lavoroprevidenza

mercoledì 11 giugno 2008

PUBBLICO IMPIEGO E VICEDIRIGENZA: ANTISINDACALITÀ PROCEDURE DI CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

Commento dell´Avv. Maurizio Danza e sentenza sulla recente ed importante sentenza del TAR Lazio I° sez su vicedirigenza e giurisdizione e sull´inquadramento dei vicedirigenti a seguito di silenzio rifiuto.

Pubblico impiego e vicedirigenza: antisindacalità procedure di contrattazione collettiva. Art.40 Dlgs n°165/01-Giurisdizione Giudice Ordinario-Legittimazione attiva alle sole OOSS. Inammissibilità ricorso dipendenti. Giurisdizione ordinaria inquadramento vicedirigenza

TAR LAZIO-ROMA Sezione I° sentenza n° 4547 20 maggio 2008 di Maurizio Danza Arbitro Pubblico Impiego

La decisione appare di particolare rilievo atteso che, avendo ad oggetto l’attuale problematica del riconoscimento della vicedirigenza, chiarisce la legittimazione attiva in merito al ricorso antisindacale, nonchè i limiti tra giurisdizione ordinaria ed amministrativa in riferimento alle procedure di contrattazione collettiva di cui all’art.40 del D.lgs n°165/01 nel solco di altri recenti precedenti giurisprudenziali di merito( cfr.Tribunale di Bari 18 aprile 2008). . Ed infatti secondo i Giudici amministrativi”l’articolo 63 decreto legislativo 30 marzo 2001 numero 165 attribuisce al Giudice Ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 28 della legge 20 maggio 1970 n. 300, e le controversie, promosse da organizzazione sindacali, dall’ARAN o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva di cui agli artt. 40 e seguenti del decreto, escludendosi che l’eventuale controversia proposta da un singolo lavoratore in relazione alle procedure di contrattazione collettiva possa ritenersi attribuita al giudice amministrativo; in tal caso aggiungono in motivazione “ si perverrebbe alla irragionevole e paradossale conclusione che la giurisdizione appartiene ad un plesso giurisdizionale anziché ad un altro in ragione del carattere individuale, o collettivo, del soggetto che agisce in giudizio – la precisazione di cui al comma 3 dell’art. 63 D.Lgs. 165/2001 deve essere intesa nel senso che i soggetti legittimati ad instaurare una controversia in subiecta materia sono soltanto le organizzazioni sindacali, l’ARAN o le pubbliche amministrazioni e non anche i singoli lavoratori,con conseguente carenza di legittimazione ad agire di questi ultimi in ordine alle procedure di contrattazione collettiva. . L’articolo 63 c. 3, del Dlgs n°165/01,-aggiunge il TAR Lazio- ha infatti circoscritto con l’articolo 40 alle organizzazioni sindacali, all’ARAN ed alle Pubbliche Amministrazioni il novero dei soggetti legittimati a promuovere controversie in relazione alle procedure di contrattazione collettiva, definendo i soggetti che hanno una posizione, oltre che differenziata, anche qualificata tale da legittimarli alla proposizione dell’azione giudiziaria. Le procedure di contrattazione collettiva del resto, sono destinate ad incidere nella sfera giuridica della generalità dei lavoratori, sicché si rivela coerente attribuire la legittimazione ad agire in giudizio agli enti esponenziali dei lavoratori, vale a dire alle organizzazioni sindacali. Per quanto concerne lo specifico petitum volto all’inquadramento dei vicedirigenti il TAR Lazio afferma che”la domanda con cui alcuni pubblici dipendenti chiedono al Giudice Amministrativo, in sede di ricorso avverso il silenzio, di accertare la fondatezza della loro pretesa ad essere inquadrati nell’area della vicedirigenza, è inammissibile in quanto tale pretesa, riguardante lo specifico rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione (e, quindi, la lesione della sfera giuridica individuale del singolo lavoratore), appartiene alla cognizione giurisdizionale del Giudice Ordinario, ai sensi dell’articolo 63,c. 1, del D.lgs n°165/01
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO LAZIO SEZ.I°
N. 2878 Reg. Ric.Anno 2008
