venerdì 27 giugno 2008
INDENNITÀ DI FREQUENZA IN FAVORE DI MINORI INVALIDI DI ANNI DICIOTTO
Cassazione, sez. lavoro, sentenza del 28 maggio 2008, n. 13985. (Cesira Cruciani)
La Suprema Corte con la sentenza del 28 maggio 2008, sezione lavoro, n. 13985, ha stabilito che l’indennità di frequenza in favore dei minori invalidi di anni diciotto, che si trovino nelle condizioni stabilite dall’art. 1 della legge n. 289 del 1990, spetta per tredici mensilità e la tredicesima dovrà essere commisurata a tanti ratei quanti sono i mesi del trattamento o del corso frequentato dal minore.
Con ricorso al Tribunale di Brindisi, i genitori esercenti la potestà sulla figlia minore, richiedevano la condanna dell’INPS al pagamento del rateo di tredicesima dell’indennità di frequenza concessa alla figlia minorenne per gli anni scolastici 1998/99, 1999/2000 e 2000/2001. Il Tribunale rigettava la domanda.
L’appello dei genitori, cui resisteva l’INPS, veniva accolto dalla Corte di Appello di Lecce, i giudici di secondo grado ritenevano che il richiamo operato dall’art. 1 della legge 289/90 all’art. 13 della legge n. 118 del 1971 valesse come comprensivo della tredicesima mensilità, richiamavano a conferma della loro interpretazione, la sentenza della Corte Costituzionale n. 106 del 1992, che aveva equiparato la frequenza alla incollocabilità per l’invalido maggiorenne che frequenta la scuola.
L’INPS ricorre in Cassazione, denunciando violazione o falsa applicazione dell’art. 1 e segg. della legge 11 ottobre 1990 n. 289 e vizio di motivazione, l’indennità di frequenza ha lo scopo di fornire un aiuto economico alle famiglie, sostiene la difesa, che hanno la necessità di sottoporre i minori a cure o trattamenti riabilitativi o farli frequentare una scuola, è quindi una prestazione temporanea, correlata alla effettiva durata del corso o del trattamento, come espressamente previsto dal comma 3 dell’art. 1 della legge. Indennità di frequenza diverso dall’assegno di invalidità, che ha lo scopo di assicurare un reddito continuo e permanente a quei soggetti maggiorenni che, a causa di una ridotta capacità lavorativa, non sono in grado di procurarsi le necessarie risorse economiche. Il legislatore nel rapportare l’indennità mensile di frequenza all’assegno di invalidità di cui all’art. 13 della legge n. 118/71, non ha previsto l’erogazione per tredici mensilità.
La Suprema Corte ritiene infondato il ricorso proposto dall’INPS, osservando che, seppur innegabile la diversità di funzione fra l’assegno di invalidità civile e l’indennità mensile di frequenza, quest’ultima è concessa ai minori invalidi per: a) ricorso continuo o anche periodico a trattamenti riabilitativi o terapeutici presso centri ambulatoriali o centri diurni, b) la frequenza di scuole pubbliche o private di ogni ordine e grado; c) la frequenza di centri di formazione o di addestramento professionale finalizzati al reinserimento sociale dei minori invalidi. Si tratta di un sostegno alle famiglie dei minori, allo scopo di garantire agli stessi cure riabilitative, l’istruzione scolastica, una formazione professionale. L’assegno di invalidità, prosegue la Corte, ha invece la funzione di alleviare lo stato di bisogno economico degli invalidi civili in età lavorativa che abbiano una determinata riduzione della capacità lavorativa.
“L’indennità di frequenza, concessa dalla legge 11 ottobre 1990, n. 289 ai minori di anni 18 che si trovino nelle condizioni stabilite dall’art. 1, è di importo pari all’assegno di invalidità civile di cui all’art. 13 della legge n. 118 del 1971, e quindi va corrisposta per tredici mensilità. Il fatto che tale indennità sia limitata alla reale durata del trattamento e del corso comporta che la stessa, nel caso di trattamenti o corsi di durata inferiore ai dodici mesi, va corrisposta per tanti ratei quanti sono i mesi del trattamento o del corso scolastico o di formazione, secondo la regola di cui all’art. 2, comma 3, della legge”.