giovedì 4 dicembre 2008
Attività di agriturismo: per la Corte di Cassazione occorre l’esistenza di un rapporto di connessione e complementarità rispetto alle attività di coltivazione del fondo
Nota alla sentenza della Corte di Cassazione del 2 ottobre 2008, n. 24430 dell´Avv. Roberta Caragnano - Collaboratirce della Rivista giuridica LavoroPrevidenza.com
La recente sentenza della Corte di Cassazione del 2 ottobre 2008, n. 24430 contiene una noma di principio in merito alla qualificazione delle attività di agriturismo e a riguardo statuisce che l’attività di ricezione e ospitalità svolta da chi non è imprenditore agricolo, ovvero attraverso l’impiego di energie e capitali prevalenti rispetto all’attività agricola, non può essere qualificata come “agrituristica”. Secondo i giudici di legittimità, la ricezione e l’ospitalità nell’ambito delle strutture agrituristiche non deve essere confusa con l’attività alberghiera.
Per poter considerare “agrituristica” un’attività di ricezione e ospitalità oltre al fatto che l’agricoltore deve avere la qualifica di imprenditore, è richiesta l’esistenza di un rapporto di connessione e complementarità fra tale attività e quella di coltivazione del fondo che deve rimanere però l’attività principale.
A riguardo l a legge del 5 dicembre 1985 n. 730 (ora abrogata dall’art. 14 legge 20 febbraio 2006 n. 96 ma applicabile alla specie ratione temporis), di “disciplina dell’agriturismo”, dopo aver enunciato (all’articolo 1) le “finalità dell’intervento”, al successivo articolo 2 comma 1 disponeva che “per attività agrituristiche si intendono esclusivamente le attività di ricezione ed ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135 del codice civile, singoli od associati, e da loro familiari di cui all’art. 230- bis del codice civile, attraverso l’utilizzazione della propria azienda, in rapporto di connessione e complementarità rispetto alle attività di coltivazione del fondo, silvi-coltura, allevamento del bestiame, che devono comunque rimanere principali”. Vi è di più, al comma 2 del medesimo articolo 2 specificava che “sono considerati di propria produzione le bevande e i cibi prodotti e lavorati nell’azienda agricola nonché quelli ricavati da materie prime dell’azienda agricola anche attraverso lavorazioni esterne”.
Al successivo articolo 4, inoltre, demandava alle singole Regioni - ad esclusione delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, alle quali l’articolo 15 riconosceva il potere di disciplinare (“disciplinano”) “la materia oggetto della presente legge ai sensi delle rispettive norme statutarie e delle norme di attuazione” - la determinazione di criteri e limiti dell’attività agrituristica, attribuendo alle stesse il compito di dettare delle norme “tenuto conto delle caratteristiche dell’intero territorio regionale o di parti di esso”, dei “criteri, limiti ed obblighi amministrativi per lo svolgimento dell’attività agrituristica in funzione dell’azienda e del fondo interessati” ma nel rispetto di quanto disposto dalla legge nazionale di regolamentazione.
In linea con tale orientamento la Corte di Cassazione con la recente pronunci ribadisce che il legislatore intende quali “agrituristiche” tutte e sole quelle attività di ricezione ed ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli mediante l’utilizzazione della propria azienda, in rapporto di connessione e complementarietà con le attività di coltivazione del fondo, silvi-coltura, allevamento del bestiame che devono comunque rimanere principali.
Le bevande, i cibi prodotti e lavorati nell’azienda agricola, come tali, sono considerati di propria produzione così come quelli ricavati da materie prime dell’azienda agricola anche attraverso lavorazioni esterne. Ne consegue che ai fini del riconoscimento della qualità agrituristica dell’attività di “ricezione ed ospitalità”, è essenziale la contemporanea sussistenza della qualifica di imprenditore agricolo da parte del soggetto che la esercita e dell’esistenza di un “rapporto di connessione e complementarietà” con l’attività propriamente agricola, nonché la permanenza della principalità di quest’ultima rispetto all’altra.
