lavoroprevidenza

martedì 28 dicembre 2004

MAGGIORAZIONE PER LAVORO NOTTURNO E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO, 19 agosto 2004, n. 16261 con nota a cura dell Avv. Rocchina Staiano-Contrattista in Diritto del Lavoro, Università di Roma3- Responsabile sezione Pari Opportunità di LavoroPrevidenza.com



MAGGIORAZIONE PER LAVORO NOTTURNO E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

(27/12/2004)

CASSAZIONE CIVILE, SEZ. LAVORO, 19 agosto 2004, n. 16261





“Ai fini del riconoscimento del diritto al computo nella base di calcolo della retribuzione per il periodo feriale della maggiorazione per lavoro notturno, non sia sufficiente la constatazione della normalità della prestazione notturna in turni periodici e della erogazione della relativa indennità (reintroducendosi altrimenti il criterio della onnicomprensività, non legittimato in via generale dal legislatore), in quanto occorre anche che la contrattazione collettiva faccia riferimento, al fine considerato, alla retribuzione normale”.





nota a cura dell’Avv. Rocchina Staiano-Dottore di ricerca Università di Salerno





SEGUE TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA





LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Ettore MERCURIO - Presidente -

Dott. Bruno BATTIMIELLO - Consigliere -

Dott. Antonio LAMORGESE - Consigliere -

Dott. Florindo MINICHIELLO - Consigliere -

Dott. Stefano Maria EVANGELISTA - Rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA PLINIO 21, presso lo studio

dell avvocato LUIGI FIORILLO, che lo difende unitamente all avvocato

GAETANO GRANOZZI, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

B. A.+ 7

- intimati -

avverso la sentenza n. 572/01 della Corte d Appello di TORINO,

depositata il 22/06/01 - R.G.N. 1103/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/04/04 dal Consigliere Dott. Stefano Maria EVANGELISTA;

udito l Avvocato FIORILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Raffaele PALMIERI che ha concluso per l accoglimento del ricorso.





Fatto

La Corte di appello di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato l appello proposto dalla società Poste Italiane avverso la decisione di primo grado, che aveva riconosciuto il diritto dei dipendenti postali odierni intimati a percepire la retribuzione per il periodo feriale in misura rapportata al corrispettivo del loro lavoro normale, comprensivo, quindi, della maggiorazione per le prestazioni notturne svolte secondo turni regolari e predeterminati.

Il giudice d appello ha osservato che: secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, non esiste, nell ambito del nostro ordinamento, un principio generale di onnicomprensività della retribuzione, valido per tutti gli istituti di retribuzione indiretta o differita, e la determinazione e i criteri di computo della retribuzione per il periodo feriale sono rimessi alla contrattazione collettiva, non contenendo né la norma costituzionale né quella ordinaria, le quali pure garantiscono la retribuzione durante il periodo feriale, alcuna previsione in ordine alla determinazione e ai criteri di computo, a tal fine, della retribuzione; tanto non contrasta con la Convenzione OIL n. 32 del 24 giugno 1970, la quale, nel garantire al lavoratore in ferie almeno la normale o media retribuzione, non ne impone una nozione onnicomprensiva (o comunque inderogabile), ma rinvia per la determinazione della retribuzione garantita agli ordinamenti nazionali; la contrattazione collettiva dei dipendenti postali non regola la misura della retribuzione spettante durante le ferie, tenuto conto che l art. 14 ccnl 26 novembre 1994, che ad esse si riferisce, ne stabilisce la durata ma nulla dice circa la relativa retribuzione (né può ricavarsi un principio generale dalla specifica disposizione del comma 8 relativa alla misura dell indennità sostitutiva delle ferie nel caso di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro), e quindi, in mancanza di norme di legge e di disposizioni negoziali, la sua determinazione compete al giudice, a termini dell art. 2099, secondo comma, cod. civ.; nel procedere a tale definizione il giudice non può prescindere dal limite minimo della normale o media retribuzione fissato dalla citata Convenzione OIL, livello questo che non può essere rapportato ad un concetto astratto di normalità, ma va riferito al concreto rapporto di lavoro; non ha senso chiedersi se in astratto l emolumento in questione rientri o no nella retribuzione normale, dipendendo invece la sua inclusione dal concreto atteggiarsi del rapporto, per cui, se la prestazione di lavoro notturno è sporadica, la relativa retribuzione non sarà normale, rientrando invece in tale definizione quella svolta continuativamente o periodicamente secondo turni alternati; essendo pacificamente accertato che i lavoratori operavano su turni alternati che coprivano l intera giornata, normalmente essi, secondo il concreto alternarsi dei turni, lavoravano di notte per un certo numero di ore, con la conseguente fondatezza del diritto fatto valere in giudizio.