ha pronunciato la seguente Sentenza sul ricorso n. 2878 del 2008, proposto da…., rappresentati e difesi da, per il presente giudizio elettivamente domiciliati in Roma, contro - la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri p.t., in proprio e quale legale rappresentante del Comitato di settore per le Amministrazioni, le Agenzie e le Aziende autonome dello Stato; - il Ministero per le riforme e le innovazioni nella Pubblica Amministrazione, in persona del Ministro p.t.; - il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t.; - l’Agenzia per la rappresentanza delle Pubbliche Amministrazioni (ARAN), in persona del legale rappresentante; rappresentati e difesi dall´Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono elettivamente domiciliati, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 per l´annullamento del silenzio rifiuto o silenzio inadempimento formatosi per effetto dell’inutile decorso del termine assegnato a provvedere giusta atto stragiudiziale di significazione e di diffida in data 6 – 12 novembre 2007 nonché per l’accertamento e la declaratoria del diritto dei ricorrenti a vedersi riconosciuta la qualifica di vicedirigenti previa obbligatoria attuazione – a cura delle convenute Amministrazioni – della separata Area della Vicedirigenza così come normativamente prevista con decorrenza economica e giuridica dall’entrata in vigore della sua legge istitutiva, la n. 145 del 15 luglio 2002, ovvero – in via meramente gradata – dalla formale sottoscrizione del C.C.N.L. Comparto Ministeri valevole per il quadriennio 2006 – 2009. Visto il ricorso con la relativa documentazione; Visto l´atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla Camera di Consiglio del 7 maggio 2008 il dr. Roberto POLITI; uditi altresì i procuratori delle parti come da verbale d’udienza. Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
Fatto
I ricorrenti espongono di essere dipendenti di ruolo di vari Ministeri, inquadrati nelle posizioni economiche C2 e C3 (ex qualifiche VIII e IX), di avere maturato cinque anni di servizio alla data di entrata in vigore della legge 15 luglio 2002 n. 145, istitutiva della c.d. vice-dirigenza e di esercitare funzioni direttive. Soggiungono di aver notificato atto di significazione e di diffida con il quale le Amministrazioni intimate sono state sollecitate, nei limiti delle attribuzioni alle medesime rimesse, ad avviare la procedura per l’attuazione della separata Area della Vicedirigenza. Tale formale richiesta non ha ricevuto alcun riscontro. La condotta nella fattispecie posta in essere dalla Amministrazioni intimate integrerebbe, pertanto, la presenza delle seguenti tipologie inficianti:- violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241; - violazione e falsa applicazione dell’art. 17-bis del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, come introdotto dall’art. 7 della legge 15 luglio 2002 n. 145, la violazione e falsa applicazione della legge 145/2002 e dell’art. 14-octies della legge 7 agosto 2005 n. 168, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 17-bis della legge 23 dicembre 2005 n. 266; - eccesso di potere per manifesta ingiustizia ed irragionevolezza; sviamento.
La pretesa sostanziale fatta valere in giudizio -ancorché veicolata dall’accertamento dell’illegittimità del contegno omissivo osservato dall’Amministrazione – si fonda sull’art. 3, comma 7 della legge 145/2002, il quale, nell’introdurre l’art. 17-bis del D.Lgs. 165/2001, ha demandato alla contrattazione collettiva l’istituzione di un’apposita area della Vicedirigenza, nella quale è ricompreso il personale laureato appartenente alle posizioni C2 e C3 con cinque anni di anzianità in tali posizioni o nelle corrispondenti qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento. I tempi di attuazione della disciplina come sopra introdotta decorrono, secondo quanto stabilito dal citato comma 3 dell’art. 10, a decorrere dal periodo contrattuale successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge 145/2002. Assumono per l’effetto i ricorrenti la titolarità di un diritto soggettivo alla definizione della propria posizione giuridica; ed evidenziano, in ragione dell’intervenuto decorso dei tempo a tal fine indicati dalla legge, il senso dell’iniziativa dai medesimi assunta – mediante notificazione dell’anzidetto atto di significazione e diffida – al fine di sollecitare l’avvio delle procedure al fine della creazione di una separata ed apposita area della Vicedirigenza. Sollecitano conclusivamente i ricorrenti, a fronte del silenzio mantenuto dalle Amministrazioni intimate a fronte della diffida di cui sopra, l’adozione di una pronunzia giudiziale che non soltanto dia atto dell’illegittimità di tale contegno, ma – secondo quanto stabilito dalla vigente disciplina (art. 21-bis della legge 1034/1971; art. 2, comma 5, della legge 241/1990) – valuti la fondatezza sostanziale della pretesa fatta valere, trattandosi di materia nella quale è riservato all’Amministrazione l’esercizio di un potere vincolato. Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni evocate. Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla Camera di Consiglio del 7 maggio 2008.
