venerdì 18 giugno 2004
MINI RASSEGNA GIURISPRUDENZIALE SULLE FERIE
dell Avv. Rocchina Staiano
di Rocchina Staiano
(dottore di ricerca-Università di Salerno)
1. Diritto irrinunciabile.
I. L’art. 36 cost. prevede un diritto irrinunciabile alle ferie per garantire il ripristino delle energie psicofisiche e la cura delle relazioni sociali, finalità che non viene compromessa da qualsiasi malattia idonea a sospendere il lavoro; se manca la disciplina di dettaglio il giudicante deve valutare caso per caso se la malattia ha pregiudicato il godimento delle ferie (Trib. Milano, 11 novembre 1995, in Orient. Giur. Lav., 1995, I, p. 917).
II. Il diritto alle ferie è irrinunciabile e costituzionalmente garantito; da ciò discende che la maturazione del diritto alle ferie, nel corso del rapporto di lavoro, non può essere limitata se non da espressa disposizione di legge. D’altra parte dalla prospettazione costituzionale del diritto alle ferie come diritto alla salute deriva altresì che in nessun caso il periodo trascorso in malattia può compensare quel recupero delle energie psico-fisiche che costituisce la finalità tipica delle ferie. Ove il contratto collettivo di categoria -nella specie dei dipendenti da aziende agricole- preveda un certo periodo di ferie retribuito per ogni anno di servizio prestato presso la stessa azienda, nel concetto di servizio deve intendersi ricompresa anche la malattia, durante la quale dunque continua la maturazione delle ferie contrattualmente spettanti (Pret. Milano, 28 febbraio 1996, in Lav. Giur., 1996, p.583).
III. Il diritto del lavoratore subordinato al riposo settimanale ed alle ferie annuali costituisce un diritto indisponibile, non suscettibile di rinuncia da parte dello stesso lavoratore, dovendosi pertanto considerare nulla anche una rinuncia preventiva a tale diritto formulata tacitamente, mediante precostituzione di una maggiore retribuzione, che compensi, oltre all ordinario lavoro, il danno determinato dalla ininterrotta protrazione della prestazione oltre il limite settimanale ed annuale (Cass. Civ., 25 luglio 2000, n. 9760, in Not. Giur. Lav., 2000, p. 739).
2. La retribuzione.
I. Posto che non esiste nel nostro ordinamento un principio di omnicomprensività della retribuzione per tutti gli istituti retributivi -nè tale principio è imposto dalla normativa internazionale- e che l’art. 36 Cost. sancisce esclusivamente il diritto del lavoratore a ferie annuali retribuite, ma non ne stabilisce la quantità nè contiene criteri per la determinazione della retribuzione feriale, la determinazione della base di calcolo del compenso dovuto al lavoratore deve essere ricavata dalla contrattazione collettiva (Trib. Milano, 24 settembre 1999, in Lav. Giur., 2000, p. 171).
II. Poichè non esiste un principio di onnicomprensività della retribuzione e nessun elemento in tal senso può trarsi dall’art. 36 Cost. che si limita a fondare il diritto alle ferie, demandando alla contrattazione collettiva il compito di stabilirne la quantità, deve ritenersi che la retribuzione del periodo feriale, in mancanza di una specifica previsione del contratto collettivo, non possa essere che quella ordinariamente spettante in funzione del sinallagma contrattuale e non quella dovuta in forza di particolari modalità della prestazione di lavoro (nella specie notturno), posto che quest’ultima, proprio perchè relativa a modalità concrete della prestazione, non può concorrere a formare la retribuzione indiretta (Trib. Milano, 10 giugno 1999, in Lav. Giur., 1999, p. 982).