Di questa pronuncia la società soccombente ha richiesto la cassazione con ricorso basato su un solo mezzo ed illustrato da memoria. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

L unico articolato motivo di ricorso denuncia, in una con vizi di motivazione, violazione e falsa applicazione degli artt. 36 Cost., 2019 (recte, 2109), 1362 e ss. cod. civ., anche in relazione agli artt. 14, 55, 56, 69 ccnl, e censura il ragionamento seguito dal giudice del merito, laddove, sulla premessa che la prestazione lavorativa prestabilita secondo turni predeterminati, comprendenti anche le ore notturne, deve essere qualificata come normale, sostiene che la retribuzione percepita dal lavoratore per tale prestazione e comprensiva della maggiorazione contrattualmente dovuta per le ore suddette, diviene essa stessa normale, in quanto in tal modo il medesimo giudice non ha tenuto conto della distinzione contrattuale fra retribuzione fissa e variabile, e si è riferito al principio di onnicomprensività della retribuzione, il quale, secondo la dottrina e il consolidato orientamento giurisprudenziale, non ha valore di regola generale nel nostro ordinamento, da applicare anche per gli istituti retributivi indiretti o differiti. Data la mancanza di previsione legale della determinazione della retribuzione spettante per il periodo di ferie, la contrattazione collettiva assume, ad avviso della ricorrente, un ruolo primario in funzione di fonte normativa di dettaglio, mentre la sentenza impugnata non ha tenuto conto della struttura della retribuzione disegnata dall art. 55 ccnl, che distingue fra retribuzione fissa e variabile e poi ancora l assegno per nucleo familiare: la prima distinzione è proprio finalizzata a retribuire il dipendente con ulteriori indennità solo in caso di effettivo svolgimento di prestazioni particolari che ne legittimino l erogazione, le quali conseguentemente non possono essere corrisposte quando il dipendente non le svolga. Ciò trova conferma nella disposizione contenuta nell art. 69 del medesimo contratto, pure pretermessa dalla sentenza impugnata, la quale stabilisce che le indennità particolari sono dovute in ragione di particolari prestazioni richieste ai dipendenti, ed in quella di cui all art. 14, comma 8, che, nel riconoscere in particolari fattispecie un indennità per ferie maturate e non godute, opera un espresso richiamo alla "retribuzione fissa base giornaliera di cui all art. 56".

Le suesposte censure sono fondate, alla luce del diritto vivente che governa la materia controversa.

Essendo, ormai, pacificamente escluso, alla stregua della giurisprudenza di legittimità, che nel nostro ordinamento viga un principio generale e inderogabile di onnicomprensività della retribuzione ai fini della determinazione della retribuzione spettante per i cosiddetti istituti indiretti (cfr., per tutte, Cass., sez. un., 1° aprile 1993, n. 3888), deve ritenersi, per quanto in particolare attiene all istituto delle ferie, che i singoli elementi della retribuzione in tanto possono riflettersi, quale base di calcolo, sulla retribuzione del periodo feriale, in quanto ciò sia prescritto, in assenza, come si è detto, di previsioni legislative, dalla contrattazione collettiva, nel senso che questa faccia riferimento, per la determinazione di tale ultimo emolumento, alla retribuzione normale o ordinaria o di fatto o globale di fatto (Cass. 16 agosto 2000 n. 10846; Id., 24 dicembre 1999, n. 14537; Id., 10 maggio 1997, n. 4096; Id., 16 aprile 1994, n. 3623; Id., 23 giugno 1992, n. 7669; Id., 7 gennaio 1992, n. 84; Id., 20 settembre 1991, n. 9797).

Ritiene, dunque, la Corte, prestando adesione all indirizzo giurisprudenziale ora richiamato, che, ai fini del riconoscimento del diritto al computo nella base di calcolo della retribuzione per il periodo feriale della maggiorazione per lavoro notturno, non sia sufficiente la constatazione della normalità della prestazione notturna in turni periodici e della erogazione della relativa indennità (reintroducendosi altrimenti il criterio della onnicomprensività, non legittimato in via generale dal legislatore), in quanto occorre anche che la contrattazione collettiva faccia riferimento, al fine considerato, alla retribuzione normale (o altrimenti indicata con i sinonimi sopra esemplificati, ricorrenti nella citata giurisprudenza).

