lavoroprevidenza

martedì 25 maggio 2004

Natura giuridica degli atti nel pubblico impiego privatizzato

di Roma

TRIBUNALE DI ROMA – ordinanza 8 gennaio 2003 – G.U. Mormile, - I.G. c. Ministero della Difesa

Impiego pubblico - Privatizzazione – Atti di organizzazione ed atti di gestione – Natura privatistica degli atti di gestione - Poteri del Giudice ordinario.



Trasferimento e mobilità - Domanda di trasferimento per motivi familiari - Art.33 L. n. 104/1992 - Rifiuto dell’amministrazione – Motivazione incongrua – Illegittimità.



Nell’impiego pubblico privatizzato gli atti di gestione del rapporto sono atti di diritto privato e non amministrativi, in ordine ai quali il giudice del lavoro è legittimato a adottare qualsiasi tipo di provvedimento giurisdizionale a tutela dei diritti fatti valere in giudizio.

Il rifiuto opposto dall’amministrazione pubblica ad una domanda di trasferimento avanzata da un lavoratore che assiste con continuità un parente entro il terzo grado affetto da handicap, è illegittimo, se motivato in maniera incongrua e non documentata





Il Giudice Unico del lavoro di Roma, sciogliendo la riserva che precede, letti gli atti osserva

La domanda cautelare del ricorrente I.G., dipendente civile dell Amministrazione della Difesa, diretta ad ottenere il proprio trasferimento, da parte del Ministero di appartenenza ex lege 104/1992, per essere tuttora in servizio presso il IV Ufficio di Segredifesa del suddetto Ministero, presso la sede lavorativa di Roma, appare fondata e meritevole di accoglimento per quanto di ragione.

E opportuno, preliminarmente, ricordare che il d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, poi modificato a seguito di numerosi e reiterati interventi del legislatore (d.lgs. n. 470/93, 546/93, 396/97), ha introdotto una riforma generale del pubblico impiego, ispirata all obiettivo della "privatizzazione" o meglio della "contrattualizzazione" del rapporto di lavoro pubblico.

Il disegno di riforma è stato poi, da ultimo, definito e precisato dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, dal d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387 ed infine dal d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (c.d. Testo Unico sul Pubblico Impiego).

In base alle nuove disposizioni i rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, assoggettati precedentemente alla disciplina del pubblico impiego, sono ora anzitutto regolati dalle disposizioni del codice civile e dalle leggi sul rapporto di lavoro subordinato nell impresa.

Inoltre, ad eccezione di alcune categorie di dipendenti dell amministrazione statale (ad es. magistrati ordinari e amministrativi, avvocati dello Stato, ecc.), le controversie in materia di lavoro pubblico sono devolute (ex art.29 d.lgs. n. 80/1998 ed ora art.63 t.u.) alla giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice unico del lavoro, secondo la disciplina del codice di procedura civile, in armonia con la rinnovata natura sostanziale del rapporto.

Solo in via transitoria, per le vertenze relative a periodi del rapporto di lavoro precedenti al 30 giugno 1998, è rimasta ferma la giurisdizione del giudice amministrativo (ex art.45, c.17, d.lgs. n. 80/98), oltre che per le procedure di concorso finalizzate all assunzione del personale (art.29 cit.).

Orbene, dal punto di vista della tutela processuale, i profili di maggiore interesse della nuova disciplina concernono soprattutto i poteri riconosciuti al giudice ordinario nelle controversie di lavoro pubblico, potendo ormai adottare qualsiasi tipo di pronuncia, di accertamento, costitutiva o di condanna, richiesta dalla natura dei diritti tutelati.

Ma soprattutto, nella normativa in esame, è affermato che ove nel giudizio vengano in questione "atti amministrativi presupposti", gli stessi non incidono sulla giurisdizione ordinaria, potendo il giudice del lavoro, che li riconosca illegittimi, procedere alla loro disapplicazione.

Per comprendere a pieno la disciplina sopra richiamata, oggetto di vivaci discussioni e di un serrato dibattito dottrinale, occorre - ad avviso dell odierno giudicante - rifarsi alla tradizionale distinzione fra atti di gestione ed atti generali di organizzazione.

