice d´appello deve reputarsi errata perchè, pur ritenendo che la chiamata in causa del Comune di Potenza fosse stata tardiva, si era in presenza di un intervento volontario del Comune per avere detto Comune contestato nel merito la pretesa dello Z. ed accettato il contraddittorio, aderendo in tal modo allo stato in cui la controversia si trovava. Ed ugualmente era errata la decisione impugnata nella parte in cui aveva riconosciuto la legittimazione passiva della società in quanto la Corte territoriale non aveva tenuto conto della convenzione stipulata in data 30 ottobre 1992 tra il Ministero dei Trasporti ed il Comune di Potenza con la quale il Comune si era obbligato a riconoscere tra le spese di esercizio gli oneri derivanti dal trattamento di fine rapporto di 140 unità lavorative assunte dalla Gestione Governativa secondo gli importi da ciascuna di esse maturati.
Con il terzo e quarto motivo la società denunzia ancora vizio di motivazione e violazione dell´art. 414 c.p.c., n. 3 e 4 (terzo motivo) nonchè vizio di motivazione e violazione dell´art. 2120 c.c. (quarto motivo), assumendo che la decisione impugnata appariva carente nella motivazione nella parte in cui - a fronte di un ricorso che non conteneva i conteggi in forza dei quali si era giunti alla determinazione della somma poi liquidata - aveva reputato il ricorso stesso non inficiato da nullità, e per di più risultava contraddittoria nella parte in cui, pur riconoscendo che erano state poste a base del calcolo del t.f.r. le somme corrisposte non continuatamene, computava le stesse ai fini del trattamento ex art. 2120 c.c..
Con il ricorso incidentale in via condizionata il Comune di Potenza, denunziando insufficiente motivazione e violazione e falsa applicazione dell´art. 2120 c.c., deduce che in caso di accoglimento del ricorso principale va dichiarata l´inapplicabilità dell´art. 2120 c.c. in quanto nella fattispecie in esame vi è espressa previsione della contrattazione collettiva che regola diversamente dalla norma codicistica ed in senso più restrittivo la base di calcolo del t.f.r..
Il ricorso principale che si articola, come si è detto, in quattro motivi - da esaminarsi congiuntamente per comportare la soluzione di questioni tra loro strettamente connesse - va rigettato perchè privo di fondamento.
Va in primo luogo osservato che, contrariamente a quanto dedotto dalla società, correttamente la Corte territoriale ha reputato tardiva la chiamata in causa del Comune di Potenza.
Questa Corte di Cassazione ha affermato che nel rito del lavoro la tardività dell´istanza di chiamata in causa del terzo, non formulata nella memoria difensiva ex art. 416 cod. proc. civ., ma nella prima udienza, deve essere rilevata d´ufficio, onde il giudice d´appello, al quale sia proposta dal chiamato, rimasto contumace in primo grado, la relativa eccezione di irritualità della propria chiamata, non può ritenere preclusa tale eccezione perchè non sollevata dalla parte o non rilevata dal giudice nel grado precedente (cfr. Cass. 2 ottobre 1998 n. 9800 cui adde Cass. 16 ottobre 1998 n. 10261).
E stato al riguardo osservato che non sembra conciliabile con la specialità del rito del lavoro la possibilità di avanzare l´istanza di chiamata in causa alla prima udienza, come previsto dall´art. 269 c.p.c., comma 2. Ed intatti, stante la struttura del processo del lavoro, alla prima udienza la res litigiosa deve essere già chiaramente delineata sulla base degli scritti difensivi anteriormente depositati dalle parti, perchè a quella stessa udienza si procede alla immediata trattazione della causa con il tentativo di conciliazione, con l´interrogatorio delle parti, con l´ammissione dei mezzi di prova e, se possibile, con l´assunzione delle stesse, come prevista dall´art. 420 c.p.c., comma 8, sicchè ove l´istanza di chiamata venisse avanzata alla prima udienza il meccanismo verrebbe alterato con l´introduzione di una questione pregiudiziale inaspettata dalla controparte e dal giudice, tale da modificare l´ambito della materia in contestazione, quale determinato dagli scritti difensivi. Inoltre, in relazione alla posizione del convenuta, se nella memoria difensiva ex art. 416 c.p.c., si deve prendere posizione precisa e non generica in ordine ai fatti affermati dall´attore e se in essa devono essere contenute tutte le difese, tra queste non può non essere compresa l´istanza di chiamata; solo in quell´atto infatti il convenuto può esporre le ragioni a sostegno, prendere le conclusioni nei confronti del terzo, e dedurre prove a dimostrazione della fondatezza dell´istanza. Solo se la istanza è contenuta nella memoria di costituzione, che viene depositata dieci giorni prima dell´udienza, la controparte può rispondere tempestivamente ed il giudice può tempestivamente deciderne l´ammissibilità autorizzando alla prima udienza la chiamata, ovvero rigettando l´istanza; viceversa una richiesta avanzata in udienza costringerebbe necessariamente alla fissazione di altra udienza per consentire le difese del ricorrente e la delibazione del giudice, così vanificando l´obiettivo di concentrazione del processo perseguito dal legislatore. Se dunque la tempestività della richiesta di chiamata attiene alle esigenze del processo, ossia alla concentrazione e speditezza dello stesso configurandosi come principio di ordine pubblico e come presidia a tutela della difesa del chiamato, ne consegue che la tardività della istanza è rilevabile d´ufficio (cfr. in tali sensi in motivazione: Cass. 2 ottobre 1998 n. 9800 cit).