Diritto

1. Come è noto, l’art. 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241 (come sostituito dal comma 6-bis dell’art. 3 del decreto legge 14 marzo 2005 n. 35, convertito, con modificazioni, in legge 14 maggio 2005 n. 80) stabilisce che – ferma restando la sollecitabilità del sindacato giurisdizionale a fronte di un contegno inadempiente dell’Amministrazione anche senza la previa diffida a provvedere – l’adito organo di giustizia amministrativa “può conoscere della fondatezza dell’istanza”. Rileva pertanto, ai fini della delibazione del proposto mezzo di tutela, l’esigenza di procedere ad una previa ricognizione del quadro normativo di riferimento, al fine di valutare – con riguardo al complesso di disposizioni che parte ricorrente (come osservato in narrativa) assume non abbiano avuto compiuta attuazione – la sostanza della pretesa fatta valere: valutazione, questa, che senz’altro assume valenza prodromica ai fini dell’adozione della sollecitata pronunzia di illegittimità del contegno omissivo che si assume nella fattispecie essere stato osservato dalle Amministrazioni intimate. Viene, allora, innanzi tutto in considerazione il disposto dell’art. 17-bis del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 (inserito dall´articolo 7, comma 3, della legge 15 luglio 2002 n. 145), il quale ha stabilito che: - “la contrattazione collettiva del comparto Ministeri disciplina l´istituzione di un´apposita separata area della vicedirigenza nella quale è ricompreso il personale laureato appartenente alle posizioni C2 e C3, che abbia maturato complessivamente cinque anni di anzianità in dette posizioni o nelle corrispondenti qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento. In sede di prima applicazione la disposizione di cui al presente comma si estende al personale non laureato che, in possesso degli altri requisiti richiesti, sia risultato vincitore di procedure concorsuali per l´accesso alla ex carriera direttiva anche speciale” (comma 1, modificato dall´articolo 14-octies del decreto legge 30 giugno 2005 n. 115); - e che la disposizione di cui al precedente comma si applica, ove compatibile, “al personale dipendente dalle altre amministrazioni di cui all´articolo 1, comma 2, appartenente a posizioni equivalenti alle posizioni C2 e C3 del comparto Ministeri; l´equivalenza delle posizioni è definita con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell´economia e delle finanze” (comma 2). Nell’osservare che, secondo quanto disposto dal comma 3 dell’art. 10 della legge 145/2002, “la disciplina relativa alle disposizioni di cui al comma 3 dell´articolo 7, che si applicano a decorrere dal periodo contrattuale successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, resta affidata alla contrattazione collettiva, sulla base di atti di indirizzo del Ministro per la funzione pubblica all´Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) anche per la parte relativa all´importo massimo delle risorse finanziarie da destinarvi”, va ulteriormente rilevato come, quanto alla disposizione dettata dal riportato comma 1 dell’art. 17-bis, per il personale del comparto Ministeri sia stata stanziata la somma di 15 milioni di euro per l´anno 2006 e di 20 milioni di euro a decorrere dall´anno 2007 (art. 1, comma 227, della legge 23 dicembre 2005, n. 266). Da ultimo, si rammenta che – relativamente all’individuazione delle Autorità competenti ai fini dell’emanazione degli atti di indirizzo come sopra da fornire all’ARAN al fine dell’avvio della negoziazione con la controparte sindacale – l’art. 41 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 stabilisce che - se le pubbliche amministrazioni esercitano il potere di indirizzo nei confronti dell´ARAN e le altre competenze relative alle procedure di contrattazione collettiva nazionale attraverso le loro istanze associative o rappresentative, le quali danno vita a tal fine a comitati di settore (comma 1), - per le amministrazioni, le agenzie e le aziende autonome dello Stato, opera come comitato di settore il Presidente del Consiglio dei ministri tramite il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica nonché, per il sistema scolastico, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione e, per il comparto delle Agenzie fiscali, sentiti i direttori delle medesime (comma 2); ulteriormente osservandosi come, a norma del successivo art. 47, comma 1, “gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale sono deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale e negli altri casi in cui è richiesta una attività negoziale dell´ARAN”. 