martedì 27 maggio 2008
La violenza sessuale commessa sul luogo di lavoro è idonea a creare danno non solo alla vittima ma anche al sindacato
Cassazione, sezione III penale, del 07.02.2008, n° 12738 (Cesira Cruciani)
Con una interessante decisione, in una fattispecie di violenza sessuale consumata dal superiore gerarchico nei confronti di una dipendente, la Corte di Cassazione con la sentenza del 7 febbraio 2008, sezione II penale, n° 12738, ha avuto modo di soffermarsi sul rapporto esistente tra la legitimatio ad causam di un’organizzazione sindacale rappresentativa degli interessi della lavoratrice iscritta (nella specie, il Siulp uno dei sindacati della Polizia di Stato) e il reato di violenza sessuale ai danni di quest’ultima commesso, enunciando alcuni significativi principi:
a) il reato di violenza sessuale commesso sul luogo di lavoro lede l’integrità psico-fisica del lavoratore, compromettendone la stabilità psicologica ed il rapporto con la realtà lavorativa e la percezione del luogo, sicché il grave turbamento che ne deriva viola la personalità morale e conseguentemente la salute del soggetto passivo del reato;
b) la funzione del sindacato si esplica anche attraverso la tutela e la difesa di una condizione lavorativa che non deve essere segnata da episodi che possono intaccare la dignità lavorativa della persona;
c) la condotta integrante il reato di violenza sessuale è idonea a creare danno non solo alla vittima ma anche al sindacato, per la concomitante incidenza sulla dignità lavorativa e sulla serenità del lavoratore che ne è vittima , in quanto in contrasto con il preciso fine dal medesimo perseguito, ovvero la tutela della condizione lavorativa e di vita degli iscritti sul luogo di lavoro;
d) ha escluso la natura di ente rappresentativo di interessi diffusi del Siulp, qualificando tale organizzazione sindacale come un vero e proprio “danneggiato del reato” legittimato a costituirsi parte civile per il ristoro del danno subito, ciò in quanto l’interesse storicizzato individua il sodalizio ed ogni attentato all’interesse nel medesimo incarnatosi si configura come lesione del diritto di personalità o all’identità del sodalizio.
La successiva evoluzione legislativa, soprattutto con l’entrata in vigore del d.lvo n. 626/1994, è stata univoca nell’ampliare il concetto di salute dei lavoratori, si da comprendervi non solo l’integrità fisica ma anche quella psichica (art. 17 co. 1 lett. A 1 cit, tutela della salute e dell’integrità psicofisica dei lavoratori).
Tale evoluzione è in linea con il principio generale fissato dall’art. 2087 c.c. che, in tema di tutela delle condizioni di lavoro, fa espresso riferimento all’obbligo del datore di lavoro di tutelare non solo l’integrità fisica ma anche “la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
La condotta integrante il reato lede direttamente la parte lesa, ma risulta idonea, per la concomitante incidenza sulla dignità lavorativa e sulla serenità del lavoratore che ne è vittima, a creare danno al sindacato, in quanto in contrasto con il preciso fine dal medesimo perseguito (art. 4 dello Statuto Siulp), tutelare la condizione lavorativa degli iscritti sul luogo di lavoro.