E, d altra parte, l assunto della compenetrazione della maggiorazione per lavoro notturno, prestato secondo regolari turni periodici, nella normale retribuzione è resistito dal principio secondo cui le componenti della retribuzione erogate in ragione delle particolari modalità della prestazione lavorativa, e a compensazione dei relativi particolari disagi (come è da ritenere per il lavoro notturno, ancorché svolto con le suindicate modalità), si caratterizzano per intrinseca precarietà che ne esclude la normalità e non ricadono nel campo di applicazione della garanzia di non riducibilità della retribuzione di cui all art. 2103 cod. civ. (cfr., di recente, Cass. 18 novembre 1997, n. 11460; Id., 8 giugno 1999, n. 5659; Id., 7 dicembre 2000, n. 15517).

Tale conclusione è stata ritenuta coerente anche con la Convenzione OIL n. 132 del 1970 (ratificata e resa esecutiva con la legge 10 aprile 1981 n. 157), la quale, nel garantire al lavoratore in ferie almeno la normale o media retribuzione, non ne impone una nozione onnicomprensiva (o comunque inderogabile), ma rinvia, per la determinazione della retribuzione garantita, agli ordinamenti nazionali. (cfr., fra le numerose altre conformi, Cass. 23 dicembre 1997, n. 12991; Id., 6 novembre 1998, n. 11215; Id., 13 luglio 1999, n. 7432; Id., 12 gennaio 2000, n. 295; Id., Cass. 3 novembre 2000, n. 14409).

Ben vero, in dissenso con questo orientamento, è stato talora rilevato che, ove fosse riconosciuta alle parti la facoltà di determinare liberamente la retribuzione dovuta per le ferie, si renderebbe possibile anche la eventuale fissazione di una retribuzione per le ferie pressoché irrisoria, con osservanza solo apparente del precetto costituzionale (Cass. n. 6372/1996); ma il rilievo, mentre pone in luce come l assenza, in parte qua, di una nozione onnicomprensiva di retribuzione non equivalga ad assoluta inesistenza di limiti, desumibili dall art. 36 Cost., al potere delle parti (anche collettive) di determinare la base di calcolo della retribuzione da corrispondere nel periodo feriale (al riguardo cfr. anche Cass. n. 13391/2000), non è, per converso, idoneo a giustificare l insussistenza di ogni discrezionalità delle parti collettive circa la determinazione della retribuzione spettante ai lavoratori nel periodo feriale, e, in particolare, a dimostrare l illegittimità della eventuale esclusione dalla retribuzione dovuta durante le ferie di quelle voci della retribuzione che, come nella specie, sono collegate a modalità contingenti della prestazione e non sono garantite, sotto il profilo della continuità di erogazione, dall art. 2103 cod. civ.

Deve, infine, ricordarsi che proprio in analoghe controversie questa Corte ha riconosciuto la piena legittimità (per coerenza sia con i canoni legali di ermeneutica contrattuale sia con i parametri di congruità e razionalità cui va commisurata la motivazione in fatto della sentenza di merito), di un interpretazione del (lo stesso) ccnl (applicabile anche nel caso di specie) la quale, ai fini dell esclusione della maggiorazione per lavoro notturno (ancorché prestato con le ripetuta regolarità) dalla base di computo della retribuzione relativa al periodo feriale, ha valorizzato il rinvio dall art. 14, comma ottavo, alla nozione di retribuzione fissa, fornita dall art. 55, stante il risolutivo argomento per cui, di norma, l indennità sostitutiva delle ferie va ragguagliata, almeno (stante il pregiudizio derivante dalla mancata fruizione del riposo annuale), alla retribuzione spettante per il corrispondente periodo di carenza della prestazione, di guisa che l avere ancorato la prima alla retribuzione fissa base giornaliera implica a fortiori l intento delle parti collettive di non quantificare la seconda alla stregua di diversi e più ampi parametri (Cass. 11 aprile 2001, n. 5441; id., 29 agosto 2002, n. 12698; Id., 24 gennaio 2003, n. 2791; Id., 7 aprile 2003, n. 5408).

La sentenza impugnata - la quale non ha tenuto adeguatamente conto delle disposizioni del ccnl, limitandosi ad assumere, con motivazione insufficiente, che la contrattazione collettiva, negli spazi consentiti dalla Convenzione OIL, non determinava la misura della retribuzione spettante per il periodo feriale - deve essere cassata e la causa va rimessa ad altro giudice di appello, designato come in dispositivo. Questi nel procedere al riesame della controversia si atterrà ai principi innanzi esposti (negli stessi sensi, v., inoltre, Cass. 4 settembre 2003, nn. 12920 e 12921) e darà congrua motivazione dell interpretazione delle clausole contrattuali concernenti la retribuzione dei dipendenti postali.

Al medesimo giudice va demandata la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Genova.

Così deciso, in Roma, il 19 aprile 2004.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 19 AGO. 2004.



















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