venerdì 9 maggio 2008
COMUNICAZIONE E CREAZIONE DI VALORE
Articolo del Prof. Sergio Sabetta
La comunicazione interna, come già osservato in più occasioni, è la struttura energetica dell’organizzazione e indice del suo stato di salute, una sua distorsione in qualunque suo aspetto comporta un lento declinare della funzionalità organizzativa.
La velocità di trasmissione della comunicazione all’interno della struttura in relazione alla distorsione subita nei vari passaggi, può considerarsi un indicatore del funzionamento dell’organizzazione e dell’individuazione dei punti di sofferenza.
Deve tenersi presente che il valore dell’informazione è proporzionale alla capacità del soggetto che la acquisisce di utilizzarla, se si considera che la mole di informazione da trattare è a sua volta in proporzione alla maggiore o minore incertezza ambientale, ne consegue che le variazioni delle forme organizzative portano a variazioni nella capacità di trattare quantità variabili di informazioni.
La sovrabbondanza di informazioni se da un lato comporta un rumore di fondo, dall’altro migliora la fiducia tra i membri dell’organizzazione agevolando il trasferimento di conoscenze implicite con una maggiore efficienza nella soluzione dei problemi e nella creazione di conoscenza la conoscenza a sua volta è sempre meno un sapere stretto di contenuti trasformandosi in realtà in capacità di codificare e decodificare messaggi.
Non essendo la produzione e circolazione di informazioni distribuita in modo uguale, l’accesso ad esse comporta terreno per nuovi poteri e conflitti, d´altronde il puro accesso non è sufficiente senza una adeguata capacità di elaborazione in presenza di una globalizzazione che rende fluido l’ambiente.
Vi è una stretta interrelazione fra crescita della conoscenza data dall’elaborazione della informazione e fiducia, le quali si alimentano vicendevolmente con una sempre maggiore importanza rispetto alle macchine ed ai mezzi di investimento.
Se si considera da un punto di vista aziendalistico l’importanza delle reti telematiche nell’accrescimento dell’informazione, nella riduzione dei costi di transazione e nel favorire un incontro più puntuale ed efficiente fra domanda e offerta vi è una riduzione dell’organizzazione come strumento di coordinamento entrando la riorganizzazione entro una logica di processi alternativa al modello per funzioni, che in una dimensione aziendale verrebbe ad integrarsi in un “Business Dynamic Network”, catena del valore la quale collega tra loro fornitori, intermediari, distributori e clienti finali in un’unica impresa estesa che deve competere con altri sistemi di impresa
Tecnicamente il processo di comunicazione è un’attività in cui compaiono : fonte o emittente, messaggio, canale, ricevente, feedback (risposta). Pertanto, la comunicazione è un processo a due vie, andata e ritorno del messaggio ( Modello di Laswell ), in cui i flussi sono regolati dal “sapere” e dalla autorevolezza e non più dal potere e dalla gerarchia.
Essa rappresenta uno dei pilastri della qualità totale permettendo il coinvolgimento di tutti i dipendenti nei processi aziendali di miglioramento, in funzione di una migliore capacità di risposta alle richieste degli utenti.
I tipi di comunicazione all’interno di una organizzazione sono tre :
1. Comunicazione organizzativa, ossia comunicazioni ufficiali verso i propri dipendenti;
2. Comunicazione tra persone o gruppi ;
3. Comunicazione informale, questa rispetto alla comunicazione formale si sviluppa con modalità incontrollabili sia alla fonte che nei successivi passaggi, normalmente alterando in maniera irreversibile il messaggio originario. Queste comunicazioni informali hanno un notevole peso nel processo decisorio dei manager, in quanto sostituiscono in molti casi l’analisi di una eccessiva mole di dati difficilmente analizzabili.
Il processo di direzione si fonda essenzialmente sull’intuito e non su conoscenze di tipo logico sequenziale. Contrapposta alla visione logico sistematica della conoscenza di derivazione occidentale vi è una visione in cui la “creazione di conoscenza” non deriva dalle banche dati, bensì da una conoscenza informale operativa accumulata con l’esperienza temporale dei quadri intermedi, elementi di massimo valore da non rimpiazzare massicciamente nella reingegnerizzazione con l’informatica.
Abbiamo detto che l’informazione è un fattore di produzione se non il principale che si aggiunge al lavoro e al capitale, più correttamente è la conoscenza, di cui l’informazione è parte, a rappresentare l’ulteriore fattore di produzione. Essa è un bene che non si consuma con l’uso, ma anzi ne trae beneficio, sopravvivendo e consolidandosi solo se messa alla prova e confrontata con altre conoscenze. Diventa in un tale contesto difficile separare nettamente la produzione di conoscenza e la gestione / distribuzione delle informazioni.
L’accumulo di conoscenza può avvenire o in forma implicita mediante esperienza diretta o esplicita tramite riflessioni su tale esperienza. La qualità della conoscenza è determinata dalla “varietà” dell’esperienza all’interno dell’organizzazione che porta il singolo individuo a elaborare proprie prospettive, tali prospettive per non rimanere a livello personale ma confluire nella conoscenza organizzativa hanno bisogno di un “magma” dove essere rielaborate.
Il terreno adatto per tale opera di interazione è costituito dal gruppo autonomo ed auto - organizzantesi, composto da diversi elementi provenienti da svariate funzioni.
Sostanzialmente vengono a valorizzarsi la conoscenza tacita quale premessa per la conoscenza esplicita, la creazione di nuova conoscenza rispetto alla semplice misurazione e gestione della conoscenza esistente ed il coinvolgimento di tutti i dipendenti nell’innovazione rispetto alla concentrazione in pochi individui selezionati.