I primi, (com è nel caso de quo) pur provenendo unilateralmente dalla P.A., ineriscono direttamente al regime del rapporto di lavoro (si pensi ad es. ad un licenziamento, ad una promozione, ad un trasferimento), dovendo pertanto ritenersi, in coerenza con l assetto sostanziale del rapporto, atti di diritto privato e non amministrativi, in ordine ai quali il giudice del lavoro, come si è detto, è legittimato a adottare qualsiasi tipo di provvedimento giurisdizionale a tutela dei diritti fatti valere in giudizio.

Viceversa, i secondi, ossia gli atti di organizzazione, hanno un incidenza solo indiretta sul rapporto di lavoro e sono configurati dalla legge come espressione di uno specifico potere amministrativo; così ad es. l art.2, c.1 d.lgs.n.29/93 e succ. modif., indica gli atti che "definiscono ..le linee fondamentali di organizzazione degli uffici", "individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi", "determinano le dotazioni organiche complessive".

Relativamente a tali atti che sono e restano amministrativi in senso proprio, il giudice ordinario può solo procedere alla loro disapplicazione incidenter tantum, ai sensi dell art.5 della l. n. 2248/1865 all. E, qualora siano stati dedotti e rilevati i tradizionali vizi di legittimità quali, l incompetenza, l eccesso di potere e la violazione di legge.

Orbene, la fattispecie oggetto del presente giudizio è riconducibile de plano all area degli atti di gestione e come tale è pienamente conoscibile da parte del giudice ordinario, incidendo, per definizione, su posizioni di diritto soggettivo.

Venendo al merito della causa occorre osservare che dalla documentazione versata in atti emerge la grave patologia che affligge la madre del ricorrente (sig.ra B.N.), così come attestata dalla competente Commissione (per l Accertamento dell Handicap -Distretto C di SORA dell A.U.S.L. di FROSINONE) che ha riconosciuto la sussistenza delle condizioni di handicap di cui all art.3, c.3, l. n. 104/1992.

Dalla stessa documentazione prodotta risulta altresì che il ricorrente è l unico familiare convivente della predetta sig.ra B., garantendole in via esclusiva 1 assistenza morale e materiale di cui ella necessita.

Risulta ancora allegato e provato che nello stabilimento Militare Propellenti di Fontana Liri (FR), sede di lavoro più vicina al domicilio del ricorrente sito in Rocca d Arce (FR), sono previste in organico figure professionali di collaboratore amministrativo o comunque inquadrabili nella VII qualifica funzionale posseduta dal ricorrente.

Tali condizioni integrano ad abundantiam la fattispecie di cui all art.33, c.5, l. n. 104/1992, come modificato dall art.19, l. n. 53/2000, laddove si configuri un vero e proprio diritto soggettivo del lavoratore che, come nel caso di specie, assista con continuità un parente o affine entro il terzo grado, affetto da handicap, di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio.

Per contro, il rifiuto opposto dall Amministrazione convenuta, comunicato con lettera prot. n. 0051078 del 31/7/2002, si appalesa chiaramente illegittimo, e tra l altro motivato in modo del tutto incongruo, contenendo un generico (e non documentato) riferimento ad una "situazione di esubero del personale inquadrato nella sede di trasferimento richiesta".

Tanto premesso, va osservato che, ai fini dell azionabilità della c.d. tutela cautelare atipica di cui all art.700 c.p.c., il giudice competente (ex art.669-ter c.p.c.) è chiamato a verificare se il ricorrente abbia agito in difesa di un diritto: a) che sia possibile oggetto di un giudizio ordinario di cognizione; b) che non sia tutelato da una misura cautelare tipica; c) che sia sorretto dal fumus boni iuris cioè dall’apparenza di fondatezza della domanda; d) che, a causa del tempo necessario a farlo valere in via ordinaria, sia minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile, ossia non riparabile adeguatamente nella forma dell equivalente monetario ("periculum in mora").

Naturalmente, la mancanza anche di uno solo dei suddetti presupposti impedisce l emanazione del provvedimento cautelare.

La sussistenza, nella specie, dei primi due elementi tra quelli sopra indicati, risulta di palmare evidenza e non necessita di ulteriori verifiche ed approfondimenti.