2. Quanto sopra posto, lamentano gli odierni ricorrenti che sia mancato, ai fini dell’attuazione delle disposizioni in precedenza riportate, l’atto di impulso del relativo iter procedimentale al fine di consentire all’ARAN l’avvio della fase negoziale volta a definire i concreti contenuti dell’istituenda separata area della vicedirigenza relativamente al comparto Ministeri. Il ricorso è inammissibile per difetto di legittimazione ad agire. 2.1 Rilevano, a tale riguardo, le disposizioni dettate dall’art. 63 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, il cui comma 1 devolve al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Il riparto di giurisdizione in detta materia, introdotto in origine dall’art. 68 del D.Lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, costituisce la logica ed inevitabile conseguenza della c.d. privatizzazione del pubblico impiego. La sottoposizione del rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione ad una normativa di carattere privatistico (ad eccezione di alcune categorie di personale tassativamente indicate per le quali persiste un regime di diritto pubblico), alla quale accede la qualificazione degli atti di gestione del rapporto come atti di diritto privato e non più come atti organizzativi di carattere pubblicistico, ha comportato come naturale conseguenza lo spostamento della giurisdizione sul rapporto dal giudice amministrativo al giudice ordinario. In altri termini, all’integrazione del lavoro pubblico a quello privato sotto il profilo sostanziale, ha fatto seguito l’integrazione dei rapporti di lavoro sotto il profilo processuale, mentre, con la conservazione del precedente riparto di giurisdizione, si sarebbe pervenuti alla non accettabile situazione per cui fattispecie oggettivamente identiche tra loro, vale a dire le posizioni del dipendente pubblico e del dipendente privato, avrebbero conosciuto giurisdizioni differenti in ragione della diversa natura, pubblica o privata, del datore di lavoro. Il comma 3 dell’art. 63 D.Lgs. 165/2001 attribuisce altresì al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 28 della legge 20 maggio 1970 n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, e le controversie, promosse da organizzazione sindacali, dall’ARAN o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva di cui agli artt. 40 e seguenti del decreto. Ne consegue che le controversie in materia di atti di indirizzo (i poteri di indirizzo nei confronti dell’ARAN sono previsti dall’art. 41 del D.Lgs. 165/2001) e comunque concernenti i procedimenti di contrattazione collettiva sono attribuite in via esclusiva alla giurisdizione ordinaria. La circostanza che la giurisdizione ordinaria sia specificamente prevista solo allorquando la controversia sia stata promossa da organizzazioni sindacali, dall’ARAN o dalle Pubbliche Amministrazioni, peraltro, non sposta i termini della questione. Infatti – escluso che l’eventuale controversia proposta da un singolo lavoratore in relazione alle procedure di contrattazione collettiva possa ritenersi attribuita al giudice amministrativo, atteso che in tal caso si perverrebbe alla irragionevole e paradossale conclusione che la giurisdizione appartiene ad un plesso giurisdizionale anziché ad un altro in ragione del carattere individuale, o collettivo, del soggetto che agisce in giudizio – la precisazione di cui al comma 3 dell’art. 63 D.Lgs. 165/2001 deve essere intesa nel senso che i soggetti legittimati ad instaurare una controversia in subiecta materia sono le organizzazioni sindacali, l’ARAN o le pubbliche amministrazioni e non anche i singoli lavoratori. Di talché, i singoli lavoratori devono ritenersi carenti di legittimazione ad agire in ordine alle procedure di contrattazione collettiva. La possibilità di proporre un’azione impugnatoria di provvedimenti amministrativi, al di là di specifiche