Tuttavia sorgono almeno tre problemi:
1. la conoscenza per essere diffusa ha bisogno di essere codificata in quanto difficilmente la conoscenza tacita è trasferibile dai singoli o dalle piccole comunità, ma nel momento stesso in cui viene codificata risulta facilmente imitabile e quindi perde quel carattere di unicità che le fa acquisire valore ;
2. la conoscenza formalizzata diviene statica e perde dinamismo rispetto alla velocità del cambiamento e quindi interesse per l’organizzazione ;
3. la codificazione della conoscenza costa e aumenta la complessità dell’utilizzazione dell’informazione, questo fornisce la spiegazione del cosiddetto “paradosso della società dell’informazione”, per cui non sempre si producono gli attesi incrementi di produttività.
L’organizzazione deve sempre avere presente la natura del suo vantaggio competitivo quale sistema di competenze/conoscenze distintive. Ogni processo di lavoro nel generare prodotti o servizi, genera parallelamente conoscenza che si trasferisce circolarmente tra i singoli e il gruppo e viceversa. La conoscenza rispetto alle tradizionali risorse (terra, lavoro, capitale ) presenta un carattere transnazionale dovuto alla facilità di trasferimento, senza alti costi, ed alla capacità di generare il cambiamento.
Dall’inizio del XX secolo la quantità di lavoro, di materie prime e di energia è diminuita costantemente, parallelamente è cresciuta la quantità di informazione e conoscenze incorporata nella produzione ( Thurow ), consegue che il capitale intellettuale, quale risorsa umana, assume un valore strategico per l’organizzazione.
La patrimonializzazione della conoscenza, ossia la sua diffusione nel contesto organizzativo, necessita una formalizzazione della conoscenza tacita e la sua diffusione attraverso adeguate strutture organizzative.
Essendo l’apprendimento individuale il nodo strategico dello sviluppo aziendale occorre curare i canali della comunicazione aumentandone possibilmente la velocità e diminuendone la gerarchizzazione sino a sviluppare l’apprendimento individuale continuo.
L’innovazione informatica ha organizzato in un reticolo integrato la maggior parte del sistema produttivo, all’interno di questo network vi è facilità di informazione, con conseguente trasmissione in tempo reale del cambiamento e delle decisioni amministrative o di investimento. In pratica si crea il paradosso nel settore produttivo che gli attori economici pur distinti e anche in competizione, sono strettamente correlati tra loro.
Il collegamento tra visione strategica e azione deve essere basata su una visione economica di cui matrice comune di supporto è l’apprendimento. Questi nasce dal modello mentale con cui il soggetto delinea la rete di relazioni di causa ed effetto con cui spiegare il funzionamento di un sistema ed i suoi limiti ( Sterman ).
Si tratta di una realtà in continuo movimento che comporta riaggiustamenti mentali provocati dall’apprendimento nel soggetto e nell’organizzazione.
In prima istanza si può dire che la forte incertezza stimoli forme di apprendimento con caratteri prevalenti di sintesi e di sperimentazione, mentre in contesti con limitata aleatorietà assumano maggiore rilievo i caratteri di analiticità e strutturali o istituzionali. Questi ultimi assumono massima importanza ai bassi livelli della gerarchia, mentre salendo lungo la catena gerarchica acquista importanza la sperimentazione e sintesi (Olivotto ).
L’essenza dell’organizzazione produttiva è data dall’esigenza di apprendimento continuo e dalla sua diffusione all’interno dell’organizzazione,
questo in rapporto all’esigenza aziendale di adattarsi ad un ambiente esterno non prevedibile.
Ma in un ambiente esterno turbolento è essenziale monitorare continuamente anche i processi comunicativi, ricordando che vi deve essere un sistema valoriale forte e condiviso, coerente con la storia passata e l’immagine futura, nonché con l’evoluzione dei valori sociali.
Il messaggio che dovrà essere forte e unificante deve coinvolgere utenti e dipendenti, amalgamando le esigenze dell’organizzazione con quelle dell’ambiente.
La comunicazione precedentemente dall’alto verso il basso ha assunto attualmente carattere orizzontale proprio in un ottica di elasticità organizzativa.
Si deve tenere presente che la struttura organizzativa determina i canali di comunicazione con le procedure di coordinamento e controllo, tali canali potranno essere lineari, rotanti, a stella a seconda dell’apertura comunicativa.
La comunicazione dovrà essere :
• Finalizzata al conseguimento degli obiettivi gestionali ;
• Pragmatica, cioè fondata su fatti e non su opinioni ;
• Trasparente e chiara senza influenze legate a valutazioni e aspettative non dichiarate ;
• Supportare e quindi centrata sull’ascolto e il feedback ;
• Trasmettere e ricevere “messaggi emotivi” che supportino i processi di integrazione con l’organizzazione.
Occorre tenere presente che ogni atto comunicativo inserendosi in un vissuto organizzativo interpersonale viene a modificare tale relazione interpersonale.
La comunicazione può operare nel dominio della razionalità tecnica ed avere carattere operativo e prescrittivo ( Circolari ed ordini di servizio ), oppure nel dominio della razionalità organizzativa ed avere carattere indefinito, in continua evoluzione, tesa a ridurre l’incertezza, pertanto scarsamente formalizzata.
Dobbiamo considerare che il management a causa della velocità e imprevedibilità delle trasformazioni non cerca di prevenire il cambiamento pianificando ma si preoccupa di costruire un’organizzazione “adattiva” in grado di percepirlo e di adattarsi ad esso. Si sviluppano i concetti di comunicazione, informazione e “destabilizzazione” quale premessa per acquisire la capacità di reagire in maniera rapida e adeguata alla “sorpresa” (Chris Meyer ).
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