3. Estinzione del rapporto di lavoro.
I. In caso di licenziamento dichiarato illegittimo, l’attribuzione al lavoratore delle retribuzioni non percepite dalla data di intimazione del licenziamento a quella di effettiva reintegrazione nel posto di lavoro non comprende altresì l’attribuzione dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute nel periodo di sospensione verificatosi a seguito del licenziamento dichiarato illegittimo, atteso che detta indennità ha natura risarcitoria e non retributiva, e che la sospensione del rapporto di lavoro, sia pure per fatto illegittimo del datore di lavoro, facendo venire meno la prestazione lavorativa, esclude quella esigenza di recupero delle energie psicofisiche che il diritto alle ferie è inteso a soddisfare (Cass. Civ., 5 maggio 2000, n. 5624, in Not. Giur. Lav., 2000, p. 654).
II. Nella retribuzione assunta per base di calcolo del risarcimento del danno per illegittimità del licenziamento non possono calcolarsi le indennità sostitute delle ferie, festività e riduzione orario di lavoro che spettano solo ai dipendenti che, essendo in effettivo servizio, abbiano svolto, su disposizione effettiva del datore di lavoro, attività lavorativa per tutto l’anno, senza poter usufruire delle ferie, festività e riduzione oraria di lavoro (Cass. Civ., 5 aprile 2001, n. 5092, in Mass., 2002).
4. Ferie e CIG.
I. Il diritto al godimento delle ferie presuppone l’oggettiva esigenza del recupero delle energie psicofisiche spese nell’effettiva prestazione lavorativa, ma non è suscettibile di riduzione proporzionale alle ore non lavorate in relazione alla situazione di lavoratori in cassa integrazione ad orario ridotto; pertanto, per l’attività lavorativa, ancorchè in tutto od in parte ad orario ridotto, spetta ai lavoratori il diritto al periodo di ferie retribuite, quale contrattualmente previsto, ed il relativo importo è proporzionalmente a carico del datore di lavoro per le ore di attività effettivamente prestata, mentre è a carico della cassa integrazione per la parte corrispondente alla riduzione di orario (Cass. Civ., 28 maggio 1986 n. 3603, in Giust. civ., 1986, I, p. 2100).
II. Il diritto di godimento delle ferie presuppone la oggettiva esigenza del recupero delle energie psico-fisiche spese nell’effettiva prestazione lavorativa, ma non è suscettibile di riduzione proporzionale alle ore non lavorate in relazione alla situazione di lavoratori in cassa integrazione ad orario ridotto; pertanto, per l’attività lavorativa, ancorchè in tutto od in parte ad orario ridotto, spetta ai lavoratori il diritto al periodo di ferie retribuite, quale contrattualmente previsto, ed il relativo importo è proporzionalmente a carico del datore di lavoro per le ore di attività effettivamente prestata (Cass. Civ., 1 ottobre 1991 n. 10205, in Mass. Giur. Lav., 1992, p. 76).
III. Non è configurabile un obbligo per il datore di lavoro (ed un corrispondente diritto del lavoratore) di adottare criteri di rotazione fra i lavoratori sospesi in cassa integrazione guadagni. Durante i periodi di cassa integrazione guadagni, con sospensione totale della prestazione lavorativa, non matura il rateo di ferie proporzionalmente al periodo di sospensione (Pret. Lucca, 12 dicembre 1998, in Orient. Giur. Lav., 1999, I, p. 819).
5. Malattia e ferie.
I. Il principio fissato dall’art. 2109 c.c., secondo il quale la malattia insorta durante le ferie ne sospende il decorso, è destinato ad operare ogni volta che la funzione tipica delle ferie risulti in concreto pregiudicata dall’esistenza della malattia, indipendentemente dalla esistenza o meno di una disciplina che colleghi l’interruzione delle ferie a specifiche ipotesi di evento morboso, stabilendo in proposito particolari modalità di controllo da parte del datore di lavoro. Nel rapporto di lavoro di diritto privato non possono trovare applicazione in via analogica, a tal fine, le norme dettate per il settore del pubblico impiego dagli artt. 16 del D.P.R. 16 ottobre 1979 n. 509 e 6 del d.P.R. 7 novembre 1980 n. 810; una limitazione degli effetti del principio suddetto, espressione di garanzia di valori costituzionali, non può d’altro canto derivare da una regolamentazione di fonte contrattuale (Cass. Civ., 20 dicembre 1995, n. 12998, in Mass., 1995).
