martedì 15 aprile 2008
LA LEADERSHIP TRA DELEGA E PARTECIPAZIONE
Anche questa settimana, come di consueto, pubblichiamo un altro degli interessanti contributi dottrinali del Prof. Sergio Sabetta - Collaboratore dell Redazione di LavoroPrevidenza e Coordinatore della Sezione Management di questa rivista telematica.
In una leadership gli aspetti fondamentali sono quattro:
- la capacità di adattamento;
- la capacità di far convergere le persone verso un obiettivo comune, avente una forte caratterizzazione;
- la necessità di dedicare tempo alla ricerca di se stessi;
- la necessità di determinare i sistemi di valore.
Occorre che le persone sentano che saranno trattate con equità e lealtà e che è offerta loro un’opportunità di crescita personale e organizzativa.
I leader devono pertanto essere impegnati a creare un clima organizzativo che favorisca oltre che le performance anche un senso di orgoglio e determinazione; per fare questo devono essere forniti di un’intelligenza emotiva frutto dell’esperienza.
L’intelligenza emotiva che, proprio perché frutto dell’esperienza, può essere migliorata con uno sforzo protratto nel tempo possiede alcune caratteristiche specifiche che sono l’autoconsapevolezza emotiva, l’empatia, la fiducia in se stessi, l’autocontrollo e la capacità di ascolto.
Oggi giorno la necessità di una forte flessibilità organizzativa porta a ridurre i livelli dirigenziali, ma al contempo crea la necessità dello sviluppo di capacità di leadership in gruppi di persone più ampie al fine di creare team adattabili a seconda dei processi di lavoro; la leadership deve diffondersi ai vari livelli ma gli interessati devono essere anche selezionati e preparati perché è estremamente pericoloso distribuire cariche senza adeguata preparazione. Si realizza in altre parole un progressivo distacco tra posizione nei ruoli e leadership.
Infatti se nella prima e seconda rivoluzione industriale vi era la convinzione che la realtà tecnologica era una macchina da costruire e comandare, dalla recente ed ultima rivoluzione informatica è nata l’immagine della realtà come di una rete adattabile a piacimento grazie alle interconnessioni.
Tuttavia per rendere sostenibile il processo in un ambiente instabile occorre che i leader siano ancorati a una serie di valori e principi ben identificabili dai collaboratori. Inoltre, deve esplicarsi la capacità di distinguere tra l’urgenza del quotidiano e le situazioni emergenti, lavorando sulla qualità dell’attenzione; infatti coma sopra detto in questi tempi vi è una esplosione di informazioni da cui nasce la necessità di filtrare ed ordinare le stesse per poterle convertire in azioni con la conseguente necessità di impegnare tempo e risorse, ma vi è anche l’opportunità di distribuirle interconnettendo le varie unità al fine di facilitare l’accesso all’intelligenza, valorizzando il fattore umano.
E’ stato osservato che gran parte della complessità sul lavoro nasce dalla mancanza di attenzione verso le persone con cui si lavora e dalla perdita di significato delle azioni compiute rispetto ai valori dell’organizzazione ( D. Chattrjee ).
Fondamentale è la creazione di un “ciclo virtuoso” in cui il leader comunichi i propri scopi e la propria visione, limitando le voci incontrollate e motivando, ma contemporaneamente ascolti i collaboratori sia come suggerimenti che come paure.
Da quanto finora detto emerge chiaramente la stretta connessione tra leadership propositiva ed etica in quanto, se i singoli possono avere comportamenti scorretti per se stessi, è il “pensiero di gruppo” ( groupthink ), con la conseguente pressione verso il conformismo ( J. Janis ), e la “cultura aziendale” più in generale a favorire decisamente i comportamenti distruttivi sui team.
Una leadership deve possedere le seguenti caratteristiche ( Sir Peter de la Billiere ):
- evitare di soffocare l’innovazione, generare conflitti e creare sudditanza (culto della personalità) per propria inadeguatezza;
- delegare, motivando ed ascoltando;
- avere chiari gli obiettivi, in modo tale da creare un processo dinamico basato sulla vision condivisa e la conseguente fiducia;
- capire la realtà attuale, senza confonderla con i propri desideri;
- fornire l’esempio per la squadra, trattando gli altri come si vorrebbe essere trattati;
- adattare il proprio stile di leadership alle esigenze della squadra.
Come può ben vedersi sono caratteristiche complesse che dovranno essere esercitate e professionalizzate senza improvvisazioni, considerando le personalità individuali profonde.
Se questo da un punto di vista teorico vi sono stili ben differenti nella pratica gli stili di direzione non sono così rigidamente distinti, dovendosi alternare nello stesso soggetto con ampie sfumature da uno all’altro.
I manager deve essere una persona capace di comprendere con intelligenza e affrontare con coraggio le contropartite, i costi e gli effetti circolari di qualsiasi attività.
Occorre evitare sia la catatonia stuporosa ossia esitare senza decidere e sia la catatonia agitata decidere senza esitare, ossia valutare la complessità del problema non riducendolo a valori equiparabili solo economicamente, quello che è fondamentale è la capacità di immaginare scenari impensati attraverso un dialogo creativo con gli Altri, si tratta quindi di passare da una visione deterministica ad una probabilistica, in altre parole evitare di passare da un manager esclusivamente pianificatore con piani quinquennali a un manager pompiere che corre solo dietro alle urgenze impreviste.
Se quindi si deve evitare la nostalgia di come si lavorava bene una volta, non per questo si dovrà finire travolti dall’ansia della gestione della complessità senza comprenderla. La complessità se da una parte smonta la tipologia del manager tutto d’un pezzo, orgoglioso, sempre coerente fino alla morte professionale, chiuso nel suo bunker ufficio assediato dai problemi, dall’altra deve evitare il manager ondivago che non avendo propri scenari da perseguire insegue le mode e le idee degli altri, senza formarsene di proprie.
Questa insicurezza determinata dall’instabilità può indurre ad una riduzione dell’attività al puro intervento a supporto di meccanismi e relazioni ben visibili e tangibili fino a diventare un puro esecutore di decisioni altrui, ma può anche indurre ad una propria sovrastima che induce il manager alla supposizione di una propria capacità taumaturgica sui problemi aziendali, magari fornito di eccellenti doti velocistiche.
Abbiamo già detto che di fronte alla complessità ci si può rifugiare sulla tangibilità delle relazioni interne, operando esclusivamente sulla base di una conoscenza perfetta del sistema quale fosse una macchina, sognando modelli matematici antiansiogeni e puntando esclusivamente sulla tecnologia, ma perdendo di vista l’uomo e il suo capitale intellettuale ed emozionale con conseguenze spiacevoli da un punto di vista funzionale.
La stessa attività lavorativa può ridursi ad una autoschiavizzazione se non viene dato spazio ai rapporti creativi e alla capacità di delegare.
Nella delega occorre distinguere tra obiettivi, cosa si vuole ottenere, e mezzi, come si può realizzare.
Bisogna essere coscienti che in qualsiasi organizzazione è fondamentale indicare gli obiettivi con estrema precisione, ma non è altrettanto sempre opportuno indicare i mezzi per raggiungere tali obiettivi. Una volta indicata la meta non è vincente limitare il margine di manovra dei collaboratori riducendoli a meri esecutori, il come deve essere delegato nel limite del possibile, questo comporta la liberazione di energie e pensieri inaspettati, naturalmente maggiore è la delega maggiore dovrà essere la qualità del capitale umano in una catena di obiettivi – mezzi.
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