lavoroprevidenza

martedì 1 luglio 2008

IL PROJECT MANAGEMENT NEL PIANO INDUSTRIALE DELLA P. A.

Anche questa settimana, come di consueto, pubblichiamo un altro degli interessanti contributi dottrinali del Prof. Sergio Sabetta - Collaboratore della Redazione di LavoroPrevidenza e Coordinatore della Sezione Management di questa rivista telematica.

Il piano industriale presentato dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione il 28/5/2008 a pag. 26 indica i punti principali su cui si muoveranno le azioni del Governo negli anni a vanire per razionalizzare l’organizzazione, tra questi vi sono al punto 4 le sponsorizzazioni e project financing e al punto 1 la mobilità delle funzioni, circostanze che sembrano premettere un uso più ampio del Project Management, già del resto ampiamente applicato presso vari enti.
Il P. M. si pone nella linea di confine tra “fare” e “comprare”, tra quanto deve restare all’interno e quanto è meglio demandare all’esterno, si tratta di una figura di coordinamento tra gli “specialisti” interni e i consulenti esterni detentori del sapere necessario all’organizzazione.
Il lavoro pesante del trovare le possibili soluzioni è lasciato all’esterno, mentre all’interno è riservata la più gratificante messa in atto.
Finché il rapporto consulenti/dipendenti è basso con un altrettanto basso turn over il sistema può funzionare, ma se il rapporto cresce subentra una accresciuta complessità nell’acquisizione e mantenimento delle conoscenze, questo ancor più in presenza di una organizzazione a matrice in cui l’accrescersi dei progetti aumenta i project leader si che le risposte alle necessità dei servizi di supporto diventano sempre più rapide e brevi, senza una vera analisi dei problemi prima di proporre le risposte stesse.
Si crea la necessità di identificare non solo “quanto” sia opportuno fare all’esterno, ma anche “quando” è necessario farlo a fronte dei vantaggi relativi alla riduzione dei costi di ricerca e cambiamento, alla contrazione dei tempi di apprendimento e all’incremento dell’utile a seguito dell’aumentata capacità delle risorse umane.
Il P. M. consente di valutare la produttività degli investimenti relativi alle varie iniziative e di definire una maggiore attendibilità dei budget delle diverse aree, occorre tuttavia osservare che questi nuovi criteri possono creare la necessità di adattare la filosofia del sistema di controllo di gestione al fine di renderla funzionale alla nuova organizzazione lavorativa.
Nel tempo, inoltre, vi è la necessità di calibrare tipologia e qualità delle risorse impiegate nei progetti per liberare quante più risorse qualificate possibili, oltre a fornire il necessario feed-back al sistema di pianificazione e controllo per adeguare l’intero sistema lavorativo alle nuove esigenze.
Fondamentale è il contributo allo sviluppo dei comportamenti connessi al nuovo sistema dei valori necessari per interpretare la cultura aziendale, strettamente correlato al sistema premiante.
Il capitale intellettuale di una azienda è solitamente individuato su tre componenti principali:

• Capitale strutturale – modelli organizzativi, know-how, sistemi, procedure e cultura aziendale.
• Capitale relazionale – relazioni e interscambi con soggetti esterni all’organizzazione.
• Capitale umano – capacità e competenze accumulate dal singolo.

L’elemento più volatile risulta essere il capitale umano, detentore di conoscenze specifiche e comportamenti autonomi, di cui mancano metriche affidabili sul suo ruolo all’interno dell’organizzazione sì da spingere a parlare di “rischio ambientale” interno per le organizzazioni. Dobbiamo tuttavia considerare che vi è un doppio rischio interno ed esterno all’organizzazione, si ché il doppio fronte può ridurre o pervertire i riflessi di qualsiasi riforma come del resto è già accaduto in questi anni, né i risultati potranno essere omogenei se non a macchia su un territorio nazionale culturalmente tanto variegato, considerando tra l’altro l’accresciuto interagire operativo del sistema statale con i sistemi locali.


Bibliografia

• A. Gasparini – N. Raso, Misurare e comunicare il capitale umano: solo uno slogan ?, Controllo di gestione, n. 4, 2007.
• R. Likert, Il fattore umano nelle organizzazioni, Isedi, 1973.
• G. Soga, Se la cattiva finanza affonda il capitale umano, in “E. & M.”, n. 6/2005.


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