martedì 11 marzo 2008
IL DANNO DA CONTRATTO COLLETTIVO INTEGRATIVO
Approfondimento del dr. Luca Busco
Il titolo terzo del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (artt.40-50) disciplina la contrattazione collettiva e la rappresentatività sindacale nel rapporto di pubblico impiego contrattualizzato. L’art.40, comma 1 prevede che la contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali. La norma ribadisce il principio espresso dall’art.2 del D.lgs. n. 165 medesimo (secondo cui i rapporti di lavoro sono regolati contrattualmente), attuandolo con riferimento alla contrattazione collettiva.
Il D.lgs. n. 165 attribuisce alla contrattazione integrativa un ruolo fondamentale nelle relazioni sindacali del settore pubblico, in quanto rappresenta un decentramento del sistema di contrattazione parallelo al decentramento del sistema amministrativo: sono, infatti, le singole amministrazioni ad attivare livelli di contrattazione integrativa nel rispetto dei vincoli di bilancio e dei criteri delineati dai contratti collettivi nazionali . Ne consegue che la funzione della contrattazione integrativa non è quella di procedere alla mera applicazione della contrattazione nazionale, ma di adeguamento della stessa ai contesti specifici di riferimento.
Occorre rilevare, a tal proposito, che le singole amministrazioni godono in sede integrativa di una consistente autonomia, sia perché la rappresentanza diretta dell’ARAN opera solo a livello nazionale (art.46, commi 1 e 2 del D.lgs. n. 165), ma anche per l’eliminazione del potere dell’ARAN di emanare direttive, come prevedeva il vecchio testo dell’art.45, comma 4 del D.lgs. n. 29 del 1993. E’ evidente la finalità del legislatore di sollecitare un maggiore coinvolgimento diretto delle amministrazioni nella cura delle relazioni sindacali decentrate.
L’ultima parte del comma 3 dell’art.40 del D.lgs. n. 165 del 2001 sancisce l’impossibilità per le pubbliche amministrazioni di sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale, nonché la nullità delle clausole contrattuali degli accordi integrativi difformi da quelli nazionali. La prevalenza del contratto collettivo nazionale su quello di livello decentrato intende scongiurare taluni rischi del decentramento contrattuale, quali la creazione di differenziali salariali non collegati con una maggiore produttività nell’ambito dello steso comparto e la perdita di controllo delle dinamiche retributive .
L’art.17, comma 2 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002) ha inserito, in aggiunta all’art.40 del D.lgs. n. 165, l’art.40-bis contenente disposizioni sulla compatibilità della spesa in materia di contrattazione integrativa . L’intento della norma è quello di garantire l’effettività dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione economica e finanziaria di ciascuna amministrazione, attraverso il rafforzamento dei controlli sulla contrattazione integrativa.
Il comma 1 dell’art.40 bis impone ai comitati di settore ed al Governo di procedere a verifiche congiunte in merito alle implicazioni finanziarie complessive della contrattazione integrativa di comparto definendo metodologie e criteri di riscontro anche a campione sui contratti integrativi delle singole amministrazioni. Il comma 2 prevede, invece, che gli organi di controllo interno inviano annualmente specifiche informazioni sui costi della contrattazione integrativa al Ministero dell´economia e delle finanze.
Si è posto in tempi recenti il problema della responsabilità erariale per i danni arrecati alle amministrazioni a seguito della sottoscrizione ed esecuzione di accordi collettivi decentrati difformi dalle previsioni dei contratti collettivi nazionali.
Tale problema era stato oggetto nel 2003 di un parere dell’Avvocatura generale dello Stato al Dipartimento della Funzione pubblica, che aveva posto all’organo di difesa erariale un quesito riguardo all’esatta definizione dell’ambito soggettivo di estensione della responsabilità in presenza di un contratto collettivo decentrato dichiarato nullo per contrasto con le clausole del contratto collettivo nazionale ovvero di contratto collettivo integrativo che, seppur non dichiarato nullo, venga considerato fonte di danno patrimoniale per l’ente nella misura in cui, caratterizzandosi, per gravi scostamenti rispetto alle previsioni del contratto collettivo nazionale, finisca per tradursi nell’elargizione di particolari benefici al personale senza alcun ritorno in termini di utilità corrispettiva per l’amministrazione datrice di lavoro.