Di converso, può dedursi che non può esser considerata “agrituristica” un’attività di ricezione e di ospitalità svolta da un imprenditore non qualificabile come agricolo ovvero che non sia o non sia più in rapporto di “connessione e complementarità” con l’attività agricola o, comunque, che, evidentemente per il suo sviluppo o per l’impegno lavorativo richiesto o per l’entità dei capitali impiegati, releghi quest’ultima in posizione del tutto secondaria.
Possono essere addetti allo svolgimento dell’attività non solo l’imprenditore, ma anche i familiari o i lavoratori dipendenti a tempo determinato, indeterminato e parziale, mentre la ricezione e l’ospitalità devono essere svolte nelle strutture interne all’azienda, così come deve essere chiaro che, anche quando venga esercitata la ristorazione, devono essere somministrati prevalentemente prodotti propri o derivati da materie prime direttamente provenienti dal fondo.
L’assenza di un rapporto di connessione e complementarietà fra attività di ospitalità ed attività di coltivazione del fondo, la quale deve restare quella principale incide sugli aspetti fiscali in quanto si perdono le agevolazioni previste.
Per il recupero dell’evasione fiscale in questo settore, infatti, sono stati attivati controlli ad ampio raggio e proprio sui requisiti si è incentrata l’attenzione del Catasto che, con la circolare 7 del 15 giugno 2007, ha precisato i limiti per usufruire delle agevolazioni per fabbricati rurali e strumentali. Tra questi sono compresi anche quelli destinati all’agriturismo. L’obiettivo è far emergere le attività che hanno fruito delle esenzioni fiscali pur non avendone diritto. Nella circolare è precisato che la qualifica di imprenditore agricolo può essere posseduta anche da cooperative e consorzi, purché utilizzino, in misura prevalente, prodotti dei soci o forniscano ai soci beni e servizi diretti alla cura e allo sviluppo del ciclo biologico. Per legge, le costruzioni strumentali all’esercizio dell’attività agricola, comprese quelle destinate all’agriturismo, debbono essere censite nella categoria speciale «D/10 - fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole». Devono essere classificati in D/10, in funzione dell´attività, sia gli immobili aventi caratteri di ruralità, in quanto strumentali all´attività agricola (per esempio, i locali adibiti a un utilizzo ricettivo nella stessa abitazione dell´imprenditore agricolo), sia gli altri immobili ubicati all´interno dell´azienda, trasformati o costruiti ex novo, purché destinati alla ricezione e all´ospitalità dei clienti.
Per attestare il carattere dell’attività svolta e il rispetto dei limiti previsti dalla legge, gli interessati possono presentare un´autocertificazione o esibire una copia dell´autorizzazione rilasciata dall´organo competente. Naturalmente, poi, spetterà a Catasto, Comuni e Agenzia delle Entrate verificare se sussistano le condizioni per concedere i benefici fiscali.
Nel caso di specie, la contestazione, da parte dell’amministrazione fiscale, della natura agrituristica dell’attività si fonda esclusivamente sulla misura della “percentuale di incidenza” (12,47%) degli “acquisti” provenienti dall’azienda agricola del contribuente rispetto agli acquisti da terzi.
Tale dato, però, evoca, secondo i Giudici della Suprema Corte, univocamente il concetto di “maggior parte” non richiesto, come erroneamente sostenuto dalle ricorrenti, dall’articolo 2 della legge n. 730/1985, e non esclude né il rapporto di connessione e complementarità con l’attività propriamente agricola né la permanenza della principalità di quest’ultima rispetto all’altra.
Il dato in questione, inoltre, non si rivela idoneo a scalfire il giudizio di “prevalenza” della provenienza dall’attività agricola dei prodotti utilizzati per quella propriamente agrituristica, giacché formulato dal giudice di appello “anche in considerazione della grandezza dell’azienda agricola e della produzione vinicola in essa esercita, cioè di elementi fattuali la cui forza logica non può essere né vinta né sminuita dal rilievo, del tutto generico, che il terreno, pur vasto, è in zona esclusivamente collinare”.
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