lunedì 27 ottobre 2008
Ancora sul d.d.l. 1441-quater: le correzioni della Commissione lavoro della Camera dei deputati
Approfondimento di A. Andreoni e L. Fassina
La Commissione Lavoro della Camera dei deputati ha deliberato favorevolmente sul d.d.l. 1441-quater/A in data 2 ottobre 2008, con alcune importanti novità che meritano di essere sottolineate in quanto modificano solo parzialmente quanto già evidenziato dall’Ufficio giuridico nel precedente documento del 25 settembre u.s., senza peraltro alterare il complessivo giudizio negativo. L’iter del provvedimento non è ancora concluso nei due rami del Parlamento e quindi rimane alta l’attenzione e la preoccupazione su quanto è già avvenuto e quanto potrà avvenire.
1) Sull’articolo 18 Statuto dei lavoratori
La correzione più rilevante introdotta in Commissione riguarda l’articolo 65, comma 3: la versione del 2 ottobre reca questo inciso “nel definire le conseguenze da riconnettere al licenziamento ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice tiene ugualmente conto di elementi…” (le dimensioni e l’attività datoriale, il mercato del lavoro locale, anzianità e condizioni del lavoratore, comportamento delle parti).
L’emendamento approvato (e sopra evidenziato in neretto) chiarisce il campo di applicazione della norma: il comma 3 dell’articolo 65 si riferisce solo alle imprese al di sotto dei 16 dipendenti e non tocca l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che continua quindi ad applicarsi per le imprese al di sopra dei 15 dipendenti.
Rimane comunque, come già evidenziato nel precedente documento dell’Ufficio giuridico, che, rendendo evanescente la nozione di giusta causa e di giustificato motivo alla base del licenziamento (il comma 3 dell’articolo 65 impedisce infatti al giudice di discostarsi dalle “tipizzazioni…presenti nei contratti collettivi…ovvero nei contratti individuali….” ove certificati), si mina alla radice il principio di legalità nel diritto del lavoro.
L’innovazione è dirompente: il giudice non potrà più disapplicare una clausola vessatoria sia del CCNL sia di un contratto individuale certificato. Quest’ultimo, addirittura, potrà derogare in peggio rispetto alle causali collettive, legittimando infrazioni minime e sanzioni massime.
2) Sull’arbitrato
Molto importante è la soppressione del comma 6 dell’articolo 66: ora i contratti collettivi non possono più prevedere clausole compromissorie di affidamento ad un collegio arbitrale anche sulla base di forme di adesione tacita. Ciò significa che la scelta dell’arbitro è rimessa alla decisione del singolo lavoratore che potrà avvenire soltanto a valle del tentativo infruttuoso di conciliazione. Tuttavia resta l’ipoteca recata dal successivo comma 7 che abilita, fin dal momento dell’assunzione, la devoluzione di ogni eventuale futura controversia agli arbitri nel caso in cui il contratto sia stato certificato dalle apposite commissioni. E’ evidente che la certificazione non riduce i rischi di compressione della volontà del lavoratore il quale, al momento dell’assunzione, viene costretto a rinunciare una volta per tutte al giudice del lavoro.
3) Sul giudice notaio
Resta la formulazione originaria (articolo 65, comma 1) che limita il potere decisionale del giudice del lavoro al solo “accertamento del presupposto di legittimità”, con esclusione, quindi, di ogni controllo di merito che, invece, è spesso indispensabile per valutare l’esistenza del presupposto. Restano dunque aperti i rischi di una funzione puramente notarile del giudice del lavoro, con grave limitazione dell’autonomia e indipendenza della magistratura.
4) Sulla tagliola giudiziaria dei diritti
Resta l’articolo 67 che introduce la decadenza dal diritto ad impugnare il licenziamento, il recesso del committente nei rapporti di collaborazione, il trasferimento, l’impugnazione del termine ove il ricorso giudiziario venga depositato120 giorni dalla ricezione del provvedimento datoriale. In 120 giorni è infatti assai difficile apprestare un ricorso esaustivo, con una documentazione completa e con un elenco di testimoni adeguato. Per i precari sarà poi impossibile decidere tempestivamente se fare causa o meno, data la loro aspettativa di un successivo contratto, sia pur precario.
Roma, 7 ottobre 2008