II. La malattia del lavoratore non rappresenta una causa ostativa alla maturazione del diritto alle ferie che costituiscono non solo un momento di riposo ma anche un’occasione di libera disponibilità del tempo libero. Nel caso di superamento del periodo di comporto per malattia del lavoratore, la tempestività dell’intimazione del licenziamento deve essere intesa in senso relativo, con specifico riferimento alle particolarità del caso concreto (Trib. Parma, 3 aprile 2000, in Lav. Giur., 2000, p. 854).
III. La richiesta del lavoratore in malattia di utilizzare un periodo di ferie per il prolungamento dell assenza al fine di evitare il superamento del periodo di comporto deve contenere l’indicazione del momento a decorrere dal quale egli intende ottenere la conversione del titolo dell assenza e deve precedere la scadenza del periodo di comporto, dato che al momento di detta scadenza il datore di lavoro acquisisce il diritto di recedere ai sensi dell art. 2110 c.c. (Cass. Civ., 11 maggio 2000, n. 6043, in Not. Giur. Lav., 2000, p. 735).
6. Cure termali e ferie.
I. L art. 13 d.l. n. 463 del 1983 prevede la concessione di cure idrotermali, al di fuori dei congedi ordinari o delle ferie annuali, solo in presenza di una motivata prescrizione medica. Il diritto al trattamento economico di malattia per lo svolgimento di cure termali compete soltanto quando tali cure risultino, in concreto, incompatibili con le ferie, oppure quando, pur essendo compatibili, non possono essere dilazionate al periodo feriale prestabilito dal datore di lavoro, senza pregiudicare, quanto meno, il più efficace conseguimento degli obiettivi terapeutici o riabilitativi di volta in volta perseguiti (Trib. Milano, 11 dicembre 1992, in Lav. Prev. Oggi, 1993, p. 798).
II. In materia di cure termali, l’effetto sospensivo delle ferie va riconosciuto solo quando, in ragione della specificità e/o gravità della manifestazione morbosa e/o delle modalità del trattamento terapeutico o riabilitativo, l’essenziale funzione delle ferie possa dirsi in concreto pregiudicata. Il quadro morboso della malattia cronica e delle relative cure termali appare normalmente compatibile con la realizzazione delle finalità feriali. La maggiore utilità di un trattamento termale tempestivo e la conseguente indifferibilità rispetto al periodo feriale, va misurata non sull arresto o sulla risoluzione del processo morboso, ma sulla funzione terapeutica o riabilitativa complementare che esso per lo più svolge. Perciò il diritto a fruire di cure termali tempestive sussiste non solo quando a giudizio del sanitario, se ne possa ricavare un beneficio (o evitare un danno) immediato, ma in tutti i casi in cui esse appaiono più utili ed efficaci rispetto allo scopo cui sono preordinate. In caso di rifiuto illegittimo del datore di lavoro di collocare in ferie il lavoratore che debba usufruire di cure termali di immediata maggiore utilità, non potrà essere negato al lavoratore il trattamento di malattia, ex art. 2110 c.c. relativo al periodo in cui ha fruito di cure termali (Trib. Milano, 22 dicembre 1992, in Orient. Giur. Lav., 1993, p. 270).
III. Ai fini del riconoscimento a favore del dipendente del diritto a fruire di un ciclo di cure idrotermali in periodo extraferiale, è necessario che dal certificato rilasciato dallo specialista della Usl risulti che vi siano esigenze terapeutiche tali che impongono la loro effettuazione con opportuna tempestività, senza dover attendere l’ordinario periodo di ferie (Trib. Cosenza, 15 maggio 1993, in Not. Giur. Lav., 1993, p. 402).