lunedì 5 maggio 2008
LA VICE-DIRIGENZA
UN ESEMPIO DI INTERPRETAZIONE IDEOLOGICO - AMMINISTRATIVA DELLA NORMA.
Pubblichiamo oggi l´interessante contributo dottrinale del Prof. Sergio Sabetta - Responsabile della Sezione Management del sito LavoroPrevidenza.com.
Le vicende di cui all’art. 17 bis del D. L. vo, n. 165/2001, che ha istituito la vice-dirigenza, ostacolata tuttavia nella sua attuazione, ha avuto un suo riconoscimento con la Sent. n. 4399/08 del 7/3/08 del Tribunale di Roma, Sez. Lav. 3.
Senza entrare nel merito delle motivazioni su cui si è scritto, si vuole qui rilevare la valenza ideologico – amministrativa e quindi politici che questa vicenda ha assunto. Da una parte i sindacati confederali disconoscono l’efficacia immediata della norma, facendola rientrare in materia contrattualistica senza tuttavia dare effettivo seguito alla dichiarazione di principio, dall’altra coloro che vengono deprivati dei benefici derivanti dall’inquadramento, non solo economici ma anche sociali, si appoggiano ai sindacati autonomi e di categoria e insorgono giudizialmente.
Negando di fatto la necessità di introdurre anche nel pubblico una categoria ben definita e autonoma, assimilabile sostanzialmente ai quadri, a cui poggiare la dirigenza nelle funzioni delegabili anche in vista della potenziale riduzione della stessa, si viene di fatto a negarsi uno degli elementi costitutivi qualitativi per una rinnovata struttura organizzativa privatistica.
Si richiamano le complicazioni contrattuali che l’introduzione di una nuova categoria comporta nonché l’aumento della spesa prevista, anche se già parzialmente coperta, in contrasto quindi con l’appiattimento della piramide e il contenimento dei costi, i realtà emergono timori diversi dati dalla creazione di una categoria il cui accesso dal basso non è più facilmente pilotabile in termini unitari, ma comporterebbe una maggiore limitatezza a causa di vincoli più stringenti e quindi sindacalmente meno appetibili, nonché un serbatoio per l’accesso interno ala dirigenza ben definito rispetto alle Aree.
Infatti basta ricordare che nelle carriere prefettizie tutta la ex carriera direttiva, nei ruoli iniziali, è transitata ope legis nella dirigenza al grado iniziale di Vice prefetto aggiunto, a cui si sovrappongono i Viceprefetti e Prefetti, che attualmente sostanzialmente corrispondono negli altri ruoli ai Dirigenti e Dirigenti generali, riconoscendone l’unitarietà ( D. L. vo, n. 139/00 ).
Il non creare un ruolo bene definito e qualitativamente qualificante intermedio fra la dirigenza e il resto del personale, fa sì che il tutto appaia come un esercito costituito da generali e colonnelli, senza maggiori e capitani.
Le stesse posizioni organizzative, osannate come innovative, si sono rivelate fonte di malessere e rancori in tante strutture, venendo concesse similmente a delle promozioni ambigue se non nepotistico clientelari.
Quanto finora esposto lo si può dedurre dalle pronunce della stessa Corte dei conti, la quale ha fatto emergere in caso di reggenza una serie di problematiche ( delibera n. 2/2005/P del 17/3/2005- Sez. contr. di legittimità su atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, adunanza congiunta del I e II Collegio e delibera n. 13/2003/P del 12/6/2003, Sez. centrale di contr. di legittimità, I Collegio ):
1. L’eccezionalità della reggenza, che comunque dovrebbe operarsi con altro personale dirigenziale da ricercarsi su tutto l’ambito territoriale dell’organizzazione;
2. la difficoltà di giustificare l’incarico a personale dell’Area Funzionale C – Posizione economica C 3, che assume una valenza del tutto residuale.
Si può pertanto benissimo constatare, anche per questa ben ristretta circostanza, le difficoltà operative che emergono dalla mancanza di una fascia vice-dirigenziale ben definita che possa sostituire pienamente nelle funzioni quali vicari la dirigenza stessa,
questo ancor più nel momento in cui si intendano ridurre le dotazioni organiche della dirigenza.
L’uso dell’Area Funzionale C- posizione economica C3 ai vertici degli uffici crea in realtà il problema della contraddizione in termini sulla difficile contrapposizione degli interessi del funzionario stesso, che è nello stesso istante rappresentante dell’Amministrazione e soggetto passivo delle contrattazioni e/o disposizioni prese dall’Amministrazione di appartenenza.
Se il rischio è di creare una nuova figura che appesantisca sia i costi che l’operatività dell’Amministrazione, sono anche evidenti le difficoltà logiche e operative di un vuoto creatosi a seguito dell’eliminazione della precedente fascia direttiva, facente funzioni intermediaria con capacità vicarie tra vertici dirigenziali e struttura, nonché serbatoio definito per la dirigenza.
Dalle argomentazioni appena esposte emergono chiaramente le valenze ideologiche e sociali che stanno alla base della presente disapplicazione normativa, nonché del conseguente scontro giudiziario in atto, tutte argomentazioni ammantate da motivi finanziari, giuridici e organizzativi. Si tratta di un chiaro esempio in cui il diritto e la sua interpretazione diventa chiaramente politico, nel senso platonico di arte o scienza del governo e della capacità machiavellica di conservarlo per il maggior tempo possibile, indipendentemente dall’etico amministrativo del necessario ed opportuno.