domenica 22 giugno 2008
IL CARABINIERE SPOSATO CHE ABBIA RELAZIONI EXTRACONIUGALI DISCREDITA L’ARMA: LEGITTIMI I RICHIAMI DEL SUPERIORE.
Cassazione penale, sez. I, 16 giugno 2008, n. 24414 (Cesira Cruciani)
I carabinieri, come tutti gli appartenenti alle forze armate, sono chiamati ad una “condotta esemplare” a salvaguardia del prestigio. Una relazione extraconiugale getta disonore sull’Arma, lo si evince dalla sentenza della Corte di Cassazione, sez. I penale del 16 giugno 2008, n. 24414, che accogliendo le richieste del P.M. ha confermato la condanna a 4 mesi di reclusione inflitta dalla Corte militare d’appello di Napoli, per il reato di insubordinazione, minaccia e ingiuria aggravata e continuata, ad un appuntato dei carabinieri, il quale aveva reagito violentemente nei confronti di un suo superiore gerarchico che gli aveva imposto di terminare una relazione extraconiugale con un’altra donna, anch’essa sposata.
Il richiamo del superiore all’osservanza da parte dell’appuntato della fondamentale norma prescritta dall’articolo 545 del Regolamento di disciplina militare, che prescrive al militare di tenere “in ogni circostanza, condotta esemplare a salvaguardia del prestigio delle forze armate”, è stato ritenuto del tutto legittimo.
Il giudice di Primo grado aveva assolto l’imputato sostenendo che l’ingiuria e la minaccia dell’appuntato erano da ricondurre “a un contesto di relazioni private e personali, estranee al servizio” mentre in Appello la decisione era stata capovolta.
La Cassazione conferma la pronuncia di secondo grado, precisando che se “di carattere meramente privato è, senza dubbio, il rapporto extraconiugale”, la “medesima natura non rivestono né il richiamo disciplinare cui il disdicevole contegno aveva dato luogo, né la illecita reazione dell’imputato, integrante l’insubordinazione”.
In ogni caso il comportamento dell’appuntato, che reagì al richiamo dando del ladro e dell’infame al superiore e facendo il gesto di rovesciargli addosso la scrivania, configura l’ipotesi di insubordinazione e ciò in quanto la sua condotta non nasceva da dissidi di natura personale, ma mirava esclusivamente a contrastare l’intervento che il comandante, nell’esercizio delle proprie attribuzioni istituzionali, aveva esercitato nei confronti del graduato.