ipotesi contemplate dalla legge, non è concessa a chiunque in qualità di cittadino intenda censurare l’esercizio del potere pubblico, vale a dire uti cives, ma soltanto al titolare di una posizione di interesse legittimo e cioè di una posizione qualificata e differenziata rispetto alla posizione di tutti gli altri membri della collettività, vale a dire uti singulus. La posizione legittimante alla proposizione del ricorso, quindi, è necessariamente connotata dai caratteri dalla differenziazione e dalla qualificazione. La prima qualità può discendere dall’atto amministrativo quando esso incide immediatamente nella sfera giuridica del soggetto ovvero può rinvenirsi nel collegamento tra la sfera giuridica individuale ed il bene della vita oggetto della potestà pubblica quando l’atto esplica effetti diretti nella sfera giuridica altrui e, in ragione di tali effetti, è destinato ad interferire sulla posizione sostanziale del ricorrente. Peraltro, ai fini della configurazione della posizione sostanziale legittimante l’azione, non è sufficiente che sussista un qualsiasi interesse differenziato, rispetto a quello di altri soggetti, al corretto esercizio del potere amministrativo, ma è necessario anche che l’interesse individuale sia qualificato, sia cioè considerato dalla norma attributiva del potere, nel senso che tale norma o l’ordinamento nel suo complesso deve prendere in considerazione oltre l’interesse pubblico che è precipuamente preordinata a soddisfare anche l’interesse individuale privato su cui va ad incidere l’azione amministrativa. Nel caso di specie – dovendosi escludere che abbia inteso stabilire per controversie dall’identico oggetto una differente giurisdizione in ragione del soggetto proponente l’azione – l’art. 63, comma 3, del D.Lgs. 165/2001 ha circoscritto alle organizzazioni sindacali, all’ARAN ed alle Pubbliche Amministrazioni il novero dei soggetti legittimati a promuovere controversie in relazione alle procedure di contrattazione collettiva di cui all’art. 40 e seguenti del decreto stesso. In sostanza, lo stesso legislatore ha definito i soggetti che, nella materia de qua, hanno una posizione, oltre che differenziata, anche qualificata e, quindi, tale da legittimarli alla proposizione dell’azione giudiziaria. D’altra parte, le procedure di contrattazione collettiva sono destinate ad incidere nella sfera giuridica della generalità dei lavoratori, sicché si rivela coerente attribuire la legittimazione ad agire in giudizio agli enti esponenziali dei lavoratori, vale a dire alle organizzazioni sindacali. 2.2 E, d’altro canto, fermo il carattere di inammissibilità del ricorso all’esame (sotto il profilo della carenza di legittimazione attiva) per quanto concerne la dedotta pretesa di accertamento dell’illegittimità del contegno omissivo assunto dall’Amministrazione competente quanto alla (asseritamente) obbligatoria adozione dell’atto di indirizzo, va parimenti dato atto dell’inammissibilità del proposto mezzo di tutela anche per quanto concerne la formulata domanda di accertamento della fondatezza della pretesa all’inquadramento di ciascun ricorrente nell’area della vicedirigenza. Ciò in quanto tale pretesa, riguardante lo specifico rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione (e, quindi, la lesione della sfera giuridica individuale del singolo lavoratore), appartiene alla cognizione giurisdizionale del giudice ordinario, ai sensi dell’art. 63, comma 1, del D.Lgs. 165/2001. 3. Ribadita, alla luce delle considerazioni precedentemente svolte, l’inammissibilità del gravame in quanto l’esaminabilità della sollecitata declaratoria di illegittimità del lamentato contegno omissivo dell’Amministrazione si dimostra preclusa a fronte della non sottoponibilità a sindacato della sottesa pretesa sostanziale fatta valere dalla parte ricorrente, rileva conclusivamente il Collegio la presenza di giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I – dichiara inammissibile, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso indicato in epigrafe. Spese compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall´Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 7 maggio 2008,



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