Per quanto riguarda, poi, il "periculum in mora" (cioè il quarto tra i presupposti di cui sopra), deve osservarsi che il concetto d irreparabilità del pregiudizio, richiesto dall art.700 c.p.c., impone sempre al giudice l accertamento, in concreto, del pericolo che la futura decisione di merito risulti "inutiliter data"; e perciò, in presenza di una situazione di fatto che appaia idonea a minacciare le posizioni soggettive anche non patrimoniali dell istante, considerate nel loro profilo oggettivo. Orbene nella fattispecie di cui è causa le deduzioni del ricorrente circa la sussistenza del predetto requisito, appaiono supportate dalle necessarie allegazioni in fatto.

Dalla documentazione versata in atti si evince che il sig. I. non sarebbe in grado di assicurare ai sensi della l. n. 104/92 (per i portatori di handicap), in favore della madre sig.ra B. N., residente presso l istante a Rocca d Arce. Dal luogo di residenza il ricorrente può raggiungere l attuale sede di lavoro (Roma) sottoponendosi a due viaggi giornalieri di oltre 100 km solo con l automobile, dovendo fare i conti, a sua volta con le proprie precarie condizioni di salute documentate in atti.

Tra l altro l Amministrazione convenuta restando contumace, malgrado la rituale vocatio in ius, ha posto in essere un comportamento processuale valutabile come argomento di prova ex art.116, c. 2 c.p.c. dall odierno giudicante.

Le citate allegazioni integrano gli estremi di una situazione di fatto, puntuale e concreta, di per sé idonea a costituire fonte di pregiudizio irreparabile a causa del tempo occorrente a far valere le proprie ragioni in via ordinaria.

Quanto al "fumus boni iuris", vale a dire alla probabile esistenza del diritto che costituirà oggetto del processo a cognizione piena, ritiene, il Giudice Unico, che le considerazioni sopra svolte, in ordine al difetto dei presupposti per l adozione del provvedimento di revoca, siano sufficienti ad accreditare la fondatezza della domanda cautelare che va pertanto accolta ordinando al Ministero convenuto - in via provvisoria e di urgenza - di consentire al sig. I. di ottenere il trasferimento ai sensi dell art.33, l. n. 104/92 nella sede di lavoro più vicina al proprio luogo di residenza, in profili professionali compatibili con la qualifica posseduta dal ricorrente.

Le spese processuali della fase cautelare sono rimesse al merito della causa.



P.Q.M.



Il Giudice Unico del lavoro di Roma, così provvede, visto l art. 700 e 669 octies c.p.c.:

1) accoglie, per quanto di ragione, il ricorso per provvedimento d urgenza proposto da I. G. nei confronti del Ministero della Difesa, Culturali, Direzione Generale per il Personale Civile, in persona del Ministro pro tempore e, per l effetto, ordina al Ministero convenuto - in via provvisoria e di urgenza - di consentire al sig. I. di ottenere il trasferimento ai sensi dell art.33, l. n. 104/92 nella sede di lavoro più vicina al proprio luogo di residenza, in profili professionali compatibili con la qualifica posseduta dal ricorrente;

2) fissa il termine perentorio di 30 gg. dalla comunicazione del presente provvedimento, per l instaurazione della causa di merito, ad iniziativa del ricorrente, riservato, all esito, ogni ulteriore provvedimento anche in ordine alle spese processuali della fase cautelare.





NOTA DI COMMENTO



L’ordinanza in commento si presenta di notevole interesse per l’analisi svolta in sul pubblico impiego a seguito delle riforme iniziate con il D.lgs. n. 29/1993, ispirate alla privatizzazione o contrattualizzazione.

Il giudicante evidenzia la distinzione tracciata nella normativa di riforma del pubblico impiego tra atti di organizzazione ed atti di gestione.

L’art.2, comma 1 del D.lgs. n. 165/2001 (che ha riprodotto il contenuto dell’art.2, comma 3 dell’abrogato D.lgs. n. 29/1993) ha conservato nell’area pubblicistico-provvedimentale solo gli atti che definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, individuano gli uffici di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarità dei medesimi, determinano le dotazioni organiche complessive. L’art.5, comma 2 del D.lgs. n. 165/2001 (che ha riprodotto il contenuto dell’art.4, comma 2 dell’abrogato D.lgs. n. 29/1993) dispone che nelle amministrazioni pubbliche le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con le capacità e i poteri del privato datore di lavoro.