A ben vedere i limiti temporali in cui può procedersi alla chiamata in causa ex art. 106 c.p.c. (intervento su istanza di parte) o ex art. 107 c.p.c. (intervenuto per ordine del giudice) sono segnati in maniera chiara dal disposto dell´art. 420 c.p.c., comma 9, che attesta significativamente come il processo del lavoro sia caratterizzato tra l´altro dai criteri della immediatezza e della concentrazione. Ne consegue che il ritenere non tardiva una chiamata in causa che si avanzi - come nel caso in esame - dopo che nel processo si siano adempiuti gli adempimenti di cui all´art. 420 c.p.c. e si sia per di più ammessa ed espletata una consulenza d´ufficio significa disattendere il dettato codicistico e determinare una ingiustificata dilatazione dei tempi del giudizio contro il principio della Cagionevole durata del processo. Nè per andare in contrario avviso vale addurre che nel caso di specie l´iniziale giudizio si era interrotto per poi essere riassunto atteso che, come è stato più volto affermato, anche nelle controversie in materia di lavoro e previdenza, la riassunzione del giudizio avanti al giudice dichiarato competente, a seguito di dichiarazione di incompetenza dei primo giudice adito, non determina l´instaurazione di un nuovo giudizio ma la prosecuzione del giudizio originario, con la conseguenza che, quanto al convenuto, ai fini dell´apprezzamento nei suoi riguardi del regime delle preclusioni di cui all´art. 416 cod. proc. civ., non deve farsi riferimento alla sua costituzione nel giudizio riassunto, ma alla prima costituzione avanti al giudice che si dichiarò incompetente (cfr. tra le altre: Cass. 13 novembre 2001 n. 13924; Cass. 8 febbraio 1999 n. 1076). L´applicazione di siffatti principi alla fattispecie in oggetto non può pertanto che portare al rigetto della censura mossa dal ricorrente principale. Ma anche i restanti motivi del ricorso principale devono ritenersi privi di fondamento.
Ed invero, la s.r.l. F.A.L., quale datore di lavoro dello Z., era tenuta al pagamento a suo favore del trattamento di fine rapporto e quindi doveva reputarsi legittimata passiva nella presente controversia, non assumendo alcun rilievo ai fini decisori la convenzione intervenuta tra il Mistero dei Trasporti ed il Comune di Potenza, perchè ad essa erano rimasti estranei lo Z. e la società nei cui confronti pertanto non potevano estendersi gli effetti negoziali. Sotto altro versante va rimarcato come la sentenza impugnata - per essere adeguatamente motivata, priva di salti logici e per avere fatto corretta applicazione dei principi giuridici disciplinati la materia in esame - non è assoggettabile in questa sede di legittimità nè alla censura di violazione dell´art. 414 c.p.c., n. 3 e 4, per avere il giudice d´appello evidenziato come l´atto introduttivo della lite consentisse l´individuazione del petitum e della causa petendi e, più in generale, il thema decidendum, nè all´ulteriore censura secondo cui le indennità in discussione non erano computabili ai sensi del disposto dell´art. 2120 c.c., per avere il suddetto giudice osservato il principio più volte enunciato dai giudici di legittimità secondo cui l´art. 2120 cod. civ., comma 2, vigente, nel definire la nozione di retribuzione, ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, non richiede, adifferenza del vecchio testo della norma codicistica, la ripetitività regolare e continua e la frequenza delle prestazioni e dei relativi compensi, disponendo che questi ultimi vanno esclusi dal suddetto calcolo solo in quanto sporadici ed occasionali, per tali dovendosi intendersi solo quelli collegati a ragioni aziendali del tutto imprevedibili e fortuite, e dovendosi all´opposto computare ai fini della determinazione del trattamento di fine rapporto gli emolumenti riferiti ad eventi collegati al rapporto lavorativo o connessi alla particolare organizzazione del lavoro (vedi: Cass. 19 giugno 2004 n. 11448 e, negli stessi sensi, Cass. 22 agosto 2002 n. 12411).
Le ragioni che hanno portato a rigettare le ragioni addotte dalla società F.A.L. sul punto della computabilità dei titoli rivendicati dallo Z. nell´indennità ex art. 2120 c.c., determinano infine l´assorbimento del ricorso incidentale, spiegato pure in forma condizionata.
Ricorrono giusti motivi - tenuto conto della natura della controversia e delle questioni trattate - per compensare interamente tra le parti le spese dei presente giudizio di cassazione.
P.Q.M. - La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l´incidentale. Compensa interamente tra le parti le spese del presente giudizio di Cassazione.