giovedì 27 novembre 2008
Il rischio di fallimento nel Knowledge management
Articolo del Prof. Sergio Sabetta
Accade spesso che vi sia uno scambio di grossi volumi di informazioni senza esservi una reale condivisione delle conoscenze tacite possedute dai singoli, ossia della ricchezza individuale accumulata nel tempo e necessaria per affrontare con successo la crescente complessità strutturale e ambientale.
Al centro dell’organizzazione si pone l’uomo con le sue mappe cognitive, proprietario del capitale intellettuale sempre più necessario per sviluppare gli asset intangibili da affiancare ai beni tangibili.
Si parla in queste circostanze prevalentemente della comunicazione necessaria alla trasmissione di informazioni per creare collaborazione tra i membri dell’organizzazione, ma scarsamente della necessaria condivisione delle conoscenze implicite per generare nuove conoscenza.
Occorre quindi una visione strategica in grado di integrare l’aspetto organizzativo con il processo di knowledge management cosa che non è accaduta ad esempio nell’applicazione della legge n. 131/03 c.d. “La Loggia” nella parte relativa ai rapporti tra controllore e controllato, in cui l’apporto di elementi regionali e delle autonomie avrebbe dovuto risolversi in una trasmissione del sapere tacito e in un arricchimento dell’organizzazione.
Uno dei problemi principali che si presenta è l’incentivazione al trasferimento di conoscenza, in quanto l’idea consolidata a tutti i livelli che la conoscenza/informazione equivale al potere personale costituisce ostacolo alla sua diffusione strutturale, gli incentivi devono essere quindi sia di carattere economico ma anche “morali”, oltre alla necessità di selezionare accuratamente coloro che dovranno provvedere a tale diffusione.
Il trasferimento della conoscenza tacita non deve essere visto come un aggravio lavorativo ma bensì come una parte strutturale dei processi, che porta al consolidamento delle conoscenze organizzative.
Dobbiamo considerare che se le persone vedono e sentono una struttura di trasferimento valida saranno incentivate a diffondere la conoscenza e ad andarla a cercare, naturalmente occorrerà testare periodicamente il sistema di diffusione di tale conoscenza. In questa operazione il sistema informatico, seppure di aiuto, risulta più idoneo al trasferimento della conoscenza esplicita, mentre per quanto riguarda la conoscenza tacita strumenti di tipo organizzativo fondati su interazioni informali risultano essere più idonei.
Molte volte si confonde la comunicazione e quindi il trasferimento di informazioni con la diffusione della conoscenza sia tacita che esplicita, in realtà comunicare non vuol dire automaticamente passare conoscenza, tanto meno quella tacita.
Abbiamo detto che l’uso della tecnologia informatica risulta essere più adatto al trasferimento della conoscenza esplicita e meno a quella tacita in cui intervengono fattori personali quali l’aspetto analogico, ossia non verbale, e l’empatia, per espandere la conoscenza stessa, tenendo presente che la natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione, in altre parole ciascuna parte si costruisce una visione soggettiva della situazione che è percepita diversa dalla controparte.
In molte occasioni si ha un tentativo di impostare la knowledge management senza avere ben chiare le sue funzioni e le modalità operative con cui attuarla, considerando la comunicazione informatica come qualcosa di per sé sufficiente a diffondere la conoscenza senza distinguere tra la tipologia esplicita e quindi codificabile e quella tacita informale.
Il miglioramento continuo è in definitiva opera di un rispetto della persona che permetta di facilitare l’acquisizione all’organizzazione e la sua diffusione a vari livelli della conoscenza tacita acquisita dai singoli, questo ancor più in organizzazioni di multi – unità formate da unità standardizzate ma anche geograficamente disperse.
Bibliografia
• F. Guoato – L. Riveda, Una visione strategica del knowledge management, Harvard Business Review Italia, 56-65, 7-8/2008.
• H. L. Tosi – M. Pilati, Comportamento organizzativo, Egea 2008.