Dal coordinamento di tali dati normativi emerge che resta affidata alla legge ed alla potestà amministrativa l’organizzazione nel suo nucleo essenziale (1), mentre il rapporto di lavoro dei dipendenti viene attratto nell’orbita della disciplina civilistica per tutti quei profili che non sono connessi al momento esclusivamente pubblico dell’azione amministrativa. Pertanto, come viene evidenziato nell’ordinanza in commento, gli atti di gestione del predetto rapporto sono stati trasformati ope legis in atti di diritto privato e non sono più qualificabili come provvedimenti amministrativi.

La qualificazione degli atti di gestione del personale pubblico come atti privatistici comporta, secondo la giurisprudenza (2) e la dottrina (3) maggioritarie, l’inapplicabilità agli stessi di istituti tipicamente pubblicistici, come le regole fissate dalla L. n. 241/90 (l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, il contraddittorio infraprocedimentale con il destinatario dell’atto e con gli altri soggetti che possano subirne pregiudizio, la comunicazione all’interessato dei termini e dell’autorità cui ricorrere e la motivazione del provvedimento finale), l’autotutela e il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ed, invece, l’applicazione delle norme di diritto privato ed in particolare di quei canoni integrativi della correttezza e buona fede quali parametri di verifica dell’esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali (art.1175 c.c.) e del complesso di interessi sostanziali delle parti nell’esecuzione del contratto (art.1375 c.c.), idonei ad integrare il contenuto e gli effetti del contratto stesso.



Dr. Luca Busico



NOTE



1) cfr. a tal riguardo la sentenza della Corte Costituzionale 16 ottobre 1997 n. 309, in Giurisprudenza Italiana 1998,I,1028 con nota di ALFANO, richiamata da SORDI, I confini della giurisdizione ordinaria nelle controversie di pubblico impiego, in Argomenti di Diritto del Lavoro 1999,178.

2) cfr. Cass., Sez. Un. 7 novembre 2000 n. 1154, in Giustizia Civile 2001,I,257; Cass., Sez. Un. 22 marzo 2001 n. 128, ivi,1975 e in Giornale di diritto amministrativo, n. 3/2002,275, con nota di SGARBI; Cass., Sez. Un. 11 giugno 2001 n. 7859, in Foro Italiano 2002,I,2968 con nota di D’AURIA ed in Giurisprudenza Italiana 2002,I,616; Cass., Sez. Un. 22 luglio 2002 n. 10724, in Giustizia Civile 2002,I,3332.

3) cfr. LISO, La più recente giurisprudenza sul lavoro pubblico. Spunti critici, in Argomenti di Diritto del Lavoro 1998,204; D’ANTONA, Contratto collettivo, sindacati e processo del lavoro dopo la seconda privatizzazione del pubblico impiego (osservazioni sui d.lg. n. 396 del 1997, n. 80 del 1998 e n. 387 del 1998), in Foro Italiano 1999,I,621; TENORE,APICELLA, Corte di Cassazione e Consiglio di Stato in contrasto sulla natura attizia o contrattuale delle determinazioni datoriali nel rapporto di pubblico impiego, in Foro Amministrativo 1999,I,2166; ORSI BATTAGLINI, CORPACI e RUSSO, in Corpaci, Rusciano e Zoppoli (a cura di), La riforma dell’organizzazione, dei rapporti di lavoro e del processo nelle amministrazioni pubbliche, in Le nuove leggi civili commentate, 1999,1096 e segg.; VIANELLO, Gli interessi legittimi nel pubblico impiego privatizzato, in questa Rivista 1999,838; CARINCI, Gli atti di gestione del rapporto di lavoro pubblico privatizzato sono atti privatistici, non amministrativi, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro 2000,II,655; TRAVI, La giurisdizione civile nelle controversie di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in Diritto Processuale Amministrativo 2000,305; POTI, Atti di gestione del personale e responsabilità penale dei dipendenti pubblici, in Il Lavoro nelle P.A. 2000,947; VIANELLO, Pubblico impiego privatizzato e posizioni transgeniche, ivi,909; TENORE, Devoluzione al giudice ordinario del contenzioso sul pubblico impiego, in NOVIELLO-SORDI-APICELLA-TENORE, Le nuove controversie sul pubblico impiego privatizzato e gli uffici del contenzioso, II ed., Giuffrè 2001, 84 e segg..





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