L’Avvocatura ha risposto che in tali ipotesi possono essere chiamati a rispondere dinanzi al giudice contabile i soggetti che direttamente per conto dell’amministrazione hanno condotto la trattativa e stipulato il relativo contratto collettivo integrativo (presidente e componenti della delegazione trattante di parte pubblica, l’organo di governo che ha autorizzato la sottoscrizione definitiva del contratto), nonché le figure dirigenziali cui incombe l’obbligo di non dare applicazione ai contratti decentrati difformi.
La questione è stata affrontata in concreto dalla sezione giurisdizionale per la Lombardia della Corte dei conti , che ha condannato taluni pubblici funzionari, a diverso titolo, per avere rispettivamente formato e dato esecuzione ad un contratto collettivo integrativo in parte nullo, dal quale erano derivati danni ad un comune.
Il giudice contabile lombardo, anzitutto, ha ritenuto sussistente la propria giurisdizione in materia di interpretazione dei contratti collettivi, osservando che il sindacato della Corte dei conti sulle previsioni contrattuali non avviene principaliter, ma incidenter tantum, al solo fine di cogliere, in caso di acclarata macroscopica violazione del dettato normativo o di sovrastanti fonti contrattuali nazionali cui fare retta e legittima applicazione in sede di contrattazione decentrata, profili di illiceità comportamentale forieri di danno erariale. Una condotta dannosa per le casse pubbliche può trarre origine dalla sottoscrizione da parte di amministratori o dipendenti pubblici di contratti (quali quelli lavoristici) non conformi a legge o a sovrastanti fonti negoziali. Nel caso particolare la sottoscrizione in sede decentrata di un contratto collettivo integrativo con clausole affette da nullità, in quanto, in contrasto con i vincoli risultanti dalla contrattazione nazionale, prevede per tutti i dipendenti l’erogazione dello stesso trattamento retributivo a fronte di un minore apporto lavorativo, è sicuramente fonte di danno erariale.
La sentenza della Sezione Lombardia della Corte dei conti afferma che il danno erariale patito dall’amministrazione è ascrivibile ai rappresentanti di parte pubblica firmatari dell’accordo decentrato illegittimo, agli amministratori, che hanno sollecitato l’esecuzione dell’accordo, nonché al segretario comunale, che non ha segnalato la discrepanza tra accordo decentrato e contratto collettivo nazionale.
Recentemente anche la sezione giurisdizionale per il Trentino – Alto Adige del giudice erariale ha condannato il rappresentante di parte pubblica di un’amministrazione per l’illegittima stipulazione di un contratto collettivo decentrato sull’utilizzazione delle somme da destinare alla produttività, che individuava il relativo fondo secondo criteri contraddittori ed irragionevoli .
Come è stato acutamente sottolineato, non rientrano nella fattispecie sinteticamente descritta di “danno da contrattazione collettiva” le ipotesi di erogazione di indennità, premi produttività, somme incentivanti in misura superiore ai limiti fissati dalla contrattazione collettiva, nelle quali all’origine del danno erariale non vi è una clausola collettiva nulla, ma un atto unilaterale dell’amministrazione .
NOTE
Cfr. D’ANTONA, Contratto collettivo, sindacati e processo del lavoro dopo la “seconda privatizzazione” del pubblico impiego, in Foro it., 1999,I,625.
Cfr.: D’ANTONA, Lavoro pubblico e diritto del lavoro: la seconda privatizzazione del pubblico impiego nelle “leggi Bassanini”, in Il lav. nelle P.A., 1998,51; SPINELLI, Il rapporto tra contratti collettivi di diverso e di pari livello nel lavoro pubblico, ivi,2006,386; TREU, Le relazioni di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, in Lav. dir. 2007,289.
Cfr. FONTANA, La contrattazione collettiva nel lavoro pubblico fra riforme e controriforme, in Il lav. nelle P.A., 2007,72.
Cfr. Avvocatura Generale dello Stato, parere 5 febbraio 2003, in www.pavonerisorse.to.it.
Cfr. C. Conti, Sez. Lombardia, 14 giugno 2006 n. 372, in www.amcorteconti.it con nota di SCHULMERS. Cfr. anche C. Conti, Sez. Lombardia, 10 marzo 2006 n. 172, in Il lav. nelle P.A., 2006,725 con nota di MONTANARI.
Cfr. C. Conti, Sez. Trentino – Alto Adige, 12 febbraio 2007 n. 6, in www.corteconti.it.
Cfr. VISCOMI, Contrattazione integrativa, nullità della clausola difforme e “responsabilità diffusa”, in Il lav. nelle P.A., 2007,877.