domenica 28 novembre 2004
RISARCIMENTO DEL DANNO BIOLOGICO IN CONSEGUENZA DI UN INFORTUNIO SUL LUOGO DI LAVORO
Commento del dott. Antonio Aqueci della sentenza del Tribunale di Roma n. 12868 del 7.5.2004
RISARCIMENTO DEL DANNO BIOLOGICO IN CONSEGUENZA DI UN INFORTUNIO SUL LUOGO DI LAVORO
( Tribunale di Roma n. 12868 del 7.5.2004 )
La tematica della liquidazione del danno biologico puo’ essere ricostruita evidenziando da un canto lo sforzo del legislatore di giungere ad una definizione accettabile ed il piu’ possibile esaustiva, unitamente alle sollecitazioni della giurisprudenza, siano essi coincidenti o meno col dettato legislativo, o tese a svilupparlo verso una interpretazione ritenuta piu’ soddisfacente.
Alcune pronunce recenti si segnalano per la loro peculiarità e rilevanza.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 233 del’11 luglio 2003, nel pronunciarsi sulla sufficienza della presunzione di colpa in sede civile qualora in sede penale vi sia stata una causa estintiva del reato, ha ricompreso il danno biologico nell’ambito dell’art. 2059 ( danno non patrimoniale ), definendo il danno biologico come la lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico ( art. 32 Cost. ).
In tal modo viene offerta una definizione coincidente col dato normativo risultante dall’art. 5, 3° comma, l. n. 57 del 2001 sulla responsabilità civile auto che, quasi negli stessi termini, era stata anticipata dall’art. 13 d. leg. n. 38 del 2000 sull’Inail.
La sentenza della Corte Costituzionale si segnala inoltre perché ripudia la logica del danno c.d. esistenziale, che si caratterizza tra l’altro per affidare a consulenti tecnici di competenze varie, non strettamente giuridiche, il giudizio circa l’alterazione esistenziale tra la fase anteriore e quella successiva all’evento lesivo. La selezione del tipo di interesse leso e dell’offesa provocata rientrano nell’ambito di competenza delle scienze giuridiche.
Sebbene operante in un ambito diverso, rilevante appare anche la sentenza della Corte dei Conti a sezioni riunite del 23 aprile 2003 n. 10.
In questa sentenza il danno biologico di natura psichicofisica è considerato una sottocategoria del danno esistenziale, definito come forzosa rinuncia allo svolgimento di attività non remunerative, fonte di compiacimento o benessere per il danneggiato, perdita non causata da una compromissione dell’integrità psicofisica. L’altra sottocategoria è costituita dalle ipotesi risarcitorie diverse dalla tutela del diritto alla salute.
Il sistema risarcitorio viene pertanto distinto in danno patrimoniale, morale ed esistenziale.
Fatte queste premesse, con la sentenza annotata il Tribunale di Roma si è pronunciato sulla liquidazione del danno subito a seguito di un infortunio sul luogo di lavoro.
La sentenza annotata si discosta dall’orientamento citato della Corte dei Conti. Seppur pronunciandosi sulle modalità di liquidazione, il riferimento all’utilizzazione come parametro del c.d. punto di invalidità, sembra escludere un’accoglimento della nozione lata del danno esistenziale.
L’infortunio sul luogo di lavoro è stato riconosciuto imputabile al datore di lavoro nella misura del 70%.
La sentenza opera anzitutto una distinzione tra il risarcimento del danno biologico e l’indennizzo liquidato dall’Inail per la riduzione della capacità lavorativa.
Il danno risarcibile per violazione degli obblighi di sicurezza ai sensi dell’art. 2087 deve essere tenuto distinto dall’indennizzo liquidato dall’Inail in base al DPR 1124 del 1965, applicabile al caso in esame, per il periodo antecedente all’entrata in vigore del D. Lgs. 23.2.2000 n. 38 che con l’art. 13 ha inserito il danno biologico nella copertura assicurativa pubblica.
L’indennizzo liquidato dall’Inail attiene alla riduzione della capacità lavorativa non comprendendo una quota volta a risarcire il danno biologico.
Questo orientamento è stato affermato dalla Cassazione con la sentenza 15859 del 2000, che ha riconosciuto che la copertura assicurativa Inail prima del d. lgs. 38 / 2000 pur non avendo ad oggetto il danno patrimoniale in senso stretto non è riferibile né al danno biologico né a quello morale essendo le indennità previste dal D.P.R. 1224/1965 collegate e commisurate esclusivamente ai riflessi che la menomazione psico fisica ha sull’attitudine al lavoro dell’assicurato, senza che assumano rilievo gli svantaggi, le privazioni e gli ostacoli che la menomazione stessa ha comportato con riferimento agli altri ambiti ed alle altre modalità di espressione della personalità del danneggiato nella vita di relazione.
Pertanto il risarcimento del danno corrisposto dall’Inail al ricorrente in forma di rendita vitalizia è cumulabile con quanto spettante al danneggiato a titolo di risarcimento del danno biologico.
La sentenza afferma che la liquidazione del danno biologico deve essere fondata su tutte le concrete circostanze individuali in modo da adeguare l’indennizzo al grado di inabilità accertato mediante l’individuazione di parametri uniformi di individuazione, per la generalità delle persone fisiche, all’equivalente patrimoniale del valore umano perduto.
La liquidazione del danno puo’ essere fatta facendo ricorso al metodo equitativo, utilizzando come criterio di quantificazione del risarcimento quello che assume a parametro il c. d. punto di invalidità determinato sulla base del valore medio.
Viene inoltre richiamato quell’orientamento della giurisprudenza secondo il quale nel danno sopportato dal lavoratore in conseguenza della mancata osservanza da parte del datore di lavoro degli obblighi in materia di sicurezza rientra anche il danno morale qualora al lavoratore sia derivato da quell’inosservanza uno stato di malattia, in quanto la condotta del datore di lavoro acquisisce anche un rilievo penale che giustifica l’attribuzione del risarcimento ex art. 2059.